La battaglia legale dei figli di Audrey Hepburn contro Salvatore Ferragamo S.p.A.
A cura di Claudia Tortorici
Inquadramento e origini della vicenda giudiziaria
L’8 Aprile 2024 si è conclusa la battaglia legale, avviata con atto di citazione notificato in data 1 Febbraio 2017 da parte dei figli della nota attrice Audrey Hepburn contro Salvatore Ferragamo S.p.A., a favore della maison de mode italiana.
Gli attori del procedimento civile sostenevano che gli unici soggetti legittimati ad autorizzare l’uso del nome Audrey Hepburn, nonché del marchio “Audrey Hepburn” regolarmente registrato a livello internazionale[1] con il numero di registrazione statunitense 2891477, fossero unicamente i figli dell’icona di eleganza, ossia Luca Dotti e Sean Hepburn Ferrer.
I figli dell’attrice, difatti, adivano il Tribunale di Firenze affinchè la casa di moda fosse condannata al risarcimento dei danni per presunta violazione del diritto allo sfruttamento economico del nome della madre e per contraffazione del marchio della stessa.
I prodotti contestati nella sede giudiziaria erano la ballerina “Audrey”, il sandalo “Gondoletta” e la ballerina “Ira”, calzature appositamente disegnate da Salvatore Ferragamo per Audrey, il cui nome è stato accostato dalla società produttrice sulla base di un diritto della Salvatore Ferragamo S.p.A. e fondato sulla clausola n.5 di un contratto sottoscritto con la Audrey Hepburn Children’s Fund nel 2000[2].L’uso del nome Audrey Hepburn non era quindi di natura arbitraria da parte della maison de mode ma, oltre ad avere legittimazione in una fonte contrattuale, era stato utilizzato con carattere esclusivamente e puramente descrittivo.
Difatti se, da un lato, per la ballerina “Audrey” il diritto all’utilizzo del nome era stato già oggetto dell’accordo del 2000[3], per le altre due calzature, si rimandava alla descrizione presente sul sito internet[4] dell’azienda, laddove permetteva di descrivere e riferire il nome a circostanze storiche vere ed evidenti connesse al prodotto, ossia, che le calzature erano state disegnate da Salvatore Ferragamo per Audrey nel 1954, in occasione della visita dell’attrice a Palazzo Spini Feroni[5].
In conclusione, essendo ancora valido un contratto sottoscritto dalle parti ed essendo la funzione dell’uso del nome, meramente descrittiva, era certamente da escludere – diversamente da quanto sostenuto dagli attori – un’azione della Salvatore Ferragamo S.p.A. volta adinvogliare, le ammiratrici dell’attrice cinematografica e le donne che la identificano con un simbolo di femminilità ed eleganza, all’acquisto delle calzature contestate[6].
La vittoria di Ferragamo in primo grado: una disamina giuridica
Come appena rilevato nel precedente paragrafo, e come emerge espressamente dalla sentenza di primo grado del Tribunale di Firenze, “gli attori, nell’atto di citazione hanno dedotto, altresì, di essere, in quanto eredi legittimi dell’attrice Audrey Herpburn, unici legittimati all’utilizzo del nome dell’attrice, lamentando anche la violazione di tale diritto da parte della convenuta, attraverso i comportamenti oggetto di contestazione.” [7]
A riguardo, occorre guardare l’art. 7 del codice civile[8]. La norma, in generale, disciplina il diritto al nome, ossia il diritto in virtù del quale, la persona che sia stata lesa dall’utilizzo del suo nome, o che possa ricevere un pregiudizio dall’uso indebito posto in essere da soggetti terzi, può agire per ottenere la cessazione del fatto lesivo. Nello specifico, la stessa norma inquadra il diritto all’identità personale, ossia del diritto al rispetto della persona nei suoi segni distintivi, il primo dei quali è costituito dal nome. La tutela del nome è sancita, come ampiamente riportato, a protezione non solo di un interesse individuale all’uso del proprio nome, ma anche, di un interesse generale volto a vietare l’indebito utilizzo da terze parti
L’azione di reclamo di cui al citato art. 7 c.c. spetta alla persona alla quale si contesti il diritto all’uso del proprio nome,volti. Quest’azione è esercitabile anche quando il terzo non sia in mala fede ed anche quando dal suo comportamento non derivi alcun pregiudizio per il titolare.
Mentre (sempre in virtù dell’art. 7 c.c.), l’azione di usurpazione, spetta alla persona che possa risentire pregiudizio dall’uso che altri indebitamente ne faccia ed è esercitabile anche solo in ipotesi di danno morale ed eventuale.
Dal punto di vista dei nomi appartenenti alle celebrità, col tempo si è reso necessario predisporre appositi accordi aventi natura commerciale per garantire anche uno sfruttamento economico (si pensi a contratti quali la sponsorizzazione, l’endorsement, la pubblicità testimoniale ecc.), dei quali, allo stato attuale, non viene posto in dubbio il requisito della meritevolezza di tutela, ex art. 1322, comma 2° c.c., atteso che, in tali casi, è rimessa all’autodeterminazione del titolare del nome o dell’immagine l’utilizzo economico della propria notorietà, utilizzo che è espressione del libero sviluppo della persona e della libertà d’iniziativa economica, e non si pone in alcun modo in contrasto con il valore e la dignità̀ della persona umana.
Nel caso oggetto di analisi del presente elaborato, con la Sentenza del Tribunale di Firenze n. 1816/2020 – Sezione specializzata in materia di imprese, il Collegio dichiarava inammissibili, in quanto nuove e formulate tardivamente, le domande degli attori depositate con la seconda e la terza memoria ex art. 183, VI comma c.p.c.
Parimenti, la medesima Autorità competente, in virtù del principio di territorialità, rigettava le domande fondate sul marchio internazionale di registrazione statunitense n. 2891477, in quanto, non essendo mai stato depositato in Italia, non aveva validità nel nostro territorio. Inoltre, il Tribunale riteneva lecito l’uso da parte della Ferragamo S.p.A. del nome “Audrey Hepburn” essendo questo limitato ad uno scopo descrittivo, e, per questo, legittimo. Veniva quindi deciso con sentenza che l’uso del nome dell’attrice da parte della maison fosse una mera associazione al marchio della stessa, finalizzato esclusivamente alla descrizione di fatti storici realmente accaduti e di pertinenza della stessa (quali, si ricorda, l’apposita creazione per la Hepburn delle calzature).
Con il provvedimento si ritenva altresì che la condotta era stata posta in linea con i principi di correttezza professionale richiamati dall’art. 21 del Codice della Proprietà̀ Intellettuale. Si confermò anche la validità del contratto risalente agli anni 2000, di cui è stata già fatta menzione, e che ha permesso di confermare la natura legittima dell’associazione delle calzature al nome dell’attrice.
Tuttavia fu respinta la domanda ex art. 96 c.p.c. formulata dalla Ferragamo S.p.A. in via riconvenzionale, in considerazione del fatto che, attesa la titolarità̀ dei due marchi comunitari in capo all’attrice, le domande non avevano trovato accoglimento per ragioni processuali a causa della loro proposizione tardiva.
La sentenza esaminata veniva successivamente appellata dagli eredi di Audrey Hepburn che continuavano a domandare, in via principale, la violazione dalla Ferragamo S.p.A. dell’art. 7 e 8 del codice civile e del Codice della Proprietà Industriale e della concorrenza (art. 2598 c.c.) per aver, senza il loro consenso espresso, utilizzato a scopi commerciali il nome della loro defunta madre e, in via subordinata, la condanna della Salvatore Ferragamo S.p.A. al risarcimento del danno.
La Corte d’Appello di Firenze rigettava le domande di parte attrice confermando integralmente la sentenza impugnata.
In L’Autorità giudiziaria riconosceva alla Salvatore Ferragamo S.p.A. il diritto all’uso del nome dell’attrice Audrey Hepburn che avrebbe quindi potuto continuare ad accostare ai tre modelli di calzature giàmenzionati e, anche in secondo grado, veniva rigettava la domanda di parte convenuta con cui chiedeva la condanna degli attori ex art. 96 c.p.c.
Le battute finali: il processo si conclude dinanzi alla Corte di Cassazione
Con ricorso in Cassazione iscritto al n. 29889/2022 R.G. i ricorrenti, figli della Hepburn – Luca Dotti e Sean Hepburn Ferrer- chiedevano una riforma della sentenza della Corte d’Appello di Firenze[9] proponendo 11 motivi a sostegno delle loro richieste.
Plurimi sono i passaggi rilevanti nell’ordinanza in esame e, in particolar modo, occorre concentrarsi sui primi motivi addotti a sostegno delle pretese dei ricorrenti.
“[…] Deve, tuttavia, osservarsi che sovente, come nel caso in esame, le esimenti finalità informative, didattiche o culturali coesistono con finalità di lucro, in relazione al fatto che tali finalità vengono soddisfatte mediante l’esercizio di un’attività imprenditoriale con finalità lucrativa;
è stato recentemente evidenziato che «non si possono pertanto equiparare alle finalità commerciali (per cui sarebbe sempre necessario il consenso) l’uso propagandistico della fotografia del personaggio famoso per indurre all’acquisto di altri prodotti o l’applicazione dell’immagine sul prodotto stesso, alla vendita di un prodotto informativo (latamente didattico-culturale) in cui viene inserita la fotografia a fini di documentazione e integrazione delle informazioni fornite agli acquirenti» (così, Cass. 16 giugno 2022, n. 19515);
tuttavia, la sentenza impugnata ha ritenuto che l’uso del nome Audrey Hepburn da parte della controricorrente abbia avuto una funzione essenzialmente informativa, correlata all’esigenza di indicare «la prestigiosa origine della calzatura» e il contesto nel quale era stata realizzata;
[…]- pertanto, pur non negando la «connotazione latamente commerciale» della divulgazione di tali informazioni, ha ritenuto, nella sostanza, prevalente la predetta funzione descrittiva;[10]”.
Queste sono le considerazioni che avranno probabilmente, e in un certo qual modo, indotto il Collegio giudicante nella decisione di riconoscere la liceità nell’utilizzo del nome della celebrità da parte della Salvatore Ferragamo S.p.A. riconoscendone l’uso esclusivamente descrittivo seppur legato ad un’attività commerciale avente scopo di lucro.
Conclusioni
La Corte di Cassazione, nel riconoscere l’uso legittimo del nome ha tenuto conto non solo della validità di un contratto che ha permesso alla Salvatore Ferragamo S.p.A. di tutelarsi adeguatamente ma, pur considerando lo scopo di lucro dell’attività commerciale, ha ritenuto opportuno dare valore e un maggior peso alla funzione descrittiva del nome utilizzato e, per questa ragione, lecito.
[1] A tal proposito occorre precisare che, come correttamente rilevato nella comparsa di risposta dai legali della Salvatore Ferragamo S.p.a., tale documento prodotto dagli attori è relativo a due marchi statunitensi, che, in virtù del principio di territorialità, sono privi di qualsivoglia efficacia in Italia. Inoltre, la successiva riproduzione da parte degli eredi, con la terza memoria ex art. 183, VI comma c.p.c., della domanda di registrazione dei marchi comunitari, non ha agevolato la loro posizione in quanto in tal modo è stata introdotta domanda nuova rispetto a quella invocata con atto di citazione e quindi inammissibili.
[2] Si tratta di un contratto con cui sono stati sostituiti i precedenti accordi e documento che prevedeva altresì il diritto per la Salvatore Ferragamo S.p.a. di utilizzo del nome Audrey Hepburn per la vendita dei prodotti menzionati in esso, anche successivamente alla scadenza della licenza d’uso, acconsentendo, in cambio, a donare alla “Audrey Hepburn Children’s Fund” una somma pari a lire 15.000.000, per contribuire alla costruzione di un ospedale pediatrico negli Stati Uniti.
[3] I contratti precedenti sono, nello specifico, i seguenti: 1) quello del febbraio 1999, inerente alla concessione dell’uso del nome e dell’immagine della Hepburn per una mostra dedicata alle creazioni di Ferragamo per l’attrice; 2) il contratto di luglio 1999, con cui veniva concesso l’uso del nome e delle sembianze dell’attrice per promuovere la produzione di 1.000 ballerine “Audrey”, fino al 31.12.1999.
[4] Sul sito internet della Salvatore Ferragamo S.p.a., con riferimento alla ballerina Audrey compare la seguente descrizione “… il modello fu realizzato per Audrey Hepburn nel 1954”; con riferimento al sandalo “Gondoletta” la descrizione presente è: “… il modello venne indossato da Audrey Hepburn ”; e, ancora, con riferimento alla ballerina “Ira” che “… il modello originale fu creato da Salvatore Ferragamo nel 1959. È uno dei numerosi modelli inventati da Salvatore Ferragamo per l’attrice Audrey Hepburn”.
[5] Nel 1938 Salvatore Ferragamo aprì nel palazzo Spini Feroni il suo laboratorio di calzature di lusso e dopo poco iniziò l’acquisto dell’importante edificio, che da allora divenne sede dell’azienda e del negozio Salvatore Ferragamo.
[6] Questa considerazione, che teneva conto di uno sfruttamento economico ben definito, fu una considerazione degliattori che hanno voluto far leva su un utilizzo a fini commerciali del nome della madre e del marchio. Infatti, in conseguenza di ciò, hanno richiestol’accertamento e la dichiarazione della violazione dell’art. 20 del D. lgs. 30/2005, degli artt. 7-8 c.c. e dell’art. 2598 c.c., con ulteriore richiesta di immediato ordine inibitorio a parte convenuta dell’uso del nome e del marchio oggetto di causa, anche disgiuntamente, e ordine di rimozione dai siti della convenuta;
[7] Per approfondimenti vedi: Sentenza del Tribunale Firenze, 05/08/2020, n. 1816.
[8] Si riporta di seguitoil testo integrale dell’art. 7 c.c.: La persona, alla quale si contesti il diritto all’uso del proprio nome o che possa risentire pregiudizio dall’uso che altri indebitamente ne faccia, puo’ chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni.
L’autorità giudiziaria può ordinare che la sentenza sia pubblicata in uno o piu’ giornali.
[9] Corte d’appello di Firenze, sez. XIII, 06.10.2022, n. 2200.
[10] Per il testo integrale vedasi : Corte di Cassazione, Ordinanza n.9289/2024 pubblicata 8.04.2024.