La tutela giuridica dei profumi
Articolo redatto con il coordinamento dell’Avvocato Nicola Lanna, esperto di Fashion Law, IP e New Media (Influencer Marketing)
“Il profumo è l’accessorio di moda basilare, indimenticabile, non visto, quello che preannuncia il tuo arrivo e prolunga la tua partenza”. Tale concetto pare chiarissimo a molti stilisti e fashion designer che sempre più si addentrano nel mondo dei profumi per avvalorare il proprio brand.
L’origine del connubio moda e profumi data al periodo post grande guerra grazie all’adeguamento alle nuove esigenze di mercato e alla riconversione delle strutture produttive. Con il passare del tempo il numero di consumatori di profumi è cresciuto esponenzialmente, con un mercato valutato di 45 bilioni ogni anno[1]. Tale cifra non sbalordisce se si considera che una confezione di Chanel n 5 sia venduta ogni 55 secondi nel mondo[2]!
Tuttavia, i profumi non hanno sempre goduto di questa fama. Infatti, la cultura occidentale spesso si è focalizzata sui sensi della vista e dell’udito, considerando olfatto e gusto con sospetto o quasi disprezzo. Filosofi come Platone e Aristotele, ad esempio, accusavano l’olfatto di offrire piaceri meno puri rispetto ad altri sensi, a causa della stretta connessione con la lussuria e l’istinto. Più tardi Buffon lo collegava alla dimensione animale, mentre Kant gli negava qualsiasi carattere estetico. Ancora oggi Bernard Edelman, giurista e filosofo francese, mantiene la distinzione tra i “sensi nobili” che si rivolgono alle capacità intellettuali e i “sensi volgari”, tra cui l’olfatto, che rimandano all’animalismo.
Conseguentemente alcun tipo di protezione legale era loro attribuita. Rispetto a tali carenze normative, Max Baumann parlava di “deodorised justitia”[3]. Allo stesso modo nel 1988 Maurice Roger, ex CEO di DIOR Parfums dichiarava: “There is no artistic or intellectual property in our specialty”[4]. In effetti fino a poco tempo fa, i contenziosi in tale settore erano rari e riguardavano più spesso il contenitore e non il contenuto. Nome, confezione e bottiglia godono ancor oggi della protezione del marchio, design o brevetto anche se in realtà rappresentano solo degli accessori del profumo nel suo significato letterale.
L’inizio del millennio ha visto infine una moltiplicazione di casi giurisprudenziali riguardanti la tutela di fragranze. Tale industria è diventata infatti vulnerabile alle nuove tecnologie, come la gas-cromatografia-spettrometria di massa, che consentono l’appropriazione di informazioni strettamente confidenziali riguardanti la loro composizione. La contraffazione rappresenta un incalcolabile danno se consideriamo che le aziende investono, in media, tra il 7 e il 12 percento del proprio fatturato in ricerca e sviluppo[5]. Di conseguenza, negli ultimi anni, come i settori dei media e dell’intrattenimento, l’industria dei profumi ha perseguito vigorosamente varie forme di protezione legale per i suoi prodotti.
La seguente analisi affronterà la problematica della tutelabilità dei profumi, soffermandosi sulla disciplina brevettuale (1), del diritto dei marchi (2), del copyright (3) e infine sugli strumenti contrattuali (4).
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Protezione dei profumi tramite normativa brevettuale?
La tutela del brevetto rappresenta il più potente strumento offerto dalla proprietà intellettuale per proteggere le invenzioni nuove, originali e utili. Gli ordinamenti statunitense ed europeo garantiscono al titolare del brevetto un’esclusività ventennale su produzione e vendita, rendendo effettiva la protezione dell’opera. A tale esclusività corrisponde, tuttavia, l’obbligo del titolare del brevetto di divulgare, al momento della registrazione, le informazioni relative alla composizione e all’uso del prodotto, le quali diventano di pubblico dominio una volta scaduto il termine.
Per tale ragione l’industria dei profumi non fa particolare affidamento su questo meccanismo per la protezione delle fragranze. Pochi produttori accetterebbero di divulgare completamente l’invenzione per ottenere una tutela a scadenza ventennale. In effetti non solo i prodotti profumieri durano più di vent’anni, ma questi diventano anche più preziosi con il passare del tempo.
Inoltre, un secondo ostacolo che si pone all’utilizzo di tale forma di protezione è rappresentato dal requisito dell’utilità. Un’ invenzione deve essere utile per essere brevettabile. Più che essere realmente utili, le fragranze rappresentano un elemento di puro “lusso”, alla pari dei prodotti di gioielleria. I pochi brevetti registrati sono infatti fondati sulla capacità utile del prodotto di soppiantare odori nocivi o di promuovere la salute fisica e psichica[6].
Di conseguenza è dubbia l’effettività di tale disciplina in un contesto nel quale i profumi sono utilizzati per un puro scopo estetico.
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Protezione tramite copyright?
Uno dei motivi per cui ricorrere alla tutela tramite copyright si ritrova senza dubbio nella sua facilità di ottenimento rispetto a quella brevettuale. Infatti, al contrario di quest’ultima, il copyright è concesso automaticamente una volta dimostrata l’originalità del lavoro, eliminando dunque i relativi costi di registrazione. Un secondo motivo risiede nella longevità della protezione, la quale varia a seconda dei sistemi giuridici, dai 50-70 anni dopo la morte del suo autore.
Poiché i diritti d’autore sono facili da ottenere e forniscono lunghi termini di protezione, sembrerebbero essere un interessante mezzo di tutela per l’industria delle fragranze.
Ma in che modo hanno risposto le Corti Europee relativamente alla mobilitazione della disciplina del copyright in tale contesto?
Nei primi anni ’70, la risposta non era certamente rassicurante, come mostrato dal caso Rochas v De Laire[7]. Secondo la Corte d’Appello francese i profumi, in quanto “practical works” potevano beneficiare solamente della protezione offerta dalla disciplina brevettuale.
Più recentemente in Bsiri-Barbir contro Haarman & Reimer, la Corte di Cassazione francese ha stabilito che i profumi “are not eligible for protection under French copyright law because they are a product of the application of purely technical knowledge and lack, therefore a discernable association with the individual personalities of their creators”[8].Per la Corte di Bsiri-Barbir, i profumieri lavorano come artigiani, non come artisti, nell’applicare l’abilità tecnica della profumeria. I giudici hanno quindi ritenuto che il profumo non meriti la protezione del copyright perché la creatività che vi è dietro non raggiunge il livello necessario per essere considerata “arte”. Questa posizione è stata confermata, sempre dai giudici francesi, nel caso Beaute Prestige Int’l v. Senteur Mazal, riguardante la presunta violazione del copyright sul profumo Jean Paul Gaultier’s Le Male. Sulla stessa linea, nel caso Lancôme-Modefine[9], la Corte ha affermato che il copyright non protegge le fragranze, in quanto sono tutelabili solo le creazioni aventi una forma concreta e sufficientemente distintiva.
Gli ostacoli che si pongono relativamente all’applicabilità del diritto d’autore in tale contesto attengono in particolare al fatto che sarà la fragranza in sé ad essere protetta e non la sua formula[10]. Il copyright infatti protegge una creazione artistica, qualunque sia la sua forma di espressione[11]. Per il profumo questo mezzo di espressione è la fragranza. Tuttavia, visto che si tratta di comparare due fragranze e non due formule, si pongono due problemi: uno relativo al carattere effimero dei profumi, l’altro relativo alla difficoltà di realizzare una descrizione tecnicamente obiettiva della fragranza stessa.
Riguardo al primo problema autori come J. Calvo et G. Morelle sostengono che la mancanza di stabilità dei profumi, dovuta al fatto che i componenti evaporano a dei ritmi differenti una volta aperta la confezione, basti a negare la protezione del diritto d’autore[12].
L’altro ostacolo è poi rappresentato dal fatto che la caratterizzazione della percezione di una fragranza è necessariamente soggettiva. Certo, sarà sempre possibile ottenere l’opinione di un esperto, ma questo non potrà mai esprimere una valutazione tecnica obiettiva. Negli ultimi anni gli sviluppi tecnologici hanno portato alla creazione anche dei cosiddetti “nasi elettronici”, i quali traducono la composizione di una sostanza chimica in odori conosciuti, dando dunque un’interpretazione obiettiva di questi. Anche questa scelta è dubbiosa in quanto, come affermato dal tribunale nel caso Thierry Mugler Parfums c/ GLB Molinard tale tecnica, la cui sensibilità è 1000 volte inferiore a quella di un uomo, non è sufficientemente affidabile ad oggi.
Tuttavia, alcuni giudici riconoscono alle fragranze la qualità di creazione artistica, espressione della personalità del suo autore. Un esempio è costituito dal caso Mugler[13]. Mugler sosteneva che la casa di fragranze Molinard aveva prodotto e venduto un prodotto “smell-alike”della sua famosa fragranza “Angel”. Il successo di questo profumo è stato attribuito alla sua inusuale “fragranza gourmand” con forti note culinarie evocanti profumo di zucchero filato e caramello. Il Tribunal de Commerce di Parigi concordava con l’affermazione di Mugler secondo cui “Angel”rappresenterebbe un lavoro protetto da copyright. In questo caso la corte ha associato la creazione di una fragranza alla composizione di una partitura musicale e ha suggerito che le diverse percezioni e reazioni a “Angel”fossero analoghe a quelle generate da un’opera musicale. Sin dai tempi dell’era vittoriana, infatti, i profumi sono stati descritti nel vocabolario della musica. Anche il profumiere di Marie Antoinette, Jean-Louis Fargeon, ha descritto il profumo come una composizione musicale, frutto di creatività.
Seguendo le orme della decisione Mugler, la Cour d’Appel de Paris nel gennaio 2006 affermava che vari profumi di l’Oreal, Prestige, Parfums Cacharel, Parfums Ralph Lauren e Parfums Guy Laroche potevano godere della protezione derivante dal diritto d’autore, in quanto originali. Contemporaneamente Lancôme avviava un’azione in violazione del copyright nei confronti del venditore di profumi olandese Kecofa nei Paesi Bassi, in quanto il Female Treasure di quest’ultimo conteneva 24 sui 26 ingredienti presenti nel Tresor Lancome. Il tribunale ha concluso che, poiché il liquido soddisfaceva il requisito di fissazione e la fragranza costituiva una composizione creativa, poteva essere concessa la protezione del diritto d’autore.
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Protezione dei profumi tramite marchio d’impresa?
Nell’ultimo decennio la protezione tramite marchio d’impresa ha conosciuto una notevole evoluzione che ha portato alla creazione dei cosiddetti marchi atipici, in cui rientrano i segni olfattivi. Tuttavia, nella pratica, la registrabilità dei profumi come marchi è stata ostacolata dalla maggior parte delle giurisdizioni, in particolar modo da quella comunitaria e statunitense.
Nel sistema comunitario, per ottenere la protezione del marchio d’impresa, fino al 1 ottobre 2017 era necessario dimostrare che il segno possedesse capacità distintiva e fosse rappresentabile graficamente, ai sensi dell’articolo 4 del Regolamento sul marchio comunitario[14]. Quest’ultimo requisito costituiva l’impedimento maggiore per la registrazione dei marchi olfattivi, in quanto si trattava di segni non visivamente percepibili. Infatti, secondo le nostre conoscenze, esiste solo un esempio nella pratica dell’UAMI in cui è stato ammesso un marchio olfattivo, the smell of fresh cut grass[15], in cui l’Ufficio dichiarava che “l’odore dell’erba appena tagliata è un odore distinto che tutti riconoscono immediatamente dall’esperienza”.
La ragione di tale severità si ritrovava nel requisito di rappresentazione grafica, ormai abolito dalla direttiva del 2015/2456 del Parlamento Europeo e del Consiglio[16].
Per comprendere meglio la rigidità di tale criterio possiamo citare il famoso caso Sieckmann[17].Questo riguardava la domanda di registrazione come marchio di un particolare “aroma balsamico fruttato con una leggera traccia di cannella” rappresentato dal richiedente, oltre che dalla descrizione testuale, tramite la relativa formula chimica C6H5-CH = CHCOOCH3 (metil cinnamato = estere metilico dell’acido cinnamico) ed il deposito di un campione. Secondo la Corte un segno deve essere chiaro, preciso (ad es. un colore non può essere semplicemente descritto come “rosso”), autonomo, facilmente accessibile (ad es. database internazionale Pantone), intelligibile, duraturo e oggettivo. Dopo aver effettuato tali considerazioni, la Corte ha ritenuto che la formula chimica, la descrizione dell’odore, la presentazione di un campione e la combinazione di tutte queste prove non erano sufficienti per soddisfare il requisito di rappresentazione grafica.
Se la direttiva 2015 ha finalmente abolito il criterio di rappresentazione grafica, la rigidità dei criteri Sieckmann può ancor essere considerata attuale? In altre parole, l’abolizione del criterio di rappresentazione grafica costituisce un via libera all’ammissibilità dei marchi olfattivi e quindi alla tutelabilità dei profumi?
È difficile rispondere affermativamente a tali domande. Infatti, il requisito di rappresentazione rimane una costante anche nel nuovo Regolamento. La rappresentazione per essere idonea deve presentare le caratteristiche di chiarezza, precisione, durevolezza ed obiettività. Un marchio olfattivo avrà sempre un elemento di soggettivitàe quindi è poco probabile che vi siano particolari rivoluzioni in merito alla sua ammissibilità in futuro.
Per quanto riguarda l’ordinamento USA occorre sottolineare come questo abbia accolto in maniera particolarmente entusiasta la registrabilità dei marchi olfattivi. Non a caso il primo segno olfattivo registrato è di origine statunitense e risale al 19 settembre 1990. Si trattava della “fragranza fresca, floreale che ricorda i fiori di mimosa” utilizzata per differenziare il filo da cucire da quello per ricamo. Ciò che in tale ordinamento permette di registrare agevolmente questo tipo di marchi è dovuto al fatto che l’US Patent and Trademark Office (USPTO) tende ad accogliere la registrazione per quei segni già utilizzati e riconosciuti dai consumatori come distintivi e capaci di identificare l’origine del prodotto. Per tale ragione l’USPTO ha riconosciuto come marchio l’odore del Play-Doh Hasbro, così come è stato registrato sotto la denominazione di marchio d’impresa l’odore della pina colada applicato sullo strumento musicale ukulele[18].
Tuttavia, la tutelabilità del profumo in sé presenta vari ostacoli anche in tale giurisdizione. Infatti il richiedente deve dimostrare che l’odore sia non-funzionale e non risponda ad una funzione pratica essenziale, se non quella di identificare e distinguere il marchio[19]. Quindi un profumo, il cui scopo è solo quello di profumare, non può ricevere la protezione dal diritto dei marchi negli Stati Uniti.
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Protezione dei profumi tramite strumenti contrattuali?
Data la complessità nell’applicare il diritto della proprietà intellettuale all’industria dei profumi, le grandi aziende decidono di avvalersi della tutela di tipo contrattuale, per mantenere l’esclusiva nel mercato. In particolare, le cosiddette clausole di riservatezza o di confidenzialità rappresentano un importante strumento strategico in tale contesto.
La clausola di riservatezza consiste in un negozio giuridico di natura sinallagmatica, attraverso cui le parti indentificano le informazioni che intendono mantenere confidenziali, impegnandosi a non rivelarle a terzi, pena la violazione dell’accordo. La logica sottostante risponde all’obiettivo di impedire alla controparte di svelare le informazioni apprese, in particolare nei rapporti di collaborazione, fornitura e distribuzione.
Dietro la produzione dei profumi vi è infatti un’immensa rete di contratti. Primi tra tutti i contratti sulle materie prime utilizzate per produrre la fragranza, conclusi tra fornitori e i produttori. Per evitare la fuoriuscita di informazioni possiamo trovare clausole confidenziali vincolanti il fornitore alla segretezza circa la quantità e il prezzo dei fiori forniti all’industria.
Inoltre, spesso, le grandi multinazionali per limitare la cerchia delle persone a conoscenza di informazioni delicate, decidono di affidarsi per tutta la durata del business, ad un solo fornitore di materie prime. Sono dunque frequenti in questo ambito contratti che includono la garanzia di esclusiva a lunga decorrenza sulla produzione di determinati fiori, necessari per ottenere la fragranza. Ne è un esempio la casa di moda Chanel, la quale ha concluso un tale accordo di esclusiva con la famiglia Mul, da secoli produttore di gelsomini. Troviamo infatti l’impianto di estrazione Chanel immediatamente adiacente alla coltivazione. La formula n. 5 è preziosa proprio grazie al rapporto simbiotico, coltivato da molti decenni, tra il fornitore di materie prime e la casa di moda[20].
Un particolar tipo di informazioni confidenziali è poi costituito dal trade secret. Nel caso Brown v Rollet Bros Trucking CompanyInc[21]la Court of Appeals del Missouri, rilevando la possibile confusione tra il concetto di trade secret e quello di informazioni confidenziali, ha affermato: “confidential information is generally limited to a single or ephemeral event in the conduct of a business, whereas a trade secret is a process or device for continuous use in the operation of a business”. Dunque, non tutte le informazioni confidenziali superano la soglia per essere definite trade secret.
La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate[22]definisce il segreto commerciale come “insieme di informazioni che soddisfano i seguenti requisiti:
- a) sono segrete nel senso che non sono, nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi, generalmente note o facilmente accessibili a persone che normalmente si occupano del tipo di informazioni in questione
- b) hanno valore commerciale in quanto segrete
- c) sono state sottoposte a misure ragionevoli, secondo le circostanze, da parte della persona al cui legittimo controllo sono soggette, a mantenerle segrete”
Il vantaggio di tale forma di protezione è che non vi è alcuna necessità di registrazione (eliminando dunque i relativi costi) e non deve essere soddisfatto alcun requisito formale. Inoltre, la protezione è garantita finché il segreto è mantenuto tale. Ma una volta che questo fuoriesce il solo mezzo disponibile per ottenere riparazione del danno è ricorrere agli strumenti di tipo contrattuale. Per rinforzare la segretezza delle informazioni riguardanti la composizione della fragranza, infatti, le aziende si avvalgono delle clausole confidenziali sopra citate. Dunque, in caso di trade secret infringement, la tutela si risolverà il più delle volte in un risarcimento per breach of contract.
E’ tuttavia opportuno notare che il legislatore europeo, nella citata direttiva, prevede dei casi in cui l’acquisizione di un segreto commerciale è considerata lecita. Tra questi vi è l’ipotesi di “osservazione, studio, smontaggio o prova di un prodotto o di un oggetto messo a disposizione del pubblico o lecitamente in possesso del soggetto che acquisisce le informazioni”.
Tale modalità, applicata al contesto dell’industria profumiera, corrisponde alla tecnologia gas-cromatografia-spettrometria di massa (GC-MS), la quale consente di analizzare con accuratezza la composizione chimica di una sostanza, grazie ad un procedimento di separazione in base al peso delle molecole che la compongono. In questo modo vengono identificate non solo le sostanze chimiche, ma anche la loro quantità precisa all’interno di un prodotto, rendendo possibile l’esatta riproduzione di un profumo.
Nonostante i recenti progressi tecnologici non viene meno l’effettività della tutela contrattuale in tale settore. Infatti come affermato da Pierre Sivac: “Trade secrets have been the principle means by which our rapidly innovating industry has historically protected its intellectual property”.
La fuoriuscita di segreti commerciali non deve imputarsi alle nuove tecnologie ma piuttosto ad una mancanza di consapevolezza del loro valore e ad un’insufficiente tutela contrattuale, da parte delle industrie. Questa realtà è ben chiara all’ International Fragrance Association(IFRA) che da sempremira a sensibilizzare i produttori di profumi sull’importanza economica dei segreti commerciali e sui mezzi efficaci per proteggerli[23].
Conclusione
Per decenni l’industria dei profumi ha creato valore economico in Europa e ha migliorato la vita dei consumatori in tutto il mondo. Negare la protezione del settore causerebbe perdite, non solo all’industria delle fragranze, ma anche agli stati che investono in tale mercato.
In questo articolo abbiamo constatato la difficoltà di tutelare giuridicamente i profumi.
Il brevetto, nonostante rappresenti una delle più forti forme di protezione delle invenzioni, non sembra sufficiente in tale contesto. Infatti, l’obbligo di divulgazione, la temporaneità della tutela e il criterio dell’utilità rappresentano degli enormi ostacoli all’effettività di tale normativa. Il diritto d’autore, anche se ammesso da numerosi tribunali come potenziale strumento di protezione delle fragranze, non sembra convincere la totalità della giurisprudenza e della dottrina. La difficoltà relativa all’utilizzo del diritto dei marchi attiene invece ai limiti di rappresentabilità del profumo (nonostante l’abolizione del criterio di rappresentazione grafica).
Non resta che la tutela contrattuale, la quale, anche se messa alla prova dai recenti sviluppi tecnologici, rappresenta un importante ed efficace strumento per salvaguardare l’industria dei profumi e incentivare l’innovazione in tale settore.
“Without security man is neither able to develop his strengths nor to enjoy the fruits thereof.” (Humboldt)
[2]Cfr. https://www.telegraph.co.uk/news/uknews/3530343/Chanel-No.-5-most-iconic-perfurme.html
[3]C. Guillemin Law & Odeur: Fragrance Protection in the Fields of Perfumery and Cosmetics (2016)
[4]Maurice Roger quoted by Lalligant, Des oeuvres aux marches du droit d’auteur: les oeuvres de l’esprit perceptibles par l’odorat, le gout et le toucher, RJJ 1992, no. 1, 99, p. 112.
[5]K. Shams On Why Fragrances Should Qualify for IP Protectiondisponibile qui: https://www.businessoffashion.com/articles/opinion/op-ed-fragrances-enjoy-ip-protection.
[6]E.g., U.S. Patent 7,169,746 granted Jan 13, 2007 to Shiseido Co., Ltd.; U.S. Patent 6,089,953, granted July 18, 2000 to Chin-Tang Chen of Taipei, Taiwan.
[7] Rochas v. de Laire, Cour d’appel [CA] [regional court of appeal] Paris, 4e ch., July 3, 1975, Gaz. Pal. 1976.
[8]Bsiri-Barbir v. Haarmann & Reimer Cour de Cassation, Paris, France (June 13, 2006) [2006] 28 E.C.D.R. 380
[9]Cour de cassation, civile, Chambre commerciale, 10 décembre 2013, 11-19.872, Inédit
[10]TGI Paris 3e ch., 26 mai 2004, inédit note P. Sirinelli : Propr. intell. 2004, n° 13, p. 908. J.-C. Galloux, op. cit. p. 2642; L’Oréal c/ Bellure (2004). Vedi in un senso contrario Lancôme c/ Kecofa (appel 2004) dove la Corte afferma che la fragranza in sé non può far oggetto di protezione in quanto « too fleeting and variable and dependant on the environment».
[11] Art. 2(1) de la Convention de Berne
[12]E. Roudnitska, Le Parfum, op. cit. p. 37.
[13]Tribunal de commerce de Paris Thierry Mugler Parfums c/ GLB Molinard (1999)
[14]Regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio del 26 febbraio 2009 sul marchio comunitario
[15]Decisione della Commissione di Ricorso EUIPO 11 febbraio 1999, R 156/1998, Venootschap onder Firma Senta Aromatic Marketing, in GADI, 1999, p. 1593 e ss., registrato il 31 dicembre 2001 e non rinnovato.
[16]Direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, disponibile qui: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A32015L2436 ; Cfr. A. Valeriani, “La registrabilità dei Marchi Olfattivi nell’ordinamento statunitense e comunitario”, Settembre 2018, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/la-registrabilita-dei-marchi-olfattivi-nellordinamento-statunitense-e-comunitario-12699
[17]Sentenza della Corte del 12 dicembre 2002, causa C-273/00, Ralf Sieckmann contro Deutsches Patent- und Markenamt, disponibile qui: http://curia.europa.eu/juris/liste.jsf?language=it&num=C-273/00
[18]Cfr. Members of FICPI and AIPPI, Newsletter giugno 2015 disponibile qui: http://www.interpatent.it/wp-content/uploads/2016/06/201506Newsletter.pdf
[19]J. Gershman, Eau de Fracking? Companies Try to Trademark Scents, disponibile qui: https://www.wsj.com/articles/should-companies-trademark-scents-1428965455?cb=logged0.34832156728953123
[20]IFRA report to the European Commission “Valuable yet vulnerable: trade secrets in the fragrance industry”, disponibile qui:
[21]Missouri Court of Appeals,Eastern District,Division Four. Russel S. BROWN, Plaintiff/Respondent, v. ROLLET BROS. TRUCKING COMPANY, INC., R.B.T., Inc., E & R Lime Co., and Rollet Bros. Logistics, Inc., Defendants/Appellants. No. ED 91533.Decided: June 16, 2009
[22]Direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti (Testo rilevante ai fini del SEE), disponibile qui:
[23]Cfr. http://www.ifraorg.org
Laureata in Giurisprudenza presso l’Université Paris I Panthéon-Sorbonne, con specializzazione in diritto pubblico, con il massimo dei voti. Dopo aver integrato la sua formazione, come Visiting Student, presso l’Università di Cambridge e l’Università della California Los Angeles (UCLA), continua i suoi studi presso l’Université Paris I Panthéon-Sorbonne, conseguendo un Master di primo livello in Diritto Internazionale.
Particolarmente interessata all’applicazione del diritto nell’era digitale, si candida ed è ammessa all’edizione 2018-2019 del LL.M in Law of Internet Technology, presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano.
La sua formazione le permette di avere una conoscenza livello madrelingua della lingua francese e inglese, oltre ad una buona padronanza della lingua spagnola.