domenica, Giugno 16, 2024
Amministrazione e Giustizia

La motivazione del provvedimento amministrativo: baricentro ed essenza del potere amministrativo

A cura di Elisa Tunno

È con sentenza del 26 aprile 2024, n. 8243 che il T.A.R. Lazio torna a pronunciarsi su uno degli elementi per antonomasia identificativi di qualsivoglia provvedimento amministrativo, dalla natura obbligatoria come fin dall’origine disposto dall’art. 3, comma 1, della Legge 7 agosto del 1990, n. 241, ai sensi del quale “Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”.

La fattispecie

In quanto alla fattispecie, nel 2023, il Consorzio Servizi Qualificati, consorzio tra imprese artigiane con attività esterna, proponeva ricorso contro Acea Ato 2 S.p.a. per l’annullamento dei provvedimenti mediante i quali quest’ultima, in qualità di società operativa del Gruppo Acea che gestisce il servizio idrico integrato nell’Ambito territoriale ottimale 2 (ATO 2) nel Lazio centrale, provvedeva prima all’esclusione del Consorzio dalla Gara e confermava, poi, l’esclusione della stessa per mezzo del provvedimento comunicato nel settembre del 2023.

Con motivi aggiunti depositati nel gennaio del 2024, il Consorzio ricorrente sollevava ulteriori profili di doglianza: in particolare, lamentava la violazione del disposto di legge di cui all’art. 3, L. 241/1990, per integrazione postuma della motivazione, determinando l’accoglimento del ricorso per la assorbente fondatezza delle doglianze con cui il Consorzio lamentava il difetto di motivazione, oltre all’inammissibilità della motivazione postuma, fornita, appunto, solo in sede di giudizio.

Difatti, come riportava il G.A. in sentenza, “la S.A. ha escluso il Consorzio con una motivazione obiettivamente sintetica che, anche in sede di conferma a seguito dell’esame dell’istanza per l’autotutela, non ha consentito di comprendere quale sia stato il percorso logico giuridico che ha fondato la esclusione, infine delineato soltanto in giudizio”: a chiare lettere ne emergerà, dunque, la carenza motivazionale dei provvedimenti in oggetto, causa dell’ambiguità dei motivi per i quali, per la S.A., il Consorzio non poteva qualificarsi alla gara in forza dei requisiti suoi stessi.

La sentenza

È a tal proposito, difatti, che il G.A. coglieva occasione per ribadire come “la funzione della motivazione del provvedimento amministrativo è quella di consentire al cittadino la ricostruzione dell’iter logico-giuridico attraverso cui l’Amministrazione si è determinata ad adottare un atto, al fine di controllare il corretto esercizio del potere, onde far valere, eventualmente, le proprie ragioni; occorre, in altri termini, che l’autorità emanante ponga il destinatario dell’atto amministrativo in condizione di conoscere le ragioni ad esso sottese”, richiamando in tali termini quanto già confermato dal T.A.R. Veneto, sez. II, con sentenza dell’1 gennaio 2020, n. 879 e rinnovando l’assunto per il quale la motivazione del provvedimento altro non è se non “il presupposto, il fondamento, il baricentro e l’essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile[1].

La motivazione come “essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo”

Con la legge del 1990 e la conseguente, nonché progressiva, apertura dell’attività amministrativa al privato, il procedimento amministrativo e, senz’altro, le connesse motivazioni a supporto dello stesso, non rappresentano più un esclusivo affare della P.A.: la chiara previsione contenuta nell’allora novella, conformemente all’interpretazione europea, introduceva per la prima volta un obbligo generalizzato di motivazione, quale strumento idoneo a palesare presupposti di fatto e ragioni giuridiche determinanti per la decisione amministrativa intrapresa, garanzia per il privato, quanto per il Giudice in sede di accertamento di legittimità dell’atto, rispondendo, dunque, ad un’esigenza di carattere generale.

Ragionare in termini di «essenza stessa del legittimo esercizio del potere amministrativo»[2] sovviene a consacrare l’indispensabilità della motivazione per l’esercizio della funzione amministrativa, tanto da fondare l’idea di una possibile sussistenza di un principio generale e costituzionale di un obbligo di motivazione per gli atti pubblici che, coerentemente – e tacitamente -, concorre altresì a sostenere la ricorrente linea di rigetto adottata dai Giudici Amministrativi rispetto alla possibilità di un’integrazione postuma della motivazione[3], presidiando in tal senso, e per mezzo della stessa, “il buon andamento amministrativo, l’esigenza di delimitazione del controllo giudiziario, la parità delle parti, il giusto processo e la pienezza della tutela secondo il diritto europeo[4].

Attualità del tema

Quanto fin qui premesso, dunque, conferma la conclusione per la quale, nonostante il tema della motivazione del provvedimento abbia tutta l’aria di un caposaldo degli studi amministrativi, esso resti, comunque, continuo oggetto di indagine da parte della dottrina, capace di offrire ulteriori spunti di riflessione, specialmente alla luce, tra gli altri, dell’incentivo che l’Amministrazione ha ricevuto in materia di ricorso a procedure automatizzate: anche in tali ultime circostanze, con riferimento al singolo obbligo generalizzato in questione, quindi di motivazione del provvedimento amministrativo, anche «automatizzato», esso rimane connesso ad una funzione di garanzia non meno rilevante rispetto agli atti amministrativi «tradizionali», dunque necessariamente oggetto di sindacato in sede giurisdizionale, anche sotto gli aspetti più tecnici, quindi algoritmici, artificiali ed automatizzati, anche laddove questi ultimi siano parte immediatamente meccanica del provvedimento stesso, non derivante, quindi, dal concorso tra macchina e uomo che, contrariamente alle più innovative pretese, i più ritengono essere insopprimibile in sede di adozione del provvedimento, quindi di motivazione – c.d. “human in the loop” -, ad evidenza che, in modo autonomo, “almeno nell’ambito del diritto amministrativo è evidente che non potrà mai essere affidata all’Intelligenza Artificiale l’assunzione di decisioni/provvedimenti amministrativi[5].

 

Note:

[1] Ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 20/12/2021, n. 8449.

[2] G. COCOZZA, Il difetto di motivazione del provvedimento giurisdizionale e amministrativo. Simmetrie e spunti nei percorsi giurisprudenziali, in Il Processo, 1/2023, p. 4.

[3] In tal senso, ex multis, T.A.R. Venezia, sez. II, 06/05/2024, n. 870; T.A.R., Milano, sez. IV, 29/04/2024, n. 1292; T.A.R. Napoli, sez. IV, 19/02/2024, n. 1176; Consiglio di Stato, sez. VI, 29/10/2021, n. 7286.

[4] R. MUSONE, Gli sviluppi del divieto di motivazione postuma del provvedimento amministrativo, in Giorn. dir. amm., 3/2018, p. 316.

[5] D.U. GALETTA, Human-stupidity-in-the-loop? Riflessioni (di un giurista) sulle potenzialità e i rischi dell’Intelligenza Artificiale, in Federalismi.it, 5, 2023, p. xii.

 

 

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