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Gli effetti del covid-19 sui rapporti contrattuali: la causa di forza maggiore alla luce dell’art. 91 del D.L. 18/2020

È ormai tristemente nota la crisi sanitaria in cui tutto il mondo versa per via della devastante diffusione del covid-19.

Al di là dei tragici effetti sulla vita delle persone, il virus non ha tardato a sortire un impatto altrettanto importante anche sugli scenari economici e geopolitici del nostro paese e dell’intero sistema economico mondiale. Sono fortemente a rischio, infatti, innumerevoli miliardi di euro di commesse e forniture di beni e servizi che tuttora non possono essere adempiuti per via del lockdown in vigore in tanti Stati.

Tale circostanza eccezionale impone di indagare i rimedi contrattuali previsti dal nostro ordinamento per fronteggiare le conseguenze economiche connesse all’impossibilità di adempiere agli impegni commerciali.

Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’art. 1458”, così recita il primo comma dell’art. 1467 c.c.[1]rubricato “contratto con prestazioni corrispettive”, il quale, congiuntamente all’art. 1256 c.c., introduce nel nostro ordinamento uno dei principi fondamentali nella regolazione dei rapporti contrattuali: la causa di forza maggiore.

Non esistendo una precisa ed univoca definizione di forza maggiore, sia all’interno del nostro ordinamento che in quello comunitario, è necessario ricavarla dalla lettura combinata degli articoli appena citati.

La causa di forza maggiore opera quale condizione assolutoria dell’inadempimento contrattuale nel momento in cui il la sinallagmaticità e corrispettività delle prestazioni contrattuali vengono meno in virtù di eventi straordinari ed imprevedibili. Infatti, essi sono tali da determinare uno squilibrio delle forze all’interno del rapporto obbligazionario tali da determinarne finanche l’impossibilità di esecuzione. La sopraggiunta impossibilità di adempiere alla prestazione contrattuale, per causa non imputabile al debitore, è disciplinata dall’art. 1256 c.c.[2], il quale sancisce la risoluzione del contratto ove l’impossibilità di dare seguito alla prestazione in esso prevista sia determinata da una causa (anche temporanea) straordinaria, imprevedibile e non addebitabile al debitore.

Pertanto, i presupposti di operatività della causa di forza maggiore sono la straordinarietà imprevedibilità dell’evento esterno alla sfera di azione delle parti, nonché la non riconducibilità dello stesso alla figura del debitore.

Tali requisiti attengono sia alla sfera oggettiva che soggettiva del rapporto.

La prima è da intendersi come l’oggettivo verificarsi di un evento esterno che impedisce o rende eccessivamente onerosa la prosecuzione del contratto; mentre l’imprevedibilità è da ricollegarsi necessariamente alla soggettiva capacità di una delle parti di riuscire ad anticipare e prevedere anzitempo il verificarsi di condizioni alteranti il nucleo contrattuale.

Dunque, se da un lato il nostro ordinamento riconosce alla parte “vittima” di eventi pregiudizievoli la possibilità di poter ottenere la risoluzione o la rimodulazione della prestazione contrattuale, dall’altro lato impone allo stesso un obbligo di verificare in concreto la possibilità che tali circostanze alteranti si possano verificare. Tale responsabilizzazione delle parti, deve necessariamente leggersi nell’ottica del combinato disposto degli artt. 1337 c.c.[3]e 1375 c.c.[4], i quali impongono loro di comportarsi secondo diligenza e buona fede sia nella fase costitutiva del contratto che nella sua esecuzione; a ciò si aggiunga anche che l’art. 1366 c.c. sancisce che l’intero contratto deve essere interpetrato secondo buona fede.[5]

E’ chiaro, quindi, che la causa di forza maggiore sia un principio contrattuale estremamente variabile e, il più delle volte, la sua applicazione è rimessa all’arbitrio del giudice rispetto al caso concreto. Essa trova ampi margini di operatività all’interno della perimetro fornito dalla responsabilizzazione e buona fede che il legislatore fa gravare sulle parti per riuscire a prevenire, nei limiti della diligenza richiesta dalla legge, circostanze preclusive per l’esecuzione del contratto stesso.

Rilevante è la prassi giurisprudenziale secondo la quale si tende a riconoscere gli effetti risolutivi ed assolutori della causa di forza maggiore anche se essa non è specificatamente inserita all’interno delle clausole contrattuali; il principale elemento che viene preso in considerazione è l’oggettiva sussistenza dell’impossibilità della prestazione per causa non riconducibile al debitore.[6]

Di contro, negli altri ordinamenti comunitari e nel del diritto commerciale intenazionale è diffusa la convinzione secondo la quale se la causa di forza maggiore non è specificatamente inserita all’interno del contratto allora essa non opererà in termini assolutori circa l’inadempimento del debitore. Difatti, prassi vuole che nei rapporti commerciali internazionali venga sempre inserita una clausola risolutiva di forza maggiore.

Tali premesse si inseriscono perfettamente nel difficile momento di crisi sanitaria che tutto il mondo e l’Europa stanno attraversando per via della pandemia generata dal coronavirus.

Al di là degli effetti sanitari, il blocco economico derivante dalla quarantena ha avuto ed avrà inevitabili ripercursioni anche sul tessuto produttivo del nostro Paese e non solo.

E’ sufficiente pensare all’impatto negativo avutosi sulle Suplly chains[7], ovvero sulla catena produttiva di beni che necessità di parti e componenti provenienti da tutti gli altri Stati per avere prodotti finiti; bloccato il transito di merci si blocca anche la catena produttiva.

Per tale ragione, il numero di inadempimenti contrattuali è destinato a salire e molte aziende stanno facendo ricorso all’eventuale clausola di forza maggiore inserita all’interno dei contratti per ottenere la risoluzione del contratto senza addebito dell’inadempimento.

Verosimilmente, la stessa vicenda giuridica sarà oggetto di numerosi contenziosi riguardanti i contratti di locazione ad uso abitativo e commerciale; contratti di prestazione d’opera; contratti di mutuo e di finanziamento; contratti assicurativi; contratti di lavoro subordinato.

La mole di obbligazioni investite dagli effetti economico-giuridici di questa crisi sanitaria è sicuramente importante ed è imperativo non solo verificare in concreto che il fenomeno coronavirus abbia le caratteristiche della straordinarietà ed imprevedibilità tali da determinare l’impossibilità della prestazione, ma anche come i singoli governi e le istituzioni europee intendano sopperire alle nuove esigenze economiche. In aggiunta, vi è la necessità di impedire un eccessivo ingolfamento dei Tribunali ove essi dovessero essere sobbarcati di contenziosi civili relativi all’inadempimento contrattuale ex art. 1218 c.c..[8]

In tal guisa, si sottolinea il ruolo rivestito dal Decreto Legge, 17 marzo 2020, n. 18 (Decreto cd. “Cura Italia”), il quale ha adottato una serie di misure volte a garantire la continuazione dei rapporti contrattuali, in particolare quelli di lavoro subordinato e di mutuo bancario.

Infatti, viene specificatamente prevista sia una moratoria sui mutui accesi per l’acquisto della prima casa che il ricorso alla cassa intregrazione per preservare i rapporti di lavoro subordinato. E’ plausibile, inoltre, che sfruttando la sospensione del cd. patto di stabilità” europeo e dei suoi vincoli di bilancio, ci sarà un maggiore potere di spesa per il governo italiano, il quale potrà emanare ulteriori  Decreti legge volti a garantire linee di prestito continuative per le piccole e medie imprese e le famiglie.

Altresì, nel caso in cui tali misure non dovessero essere sufficienti a garantire la continuità dei rapporti contrattuali, è altrettanto verosimile che il combinato disposto tra gli art. 1256 c.c. e 1467 c.c. sia di per sé idoneo per l’applicabilità della causa di forza maggiore.

Basti pensare che l’art. 91 del Decreto Legge, 17 marzo 2020, n. 18, impone al giudice, in sede di contenzioso civile relativo agli inadempimenti contrattuali ex art. 1218 c.c., di valutare la situazione di grave emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19.[9]

Il debitore, dunque, potrà usufruire di notevoli tutele economiche e giudiziarie.

[1]Art. 1467 c.c.: “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’art. 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto

[2]Art. 1256 c.c.: “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla.”

[3]Art. 1337 c.c.:“Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede

[4]Art. 1375 c.c.:“Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede”.

[5]Art. 1366 c.c.:“Il contratto deve essere interpretato secondo buona fede”

[6]Fontana F.,“Recesso ante tempus dal contratto a termine e risoluzione per impossibilità sopravvenuta”, in Argomenti di diritto del lavoro, n. 3/2015.

[7]Bertini M.,“Gli effetti del coronavirus sui contratti internazionali: le clausole di forza maggiore” (http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/avvocatoAffari/mercatiImpresa/2020-02-25/gli-effetti-coronavirus-contratti-internazionali-clausole-forza-maggiore-092542.php).

[8]Art. 1218 c.c.: “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.”

[9]Busani A., “Contratti, adempimenti in ritardo sottoposti a valutazione dei giudici”(http://www.ristretti.org/index.php?option=com_content&view=article&id=88311:contratti-adempimenti-in-ritardo-sottoposti-a-valutazione-dei-giudici&catid=220:le-notizie-di-ristretti&Itemid=1).

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