giovedì, Aprile 18, 2024
Labourdì

Gig economy : la trasformazione del lavoro e le sue conseguenze

 

Negli ultimi tempi si sente molto discutere di “Gig economy” e si tratta di un concetto da poco al centro di dibattito in Italia, anche se tale termine è stato in realtà coniato già da qualche anno.
La traduzione letterale di tale termine, di derivazione americana, è quella di “lavoretto” nel senso di compito occasionale e temporaneo.
Ad oggi la nozione più diffusa e che meglio spiega di cosa si tratta è quella che individua la gig economy come un nuovo modello economico nel quale non si ricorre più al tradizionale contratto di lavoro a tempo indeterminato, diversamente lavorando solo “su richiesta” ossia quando c’è la necessità di una data competenza, prodotto o servizio.
La peculiarità di questo nuovo modo di lavorare e di fare economia è che la domanda e l’offerta del prodotto o servizio sono gestite tramite una piattaforma digitale, molto spesso tramite una app con cui il “datore” reperisce il lavoratore per la realizzazione del servizio.
Inoltre, tutti i lavoratori sono autonomi e svolgono le attività lavorative che sono loro richieste saltuariamente e provvisoriamente.

Sebbene si tratti di un settore in rapida crescita, nell’ambito del quale si sono sviluppati servizi che per quanto innovativi si sono mostrati poi la soluzione adoperata dalla maggior parte degli utenti (basti citare come esempi Uber e Airbnb), si tratta di un settore rispetto al quale aleggiano ancora numerosi dubbi.
Le maggiori ambiguità sono destate forse proprio dal fatto che pur essendo un fenomeno che si sta velocemente diffondendo, con un grande impatto nel mondo del lavoro, è tuttavia ancora sprovvisto di una disciplina completa ed adeguata, sia a livello interno che comunitario.
La mancanza di disciplina è un problema di non poco conto che si ripercuote sugli stessi lavoratori che, essendo considerati come lavoratori autonomi senza diritto ad un minimo salariale, restano sprovvisti di tutela.

La nascita e diffusione di questo nuovo modo di fare economia ha fatto sorgere innumerevoli dubbi quanto alla definizione da attribuire a questa peculiare forma di lavoro.
Le difficoltà emergono dal momento che non pare possibile qualificarlo come rapporto di lavoro subordinato, mancando elementi fondamentali che connotano questa tipologia di rapporto quali il vincolo di subordinazione, l’etero direzione e la continuità delle prestazioni.
Altri elementi porterebbero quindi a connotarlo piuttosto come lavoro autonomo, in virtù del fatto che è assente l’etero direzione e che vi è organizzazione del lavoro da parte del lavoratore, con gestione a proprio rischio.
I maggiori problemi emergono relativamente all’uso dello strumento telematico, che rappresenta elemento centrale della gig economy, nonché rispetto alla sentita esigenza di assicurare un livello di tutela minimo per questa categoria di lavoratori, sempre più corposa.

La soluzione a tali quesiti è stata individuata da parte di molti studiosi della materia nel configurarlo come un tertium genus rispetto alle categorie tradizionali di lavoratori, di modo da poter attingere elementi dall’una e dall’altra e poter riconoscere a questi lavoratori un minimo di protezione.

In realtà, però, almeno per quanto concerne lo scenario nostrano, l’idea del tertium genus è stata abbandonata per ricorrere piuttosto allo schema adoperato in materia di collaborazione presso le famiglie.
Assimilando la fattispecie dei lavoratori “digitali” a quella dei collaboratori domestici è possibile, infatti, mantenere intatte le caratteristiche proprie di questa peculiare forma di lavoro, come la flessibilità dell’organizzazione del lavoro nonché la realizzazione della prestazione solo “su richiesta”, ma allo stesso tempo assicurare comunque una serie di tutele minime.

In Italia è stato in realtà compiuto un primo passo verso la normativizzazione di questo settore tramite il disegno di legge n°2934 del 2017, ad oggi in attesa di discussione.
Il disegno di legge fornisce in primis una definizione di lavoro autonomo mediante piattaforma digitale e continua poi delineando la tipologia contrattualistica.
In primis si ritiene necessario regolamentare l’uso della stessa piattaforma digitale, attraverso l’introduzione di specifiche politiche, di un sistema di monitoraggio nonché di uno specifico regime di tassazione.
Per quanto invece concerne la disciplina propriamente contrattualistica, la lettera dell’articolo 17 ter del disegno di legge prevede la corresponsione di un compenso minimo di modo da garantire ai lavoratori una continuità del reddito e, inoltre, il versamento dei contributi dovuti a favore dei fondi Inps e Inail.

Come detto il disegno di legge in questione è ancora oggetto d’esame ma la predisposizione dello stesso è certamente indice della presa di coscienza della grandissima rilevanza che tale fenomeno ha assunto nella nostra realtà lavorativa odierna e, più di tutto, che urge assicurare una tutela a tale categoria di lavoratori.

Ndr: La prima parte dell’articolo, che affronta la materia della “gig economy” a partire dalla disamina del noto caso foodora, è disponibile qui : https://www.iusinitinere.it/il-caso-foodora-e-i-nuovi-scenari-aperti-dalla-gig-economy-10202

Fonti:

1- DDL n.2934/17  – “Disposizioni in materia di lavoro autonomo mediante piattaforma digitale”

 

Dott.ssa Marilù Minadeo

Nata a Napoli, il 26/07/1991. Nel marzo del 2016 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l' Università Federico II di Napoli. Ha intrapreso il percorso di preparazione al concorso in magistratura, frequentando un corso di formazione privato presso un magistrato. Inoltre, sta perfezionando la formazione presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni legali di Napoli ed è praticante avvocato.

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