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Fine Pena Mai – La disciplina italiana e cenni di diritto comparato sulla detenzione perpetua, in attesa della pronuncia della Corte EDU sull’ergastolo ostativo

 

  1. La disciplina italiana

 Nell’ordinamento italiano, la pena dell’ergastolo è la più severa sanzione che può essere pronunciata nei confronti delle persone fisiche. Il carattere perpetuo della detenzione è mitigato dall’art. 176 co. 3 cod. pen., che permette l’applicazione della liberazione condizionale al detenuto che ha scontato almeno 26 anni di reclusione. La Corte Costituzionale con la pronuncia n. 264/1974 ha riconosciuto la compatibilità dell’ergastolo ‘comune’ con l’art. 27 della Carta fondamentale proprio per la possibilità di accedere alla liberazione condizionale.

Inoltre, la possibilità di svolgere attività di lavoro all’esterno del luogo di reclusione è un importante indice del fine rieducativo attribuito anche alla pena detentiva a vita[1].

Peculiare è invece il caso dell’ergastolo cd. ostativo, nato a seguito della legislazione d’urgenza relativa alla criminalità mafiosa dei primi anni ’90. In particolare, l’art. 4 bis ord. penit. prevede un catalogo eterogeneo di reati ‘ostativi’[2] alla concessione di benefici penitenziari in caso di mancata collaborazione con la giustizia ex. art. 58-ter ord. penit. . La Corte Costituzionale ha censurato la mancata esclusione da tale disciplina dei casi di collaborazione inesigibile, irrilevante o impossibile, salvando però l’assetto generale di tale sistema. Infatti, la natura perpetua dell’ergastolo ostativo non sarebbe una caratteristica intrinseca della pena a vita, ma dipenderebbe da una autonoma scelta del condannato, libera e reversibile, di collaborare o meno con la giustizia[3].

  1. Il sistema francese e la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo

La legislazione francese dispone che l’ergastolo possa essere accompagnato dalla previsione di un periodo in cui il condannato non ha accesso a nessuna revisione della pena (période de sûreté). In alcuni casi, la période de sûreté può essere perpetua, il che equivarrebbe a un ergastolo senza possibilità di riesame. Tuttavia, l’art. 720-4 cod. proc. pen. francese permette che, dopo 30 anni di reclusione, il detenuto (anche su richiesta del pubblico ministero) possa ottenere una modifica del periodo di sicurezza perpetuo. Una volta emessa una decisione positiva circa il termine del periodo di sicurezza, il detenuto potrà formulare richiesta per la revisione della pena detentiva a tempo indeterminato.

Rispetto alla compatibilità delle discipline interne con la CEDU, è necessario premettere che la giurisprudenza della Corte EDU rifiuta di esercitare un controllo stringente sul regime di giustizia penale degli Stati, compresi il riesame della pena e le modalità di liberazione, fatto salvo il necessario rispetto dei principi della Convenzione[4].

Nella decisione Kafkaris si chiarisce che l’imposizione di una pena a reclusione perpetua non è in sé contraria all’art. 3 della Convenzione, tranne nei casi di un periodo di detenzione che è de iure e de facto incomprimibile[5]. Ciò che rende il diritto interno compatibile con la CEDU è quindi la presenza di una possibilità effettiva di revisione della pena perpetua[6]. In particolare, i giudici di Strasburgo considerano che il mantenimento in detenzione senza alcuna possibilità di riesame sia contrario al rispetto della dignità umana.

Visto l’ampio margine di apprezzamento riconosciuto agli Stati in materia di legislazione penitenziaria, i giudici di Strasburgo ammettono che il riesame venga effettuato a seguito del decorso di un lasso di tempo variabile e anche da parte di un’autorità non appartenente al potere giudiziario. Nel caso del Regno Unito, il Ministro della Giustizia è competente a accordare la liberazione dei detenuti, compresi gli individui condannati all’ergastolo.

Proprio in riferimento al Regno Unito, la Corte EDU ha specificato che il detenuto deve vedersi garantita la speranza al riesame della pena detentiva, richiamando anche lo Statuto di Roma, che permette il riesame delle pene perpetue pronunciate dalla Corte Penale Internazionale[7]. Nel caso Vinter si precisa che il condannato all’ergastolo ha il diritto di conoscere, sin dall’inizio della sua pena,  quali siano le condizioni per ottenere la liberazione a seguito di un riesame della pena comminata e il momento in cui il riesame della sua pena avrà luogo o potrà essere richiesto[8]. E’ pacifico quindi che non vi è alcun diritto ad ottenere una pronuncia che accordi la libertà. Ciò che rileva, nel caso di specie, è che il riesame dipende da una scelta arbitraria dell’autorità competente. Non essendovi chiarezza nel diritto nazionale circa i presupposti (molto restrittivi) per ottenere una revisione della pena, la Corte EUD ha dichiarato la violazione dell’art. 3 CEDU. Si noti che tale ragionamento è applicabile anche all’istituto della grazia, che, da solo, non garantisce la compatibilità dell’ergastolo con l’art. 3 CEDU.

In un arresto successivo, la Corte EDU ha riconosciuto invece la compatibilità del sistema inglese rispetto all’art. 3 della Convenzione, vista la sopravvenuta chiarificazione della giurisprudenziale nazionale in materia di pene di durata indeterminata[9].

Si noti infine che, in materia di estradizione, la Corte EDU ha condannato il Belgio per aver disposto la consegna di un individuo alle autorità statunitensi, in quanto nel diritto americano mancano i requisiti necessari per garantire il rispetto dell’art. 3 CEDU. Infatti, un condannato a pena perpetua non ha la certezza di ottenere che un’autorità riesamini la pena perpetua, secondo tempi e criteri prestabiliti e conoscibili al momento della condanna[10].

  1. La compatibilità del sistema italiano con la CEDU

Si è chiarito come il sistema italiano individui le condizioni da cui dipende il riesame della pena perpetua. Tuttavia, vi è un caso in cui il detenuto non potrà accedere, de iure et de facto, alle misure alternative alla detenzione, ovvero in caso di mancata collaborazione per i reati ex art. 4 bis ord. penit. Si tratta infatti di un’automatica presunzione di pericolosità che rende l’ergastolo ostativo incomprimibile.

Parte della dottrina ritiene che l’obbligo stesso di collaborare sia contrario alla dignità umana, intesa anche come libertà morale. Il tema assume una particolare rilevanza, essendo pendente un ricorso di fronte alla Corte EDU, che si pronuncerà sulla compatibilità dell’ergastolo ostativo così come risulta dalla disciplina dell’art. 4 bis ord. penit.  con la Convenzione[11].

Diverso è il caso dell’ordinamento francese, che fu dichiarato compatibile con la CEDU nel caso Bodein, proprio per la presenza della norma di salvaguardia che permette il riesame del periodo di sicurezza perpetuo una volta scontati 30 anni di detenzione (art. 720-4 cod.proc.pen. francese)[12].

Il tema è di grande attualità e interesse, vista anche la recente pronuncia della Corte Costituzionale su una forma peculiare di ergastolo, legato al sequestro di persona a scopo di terrorismo, di eversione, o di estorsione seguiti dalla morte della vittima (art. 58 quater ord. penit.). Con la pronuncia n. 149/2018, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma che impediva per i precitati reati l’accesso al lavoro esterno, ai permessi-premio e alla semilibertà nei primi 26 anni di reclusione.

Visto il vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale in materia di pena detentiva perpetua, sarà necessario un aggiornamento, in seguito alla pronuncia della Corte di Strasburgo.

 

 

Fonte dell’immagine: www.rivistadignitas.it

[1]Art. 27 Cost.; Emilio Dolcini, La pena detentiva perpetua nell’ordinamento italiano. Appunti e riflessioni, www.penalecontemporaneo.it, pp.7-8.

[2] Tra gli altri, i reati di terrorismo, anche internazionale, di eversione dell’ordine democratico, di associazione di tipo mafioso, la riduzione in schiavitù, la prostituzione e la pornografia minorile, la violenza sessuale di gruppo, l’associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

[3] Corte Cost. n. 135/2003.

[4] Corte Edu, Grande Camera, 12 febbraio 2008, Kafkaris c. Cipro, §99.

[5] Kafkaris, cit, §97.

[6] Kafkaris, cit, §98, « Là où le droit national offre la possibilité de revoir la peine perpétuelle dans le but de la commuer, de la suspendre ou d’y mettre fin ou encore de libérer le détenu sous condition, il est satisfait aux exigences de l’article 3  ».

[7]Corte Edu, Sez. IV, 17 gennaio 2012, Vinter c. Regno Unito, cit., §90.

[8] Vinter, cit., §122.

[9] Corte Edu, Grande Camera, 17 gennaio 2017, Hutchinson c. Regno Unito, §§39-41.

[10]Corte Edu, Sez. V, 4 settembre 2014, Trabelsi c. Belgio.

[11] Corte Edu, Ricorso n77633/16, sezione I,  AMICUS CURIAE, Viola c. Italia, . Emilio Dolcini, La pena detentiva perpetua nell’ordinamento italiano, cit., p. 34.  Si veda anche Fabio Fiornetin, L’ergastolo ostativo ancora davanti al giudice di Strasburgo, www.penalecontemporaneo.it, .

[12]Corte Edu, Sez. V, 13 novembre 2014, Bodein c. Francia ; La Cour européenne valide la perpétuité incompressible à la française, https://oip.org/analyse/la-cour-europeenne-valide-la-perpetuite-incompressible-a-la-francaise/ .

 

 

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