Il limite ai mandati del Presidente della Giunta regionale
IL LIMITE AI MANDATI DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE
a cura di Francesco Lamacchia
- Introduzione
In seguito alla riforma del titolo V della Costituzione il Presidente della Giunta regionale (o Presidente della Regione) ha assunto un ruolo sempre più determinante. In particolare, mentre quest’ultimo in passato veniva eletto dal Consiglio regionale tra i suoi componenti, l’odierno art. 122 Cost., come modificato dalla legge cost. n. 1/1999, dispone che “Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto regionale disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto”.
Accanto alla forza politica derivante dalla legittimazione popolare, negli ultimi anni si è assistito al mutamento del quadro politico caratterizzato da una personalizzazione del ruolo dei presidenti in cui la scelta politica non tiene conto dell’ideologia o del partito bensì della personalità del leader.
Tutto ciò a discapito degli altri organi regionali (Giunta e Consiglio), in quanto il Presidente della Giunta regionale, oltre al potere di nomina e revoca dei componenti della Giunta, ai sensi dell’art. 121 Cost. rappresenta la Regione; dirige la politica della Giunta e ne è responsabile; promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica.
In questo contesto, pertanto, risulta nuovamente attuale la questione del limite ai mandati del Presidente della Giunta regionale. Limite che trova la sua ratio in diverse esigenze[1]: garantire un ricambio della classe dirigente al fine di evitare i rischi derivanti dalla protratta concentrazione di poteri in una sola persona; assicurare la libera espressione del voto; limitare il vantaggio derivante dall’elezione diretta per garantire una condizione di parità fra candidati. Più in generale, esso risponde all’antica logica del costituzionalismo che ha bisogno di limitare il potere per evitare che degeneri in tirannide[2].
- Il limite dei mandati come principio fondamentale
L’art. 122 co. 1 Cost., come modificato dalla legge cost. n. 1/1999, dispone che Il sistema d’elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi. A ben vedere la nuova disposizione introduce, in luogo della precedente competenza esclusiva dello Stato, una materia di legislazione concorrente in cui spetta allo Stato fissare con una legge cornice i principi fondamentali e, successivamente, alla Regione disciplinare la materia nel rispetto dei principi già determinati dallo Stato.
In attuazione di tale disposizione il Parlamento è intervenuto introducendo la legge n. 165/2004 recante i principi fondamentali concernenti il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali. Rilevante ai nostri fini è l’art. 2 co. 1 lett. f) di tale legge ai sensi del quale le Regioni disciplinano con legge i casi di ineleggibilità e di incompatibilità […] prevedendo la non immediata rieleggibilità allo scadere del secondo mandato consecutivo del Presidente della Giunta regionale eletto a suffragio universale e diretto, sulla base della normativa regionale adottata in materia (c.d. divieto del terzo mandato). In altri termini, un eventuale terzo mandato del Presidente che abbia già ricoperto la carica per due mandati consecutivi sarebbe illegittimo.
La disposizione in esame non è priva di dubbi interpretativi. In primo luogo, ci si è interrogati su un’ipotetica violazione dell’art. 51 co. 1 Cost. in base al quale Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal proposito, la Corte costituzionale ha ritenuto ammissibile la previsione di limiti al diritto di elettorato passivo purché tali limitazioni siano previste da norme di legge generali al fine di realizzare altri interessi costituzionali e purché si tratti di limiti razionali. La limitazione operata dall’art. 2 co. 1 lett. f) oltre ad essere prevista da una norma di legge generale è preordinata ad assicurare la libera espressione del voto popolare e ad evitare che il Presidente possa, in forza dei suoi poteri e di una carica eccessivamente protratta nel tempo, alterare la pari opportunità fra candidati. Infine, il limite appare ragionevole in quanto la norma riferendosi alla non immediata rieleggibilità non prevede un limite assoluto ma richiede un intervallo di tempo tra la fine del secondo mancato consecutivo e l’inizio del terzo. Si può quindi concludere che la disposizione in esame non costituisce un’illegittima limitazione del diritto di elettorato passivo[3].
In secondo luogo, bisogna individuare la natura giuridica di tale disposizione ossia se si tratta di una causa di incandidabilità ovvero di ineleggibilità. Secondo una parte di dottrina, la disposizione in questione introduce una causa di incandidabilità scrutinabile prima dell’esito delle elezioni. Viceversa, la giurisprudenza ritiene che si tratta di una causa di ineleggibilità il cui controllo avverrebbe ad elezioni concluse. Nonostante in entrambi i casi si pervenga alla nullità delle elezioni, secondo la posizione poc’anzi richiamata, ritenere che si tratti di una causa di incandidabilità sembrerebbe più conforme alla ratio della disposizione in quanto solo un accertamento preventivo consentirebbe di garantire la libera espressione del voto e la pari opportunità fra candidati[4].
- Tra diretta applicabilità e recepimento
Si è già detto che l’art. 122 co. 1 Cost. introduce una materia di legislazione concorrente in cui spetta allo Stato determinare con legge i principi fondamentali e alle Regioni dettare una disciplina di dettaglio. Pertanto, merita ora di essere analizzata la questione più rilevante inerente alla legge n. 165/2004 e in particolare al c.d. divieto del terzo mandato ex art. 2 co. 1 lett. f) con riferimento alla sua concreta applicazione.
Con riferimento al principio pocanzi richiamato vi sono differenti vedute[5]. In particolare, nonostante la stessa rubrica dell’art. 2 parli di Disposizioni di principio parte della dottrina, sulla base del suo dettagliato portato normativo, ne ha ravvisato la natura di norma di dettaglio e, di conseguenza, la sua diretta applicabilità senza necessità di alcun recepimento da parte delle Regioni attraverso una legge regionale. In altre parole, il divieto sarebbe immediatamente vincolante per le Regioni che hanno optato per l’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Giunta regionale. Si tratta quindi di norme di dettaglio contenute in una legge cornice (immediatamente) efficaci fintantoché non intervenga la legge regionale (c.d. regola della cedevolezza) e ciò, alla stregua della giurisprudenza costituzionale, sarebbe legittimo laddove vi sia l’esigenza di una disciplina uniforme a livello nazionale[6].
Secondo altri autori, invece, il principio in esame sarebbe improduttivo di effetti finché non venga recepito attraverso una legge regionale. Viceversa, in caso di mancato recepimento, troverà applicazione la disciplina statale preesistente alla riforma dell’art. 122 Cost. e cioè la legge n. 108/1968 che non contempla alcun limite al numero dei mandati. In altre parole, il mancato recepimento del principio attraverso una legge regionale implicherebbe la sua mancata applicazione. Questo orientamento è stato sostenuto dalla giurisprudenza di merito con riferimento alle elezioni regionali del 2010 in Lombardia e Emilia-Romagna. La giurisprudenza ha sostenuto la non diretta applicabilità del divieto sulla base del tenore letterale delle disposizioni della legge n. 165/2004 e in particolare dell’art. 1 che detta principi fondamentali e dell’art. 2 co. 1 lett. f) che rinvia espressamente alla normativa regionale adottata in materia. La conseguenza è stata la rielezione per un terzo mandato consecutivo dei Presidenti R. Formigoni e V. Errani.
Quest’ultima soluzione presta il fianco a diversi inconvenienti, tra cui l’individuazione del dies a quo del divieto laddove venisse recepito[7]. Secondo l’indirizzo prevalente, il limite dei due mandati consecutivi opererebbe a decorrere dalle elezioni successive all’entrata in vigore della legge elettorale regionale. Così è avvenuto nella Regione Veneto quando, attraverso la legge elettorale regionale n. 5/2012, è stato recepito il c.d. divieto del terzo mandato. Quest’ultimo è stato recepito solo pro futuro, cioè dalle elezioni successive all’entrata in vigore della legge, determinando l’azzeramento del mandato precedente all’entrata in vigore di quest’ultima e la possibilità di due ulteriori mandati (come avvenuto nel 2015 e nel 2020) per il Presidente L. Zaia.
- Uno sguardo alle prossime elezioni
Rebus sic stantibus, l’attenzione si sposta sulle prossime elezioni regionali tra tutte quelle di Campania, Emilia-Romagna, Liguria e Puglia che si terranno nel 2025 e i cui rispettivi Presidenti concluderanno un secondo mandato.
In particolare, complessa è la definizione della situazione in Campania, Liguria e Puglia le cui leggi elettorali regionali non hanno recepito il c.d. divieto del terzo mandato. Diverse sono le ipotesi percorribili per i Presidenti uscenti, in primo luogo ben potrebbero non integrare le rispettive leggi regionali sempreché, in caso di ricorso da parte degli avversari politici, non venga sollevata la questione di legittimità costituzionale che potrebbe portare la Corte a riconoscere l’incostituzionalità delle leggi in esame per violazione di una norma interposta (la legge n. 165/2004 a cui l’art. 122 Cost. rinvia)[8]; in secondo luogo, potrebbero altresì disciplinare espressamente il divieto prevedendo la sua efficacia ex nunc al fine di ottenere l’azzeramento dei mandati precedenti, esponendosi però, oltre che ai ricorsi degli avversari politici, al potere di impugnativa del Governo ex art. 127 Cost. Si comprende così come un istituto così delicato sia in mano a scelte di opportunità politica.
Viceversa, la legge elettorale regionale n. 21/2014 della Regione Emilia-Romagna ha recepito il divieto disponendo all’art. 7 che Non può essere immediatamente ricandidato alla carica di Presidente della Giunta regionale chi ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi ma senza nulla dire, a differenza della Regione Veneto, sulla decorrenza di tale divieto. In ogni caso, sembra essere preclusa la ricandidatura dell’attuale Presidente S. Bonaccini avendo quest’ultimo svolto due mandati consecutivi e successivi (2014 e 2019) all’entrata in vigore della legge elettorale in questione.
In conclusione, si auspica un intervento del Parlamento o del Governo finalizzato a porre fine alla questione. Quest’ultimi ben potrebbero intervenire sulla legge n. 165/2004 modificando la disposizione prevista dall’art. 2 co. 1 let. f) introducendo una norma finalizzata a garantire, in materia di rielezione del Presidente della Giunta, la libera espressione del voto e la parità fra candidati. In tal modo le Regioni sarebbero chiamate, attraverso la disciplina di dettaglio, ad attuare tali principi prevedendo il divieto del terzo mandato.
[1] A tal proposito, v. M. Carli- C. Fusaro, Elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e autonomia statutaria delle Regioni, 2002, p. 92
[2] v. M. Galdi, Il terzo mandato del Presidente di regione di fronte al limite dei principi fondamentali stabiliti con “legge della Repubblica”, 2021, p. 14, consultabile qui: https://www.nuoveautonomie.it/wp-content/uploads/2022/03/3.2021-Galdi_4_def.pdf
[3] A tal proposito v. L. Castelli, Profili costituzionali del terzo mandato dei Presidenti di Regione, pp. 2-6, consultabile qui: https://www.astrid-online.it/static/upload/protected/Cast/Castelli_Terzo-mandato_Presidenti-_2_.pdf
[4] Per una trattazione più specifica v. Ivi, pp. 8-14
[5] A tal proposito v. M. Galdi, op. cit., pp. 1-9
[6] Per una trattazione più specifica v. L. Castelli, op. cit., pp. 15-18
[7] A tal proposito v. Ivi, pp. 23-26 e pp. 29-30
[8] Con particolare riferimento alla Campania, v. M. Galdi, op. cit., pp. 10-13