venerdì, Aprile 19, 2024
Di Robusta Costituzione

Il decreto sicurezza bis e la violazione del diritto internazionale

Il decreto sicurezza bis è ora legge.

A seguito dell’approvazione bicamerale[1] il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dato il via libera per la definitiva promulgazione, in data 8 agosto 2019, della legge di conversione del d.l. 14 giugno 2019, n. 53[2]  recante “Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica”, che entrerà in vigore dopo il consueto periodo di vacatio legis. La promulgazione, però, è stata accompagnata da una lettera, inviata ai Presidenti del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, della Camera dei Deputati, Roberto Fico, e al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, con cui il Quirinale esprime preoccupazioni riguardo al contenuto della legge.

Il decreto, composto da 18 articoli suddivisi in 3 capi, ha suscitato numerose critiche anche a livello internazionale, per via delle misure sanzionatorie aspre previste, in particolare, in materia di contrasto all’immigrazione illegale e di ordine e sicurezza pubblica (il primo capo, comprendente gli artt. da 1 a 7). Una parte della dottrina[3], inoltre, sostiene come talune disposizioni del decreto siano in contrasto con la Costituzione, nonché con principi insiti in convenzioni e accordi internazionali. Patrizio Gonnella[4], presidente dell’associazione Antigone, così come Paolo Iafrate[5], professore di diritto privato comparato all’università di Roma Tor Vergata, sottolineano come il decreto in sé non presenti il carattere di urgenza e necessità necessario per l’emanazione di una misura di questo tipo. Inoltre, il contenuto del decreto, vertendo su un insieme eterogeneo di questioni (immigrazione, sicurezza e ordine pubblico, riforme del codice penale, norme straordinarie per lo svolgimento delle Universiadi di Napoli 2019), risulterebbe troppo disomogeneo al suo interno per essere affrontato con un unico atto legislativo[6]. In tal senso si esprime anche il Presidente Mattarella, laddove afferma che “i contenuti del provvedimento appena promulgato sono stati, in sede di conversione, ampiamente modificati dal Parlamento e non sempre in modo del tutto omogeneo rispetto a quelli originari del decreto legge presentato dal Governo[7].

Ma, a parte questi profili legati al rispetto della prassi legislativa e costituzionale, il dibattito si è incentrato perlopiù sull’eventualità che il decreto violi gli obblighi imposti a livello internazionale da accordi e convenzioni, e quindi, indirettamente, sia in contrasto con le disposizioni della stessa Costituzione che sanciscono il rispetto della fonte sovranazionale. In particolare, l’articolo 10 della Costituzione afferma come “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”, mentre l’articolo 117 stabilisce che la potestà legislativa dello Stato deve essere esercitata “nel rispetto […] dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e degli obblighi internazionali”. Ciò implica che, in un eventuale giudizio di legittimità del decreto (ormai divenuto legge), la norma internazionale possa essere invocata come parametro interposto, la cui violazione comporta a sua volta un’indiretta violazione di norme di rango costituzionale.

Sono in particolare le norme relative alla gestione dei flussi migratori e al rapporto con le ONG attive nel Mediterraneo a sollevare i principali dubbi di costituzionalità e rispetto della normativa internazionale in materia.

L’articolo 1 del Decreto Sicurezza-bis stabilisce che “il Ministro dell’Interno, […] nel rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia […] può limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale, per motivi di ordine e sicurezza pubblica, quando si realizzano le condizioni dell’articolo 19, comma 2, lettera g) della Convenzione ONU sui diritti del mare firmata a Montego Bay nel 1982”. Tale norma concede infatti ai paesi firmatari di vietare l’accesso alle acque territoriali a quelle navi che effettuino “carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato”.

Nonostante nell’articolo (ma anche nella restante parte del decreto) sia richiamato “il rispetto degli obblighi internazionali”, risulta poco chiara la conciliazione di un siffatto divieto o limitazione con l’individuazione del c.d. “porto sicuro” di sbarco, previsto, ad esempio, dalla Convenzione di Amburgo del 1979 (“Convenzione SAR”, al par. 3.1.9, cap. III). Essa impone che “lo Stato responsabile dell’operazione di Ricerca e Soccorso (“operazione SAR o Search and Rescue”) nell’area in cui tale assistenza è resa, assicuri di sbarcare i sopravvissuti in un porto sicuro (o place of safety) in un tempo il più ragionevolmente breve possibile[8]. È tuttavia importante specificare come la definizione di “porto sicuro” non sia univoca, ma sia principalmente ricavata in via negativa da documenti di soft law [9] quali, ad esempio, la Risoluzione MSC.167(78) del 2004[10]. In virtù delle disposizioni così ricavabili, se ne deduce come, nella maggioranza dei casi, sia proprio l’Italia a costituire il porto sicuro più geograficamente prossimo.

Inoltre, il dispositivo dell’articolo mal si concilia con il rispetto del principio di non respingimento (o non refoulement) e del diritto d’asilo previsti dalla normativa nazionale ed internazionale. Secondo l’articolo 10, §3 della Costituzione, “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge“. Similmente, a livello internazionale, l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati enuncia come “nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche”, fatta eccezione per il caso in cui “per motivi seri” il soggetto “debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del paese in cui risiede oppure costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività di detto paese”.

Proprio per il mancato rispetto di tale principio, l’Italia è già stata oggetto di critiche, nel 2012, da parte della Corte di Strasburgo, la quale, nel caso Hirsi Jamaa e altri c. Italia [11], ha ritenuto che dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo discenda per gli Stati membri l’obbligo di adoperarsi per quanto possibile per proteggere le persone sottoposte al rischio di trattamenti disumani e degradanti.

Non meno problematiche ha suscitato l’articolo 2 del decreto, che prevede ingenti multe e severi provvedimenti (da un minimo di 150mila a un milione di euro, nonché la confisca della nave) per i comandanti delle navi che ignorino il divieto di ingresso previsto dall’articolo 1. Le critiche si sono mosse, oltre che sul mancato rispetto del principio di proporzionalità tra condotta e sanzioni, ribadito dalla stessa Corte Costituzionale con sentenza n. 112 del 2019[12], anche sul tentativo di rendere economicamente proibitivo il soccorso in mare, attuando così una politica di deterrenza per qualsiasi nave che intenda prestare assistenza. Siffatta impostazione ha destato preoccupazioni anche in seno all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), secondo il quale sanzioni così gravi “potrebbero ostacolare o impedire le attività di soccorso in mare da parte delle navi private in un momento in cui gli Stati europei hanno significativamente ritirato il proprio sostegno alle operazioni di soccorso nel Mediterraneo Centrale” ed evidenzia altresì come “l’impegno e l’umanità che guida le azioni delle ONG, che svolgono un ruolo cruciale nel salvare le vite dei rifugiati e migranti che intraprendono la pericolosa traversata, non dovrebbero essere criminalizzati o stigmatizzati[13].

Risulta poi difficile conciliare tali norme con il rispetto di uno dei più importanti diritti fondamentali, il diritto alla vita. Posto, infatti, che ad una maggiore o minore presenza di ONG in mare non corrisponda, rispettivamente, un aumento o diminuzione significativi delle partenze dalle coste libiche, (l’assenza di un “pull factor in tal senso, è sostenuta dai dati elaborati dal ricercatore ISPI Matteo Villa) [14], è innegabile che la carenza di imbarcazioni di soccorso che potrebbe verificarsi in seguito all’entrata in vigore della legge si tradurrebbe in un aumentato rischio di mortalità in mare (non sarebbe tuttavia l’unico fattore, dovendosi considerare anche le condizioni meteorologiche e la sempre più stringente azione delle milizie libiche) .

Il diritto alla vita, esplicitato in numerose  carte dei diritti, convenzioni europee ed internazionali (ad esempio, all’art. 2 della Convenzione EDU e l’art. 2 della Carta di Nizza), seppur non espressamente menzionato nella Costituzione italiana, è parte integrante ed “essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione stessa”[15].

Infine, è opportuno evidenziare come tali norme rimangano indeterminate con riguardo alla distinzione della tipologia delle navi, alla condotta concretamente posta in essere e alle ragioni della presenza di persone accolte a bordo e trasportate. Indeterminatezza che, secondo le parole del Presidente Mattarella, “appare, per la gravità delle sanzioni previste, non ragionevole affidare alla discrezionalità di un atto amministrativo[16].

Dette critiche confermano come la gestione italiana della questione migratoria, più volte passata sotto la lente di organizzazioni e istituzioni internazionali[17], sollevi numerosi dubbi sulla sua efficacia e legittimità, anche alla luce di una sempre più martellante politica di criminalizzazione di ONG e soccorritori posta in essere dalla attuale classe politica (e, sovente, anche con la complicità e/o cooperazione delle istituzioni europee[18]). L’entrata in vigore della legge segna un periodo di incertezza giuridica, in cui tanto il soccorso quanto il mancato soccorso in mare costituiscono violazione di norme giuridiche, nazionali o internazionali, attuando così una deterrenza perfettamente in linea con le politiche intercorse negli scorsi anni[19]. Gli emendamenti al decreto (ormai legge ordinaria), di non indifferente entità, mostrano così le contraddizioni politiche insite nella sua elaborazione e le spaccature ideologiche che riflettono una società oggi ancor più divisa.

[1] L’ultima approvazione è del Senato, in data 5 agosto, con 160 voti favorevoli, 57 contrari e 21 astensioni.

[2] Il testo del decreto è disponibile online: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/06/14/19G00063/sg

[3] Si veda: Intervento in aula sul decreto sicurezza bis dell’on. S. Ceccanti, online: https://stefanoceccanti.it/intervento-in-aula-sul-decreto-sicurezza-bis/

[4] Si veda: Decreto sicurezza-bis. Antigone scrive a Conte: “preoccupati per l’ulteriore compressione dei diritti. Il Premier lo blocchi”, 19 maggio 2019, online, https://www.antigone.it/news/antigone-news/3220-decreto-sicurezza-bis-antigone-scrive-conte-compressione-diritti-premier-lo-blocchi

[5] A. Camilli, Tutto quello che c’è da sapere sul decreto sicurezza bis, Internazionale, 24 luglio 2019, online: https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2019/07/24/decreto-sicurezza-bis

[6] Il requisito di omogeneità del contenuto del decreto-legge, rispetto agli emendamenti inseristi nella legge di conversione, è stato in più occasioni esplicitato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, in particolare nella sentenza n. 32 del 2014, disponibile online: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2014&numero=32

[7] Si veda: Mattarella promulga la legge di conversione del decreto sicurezza bis e scrive ai Presidenti di Senato, Camera e Consiglio dei Ministri, online:

[8] Secondo tale paragrafo: “The Party responsible for the search and rescue region in which such assistance is rendered shall exercise primary responsibility for ensuring such coordination and co-operation occurs, so that survivors assisted are disembarked from the assisting ship and delivered to a place of safety, taking into account the particular circumstances of the case and guidelines developed by the Organization. In these cases, the relevant Parties shall arrange for such disembarkation to be effected as soon as reasonably practicable”.

[9] Si veda, per un approfondimento, F. Tumminello, Il soccorso in mare: i concetti di “porto sicuro” e “porto vicino” nel diritto internazionale, Ius in itinere, 10 agosto 2019, online: https://www.iusinitinere.it/il-soccorso-in-mare-i-concetti-di-porto-sicuro-e-porto-vicino-nel-diritto-internazionale-22358

[10] Secondo la quale s’intende per “porto sicuro” “un luogo in cui si ritiene che le operazioni di soccorso debbano concludersi e in cui la sicurezza per la vita dei sopravvissuti non è minacciata, dove possono essere soddisfatte le necessità umane di base e possono essere definite le modalità di trasporto dei sopravvissuti verso la destinazione successiva o finale tenendo conto della protezione dei loro diritti fondamentali nel rispetto del principio di non respingimento”.  Si veda: Risoluzione msc.167(78) (adottata il 20 maggio 2004), guidelines on the treatment of persons rescued at sea, online:

[11] Cfr. Hirsi Jamaa e altri c. Italia, Grande Camera, Corte europea dei diritti dell’uomo, 23 febbraio 2012, ricorso n. 27765/09, online: https://hudoc.echr.coe.int/eng#{%22itemid%22:[%22001-109231%22]}

[12] Cfr. “Mattarella promulga la legge di conversione del decreto sicurezza bis e scrive ai Presidenti di Senato, Camera e Consiglio dei Ministri”, sopramenzionato.

[13] L’UNHCR esprime preoccupazione in merito alle nuove norme sulle operazioni di soccorso nel Mediterraneo Centrale, 06 agosto 2019, online: https://www.unhcr.it/news/lunhcr-esprime-preoccupazione-merito-alle-nuove-norme-sulle-operazioni-soccorso-nel-mediterraneo-centrale.html

[14] Per un approfondimento, si veda: M. Villa, Sbarchi in Italia: il costo delle politiche di deterrenza, ISPI, 1 ottobre 2018, online:  https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/sbarchi-italia-il-costo-delle-politiche-di-deterrenza-21326

[15] Tali sono le parole della sentenza della Corte costituzionale n. 1146 del 1988, online: https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=1988&numero=1146

[16] Cfr. “Mattarella promulga la legge di conversione del decreto sicurezza bis e scrive ai Presidenti di Senato, Camera e Consiglio dei Ministri”, sopramenzionato.

[17] Si veda, a tal proposito, F. Tumminello, Critiche delle Nazioni Unite alle politiche migratorie italiane: il bilanciamento tra esigenze di sicurezza e tutela dei migranti, Ius in itinere, 20 maggio 2019, online: https://www.iusinitinere.it/critiche-onu-alle-politiche-migratorie-italiane-20619

[18] Si veda, a tal proposito, S. Casu, F. Tumminello, L’UE alla sbarra: la denuncia alla CPI per crimini contro l’umanità nella gestione dei migranti, Ius in itinere, 5 luglio 2019, online: https://www.iusinitinere.it/lue-alla-sbarra-la-denuncia-alla-cpi-per-crimini-contro-lumanita-nella-gestione-dei-migranti-21275

[19] Ibid.

Silvia Casu

Silvia Casu, nata a Varese nel 1995, ha conseguito il diploma di maturità in lingue straniere nel 2014, che le ha permesso di avere buona padronanza della lingua inglese, francese e spagnola. Iscritta al quinto anno preso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano Statale, ha sviluppato un vivo interesse per la materia internazionale pubblicistica e privatistica, nonché per la cooperazione legale comunitaria, interessi che l'hanno portata nel 2017 ad aprirsi al mondo della collaborazione nella redazione di articoli di divulgazione giuridica per l'area di diritto internazionale di Ius in Itinere. Attiva da anni nel volontariato e nell'associazionismo, è stata dal 2014 al 2018 segretaria e co-fondatrice di un'associazione O.N.L.U.S. in provincia di Varese; è inoltre socio ordinario dell' Associazione Europea di Studenti di Legge "ELSA" , nella sezione locale - Milano.

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