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Ponte Morandi e revoca della concessione ad Autostrade: il parere del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

A cura di Pasquale La Selva

Il 28 giugno 2019, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha rilasciato un parere concernente la possibilità di ottenere la revoca della concessione autostradale nei confronti della società Autostrade per l’Italia S.p.A.

Origine ed evoluzione del rapporto concessorio

Il rapporto concessorio nasce negli anni ’60 con la concessione di costruzione ed esercizio di rete autostradale affidata dall’ANAS (in origine di natura pubblica) alla Società autostrade concessioni e costruzioni S.p.A. (anche questa in origine di natura pubblica in quanto appartenente al gruppo IRI), in ragione delle leggi 24 luglio 1961, n. 729 e 28 marzo 1968, n. 385. In tale prima fase, l’attività del concessionario era volta all’equilibrio economico-finanziario, in quanto i proventi erano, per legge, riversati alle entrate del bilancio dello Stato, ad eccezione dell’accantonamento di riserva.

A partire dal 1993 mutò lo scenario giuridico a seguito delle privatizzazioni degli enti pubblici. Con l’art 10, comma 6[1], della legge 24 dicembre 1993, n. 537, si abrogò la disposizione in virtù della quale l’IRI era tenuto a detenere la maggioranza delle azioni del concessionario, mentre con il successivo comma 8[2] si stabilì la natura privata delle attività svolte dalle società concessionarie autostradali. Dunque, con la stessa legge si stabilì che le concessionarie fossero tenute a corrispondere allo Stato un canone annuo da calcolarsi sui proventi netti da pedaggio.

L’originaria concessione del 1968 fu sostituita dalla stipula di una nuova convenzione nell’agosto del 1997, con una scadenza indicata fino al 2038.

Nel tempo, l’asimmetria del rapporto concessorio tra l’ormai Società Autostrade per l’Italia S.p.A. ed il MIT si era notevolmente sbilanciato a favore del primo. Nel 2006 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in una segnalazione trasmessa al Parlamento e al Governo sulle modalità di affidamento di lavori nell’ambito delle concessioni pubbliche, rilevò come – nello specifico settore autostradale – tutte le concessioni fossero state affidate a trattativa privata, ed inoltre i concessionari affidarono in via diretta a proprie imprese o società controllate parti di prestazioni, talvolta anche violando le soglie fissate dalla legge in favore di terzi.

Nello stesso anno intervenne anche l’allora Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici (odierna ANAC) con diverse segnalazioni trasmesse al Parlamento ed al Governo relative alle convenzioni autostradali stipulate tra ANAS e Autostrade per l’Italia. In particolare dalle relazioni (e indagini) emerse la necessità di rideterminare i rapporti negoziali prevedendo, tra l’altro, l’introduzione di un sistema sanzionatorio più graduale, l’innalzamento delle percentuali delle contribuzioni corrisposte allo Stato, la verifica della correttezza della formula di determinazione dei pedaggi e l’affinamento della disciplina delle variazioni del capitale societario. Tutto ciò alimentava nell’ANAC il timore che, essendo la concessione nata e regolata quando il concessionario era ancora un soggetto pubblico, la relativa stipula sarebbe stata alquanto generica.

Tra il 2007 ed il 2008 a seguito di alcuni cambi normativi, si giunse ad approvare per legge “tutti gli schemi di convenzione con la società Anas S.p.a. già sottoscritti dalle società concessionarie autostradali all’entrata in vigore del presente decreto[3]. In questo modo si dispose l’efficacia immediata delle convenzioni ancora in corso di esame da parte degli organi tecnici alla data di entrata in vigore del decreto, in deroga alla procedura altrimenti prevista dalla legislazione sino a quel momento vigente.

Nel 2013 vi è stato un aggiornamento con l’introduzione di un atto aggiuntivo alla convenzione.

La disciplina applicabile alla concessione e gli obblighi previsti per Autostrade

Alla concessione di Autostrade si applica la disciplina ratione temporis, ossia la normativa di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (precedente Codice appalti).

Quanto agli obblighi previsti per Autostrade, l’art. 3 della Convenzione prevede: la gestione tecnica dell’infrastruttura; il mantenimento della funzionalità delle infrastrutture concesse attraverso la manutenzione e riparazione delle stesse; la progettazione e la stipula del contratto d’appalto con l’appaltatore prescelto, oltre che l’esecuzione degli oneri di collaudo ed altre attività accessorie degli interventi di adeguamento della rete risultanti dal piano finanziario; la presentazione del programma dei lavori relativi agli interventi di miglioramento della rete che intende eseguire nell’anno successivo; la presentazione al Concedente dei progetti di manutenzione ordinaria e straordinaria.

In sintesi, emerge che Autostrade si è assunta l’obbligo di provvedere sia alla costruzione di nuove opere infrastrutturali di adeguamento delle autostrade in concessione, sia di eseguire i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria alla rete autostradale.

I successivi artt. 4 e 5 della Convenzione invece, disciplinano il rapporto concessorio di una durata sino al 31 dicembre 2038, alla cui scadenza Autostrade resta obbligata ad eseguire nell’ordinaria amministrazione le prestazioni oggetto della concessione fino al trasferimento della gestione della stessa. A parere del MIT, anche l’art. 1177 c.c. stabilisce che l’obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna.

Orbene, dal momento in cui il rapporto concessorio a monte prevedeva anche la costruzione della rete autostradale, dalla disciplina di cui alla Convenzione emerge che, allo scadere della concessione, Autostrade debba trasferire in proprietà al nuovo concedente le opere autostradali e relative pertinenze realizzate nel corso del rapporto concessorio, onde consentire e rendere possibile il trasferimento della gestione.

Gli effetti del mancato rispetto degli obblighi da parte di Autostrade

Il Concedente, ai sensi degli artt. 8 e 9 della Convenzione, laddove ipotizzasse una fattispecie di inosservanza degli obblighi da parte di Autostrade, ne accerta la violazione, e ne da comunicazione assegnando un termine congruo al Concessionario per l’adempimento dell’obbligo violato o, in alternativa, per la presentazione delle proprie giustificazioni. In caso di perdurante inadempimento, la Concedente inoltra al Concessionario una diffida ad adempiere entro un termine non inferiore a 90 giorni con contestuale apertura di un procedimento ai sensi della l. n. 241/1990. In caso di mancato adempimento nel termine assegnato, interviene un provvedimento di decadenza della concessione del MIT, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Restano fermi gli obblighi per il concessionario di eseguire le prestazioni nell’ordinaria amministrazione.

L’art. 9, comma 3, della Convenzione prevede che, a seguito della decadenza della concessione, il Concedente subentra in tutti i rapporti attivi e passivi di cui è titolare il Concessionario esistenti al momento del trasferimento. Nel trasferimento, il Concedente paga al Concessionario un importo corrispondente al valore netto dei ricavi della gestione prevedibile sino alla data del provvedimento di decadenza della concessione.

Una questione controversa

Il procedimento di revoca della concessione disciplinato dagli artt. 8 e 9 della Convenzione, come già chiaramente indicato, è avviabile solo in caso di perdurante inadempimento nell’esecuzione delle prestazioni oggetto della concessione. Nonostante l’obbligo di custodia e di eseguire le prestazioni secondo ordinaria amministrazione, nel caso del crollo del Ponte Morandi non è possibile avanzare alcuna diffida ad un facere, proprio perché il crollo del ponte ha reso impossibile l’adempimento della prestazione di consegna dei beni costruiti alla quale era tenuto il Concessionario.

Tuttavia, il perimento del ponte ha determinato un adempimento ai sensi del sopra citato art. 1177 c.c., violando il principio di ordinaria diligenza nella custodia del bene.

È bene sottolineare inoltre, che secondo le ricostruzioni del MIT, dalla disciplina della Convenzione non emerge alcun obbligo/dovere di ricostruzione del ponte crollato a carico del Concessionario.

Traendo dunque le conseguenze giuridiche di quanto edotto, emerge che il Concessionario risulta essere inadempiente rispetto agli obblighi di custodia di cui all’art. 1218 c.c., ritenendo il MIT pacifico che il rapporto concessorio in essere trova fonte nella Convenzione avente natura contrattuale. L’inadempimento del Concessionario può essere superato solo attraverso la prova che l’evento crollo del ponte sia ad esso non imputabile, escludendosi a monte la possibilità di ricondurre tale evento ad un accadimento incidentale.

In definitiva, il MIT conclude sostenendo che sussistano i presupposti per la risoluzione della Convenzione per inadempimento del Concessionario.

Sulla possibilità di revocare la concessione

Il Concedente, ai sensi del combinato disposto degli artt. 136 (Risoluzione del contratto per grave inadempimento grave irregolarità e grave ritardo) e 142 del decreto legislativo n.163 del 2006, dispone del potere di risoluzione in autotutela della Convenzione unica per inadempimento del Concessionario. Inoltre, alla revoca della concessione si dovrebbe affiancare l’obbligo per il Concessionario di risarcire i danni cagionati secondo le regole di diritto comune.

* * *

[1] Ai sensi del quale: “Per favorire il processo di dismissioni della Società Autostrade S.p.A., sono abrogati l’articolo 16, primo comma, della legge 24 luglio 1961, n. 729, limitatamente alla parte in cui impone all’Istituto per la ricostruzione industriale di detenere la maggioranza delle azioni della concessionaria, e il primo comma dell’articolo 6 della legge 28 marzo 1968, n. 385, come sostituito dall’articolo 10 della legge 12 agosto 1982, n. 531. La costruzione e la gestione delle autostrade è l’oggetto sociale principale della Società Autostrade S.p.A.”.

[2] Che così recita: “Con il rinnovo delle convenzioni revisionate in applicazione dell’articolo 11 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, si definisce la natura privata dell’attività svolta dalle società concessionarie di autostrade nonché la esclusione della garanzia dello Stato per la contrazione di mutui”.

[3] Legge 6 giugno 2008, n. 101 di conversione del decreto legge 8 aprile 2008, n. 59 recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e l’esecuzione delle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee”.

Pasquale La Selva

Pasquale La Selva nasce a Napoli il 22 Febbraio 1994. Ha conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” con tesi in Diritto Amministrativo dal titolo "Il socio pubblico e la golden share", a relazione del Prof. Fiorenzo Liguori, ed ha conseguito, presso il Dipartimento di Scienze Politiche dello stesso Ateneo la laurea magistrale in Scienze della Pubblica Amministrazione, con una tesi sulle "competenze e poteri di ordinanza tra Stato, Regioni ed Enti Locali nell'emergenza sanitaria" a relazione del Prof. Alfredo Contieri. Pasquale ha conseguito anche un Master di II livello in "Compliance e Prevenzione della Corruzione nei settori Pubblico e Privato" presso l'Università LUMSA di Roma, con una tesi sulla rotazione del personale quale misura anticorruttiva. Pasquale è direttore del Dipartimento di diritto amministrativo di Ius in itinere ed è praticante avvocato. Durante il periodo degli studi, Pasquale è stato anche un cestista ed un atleta agonista: detiene il titolo regionale campano sui 400 metri piani della categoria “Promesse” dell'anno 2016, è stato vice campione regionale 2017 della categoria "assoluti" sulla stessa distanza, ed ha partecipato ad un Campionato Italiano nel 2016. Contatti: pasquale.laselva@iusinitinere.it

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