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L’Europa si blinda: chiuse le frontiere dello spazio Schengen

L’Europa chiude le sue frontiere esterne: per contenere ed evitare la diffusione della pandemia da COVID-19, dal 17 marzo non è più possibile fare ingresso nei paesi appartenenti allo spazio Schengen per 30 giorni.

La decisione è stata approvata lunedì 16 marzo dai membri del Consiglio Europeo[1], su proposta della Commissione Europea[2], che ha sollecitato un’azione comune e temporanea di chiusura delle frontiere esterne dell’UE (e dei paesi non-UE aderenti agli accordi di Schengen) bloccando tutti gli spostamenti e i viaggi non essenziali, ad eccezione di quelli di alcune categorie di cittadini UE e di lavoratori qualificati.

Lo spazio Schengen

Gli accordi di Schengen – comprensivi dell’Accordo del 1985, relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni e della Convenzione di applicazione del 1990 – costituiscono una delle forme della c.d. cooperazione rafforzata dell’UE. Nonostante il Trattato di Amsterdam del 1997 abbia integrato il c.d. acquis Schengen nel complesso normativo UE tramite l’art. 1 del Protocollo n. 19, è fatta riserva agli Stati membri di non parteciparvi. Ad oggi, fanno parte a pieno titolo dello spazio Schengen 22 paesi UE, ad eccezione di Bulgaria, Cipro, Croazia e Romania, che non soddisfano ancora i requisiti necessari ai fini dell’ingresso nell’area, e dell’Irlanda, che partecipa solo ad alcuni aspetti della cooperazione. Inoltre, sono aderenti quattro Stati terzi non membri dell’UE: Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.

 

Gli accordi di Schengen garantiscono la libertà di circolazione nel territorio degli Stati aderenti, intervenendo in tre principali ambiti:

  • l’abolizione dei controlli alle frontiere interne tra gli Stati, congiuntamente ad una gestione comune ed integrata dei controlli alle frontiere esterne;
  • l’adozione di norme e procedure comuni in materia di visti di ingresso, soggiorni brevi, richieste d’asilo e controlli di frontiera;
  • il rafforzamento della cooperazione di polizia e giudiziaria tramite lo sviluppo di un sistema informativo condiviso (il c.d. SIS, Sistema Informativo Schengen).

Il Codice Frontiere Schengen[3] (in seguito, “CFS”) prevede una specifica disciplina in materia di eliminazione dei controlli interni tra gli Stati, ma anche di eccezionale ripristino degli stessi, che può avvenire in caso di “minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna di uno Stato membro”, oppure in caso di rischio per il funzionamento globale dello spazio senza controllo alle frontiere interne a seguito di “carenze gravi e persistenti nel controllo di frontiera alle frontiere esterne” (artt. 25 e 29 CFS).

La sospensione degli accordi di Schengen deve essere però temporanea: i controlli possono essere reintrodotti per un massimo di 30 giorni e sono prorogabili fino a un massimo di sei mesi. La scelta del ripristino dei controlli spetta ai singoli Stati, ma la misura deve costituire una extrema ratio e la sua durata non deve eccedere quanto strettamente necessario per rispondere alla minaccia. La Commissione europea può emettere un parere riguardo alla necessità e proporzionalità della reintroduzione, ma non può porre un veto sulla decisione del singolo stato.

Le misure di contenimento della pandemia

La crisi innescata dal Corona Virus è oggi classificata come pandemia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)[4] e vede attualmente l’Europa come epicentro. La globalizzazione e i movimenti internazionali di persone creano condizioni che favoriscono la diffusione del contagio oltre le frontiere, aumentando significativamente la pressione sui sistemi sanitari nazionali[5]. In aggiunta, le drastiche misure di contenimento indeboliscono la stabilità del Mercato unico europeo[6], aumentando il rischio di violazioni delle libertà fondamentali di circolazione di persone, capitali, merci e servizi all’interno dell’Unione e paralizzando sensibilmente l’attività commerciale.

La Commissione Europea ha pertanto elaborato, nella giornata di lunedì 16 marzo, delle linee guida[7] volte a contenere la diffusione del contagio e a garantire la disponibilità di beni e servizi di prima necessità.

Secondo quanto affermato nel documento, gli Stati membri hanno la facoltà di reintrodurre i controlli alle frontiere interne, se giustificati da motivi di ordine pubblico o sicurezza nazionale, a patto che il ripristino sia motivato e notificato in conformità al CFS. Tali controlli possono includere screening sanitari, che non causino però la formazione di code o sovraffollamenti. A coloro che risultino chiaramente infetti non deve essere negato l’ingresso, ma devono essere piuttosto adottate nei loro confronti misure di isolamento. L’ingresso e il transito deve essere consentito e, anzi, facilitato, a cittadini UE (o cittadini di stati terzi che siano residenti di lungo termine in UE) che intendano fare ritorno in patria, a richiedenti protezione internazionale e a lavoratori frontalieri, in particolare a coloro che garantiscano servizi essenziali, quali: lavoratori e ricercatori del settore sanitario; personale addetto al trasporto di merci; personale diplomatico, militare e di aiuto umanitario, inclusi membri di organizzazioni internazionali.

Identiche restrizioni ed eccezioni si applicano alle frontiere esterne dell’UE, presso cui l’ingresso può essere negato a cittadini di paesi terzi non residenti, che presentino rilevanti sintomi o evidente rischio di infezione, salva la possibilità di applicare misure di isolamento o quarantena, laddove ritenute più efficaci.

I principi elencati nelle linee guida regolamentano inoltre la circolazione di beni e servizi. Gli Stati membri devono consentire la circolazione di ogni bene nel Mercato unico, garantendo tuttavia una corsia preferenziale al trasporto di prodotti essenziali, come farmaci, attrezzature mediche, prodotti alimentari deperibili e di prima necessità. Le misure di controllo sul trasporto di beni, pur motivate e proporzionate, non devono però provocare gravi interruzioni nella catena di approvvigionamento e nei servizi di interesse generale.

Come ribadito da Eric Mamer, capo portavoce della Commissione Europea, per essere efficaci, le misure emergenziali elaborate dalle istituzioni europee devono essere applicate in modo conforme e coordinato dagli Stati[8]. Tuttavia, la realizzazione di un piano d’azione comune resta a discrezionalità degli Stati, essendo le linee guida proposte dalla Commissione non giuridicamente vincolanti.

Le criticità del sistema: tra solidarietà europea e interessi nazionali

Ad oggi, non pochi paesi europei, ad iniziare dall’Austria, hanno reintrodotto i controlli interni alle frontiere a motivo dell’emergenza sanitaria: Ungheria, Slovenia, Repubblica Ceca, Svizzera, Danimarca, Polonia, Lituania, Germania, Estonia, Norvegia, Portogallo, Spagna, Finlandia, Belgio[9]. La reintroduzione dei controlli ha però fin da subito suscitato polemiche[10] da parte di coloro che ritengono tali misure finalizzate non ad arginare il contagio, ma a bloccare specificamente l’accesso di cittadini europei a cure mediche ed ospedali, a detrimento del principio di solidarietà che permea l’ordinamento comunitario.

A suscitare la preoccupazione dei cittadini europei, nonché della Presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen[11], è anche il timore di sovraccarico dei sistemi sanitari nazionali, dovuto all’ingresso di cittadini di stati terzi infetti. Tuttavia, al momento, non sussistono pressioni eccezionali alle frontiere esterne tali da giustificare una chiusura unilaterale dell’intero spazio Schengen[12].

Risulta infine controversa la scelta di chiudere lo spazio europeo, intervenuta dopo le ripetute accuse[13] mosse dai vertici europei al presidente americano Donald Trump in merito al c.d. travel ban, imposto l’11 marzo dagli Stati Uniti nei confronti di 26 paesi europei. Il divieto, imposto in seguito alla dichiarazione di “emergenza pandemica” da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, impedisce ogni volo dall’Europa (ad esclusione del Regno Unito) agli USA in un arco, prorogabile, di 30 giorni. Tale comportamento è stato da subito ritenuto riprovevole dai vertici delle istituzioni comunitarie: “l’Unione Europea – a detta dei presidenti della Commissione e del Consiglio europeo Ursula von der Leyen e Charles Michel – disapprova il fatto che la decisione americana relativa al travel ban sia stata presa unilateralmente e senza alcuna consultazione. […] Il Corona Virus rappresenta una crisi globale, che investe 5 continenti e richiede una cooperazione, piuttosto che un’azione unilaterale[14]. La risposta politica europea, a distanza di una settimana, è stata tuttavia identica[15].

 

 

[1] Si veda: Conclusioni del presidente del Consiglio europeo a seguito della videoconferenza con i membri del Consiglio europeo sulla Covid-19, online: https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2020/03/17/conclusions-by-the-president-of-the-european-council-following-the-video-conference-with-members-of-the-european-council-on-covid-19/

[2] Si veda: Communication from the Commission to the European Parliament, the European Council and the Council. COVID-19: Temporary Restriction on Non-Essential Travel to the EU, Brussels, 16.3.2020 COM(2020) 115 final, online: https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/communication-travel-on-the-eu.pdf

[3] S’intende, con tale denominazione, il regolamento (UE) n. 2016/399 del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone. Gli stati aderenti agli accordi di Schengen, non vincolati dal regolamento, sono invece vincolati alla Convenzione di applicazione del 1990.

[4] Si veda: L’Organizzazione mondiale della sanità dichiara il coronavirus pandemia, 11 marzo 2020 online: http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioNotizieNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4209

[5] Così si evince dal videomessaggio diffuso dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen in data 11 marzo 2020, disponibile online: https://ec.europa.eu/italy/news/20200311_Coronavirus_videomessaggio_della_presidente_vonderLeyen_all_Italia_it ; si veda anche: Communication from the Commission to the European Parliament, the European Council and the Council. COVID-19: Temporary Restriction on Non-Essential Travel to the EU, Brussels, 16.3.2020 COM(2020) 115 final, online: https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/communication-travel-on-the-eu.pdf

[6] Si veda, a tal proposito, la risposta coordinata europea alla crisi economica e finanziaria a tutela della stabilità del mercato unico: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/qanda_20_458

[7] Si veda: COVID-19, Guidelines for border management measures to protect health and ensure the availability of goods and essential services, Brussels, 16.3.2020, C(2020) 1753 final, online:

[8] Si veda: D. M. Herszenhorn, Coronavirus border controls imperil EU freedoms. New curbs imposed by national governments threaten principles that underpin the union. Politico, 16 marzo 2020, online: https://www.politico.eu/article/coronavirus-border-controls-imperil-eu-freedoms/

[9] Una lista completa è disponibile qui:

[10] Si veda: D. M. Herszenhorn, Coronavirus border controls imperil EU freedoms. New curbs imposed by national governments threaten principles that underpin the union. Politico, 16 marzo 2020, online: https://www.politico.eu/article/coronavirus-border-controls-imperil-eu-freedoms/

[11] Si veda: C. Quinn, EU to Close Borders to Fight Coronavirus, Foreign Policy, 17 marzo 2020, online: https://foreignpolicy.com/2020/03/17/eu-close-borders-coronavirus-macron-von-der-leyen/

[12] Si veda: Europa blindata, daily focus ISPI, 17 marzo 2020, online: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/europa-blindata-25410

[13] Si veda: S. Amaro, EU condemns Trump’s coronavirus travel ban, imposed ‘unilaterally and without consultation’, CNBC, 12 marzo 2020, online: https://www.cnbc.com/2020/03/12/the-european-union-disapproves-president-trump-travel-ban-amid-coronavirus.html

[14] V. nota precedente.

[15] Si veda: Commento di A. Villafranca, coordinatore della Ricerca e co-head osservatorio Europa e Governance Globale, ISPI, in Europa blindata, daily focus ISPI, 17 marzo 2020, online: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/europa-blindata-25410

Silvia Casu

Silvia Casu, nata a Varese nel 1995, ha conseguito il diploma di maturità in lingue straniere nel 2014, che le ha permesso di avere buona padronanza della lingua inglese, francese e spagnola. Iscritta al quinto anno preso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano Statale, ha sviluppato un vivo interesse per la materia internazionale pubblicistica e privatistica, nonché per la cooperazione legale comunitaria, interessi che l'hanno portata nel 2017 ad aprirsi al mondo della collaborazione nella redazione di articoli di divulgazione giuridica per l'area di diritto internazionale di Ius in Itinere. Attiva da anni nel volontariato e nell'associazionismo, è stata dal 2014 al 2018 segretaria e co-fondatrice di un'associazione O.N.L.U.S. in provincia di Varese; è inoltre socio ordinario dell' Associazione Europea di Studenti di Legge "ELSA" , nella sezione locale - Milano.

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