martedì, Dicembre 3, 2024
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Gli sfruttamenti commerciali delle crisi: dagli editti di Diocleziano ai presidi dell’AGCM ai tempi del Covid-19

a cura di Dott. Vincenzo Iaia, Dottorando di ricerca in “Diritto e Impresa” presso l’Università Luiss “Guido Carli”. 

 

Sommario: 1. Il forte sfavor per gli abusivi aumenti dei prezzi dalla Roma imperiale agli inizi del 2020 – 2. I precedenti interventi dell’AGCM ai tempi della “mucca pazza” nei casi Mellin e Plasmon – 3. Gli iniziali warnings dell’antitrust sulla commercializzazione di prodotti anti-coronavirus: un parallelo tra l’esperienza italiana e quella statunitense – 4. Il primo provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato contro il “fake coronavirus merchandising” – 5. Riflessioni preliminari e scenari futuri

 

1. Il forte sfavor per gli abusivi aumenti dei prezzi dalla Roma imperiale agli inizi del 2020

Sebbene una strutturata protezione del consumatore e del mercato contro le pratiche opportunistiche provenienti dalle imprese e dai professionisti possa trovare una cittadinanza giuridica maggiormente consolidata solo in tempi relativamente recenti[1], vi sono tracce di un ampio disconoscimento generale delle condotte approfittatrici a scapito dei cd. contraenti deboli sin dall’età imperiale romana, in cui Diocleziano[2], già nel 301 d.C., al fine di far fronte alle conseguenze della crisi alimentare di un impero che era prossimo alla disfatta, emanò un editto contro coloro che avessero tratto giovamento dalla riduzione dei beni di consumo innalzandone i prezzi oltre le tariffe al tempo vigenti, comminando addirittura la pena di morte per i miserevoli trasgressori.

Teletrasportandosi a più di 1700 anni dopo l’editto dioclezianeo, il Codice del Consumo italiano sanziona in vario modo quei rapporti commerciali in cui il prezzo da pagare per godere di un bene o di un servizio diventi successivamente eccessivo a causa della sua indeterminatezza vuoi in sede di esecuzione (per essere, per esempio, ancorato alle fluttuazioni di specifici indici di mercato oppure per l’addebitamento di costi forfettari occulti)[3] vuoi in sede di scioglimento per l’esercizio del diritto di recesso[4]. Ma quid iuris nel caso in cui il prezzo sia certo ma ingiustificatamente eccessivo già al momento in cui il contratto viene perfezionato?  Come ben noto, è ormai indiscussa la piena libertà di determinare in modo indipendente il prezzo e le condizioni per la vendita di un prodotto o di un servizio, in virtù dell’irrinunciabile libertà di iniziativa economica privata consacrata all’art. 41, comma 1, della Costituzione, rispettosamente declinata nel principio di autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c. Ma soprattutto in situazioni emergenziali e/o di crisi entrano in gioco con maggior peso i limiti della sicurezza, della libertà e della dignità umana, posti dal secondo comma dell’art. 41 Cost., congiuntamente al fondamentale principio di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost, al fine di ripristinare l’equilibrio in quei rapporti contrattuali in cui la percezione del contraente debole risulta alterata dal contesto anomalo in cui egli assume delle decisioni.

La questione si è posta in termini ancora più forti e molto attuali con riferimento agli aumenti sproporzionati dei prezzi di tutti quei beni facenti parte del cd. coronavirus shop, ovvero principalmente le mascherine e i prodotti igienizzanti di vario genere, a cui si aggiungono ultimamente anche farmaci – ma perfino talismani, amuleti e rituali mistici[5] – dalle pretese miracolose proprietà di essere in grado di curare o immunizzare dal Covid-19, il virus che, come ben noto, ha scatenato una pandemia[6] a livello globale, colpendo con maggiore intensità (almeno ad oggi[7]) la Cina, l’Italia e gli Stati Uniti.

Lasciando ad altri studiosi la disamina dei possibili strumenti rimediali in termini di enforcement privato, tra i quali mi verrebbe principalmente da pensare alla rescissione del contratto concluso in stato di pericolo[8], ex art. 1447 c.c., nonché i potenziali risvolti penalistici derivanti dalla plausibile integrazione del reato di manovre speculative sui prezzi, di cui all’art. 501-bis c.p.[9], nel presente scritto si cerca di offrire una ricognizione sintetica della tutela del consumatore riflessa nel più ampio intento di protezione del mercato e dei meccanismi virtuosi della concorrenza, alla luce dei molteplici effetti economici potenzialmente distorsivi causati dalla crisi pandemica.

In proposito, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha iniziato a combattere la strumentalizzazione della pandemia – e purtroppo anche del panico e della disinformazione di alcuni consumatori – per alimentare i fiorenti mercati di coloro che vendono prodotti anti-coronavirus a prezzi sproporzionati e diffondono informazioni ingannevoli sulle loro proprietà curative.

 

2. I precedenti interventi dell’AGCM ai tempi della “mucca pazza” nei casi Plasmon e Mellin

Vale la pena di ricordare brevemente, per completezza espositiva, due precedenti provvedimenti proprio in materia di pubblicità ingannevole, ex d.lgs. 74/1992, adottati dall’AGCM nei confronti della Plasmon Dietetici Alimentari s.r.l.[10] (di seguito Plasmon) e della Star S.p.A. (di seguito Star o Mellin in quanto l’indagine riguardava i prodotti contrassegnati dal noto marchio Mellin)[11] durante l’emergenza sanitaria scatenata dal BSE, meglio conosciuto come morbo della “mucca pazza” e che potrebbero porsi, per certi versi, in continuità con i recenti presidi dell’Autorità antitrust nell’attuale scenario emergenziale.

Più precisamente, l’intervento dell’AGCM nel 2001 è stato sollecitato dalla segnalazione dell’Associazione per i diritti degli utenti e consumatori (ADUC) con riguardo alla promozione da parte delle due aziende leader nel mercato degli alimenti per la prima infanzia di prodotti ottenuti da carni importate da Paesi “riconosciuti non a rischio di BSE”, sollevando la potenziale ingannevolezza del messaggio con il quale si proclamava l’assoluta sicurezza, da un punto di vista sanitario, dei prodotti da loro venduti in quanto realizzati con carni bovine provenienti dall’Uruguay e dall’Argentina, all’epoca con il minimo rischio di infezioni[12].

A tal proposito, l’Autorità antitrust ha richiesto informazioni sia alle due società oggetto di indagine che all’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il quale ha in realtà rilevato che non vi sarebbe una certezza matematica sull’assenza di qualsivoglia rischio derivante dal BSE, considerato che dal momento in cui il bovino contrae l’infezione, ingerendo mangimi contaminati dai quali si sviluppa la sintomatologia clinica, trascorrerebbe un periodo verosimilmente variabile tra i 3 e i 5 anni nel quale il bovino, pur essendo affetto, non è individuabile da alcun test diagnostico.

Contrariamente a quanto accertato dall’ISS, Star e Plasmon hanno affermato a gran voce che i loro sistemi di prevenzione e il rigoroso controllo su tutta la filiera produttiva siano totalmente idonei ad ottenere la minimizzazione del rischio BSE.

Ed infatti l’Autorità ha dichiarato che le informazioni relative ai certosini controlli delle due aziende nell’interesse della salute dei loro clienti siano appunto veritiere e quindi legittime, ritenendo tuttavia ingannevoli, ai sensi degli artt. 1, 2 e 3 della lettera a) del d.lgs. 74/1992, le dichiarazioni circa l’assoluta esclusione del virus BSE nei loro omogeneizzati, vietando di diffondere ulteriormente tale messaggio, considerato che esso avrebbe pregiudicato il comportamento economico dei consumatori, inducendoli in errore, oltre a danneggiare indebitamente i loro competitors.

In modo condivisibile, l’AGCM è intervenuta a gamba tesa nei confronti di Plasmon e Mellin, ritenendo opportuno porre l’enfasi sia sul peculiare contesto temporale durante il quale le informazioni promozionali venivano divulgate che sul settore merceologico potenzialmente a rischio in cui le due imprese leader operavano[13].

Se le strategie commerciali impiegate dalle società sanzionate nell’emergenza sanitaria del 2001 possono reputarsi ingannevoli e contrarie ai canoni di correttezza professionale per le ragioni suesposte, la panoramica delle pratiche adottate da alcune imprese e da alcuni “professionisti” durante la pandemia causata dal coronavirus nei primi mesi del 2020 risulta indubbiamente più preoccupante, richiedendo molto più che prima un intervento dell’Autorità antitrust a difesa del mercato e dei consumatori.

 

3. Gli iniziali warnings dell’antitrust sulla commercializzazione di prodotti anti-coronavirus: un parallelo tra l’esperienza italiana e quella statunitense

 Anticipando di due settimane la cugina americana (anche per pure ragioni cronologiche nella diffusione del virus),  il 27 febbraio 2020 l’antitrust italiana[14], su sollecitazione dei consumatori e delle associazioni, ha iniziato ad allertare le piattaforme e i siti di vendita online chiedendo loro la trasmissione entro tre giorni di tutte le informazioni relative alle politiche da esse adottate in merito alla promozione e commercializzazione dei prodotti igienizzanti per le mani e delle mascherine monouso di protezione delle vie respiratorie, soprattutto con riferimento all’applicazione di misure idonee a prevenire ingiustificati e sproporzionati aumenti dei prezzi, nonché la diffusione di notizie ingannevoli circa l’efficacia dei prodotti oggetto di promozione a prevenire o a curare il coronavirus.

A seguito degli ulteriori claims provenienti dai consumatori e dalle indagini intraprese dalla Guardia di Finanza[15], il 12 marzo 2020 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato[16] ha avviato due distinte istruttorie nei confronti delle piattaforme Amazon (per le società Amazon Italia Customer Service s.r.l., Amazon Eu S.a.r.L., Amazon Service Europe S.a.r.L.) e Ebay (per le società Ebay Italia S.r.l. e Ebay GmbH) con riferimento alla commercializzazione di prodotti igienizzanti/disinfettanti per le mani, di mascherine a protezione delle vie respiratorie e di altri prodotti igienico-sanitari.

L’oggetto dei due procedimenti è duplice in quando da una parte mira ad indagare sull’offerta di prodotti che presentano informazioni ingannevoli con riguardo alla loro idoneità a proteggere in qualche modo dal coronavirus e dall’altra ha il fine di verificare l’effettivo ingiustificato e consistente aumento dei prezzi dei prodotti igienico-sanitari nelle ultime settimane.

Analogamente, negli Stati Uniti, il 9 marzo 2020 la Federal Trade Commission (FTC), di concerto con il Dipartimento di Giustizia americano (Department of Justice, DOJ), ha iniziato ad occuparsi ufficialmente dei potenziali rischi in termini di violazione del diritto antitrust e della tutela del consumatore derivanti dai comportamenti opportunistici – tra i quali in particolare il cd. price gouging – di coloro che avrebbero cercato di trarre lucro dalla diffusione del Covid-19, annunciando un riparto di competenze secondo il quale la FTC indagherà sulla vendita ingannevole di prodotti in grado di curare il coronavirus, in violazione della normativa a tutela del consumatore, mentre il DOJ si focalizzerà sull’applicazione del diritto antitrust puro, reprimendo quelle pratiche commerciali che abbiano degli effetti distorsivi nel mercato delle vendite di mascherine, respiratori e tamponi, in violazione dello Sherman Act[17].

Nella stessa data, la cugina d’oltreoceano, in sinergia con la Food and Drug Administration (FDA), ha trasmesso delle lettere d’allerta a sette società americane operanti tramite siti e-commerce che sponsorizzavano prodotti dalle pretese capacità curative del Covid-19, in violazione del FTC Act, ordinando quindi la cessazione della commercializzazione fraudolenta, a pena di essere sanzionate pesantemente dalla Corte Federale[18].

Similmente a quanto richiesto nei confronti di Ebay ed Amazon, è stato loro assegnato un termine di due giorni per dare comunicazione alle Autorità delle politiche da esse adottate al fine di risultare compliant rispetto alla disciplina antitrust e quella a tutela dei consumatori.

 

4. Il primo provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato contro il “fake coronavirus merchandising”

Tra le risultanze emerse dall’istruttoria avviata dall’Autorità della Concorrenza italiana nei confronti dei siti di e-commerce è sorta la necessità di intervenire mediante il primo provvedimento cautelare legato all’ambiguo mercato sorto in occasione della diffusione del coronavirus nei confronti del Sig. G. C., dichiarato farmacista con esperienza ultradodecennale e titolare di una farmacia online, per pratiche commerciali ingannevoli ed aggressive, ai sensi degli artt. 20, 21, comma 1, lett. b) e f), e comma 3, 23, lett. i) e s), 25, let. c), 49, lett. b) e c), e 52 del d.lgs. 206/2005[19].

Più specificamente, il soggetto indagato ha sollecitato un intervento dell’AGCM per avere promosso un prodotto denominato “generico Kaletra”, farmaco generalmente utilizzato per il trattamento contro le infezioni da HIV, acquistabile alla “modica” somma di € 634,44, sull’emblematico sito web  https://farmacocoronavirus.it, sostenendo che esso sia l’unico farmaco in grado di proteggere dal Covid-19.

La condotta in oggetto è stata ritenuta contraria alla diligenza professionale e idonea ad orientare le scelte del consumatore medio assumendo decisioni commerciali che altrimenti non avrebbe preso, basandosi su un’ingannevole rappresentazione della realtà che sfrutterebbe l’alterata capacità valutativa derivante dalla pandemia in atto.  Per l’appunto, allo stato dell’arte, l’invocata unicità del medicinale a curare il coronavirus risulterebbe priva di alcun fondamento scientifico e particolarmente insidiosa, considerato che al momento non esiste alcun farmaco in grado di curare il Covid-19, senza contare che il medicinale pubblicizzato non potrebbe nemmeno essere venduto a distanza e senza prescrizione medica, in base al d.lgs. 218/2006.

Accertata la sussistenza del fumus boni iuris con riferimento alla violazione delle norme del Codice del Consumo, alla luce delle modalità di vendita prima facie ingannevoli ed aggressive, e il periculum in mora in merito all’idoneità della condotta del sig. G. C. ad alterare la capacità valutativa del consumatore medio, l’Autorità antitrust ha disposto l’oscuramento del sito web fraudolento, avvalendosi della collaborazione del Gruppo Antitrust afferente al Nucleo Speciale Tutela Mercati della Guardia di Finanza, disponendo altresì che in caso di inottemperanza sarà applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria avente un importo variabile tra  € 10.000 a € 5.000.000.

 

5. Riflessioni preliminari e scenari futuri

Con voli pindarici temporali, facendo un saltum dall’età imperiale agli albori del terzo millennio, e balzi spaziali, dall’esperienza italiana a quella statunitense, si è cercato di dimostrare il generale disconoscimento verso le pratiche commerciali opportunistiche, specialmente in tempi di crisi, a garanzia di due interessi cardine per qualsiasi economia: l’equa formazione dei prezzi e la regolare ed informata distribuzione di beni e servizi.

Orbene, senza la necessità di scomodare la pena capitale dioclezianea per contrastare tali condotte – per quanto possano reputarsi rilevanti gli interessi in gioco –, nel mondo giuridico vi sono molteplici strumenti per farvi fronte, sul piano civile, penale e proconcorrenziale.

In quest’ultima chiave di lettura, i provvedimenti adottati dall’Autorità antitrust italiana nei casi Mellin e Plasmon durante l’emergenza sanitaria scatenata dal virus della “mucca pazza” seminano il germe della cultura della correttezza in tutte le pratiche commerciali, affermandone la maggiore necessità in situazioni in cui il libero apprezzamento del singolo può essere facilmente fuorviato, in attuazione del principio di solidarietà sociale, di cui all’art. 2 Cost., e dell’applicazione dei limiti della dignità, libertà e sicurezza umana alla libertà di iniziativa economica privata consacrati al secondo comma dell’art. 41 Cost. Invero, l’enfasi sulla potenziale rischiosità del settore merceologico praticato dalle imprese destinatarie del provvedimento, nonché sulla delicata situazione emergenziale in cui le informazioni commerciali venivano diffuse, pongono in continuità gli interventi dell’Autorità antitrust italiana adottati durante il BSE rispetto a quelli durante il Covid-19 a distanza di circa venti anni.

Così, il primo provvedimento cautelare dell’AGCM durante la diffusione del coronavirus emanato a seguito delle istruttorie avviate nei confronti delle imprese e professionisti operanti tramite siti di e-commerce segna l’inizio di un nuovo percorso lungo ed impegnativo volto alla repressione degli sciacallaggi figli di quello che definirei come il “fake coronavirus merchandising”.

Verosimilmente, si prospettano sanzioni ben più gravi rispetto al mero oscuramento del sito web, ritenendo presumibile che l’AGCM farà buon uso di tutti gli altri strumenti a sua disposizione. Per buona sorte, essa condivide tale sfida con la Guardia di Finanza[20], impegnata a sequestrare numerosi beni promossi a condizioni scorrette e/o ingannevoli facenti parte del mercato anti-Covid-19, contestando altresì ai venditori il reato di manovre speculative su merci, di cui all’art. 501-bis, c.p.

Tali interventi costituiscono un indice paradigmatico a dimostrazione che gli effetti dispiegati dal virus non si fermano al pregiudizio arrecato alla tutela della salute, ma si estendono con altrettanto vigore anche al mercato, nella sua accezione più ampia, dalla protezione della libertà di scelta del singolo individuo alla salvaguardia dei virtuosi meccanismi concorrenziali.

Ed è pacifico che in questa trincea contro il coronavirus ci sia in prima linea il personale sanitario equipaggiato da respiratori e medicinali, ma non dimentichiamoci la bellezza e l’importanza del ricco – e a volte bistrattato – armamentario giuridico preposto alla composizione di delicati equilibri che in tempi di crisi rischierebbero di essere fortemente compromessi, proiettandovi una nuova luce che lo impreziosisce in maggior misura.

 

[1] Si pensi allo strumentario di presidi a tutela del consumatore previsti nella parte III del d.lgs. 206/2005, alias Codice del Consumo. Oltre ad una forma di protezione diretta del consumatore era da tempo presente una forma di tutela mediata in termini di enforcement pubblico a garanzia del buon funzionamento del mercato che affidava all’AGCM la competenza in materia di pubblicità ingannevole, ai sensi del d.lgs. 74/1992, successivamente sostituito dal d.lgs. 145/2007.

[2] In realtà, ancor prima di Diocleziano vi sarebbero elementi per credere che un tale disfavore risalirebbe al ben più lontano 18 a.C., in cui l’imperatore Augusto, con la lex Iulia de annona, puniva l’incetta di derrate al fine di aumentare artificialmente i prezzi dei beni alimentari, definendolo come crimen monopoli. In tal senso e per una più completa ricostruzione storica – e non solo – del diritto antitrust si veda F. Ghezzi, G. Olivieri, Diritto antitrust, Edizione II, Giappichelli Editore, 2019, Torino, p. 1-32. Gli autorevoli Autori, inoltre, non escludono che scavando ulteriormente nel passato, possano trovarsi disposizioni simili risalenti addirittura alle civiltà sumera, fenicia, egizia e greca.

[3] Artt. 33, 48, 49, d.lgs. 206/2005.

[4] Art. 57, comma 3, d.lgs. 206/2005.

[5] Si pensi all’incredibile armamentario di soluzioni anti-coronavirus – con pacchetti sia per singoli individui che in formato famiglia – proposte dalla società Arte Suprema del Trigono S.n.c., tra le quali la più efficace in assoluto per tenere lontano il Covid-19 sarebbe l’Ottavo Talismano Supremo di Plutone, (ultima visita 21.03.2020).

[6] Così come dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità l’11 marzo 2020, al momento in cui il numero di casi di Covid-19 al di fuori della Cina era aumentato di 13 volte e il numero di Paesi colpiti era triplicato, essendosi registrati più di 118.000 contagiati in 114 paesi, di cui 4.291 hanno perso la vita. Il comunicato stampa dell’OMS è reperibile sul sito internet ufficiale: https://www.who.int/dg/speeches/detail/who-director-general-s-opening-remarks-at-the-media-briefing-on-covid-19—11-march-2020 (ultima visita 20.03.2020).

[7] Il 22 marzo 2020 il numero di contagiati in Cina risulta pari a 81.501, di cui 3.267 vittime; in Italia ammonta a 53.578, di cui 4.825 vittime; negli USA è di 26.705, di cui 339 vittime. Dati estratti dall’articolo della BBC World Service, A visual guide to the pandemic, reperibile al sito internet: https://www.bbc.com/news/world-51235105 (ultima visita 22.03.2020).

[8] Cfr. G. Benedetti, La rescissione, in Tratt. dir. priv., diretto da Bessone, XIII, VIII, Torino, 2007, p. 15 ss.

[9] Sembra ragionevole ritenere che figlio dei precetti costituzionali sopra evocati sia anche l’art. 501-bis c.p., che è un po’ l’alter ego penalistico preposto all’ordinato formarsi dei prezzi sui mercati e alla regolare distribuzione dei prodotti, stabilendo espressamente ai primi due commi che: “Fuori dei casi previsti dall’articolo precedente, chiunque, nell’esercizio di qualsiasi attività produttiva o commerciale, compie manovre speculative ovvero occulta, accaparra od incetta materie prime, generi alimentari di largo consumo o prodotti di prima necessità, in modo atto a determinarne la rarefazione o il rincaro sul mercato interno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 516 a euro 25.822.

Alla stessa pena soggiace chiunque, in presenza di fenomeni di rarefazione o rincaro sul mercato interno delle merci indicate nella prima parte del presente articolo e nell’esercizio delle medesime attività, ne sottrae all’utilizzazione o al consumo rilevanti quantità”.

[10] AGCM, provvedimento n. 9851 del 15 marzo 2001.

[11] AGCM, provvedimento n. 9852 del 15 marzo 2001.

[12] Invero, il Comitato Scientifico costituito dalla Direzione Generale per la Salute e la Tutela dei Consumatori della Commissione UE, nella Final Opinion on the Geographical Risk of Bovine Spongiform Encephalopathy del 6 luglio 2001, ha inserito l’Argentina tra i paesi del cd. livello 1, in cui il rischio BSE viene considerato “highly unlikely”. Successivamente, lo stesso Comitato ha inserito in tale livello anche l’Uruguay.

[13] Per un interessante rassegna delle motivazioni sottese ai principali interventi dell’AGCM in materia di pratiche commerciali scorrette e aggressive si rinvia a N. Zorzi, Il controllo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sulle pratiche commerciali ingannevoli ed aggressive a danno dei consumatori, in Contratto e Impresa, III, 2010, p. 671 ss.

[14] AGCM, procedimento PS11705, il cui comunicato stampa è reperibile presso il sito internet ufficiale dell’Autorità: https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2020/2/PS11705 (ultima visita 21.03.2020).

[15] L’operazione del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza ha sottoposto a sequestro, disposto dal G.I.P. su richiesta della Procura della Repubblica di Milano, 36 offerte di vendita di prodotti igienizzanti e mascherine anti-coronavirus a prezzi esorbitanti presenti sui portali di e-commerce delle piattaforme Amazon e Ebay. La comparazione del prezzo di vendita applicato prima dell’esplosione della emergenza in Italia e quello attualmente praticato – effettuata utilizzando applicativi software di tracciamento dei prezzi (i cd. price tracer) – ha dimostrato l’applicazione di aumenti di prezzo che oscillavano tra il 150% a oltre il 1000%. Ancor più preoccupante un caso nel quale venivano vendute le mascherine di tipo chirurgico più semplici e con limitata azione protettiva da eventuali contagi, che hanno normalmente un costo di pochi centesimi, in confezioni da 50 pezzi al costo di circa € 80, con un rincaro che raggiungeva la cifra massima del 4000%. Le indagini hanno determinato il deferimento all’autorità giudiziaria di 16 venditori italiani, 28 stranieri e 4 in via di identificazione a cui è stata contestata la violazione dell’art. 501-bis c.p. Informazioni estratte dal sito internet ufficiale della Guarda di Finanza: (ultima visita 22.03.2020).

[16] AGCM, procedimenti PS11716 e PS11717, il cui comunicato stampa è reperibile presso il sito internet istituzionale dell’Autorità: https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2020/3/PS11716-PS11717 (ultima visita 21.03.2020).

[17] La più antica legge antitrust per contrastare le intese restrittive della concorrenza e gli abusi commerciali derivanti da posizioni di dominanza o predominio. Tuttavia, non sembra ragionevole escludere la legittimità di alcune intese finalizzate all’ottenimento di economie di scale nella produzione di beni per far fronte più efficacemente all’emergenza sanitaria. Per ulteriori informazioni sulle attività della FTD e del DOJ durante il Covid-19 si rinvia al sito internet ufficiale della Federal Trade Commission: https://www.consumer.ftc.gov/features/coronavirus-scams-what-ftc-doing (ultima visita 20.03.2020).

[18] A tal riguardo, il Commissario della FDA Stephen M. Han ha dichiarato che: “The FDA considers the sale and promotion of fraudulent COVID-19 products to be a threat to the public health. We have an aggressive surveillance program that routinely monitors online sources for health fraud products, especially during a significant public health issue such as this one. The FDA’s laws are designed to protect the public health by ensuring, among other things, that drugs are safe and effective for their intended uses. We understand consumers are concerned about the spread of COVID-19 and urge them to talk to their health care providers, as well as follow advice from other federal agencies about how to prevent the spread of this illness. We will continue to aggressively pursue those that place the public health at risk and hold bad actors accountable”. Ulteriori informazioni sono reperibili sul sito internet ufficiale della Federal Trade Commission: https://www.ftc.gov/news-events/press-releases/2020/03/ftc-fda-send-warning-letters-seven-companies-about-unsupported (ultima visita 21.03.2020).

[19] AGCM, provvedimento del 17.03.2020 a seguito del procedimento PS/11723.

[20] Oltre all’importante operazione nei confronti dei venditori di mascherine e prodotti igienizzanti a prezzi esorbitanti tramite le piattaforme Ebay ed Amazon, si dà conto, a titolo esemplificativo, di un’indagine della Guardia di Finanza di Campobasso conclusasi il 12 marzo 2020, in cui sono state sequestrate 300 mascherine che venivano vendute al dettaglio con un rincaro di quasi il 1500%, dal prezzo di acquisto di € 0,85 al prezzo di vendita pari ad € 13, contestando alla venditrice il reato di cui all’art. 501-bis, c.p. Informazioni estratte dal sito internet istituzionale della Guardia di Finanza: http://www.gdf.gov.it/stampa/ultime-notizie/anno-2020/marzo/sequestrate-mascherine-vendute-al-dettaglio-con-un-ricarico-di-quasi-il-1500 (ultima visita 20.03.2020).

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