mercoledì, Aprile 17, 2024
Labourdì

Il caso Foodora e i nuovi scenari aperti dalla gig economy

Al giorno d’oggi sempre più spesso si sente parlare di “gig economy”, fenomeno diffusosi come risposta alla crisi economica che oramai dilaga nel mondo del lavoro.
Tale denominazione è stata adoperata per fare riferimento a quel sistema lavorativo nel quale i classici contratti a tempo indeterminato sono stati sostituiti dal lavoro conosciuto come “on demand”, ossia solo su richiesta, quando cioè c’è la necessità di una determinata competenza o abilità.
Si tratta di un fenomeno che ha fatto e fa ancora molto discutere, soprattutto per i molteplici dubbi che genera in tema di tutela del lavoratore.
Ciò nonostante è una soluzione occupazionale scelta da molti, proprio alla luce della crisi economica innegabile che attraversa il nostro Paese.

La nozione di “gig economy” è centrale nel discusso caso, di rilievo non solo giuridico ma anche mediatico, generato dalla protesta avanzata dai fattorini della start-up Foodora.
Si tratta di una società di food delivery fondata a Monaco di Baviera nel 2014. In Italia ha sede a Milano e Torino.
Il caso scatenante, che qui rileva al fine di poterne analizzare poi i rilievi sotto il profilo giuridico, è costituito dalla protesta sollevata da alcuni lavoratori della startup che hanno organizzato una protesta, prima a Torino e poi a Milano, nell’ottobre del 2016.

Le lamentele mosse dai lavoratori avevano ad oggetto principalmente la qualificazione del rapporto di lavoro stesso, configurato come contratto di collaborazione coordinata e continuativa ma che, di fatto, secondo il punto di vista dei lavoratori, si atteggiava piuttosto come un rapporto di lavoro subordinato. Ciò alla luce del fatto che gli stessi avevano comunque giorni, orari e turni di lavoro già stabiliti nonché per la disponibilità fornita in modo pressoché continuativo e dell’obbligo di attenersi alle indicazione imposte dal committente.

Dal fronte opposto la società Foodora si è difesa appellandosi al concept di fondo della start up ,incentrata sull’idea di fungere da strumento in grado di creare un’opportunità in primis per i giovani, motivo per cui la caratteristica principale della collaborazione sarebbe sempre stata quella della flessibilità totale.

ll caso, che ha avuto un immediato impatto mediatico, non ha tardato ad arrivare nelle aule giudiziarie.
Alcuni lavoratori hanno infatti impugnato il licenziamento dinanzi al giudice del lavoro di Torino,  contestando l’interruzione improvvisa del rapporto di lavoro e chiedendo la riassunzione.

Il Tribunale del lavoro di Torino(1) ha, però, rigettato il ricorso avanzato dai lavoratori, avallando la tesi portata avanti dagli avvocati della società di food delivery.
I legali hanno sostenuto che per potersi parlare di interruzione illegittima del rapporto di lavoro ci sarebbe dovuta essere alla base una subordinazione che, nel caso di specie, mancava.
La tesi sostenuta dinanzi al Tribunale di Torino è stata infatti quella secondo cui nella collaborazione “i ricorrenti non avevano l’obbligo di effettuare la prestazione lavorativa e il datore non aveva l’obbligo di riceverla”.
Secondo la tesi difensiva, quindi, Foodora non avrebbe mai imposto vincoli di alcun tipo, né avrebbe richiesto ai fattorini di dare una disponibilità minima.
Il giudice del lavoro, con la pronuncia resa nell’aprile 2018, ha concluso nel senso di escludere la sussistenza del vincolo di subordinazione tra le parti configurando i fattorini come lavoratori autonomi(2), derivandone che la società Foodora può liberamente e in qualsiasi momento decidere di interrompere il rapporto di lavoro. Dalla pronuncia si evince che secondo i giudici del Tribunale di Torino vi sono una serie di elementi che mancano e che pertanto portano da escludere il rapporto di subordinazione, quali l’assoggettamento al potere direttivo e disciplinare nonché la continuità del rapporto di lavoro.

Tale criterio distintivo applicato dai giudici di Torino al caso di specie, è in realtà una regola generale adottata dalla Cassazione(3) e alla quale i giudicanti hanno inteso appellarsi secondo cui, come si legge dalla sentenza “costituisce requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato – ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo – il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative”. (Per una disamina dell’evoluzione che ha subito il concetto di lavoro subordinato si rimanda al seguente articolo, https://www.iusinitinere.it/levoluzione-delleterodeterminazione-nel-lavoro-subordinato-10123)

Al di là della decisione presa dal Tribunale nel caso di specie, emerge chiaramente la portata della questione in atto.
Il caso Foodora ha avuto una grande eco anche nelle aule parlamentari dove, specie alla luce della recente sentenza analizzata, si fa sempre più pressante l’esigenza di intervenire con lo strumento legislativo.
Sembra doveroso, infatti, elaborare una disciplina completa di questo nuovo tipo di lavoro che si sta rapidamente diffondendo, soprattutto sotto il profilo della tutela da dover assicurare a questi lavoratori.

Nda: Questo è il primo di due articoli a cura della Dott.ssa Marilù Minadeo che, a partire dalla disamina del caso Foodora, analizzeranno le implicazioni laburistiche e sociali legate all’avvento della “gig economy”.

Fonti:

  1. Tribunale di Torino, V Sez. lavoro, sent. n° 778/2018. Le motivazioni della sentenza sono disponibili al seguente link
  2.  Art. 2222 cc. rubr. “Contratto d’opera” – Libro V Titolo III “Del lavoro autonomo” – “Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo [2225] un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV[1655].”
  3. Cass. civile Sez. lavoro, sent. n. 2728/2010
  4.  Francesco Seghezzi, Michele Tiraboschi – Caso Foodora, oltre le leggi le sfide per la rappresentanza” – Bollettino Adapt

Dott.ssa Marilù Minadeo

Nata a Napoli, il 26/07/1991. Nel marzo del 2016 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l' Università Federico II di Napoli. Ha intrapreso il percorso di preparazione al concorso in magistratura, frequentando un corso di formazione privato presso un magistrato. Inoltre, sta perfezionando la formazione presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni legali di Napoli ed è praticante avvocato.

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