venerdì, Luglio 26, 2024
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Il rapporto tra la figura del regista e il diritto d’autore

La creazione di un’opera dell’ingegno fa sorgere in capo all’autore, per il solo fatto della stessa, due diverse tipologie di diritti, ossia i diritti di utilizzazione economica ed i diritti morali d’autore.

Analizzando nello specifico tali tipologie, va evidenziato come i diritti di utilizzazione economica abbiano un’ampia articolazione. Essi, infatti, si articolano in un novero di facoltà a contenuto patrimoniale di cui l’autore può avvalersi per controllare chi possa o meno fare uso della propria creazione, negando, se del caso, tale utilizzo. Tali diritti, pertanto, non attengono solo ad un aspetto prettamente venale, ossia il mero diritto ad ottenere un corrispettivo in caso di uso dell’opera, ma rappresentano veri e propri diritti di “esclusiva”.

La stessa Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, infatti, all’art. 12 stabilisce che l’autore “ha, altresì, il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo originale, o derivato” [1] e, in specie, nelle modalità previste dallo stesso testo della norma in menzione quali, ad esempio, i diritti di riproduzione e rappresentazione in pubblico dell’opera.

I diritti morali d’autore, viceversa, sono quei diritti riconosciuti e protetti in capo al vero e proprio creatore dell’opera indipendentemente dalla titolarità dei diritti di utilizzazione economica i quali, come noto, a differenza dei primi sono trasferibili a soggetti terzi.

La stessa Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, si rileva, all’art. 20 [2] prevede che “indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell’opera, […], ed anche dopo la cessione dei diritti stessi, l’autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione”.

La ragione per cui il diritto morale è intrasferibile è che lo stesso è predisposto alla tutela della personalità dell’autore e quindi, assumendo le caratteristiche proprie dei diritti c.d. personalissimi, risulta essere irrinunciabile, inalienabile ed imprescrittibile.

Anche dal punto di vista della durata degli stessi, quindi, v’è differenza tra le due categorie in esame; se, infatti, i diritti morali non cessano mai di sussistere in capo all’autore, anche dopo la sua morte, i diritti di utilizzazione economica “sopravvivono” solo fino a settant’anni dopo la morte dello stesso.

In ogni caso, il legislatore ha ben tentato di fornire un ampio spettro di tutele a favore dell’autore il quale, ricordiamo, è il responsabile della creazione dell’opera dell’ingegno, fatto genetico del diritto d’autore.

Occorre domandarsi, tuttavia, fino a che punto sia estendibile tale concetto, ovverosia quali siano i soggetti che, pur “avendo a che fare” con l’opera, possano ritenersi facenti parte della categoria degli autori o, al più, dei coautori.

Esempio classico di tale problematica è la figura del regista. Sul punto, infatti, lunga è stata la disamina circa il se considerare o meno lo stesso almeno coautore dell’opera della quale andava a curare la rappresentazione, e ciò tanto a livello cinematografico quanto a livello teatrale.

In relazione al mondo del cinema, occorre precisare, elencandole brevemente, che tre sono state le principali teorie affermatesi sul punto:

  • La teoria monistica, secondo la quale l’autore dell’opera cinematografica risulta rientrare in un’unica figura;
  • La teoria eclettica, di stampo tedesco, in base alla quale l’autore del film possa concentrarsi in unico soggetto oppure vi possano essere più coautori a seconda dei casi, ovverosia se sia o meno rinvenibile un apporto creativo anche da soggetti “altri” oltre all’autore originario;
  • La teoria pluralistica, per la quale essendo l’opera cinematografica il frutto di una collaborazione di diverse figure, la paternità sarebbe da attribuire a più coautori. [3]

Sul punto, il nostro legislatore è stato abbastanza deciso nell’aderire all’ultima delle tesi prospettate.

Come noto, è diritto dell’autore il rivendicare la paternità dell’opera e pretendere di essere riconosciuto come tale. Numerosi, in tal senso, sono i riferimenti normativi disponibili:

  • L’articolo 6-bis della Convenzione di Berna [4], anzitutto, il quale, coincidente per filo e per segno con l’art. 20 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941[5], prevede inequivocabilmente che “indipendentemente dai diritti patrimoniali d’autore, ed anche dopo la cessione di detti diritti, l’autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera…”;
  • Ancora, sempre sul punto, è bene citare l’art. 48 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941[6], in base al quale è riconosciuto pieno diritto, per gli autori, a “che i loro nomi, con la indicazione della loro qualità professionale e del loro contributo nell’opera, siano menzionati nella proiezione della pellicola cinematografica”.

Da rilevare, poi, che, per quanto nei testi di tali norme il termine regista non venga usato, pochi sono i dubbi circa il fatto che il nostro legislatore lo consideri alla stregua dell’autore.

Tale asserzione, si precisa, è fattibile alla luce del testo dell’art. 44 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941[7], il quale considera autori delle opere cinematografiche gli autori del soggetto, della sceneggiatura e della musica (anche se questa solo se creata espressamente con riferimento all’opera) e il direttore artistico (ossia il regista).

Dalla lettera dell’articolo parrebbe, quindi, pacifico che i soggetti predetti siano coautori dell’opera, e che, ma questo ai sensi dell’art. 10 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, “il diritto di autore”, da intendersi come “combo” di diritto morale e diritto di utilizzazione economica dell’opera, “appartiene in comune a tutti i coautori”. [8].

In ambito teatrale, si rileva, recentemente gli Ermellini si sono espressi proprio in relazione alla riconoscibilità della tutela autoriale proprio in capo al regista di un’opera teatrale.

La vicenda giudiziale in commento ha avuto inizio il 20 giugno 2015, con la messa in scena teatrale all’Arena di Verona dell’opera “Aida”, con la regia di Gianfranco de Bosio.

Precedentemente, il Corriere della Sera aveva preannunciato la rappresentazione pubblicando una fotografia dall’alto del palcoscenico e riferendo che l’allestimento dello spettacolo era identico a quello curato, in passato, da Zeffirelli. Il regista de Bosio, a quel punto, ricorreva al Tribunale di Milano per chiedere il risarcimento danni, ma, con decisione del 2017, tale richiesta veniva respinta dal tribunale meneghino.

La decisione in oggetto, in seguito, veniva riformata dalla Corte di Appello di Milano che, nel 2020, ha invece sostenuto che il regista teatrale può elevarsi al rango di autore della messa in scena nell’eventualità concreta in cui il suo lavoro di interpretazione del testo letterario, con conseguente direzione dei vari contributi, assuma una connotazione “creativa”.

Del resto, si sa, la creatività è un prerequisito di accesso alla tutela autoriale espressamente previsto sia dalle norme generali, con ciò citando l’art. 2575 c.c. [9], che dalla Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941 all’art. 1 [10].

Perché l’opera sia protetta, quindi, è sufficiente la sussistenza, a monte, di un atto creativo, anche se minimo, purché idoneo a conferire alla forma esterna dell’opera un’impronta della personalità del suo autore.

In ultima battuta, è stata, infine, interpellata la Suprema Corte di Cassazione la quale, con sentenza n. 17565 del 18 giugno 2021 [11], ha confermato quando stabilito dalla Corte di Appello di Milano rimarcando il fatto che l’art. 1 della già citata Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941 “contempla il prodotto della creatività umana quale oggetto di tutela, non potendo valorizzarsi, in contrario, la mancanza di esplicita menzione della regia predetta nella legge sul diritto d’autore o nella Convenzione di Berna, entrata in vigore il 5 dicembre 1887, e ciò tutte le volte che si debba riconoscere un apporto personale e creativo della ‘lettura’ dell’opera da parte del regista”.

In conclusione, è asseribile la riconducibilità della figura del regista alla categoria degli autori alla luce dell’apporto creativo da egli fornito, oltre che all’attività svolta nella coordinazione di tutte le “forze” artistiche coinvolte nella realizzazione di un’opera a carattere tanto teatrale quanto cinematografico, con conseguente beneficio, per lo stesso, della tutela fornita dal diritto d’autore.

[1] art. 12 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore;

[2] art. 20 Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore

[3] Cfr. articolo “Chi è il vero autore dell’opera cinematografica?”, di Federica Anchora, del  09/03/2021, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/chi-e-il-vero-autore-dellopera-cinematografica-36225#_ftn8;

[4] art. 6-bis Convenzione di Berna sulla protezione del diritto d’autore, disponibile qui: http://www.interlex.it/testi/convberna.htm;

[5] art. 20 Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore

[6] art. 48 Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore

[7] dell’art. 44 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore

[8] art. 10 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore

[9] art. 2575 c.c., disponibile qui: https://www.brocardi.it/codice-civile/libro-quinto/titolo-ix/capo-i/art2575.html;

[10+ art. 1 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore;

[11] sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 17565 del 18 giugno 2021, disponibile qui: https://sentenze.laleggepertutti.it/sentenza/cassazione-civile-n-17565-del-18-06-2021;

Valentina Ertola

Dott.ssa Valentina Ertola, laureata presso la Facoltà di Giurisprudenza di Roma 3 con tesi in diritto ecclesiastico ("L'Inquisizione spagnola e le nuove persecuzione agli albori della modernità"). Ha frequentato il Corso di specializzazione in diritto e gestione della proprietà intellettuale presso l'università LUISS Guido Carli e conseguito il diploma della Scuola di specializzazione per le professioni legali presso l'Università degli Studi di Roma3. Nel 2021 ha superato l'esame di abilitazione alla professione forense. Collaboratrice per l'area "IP & IT".

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