La procedura di impeachment negli USA e il caso Donald Trump
Antefatto: le elezioni Presidenziali del 2020 e l’assalto a Capitol Hill
Il 3 novembre 2020 i cittadini degli Stati Uniti d’America hanno votato per l’elezione del loro 46° Presidente della Repubblica. Con la complicità del massiccio ricorso al “voto per posta”, la consultazione elettorale è risultata essere la più partecipata della storia americana. Ne è uscito vincitore il democratico Joe Biden, che ha sconfitto il presidente uscente, il repubblicano Donald Trump.
Trump, sostenendo insistentemente la tesi che Biden avesse vinto grazie a dei brogli elettorali, non ha riconosciuto la vittoria dello sfidante ed ha promosso una serie di ricorsi volti a dimostrare la fondatezza delle sue affermazioni e a chiedere, dunque, il riconteggio dei voti. Tuttavia, nessuno di tali ricorsi è stato accolto né l’ex Presidente Trump ha mai mostrato al pubblico alcuna prova a sostegno della sua tesi.
Il 6 gennaio 2021 il Parlamento degli Stati Uniti, denominato Congresso e composto da Senato e Camera dei rappresentanti, si è riunito per proclamare l’elezione di Joe Biden alla Presidenza della Repubblica.
Nello stesso giorno i sostenitori di Donald Trump hanno organizzato la manifestazione “Save America March”, durante la quale, presso l’Ellipse, un parco a sud della Casa Bianca, una serie di oratori ha arringato la folla continuando a sostenere la tesi dello “scippo elettorale”. Nel corso della manifestazione è intervenuto lo stesso Trump[1], che ha rincarato la dose parlando, senza prova alcuna, di brogli in Pennsylvania, Michigan, Nevada, Georgia e Wisconsin. Nel suo discorso Trump ha anche fatto pressione sui parlamentari repubblicani e sul suo vice, Mike Pence (che, in qualità di Vicepresidente della Repubblica, era anche Presidente del Senato) affinché si opponessero in qualche modo alla proclamazione di Joe Biden. Trump ha poi invitato la folla a marciare “pacificamente e patriotticamente” verso Capitol Hill, sede del Congresso.
Come è noto, non tutta la folla accorsa alla “Save America March” ha avuto un atteggiamento pacifico. Erano infatti presenti, oltre a semplici e ordinati sostenitori di Trump, anche non pochi soggetti violenti e gruppi organizzati di estremisti, libertari, anarchici e complottisti. La folla, forse con troppa facilità, ha quindi fatto irruzione nel Palazzo del Parlamento.
L’irruzione, benché già di per sé deprecabile, ha avuto una dimensione pacifica in alcune ali del Palazzo, mentre in altre la violenza ha prevalso. Durante quello che passerà alla storia come “l’assalto a Capitol Hill”, cinque persone hanno perso la vita, in molti sono stati feriti e non sono mancati furti e atti di vandalismo.
Davanti a tale episodio, Donald Trump, senza condannare in alcun modo quanto accaduto, ha invitato i manifestanti a rispettare la legge, ad agire in modo pacifico e ordinato, a non opporsi alla polizia e, quindi, a rientrare a casa. In un suo tweet ha scritto: “Queste sono le cose che accadono quando una netta e sacrosanta vittoria elettorale viene maldestramente sottratta a quei grandi patrioti che sono stati maltrattati per lungo tempo. Andate a casa con amore e in pace. Ricordate questo giorno per sempre!”[2].
È manifesto, dunque, che Trump, pur cercando di placare gli animi, non abbia voluto esprimersi con parole di contrarietà rispetto agli eventi di Capitol Hill. Ciò, evidentemente, con il chiaro obiettivo di non perdere il sostegno della frangia violenta della folla accorsa alla “Save America March”.
A seguito di quando accaduto, la speaker[3] della Camera dei rappresentanti Nancy Pelosi ha sollecitato l’avvio della procedura di impeachment, in Italia nota come “messa in stato d’accusa”, nei confronti del Presidente Trump.
La procedura inizia con le indagini volte all’elaborazione di una accusa contenuta in un documento, detto articolo di impeachment, che viene sottoposto al voto della Camera dei rappresentanti. Nel caso in cui la Camera approvi l’articolo a maggioranza semplice, il Presidente sarà ufficialmente sotto impeachment e l’articolo sarà quindi trasmesso al Senato, dinanzi al quale si terrà un particolare processo che potrà terminare con la condanna del Presidente nel caso di voto favorevole dei due terzi dei senatori presenti.
Il 13 gennaio 2021 la Camera dei rappresentanti, composta da una maggioranza democratica e quindi politicamente ostile a Trump, ha approvato l’articolo di impeachment con 232 voti favorevoli a fronte dei 197 contrari.
La palla è successivamente passata al Senato, ove si è svolto il processo. In via preliminare, il senatore Rand Paul ha presentato una mozione sulla costituzionalità di un impeachment nei confronti di Presidente della Repubblica non più in carica. I senatori, votando a maggioranza semplice, hanno ritenuto tale procedura conforme alla costituzione. Dopo aver sentito le motivazioni dell’accusa e della difesa di Trump, il 13 febbraio 2021 il Senato degli Stati Uniti d’America ha assolto Donald Trump. Come si è detto, infatti, per arrivare ad una condanna mediante impeachment è necessario il voto favorevole dei due terzi del Senato e, quindi, di ben 67 senatori. L’ex Presidente è stato ritenuto colpevole solo da 57 di essi mentre in 43 si sono espressi per la sua assoluzione.
Nel presente contributo si proverà a descrivere ed analizzare l’istituto americano dell’impeachment presidenziale e, di conseguenza, si cercherà anche di comprendere se, effettivamente, la condotta assunta da Trump il 6 gennaio 2021 rientrasse fra quelle sanzionabili con l’istituto in questione e, infine, come è possibile e che senso ha condannare tramite impeachment un Presidente della Repubblica non più in carica.
Origini dell’istituto
Sull’origine etimologica del termine impeachment sono state formulate varie ipotesi.
C’è chi ritiene che derivi dal latino impetere, che vuol dire “accusare”, o dal francese empecher, che significa “impedire”[4]. Secondo un’altra tesi, invece, la parola impeachment proviene dal vocabolo utilizzato dai latini per indicare la terribile pena a cui erano condannati i parricidi: impiciamentum[5].
Nel tracciare il percorso evolutivo del proprio ordinamento, i fondatori degli Stati Uniti d’America si ispirarono chiaramente al modello loro più vicino: quello inglese. In Inghilterra l’istituto dell’impeachment non ebbe una evoluzione lineare sia sotto il profilo della ratio posta a fondamento della sua esistenza che sotto il profilo della disciplina. Nacque come un istituto prettamente giurisprudenziale volto, cioè, a sottomettere i nobili ed i funzionari del Re al giudizio, dal carattere squisitamente penalistico, della Camera dei Lord. Successivamente l’impeachment iniziò ad acquisire i connotati di uno strumento di lotta politica a disposizione del Parlamento per poi tornare ad assumere una veste più giuridica e, fra la fine del 1700 e gli inizi del 1800, cadere definitivamente in disuso, lasciando ai magistrati ordinari il compito di giudicare anche coloro che ricoprono alte cariche pubbliche.
L’Inghilterra, però, era una monarchia: il Re non poteva essere messo in discussione. I Padri fondatori degli Stati Uniti, invece, intendevano dar vita ad una Repubblica in cui il ruolo istituzionale del monarca sarebbe stato assegnato alla figura del Presidente, il quale, in contrapposizione all’inviolabilità tipica del Re inglese, avrebbe dovuto rispondere pienamente della sua condotta[6].
Gli Stati Uniti, quindi, si organizzarono secondo una rigida separazione dei poteri, armonizzata, però, dalla presenza di pesi e contrappesi (i famosi checks and balances) volti a far sì che i vari organi costituzionali fossero posti in una condizione di controllo reciproco tale da non permettere a nessuno degli stessi di prevalere in maniera preponderante sugli altri. L’istituto dell’impeachment si inserisce pienamente in questa logica.
L’impeachment nella Costituzione degli Stati Uniti d’America
Come già detto, il compito di muovere l’accusa spetta alla Camera dei rappresentanti. Ai sensi dell’art.2 sez. IV della Costituzione USA, l’impeachment può essere promosso contro “tutti i titolari di cariche pubbliche”, i quali saranno destituiti dal loro ufficio qualora risultino colpevoli di “treason, bribery or other high crimes and misdemeanors”, cioè di “tradimento, concussione e altri gravi delitti e misfatti”.
- Sulla definizione di tradimento viene incontro la stessa Costituzione, la quale, all’art. 3 sez. III afferma: “Sarà considerato tradimento contro gli Stati Uniti soltanto l’aver mosso guerra contro di essi, o l’aver appoggiato nemici degli Stati Uniti, fornendo loro aiuto e sostegno”.
- Per bribery, invece, si intende il reato di concussione.
- È più difficile, invece, comprendere cosa si intende per “other high crimes and misdemeanors”.
Negli USA, infatti, i reati si distinguono in crimes e misdemeanors.
I primi, che potrebbero corrispondere a quei reati che sono definiti “delitti” dal nostro diritto penale, si distinguono dai secondi per la loro maggiore gravità sia con riferimento alla condotta che con riguardo alla sanzione prevista per gli stessi.
I misdemeanors, invece, sono reati minori, assimilabili alle “contravvenzioni” del sistema penale italiano, se non addirittura inferiori alle stesse in termini di gravità. Si potrebbe infatti ritenere che per misdemeanors possa intendersi una categoria di misfatti intermedia fra reati (siano essi delitti o contravvenzioni) ed illeciti amministrativi.
Il riferimento ai misdemeanors diventa poco comprensibile se si tiene conto del fatto che la disposizione costituzionale non riguarda tutti i crimes, ma solo gli high crimes, cioè i reati gravi. Che senso ha, dunque, specificare che ci si riferisce ai reati gravi se poi li si associa anche alla più semplice e generica categoria dei “misfatti”?
Occorre, quindi, valutare “se per high crimes and misdemeanors debbano intendersi solo quei reati perseguibili penalmente o se, sulla base di una diversa interpretazione, possa essere ricondotto a questa categoria ogni comportamento”[7].
A riguardo, tuttavia, la dottrina giuridica statunitense non ha sposato una specifica chiave di lettura e, dunque, “non si è pervenuto ad una interpretazione pacifica”[8]. Resta, quindi, poco chiaro se i Costituenti degli Stati Uniti, parlando di high crimes and misdemeanors volessero circoscrivere le condotte passibili di impeachment agli illeciti penali o se, invece, intendessero, qui, riferirsi ad un qualsiasi comportamento disdicevole, anche solo sul piano politico.
L’art. 1 sez. III della Costituzione USA stabilisce quanto segue:
- Il potere di giudicare in ordine a tutti gli atti d’accusa nei confronti del Presidente della Repubblica spetta al Senato;
- Per l’occasione, il Senato è presieduto dallo Chief justice[9], il Presidente della Corte Suprema;
- Per esprimere un giudizio di condanna sarà necessario il voto favorevole dei due terzi dei senatori presenti;
- Una eventuale sentenza di condanna da parte del Senato non avrà altro effetto “se non la destituzione dalla carica occupata e l’interdizione dai pubblici uffici”;
- Il soggetto dichiarato colpevole potrà essere successivamente processato secondo le leggi ordinarie.
La Costituzione americana, poi, prevede anche che in caso di destituzione del Presidente della Repubblica, la massima carica dello stato sia affidata al Vicepresidente. Si comprende, dunque, perché, in sede di impeachment presidenziale, il Senato sia presieduto dallo Chief justice. Al Vicepresidente della Repubblica è infatti attribuita, da Costituzione, la presidenza del Senato, ma non sarebbe di certo giusto che questi svolgesse tale funzione anche nel caso in cui, proprio a seguito di una decisione senatoriale, egli potesse addirittura diventare Presidente della Repubblica. Occorre comunque specificare che lo Chief justice non ha diritto di voto sull’impeachment. Egli, quindi, svolge una chiara funzione di garanzia.
La scelta di affidare il giudizio al Senato, che è un organo politico, ha destato e desta non poche perplessità[10]. Anche se vi è la garanzia per cui, per destituire il Presidente, è necessario il voto favorevole di ben due terzi dei senatori, resta comunque il fatto che, dal momento che il suo esito dipende esclusivamente da scelte operate in sedi elettive quali la Camera dei rappresentanti e il Senato, l’impeachment sembra essere più un arma politica che uno strumento giurisdizionale. Ne consegue, dunque, che non ha tutti i torti chi sostiene che la minaccia dell’impeachment possa costituire un ricatto politico operato ai danni del Presidente da parte non solo dei suoi avversari, ma anche da eventuali oppositori che interni al suo stesso partito.
Sotto questo aspetto (e non solo) sembra molto più seria la soluzione italiana, secondo cui, in caso di messa in stato d’accusa, il Presidente della Repubblica viene giudicato dalla Corte Costituzionale in forma “allargata”: oltre ai quindici giudici ordinari che compongono la Corte, infatti, intervengono anche sedici giudici “popolari” estratti a sorte da un elenco di cittadini predisposto ogni nove anni dal Parlamento.
Se per alcuni l’impeachment appare come “un processo penale contro un funzionario pubblico che […] si celebra davanti ad un tribunale quasi politico”[11], per altri è anche errato sostenere che si tratti di un processo penale. Era sostanzialmente di questo avviso Alexander Hamilton, uno dei Padri fondatori degli Stati Uniti, attivo anche nella fase costituente. Secondo la “visione hamiltoniana”, infatti, l’impeachment non è volto a sanzionare solo reati in senso stretto, ma anche comportamenti clamorosamente inopportuni sotto il profilo politico[12].
È evidente, dunque, la forte dimensione politica dell’istituto dell’impeachment, che sembra far entrare in chiara contraddizione l’impianto costituzionale americano.
In un sistema presidenziale caratterizzato da una marcata differenziazione dei poteri, la scelta di concedere al Parlamento la possibilità di destituire, mediante una procedura tutta politica, il Presidente della Repubblica, che negli USA è eletto “direttamente”[13] dal popolo, sembra quantomeno inopportuna sotto il profilo della coerenza interna.
Fra l’altro, “gli effetti del giudizio politico […] non sono meno dannosi, per coloro che ne sono colpiti, rispetto al giudizio penale” dal momento che la sentenza di impeachment ben potrebbe “distruggere la loro posizione, intaccare il loro onore e condannarli ad una impotenza peggiore della morte”[14].
In più, in un momento in cui quasi l’intero mondo politico occidentale sembra deciso ad utilizzare toni ben poco distensivi, lo strumento dell’impeachment, così congeniato, potrebbe prestarsi a non pochi abusi. Non appare esagerato, allora, ritenere che in breve tempo alle quattro procedure di impeachment presidenziale già note alla storia americana se ne aggiungeranno altre.
L’impeachment nel 2021: il caso Donald Trump
Come detto, a seguito dei fatti avvenuti il 6 gennaio 2021, la Camera dei rappresentanti ha avviato la procedura di impeachment nei confronti di Donald Trump approvando a maggioranza l’articolo in cui l’ex Presidente è accusato di “high crimes and misdemeanors” per aver istigato all’insurrezione contro il Governo degli Stati Uniti[15].
Secondo l’articolo di impeachment “il Presidente Trump ha ripetutamente asserito che il risultato delle elezioni presidenziali del 2020 fosse frutto di brogli”[16] e, in particolare, il 6 gennaio 2021, “parlando alla folla riunita all’Ellipse […] ha reiterato le false accuse” e “ha pronunciato frasi incitanti alla commissione di atti illeciti verso il Campidoglio, come, ad esempio: «se non vi battete come diavoli non avrete più una nazione»”[17].
Per questi motivi, dunque, l’articolo ritiene che Trump abbia tentato di “sovvertire ed ostacolare la certificazione dei risultati delle elezioni presidenziali”[18] e “minacciato l’integrità del sistema democratico intralciando la pacifica transizione dei poteri”. “Dal momento che, con tale condotta, ha dimostrato di rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale, la democrazia e la Costituzione”[19], si chiede che Trump sia rimosso dall’ufficio e interdetto da ogni incarico pubblico.
È certamente vero che, sic stantibus rebus, Trump ha ripetutamente sostenuto di essere vittima di brogli elettorali a favore del Presidente eletto Biden ed è altrettanto vero che, così facendo, ha intralciato la pacifica transizione dei poteri.
Non sembra, invece, pienamente corretto sostenere che egli abbia incitato alla commissione di atti illeciti verso il Capitol. Ha usato frasi forti, come suo solito, secondo uno stile dialettico abbastanza diffuso nella politica statunitense, ma, quando ha esortato la folla a marciare verso l’edificio, ha invitato a farlo “pacificamente”.
Qualora si volesse guardare alla condotta di Trump con gli occhi di un penalista italiano, la si potrebbe ritenere penalmente perseguibile per concorso nel reato di attentato contro organi costituzionali[20]. È evidente, infatti, che Trump abbia contribuito moralmente all’assalto a Capitol Hill rafforzando il proposito delittuoso dei manifestanti. Sembra difficile pensare, infatti, che senza la condotta istigatoria dell’ex Presidente si sarebbe verificato il fatto di reato in questione.
In realtà, si potrebbe comunque sostenere che Trump difettasse del c.d. dolo di partecipazione e che, quindi, egli non si fosse rappresentato le scelte di comportamento poi operate dai manifestanti e che non avesse voluto influenzarle. Di contro, si potrebbe anche pensare che l’ex Presidente abbia invece ritenuto seriamente possibile che, a seguito delle sue parole, alcuni potessero irrompere nel Palazzo e abbia, quindi, accettato l’eventualità che ciò potesse verificarsi. Sposando l’ultima ipotesi, si affermerebbe che Trump sia stato animato dal c.d. dolo eventuale[21].
Come evidenziato, tuttavia, l’impeachment americano sembra avere carattere meramente politico. Al di là di ogni opinabilità della scelta dei Padri fondatori statunitensi, è in quest’ottica che bisogna guardare alla condotta di Trump per comprendere se, in effetti, egli possa essere condannato a seguito di impeachment. Trattandosi di un giudizio non tecnico, ma politico, si preferisce qui evitare ogni conclusione nel merito, lasciando al lettore la massima libertà di convincimento sulla vicenda.
Benché la procedura nei confronti di Trump sia stata avviata quando egli era ancora in carica, il Senato è stato chiamato a decidere in un momento successivo all’insediamento di Joe Biden quale Presidente degli Stati Uniti d’America. Il senatore Rand Paul ha, dunque, posto il seguente problema: è costituzionalmente possibile votare su un impeachment promosso nei confronti di un Presidente non più in carica? A questa domanda il Senato ha risposto in senso affermativo. Per quali motivi? Che senso ha procedere con l’impeachment nei confronti di un soggetto che non ricopre più alcuna carica pubblica? Se, nella prassi, la procedura si è arrestata dinanzi alle dimissioni dell’accusato, come fu per il presidente Nixon, lo stesso non avviene nel caso in cui si verifichi la naturale scadenza del mandato. Per quale ragione? Tutto sta, ancora una volta, nella natura politica dell’istituto.
Con le dimissioni, infatti, l’autore della condotta “incriminata” ne riconosce pubblicamente la riprovevolezza rendendo, quindi, superflua ogni altra condanna politica, fermo restando che, sul piano giuridico, il soggetto resterà comunque processabile secondo le leggi ordinarie.
Diverso è allora il caso in cui, prima della sentenza di impeachment, si giunga a scadenza naturale dell’incarico pubblico ricoperto dall’ accusato. In tal caso non vi è alcun gesto che possa configurare una sorta di “ammissione di colpevolezza”.
Quindi, benché non si possa destituire qualcuno il cui incarico è già cessato, certamente si può utilizzare l’impeachment per censurare una condotta riprovevole. Ci vuole, sostanzialmente, qualcuno che dica: “così non si fa!”. E qualora non lo facesse, mediante le dimissioni, lo stesso autore del gesto, allora tale compito spetterà al Senato, anche nel caso in cui il soggetto non rivesta più alcun incarico pubblico.
L’impeachment, poi, non comporta soltanto la destituzione dell’accusato, ma può anche provocare la sua “disqualification”, cioè l’interdizione dai pubblici uffici. È a questo che miravano i promotori dell’impeachment a carico di Trump: proibirgli la possibilità di ricoprire in futuro a qualsiasi carica pubblica.
L’articolo, tuttavia, non ha incontrato il voto favorevole dei due terzi dei senatori. Nelle settimane precedenti il voto, infatti, l’ex Presidente ha notevolmente abbassato i toni della polemica e, di conseguenza, una larghissima maggioranza dei senatori del suo partito si è espressa per la sua assoluzione.
Conclusioni: il constitutional rot e la lezione di Capitol Hill
Ad onor del vero, l’assalto a Capitol Hill non è semplicemente ed esclusivamente il frutto dell’atteggiamento politico di Donald Trump. Se, a prescindere da Trump, estremisti, anarchici, libertari e complottisti stanno prendendo sempre più piede negli USA è anche perché si continua inesorabilmente ad andare verso quello che Jack Balkin ha definito “constitutional rot”: il “declino costituzionale” degli Stati Uniti d’America.
Le istituzioni americane, per poter svolgere al meglio le proprie funzioni, necessitano di colmare le distanze che le dividono dal popolo. “Per queste ragioni costituzionalisti e politologi insistono in questi mesi sulla necessità di apportare cambiamenti incisivi alla costituzione”[22].
In questo senso, l’eventuale impeachment ai danni di Trump avrebbe costituito solo una risposta istintiva e di pancia da parte di un sistema politico che, invece, dovrebbe provare ad interrogarsi al suo interno per giungere a comprendere che forse è giunto il momento di metter mano ad una costituzione che sì, a suo tempo ha rappresentato una grande innovazione legislativa, ma che adesso appare decisamente provata dal peso degli anni e dal suo profondo elitarismo tanto anacronistico quando pericoloso.
[1] Il discorso integrale di Trump è disponibile qui:
[2] v. Associated Press, Associated Press Timeline of events at the Capitol, 4 dead, 6 gennaio 2021, disponibile qui:
https://www.mysuncoast.com/2021/01/06/associated-press-timeline-events-capitol/
[3] Con il termine speaker ci si intende riferire al soggetto che presiede una assemblea. La speaker della Camera dei rappresentanti è, dunque, l’equivalente del nostro Presidente della Camera dei Deputati.
[4] Così, S. Grassi, Impeachment e democrazia americana, in Colombaria – Rivista online, 25 ottobre 2019, disponibile qui:
http://www.colombaria.it/rivistaonline/archives/1040
[5] Così, F. Acri, Che cos’è l’impeachment, in newsmondo.it, 11 gennaio 2021, disponibile qui:
https://newsmondo.it/impeachment-significato/politica/?refresh_ce
[6] Così, T. E. Giupponi, Le immunità della politica. Contributo allo studio delle prerogative costituzionali, Torino, 2005, p. 88 e A. M. Madonia, Il procedimento di impeachment negli Stati Uniti d’America, p. 30, disponibile qui:
https://core.ac.uk/download/pdf/79617573.pdf
[7] G. Aravantinou Leonidi, On the edge of crisis. le ipotesi di crisi costituzionale e l’ombra dell’impeachment nei primi mesi della presidenza Trump, in Nomos – Le attualità nel diritto, Fascicolo 2 del 2017, p. 7, disponibile qui:
https://www.nomos-leattualitaneldiritto.it/wp-content/uploads/2017/10/aravantinou.pdf
[8] Ibidem
[9] Lett. “Giudice capo”
[10] Ivi, p. 6
[11] H.C. Black, Black’s Law Dictionary: Definitions of the Terms and Phrases of American and English Jurisprudence, Ancient and Modern, VI ed., St.Paul, 1998, p. 886
[12] G. Aravantinou Leonidi, Una presidenza non convenzionale. Trump e la possibile strategia “costituzionale” dei democratici per riconquistare il potere, in Nomos – Le attualità nel diritto, Fascicolo 1 del 2018, p. 1, disponibile qui:
https://www.nomos-leattualitaneldiritto.it/wp-content/uploads/2018/05/Usa1_2018.pdf
[13] Si tratta, in realtà, di un’elezione diretta solo di fatto, dal momento che, come stabilito dall’art. 2 della costituzione USA, il Presidente è formalmente eletto dai c.d. grandi elettori.
[14] A. De Tocqueville, La democrazia in America, 1982, p. 112
[15] Il testo integrale dell’articolo di impeachment è disponibile qui:
https://cicilline.house.gov/sites/cicilline.house.gov/files/documents/ARTICLES%20-%20Final%201030%20-%20011121.pdf
[16] Ivi, p. 3
[17] Ibidem
[18] Ivi, pp. 3-4
[19] Ivi, p. 4
[20] Ci si ricollega, a tal proposito, alle riflessioni contenute in G. Barbetti, L’assalto a Capitol Hill: riflessioni costituzionali e penali, in Ius in itinere, 15 gennaio 2021, disponibile qui:
https://www.iusinitinere.it/lassalto-a-capitol-hilll-riflessioni-costituzionali-e-penali-34517
[21] v. G. Marinucci e E. Dolcini, Manuale di Diritto Penale – Parte Generale, 2017, pp. 337 e 344
[22] G. Aravantinou Leonidi, op. cit., p. 10
Michele D’Onofrio è nato a Bari nel 1992, vive a Pisticci (MT), dove ha conseguito la maturità classica.
Si è laureato con lode in Giurisprudenza presso l’Università degli studi Aldo Moro di Bari discutendo una tesi in Diritto Costituzionale.
È socio under 35 del Centro Studi Livatino e ne frequenta le iniziative di formazione giuridica.
Attualmente svolge la pratica forense presso lo Studio Legale D’Onofrio, con sede a Pisticci, collabora con la rivista giuridica online Ius in itinere ed è componente del comitato di redazione della Rivista Semestrale di Diritto.
È anche vicepresidente e responsabile del settore giovani di Azione Cattolica presso l’Arcidiocesi di Matera-Irsina.