martedì, Ottobre 8, 2024
Criminal & Compliance

La riparazione del danno nel reato di oltraggio a Pubblico Ufficiale ex art. 341 bis c.p.

La norma

L’art. 341 bis c.p. recita: “Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l’onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio ed a causa o nell’esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione fino a tre anni.La pena è aumentata se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l’ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l’attribuzione del fatto medesimo, l’autore dell’offesa non è punibile. Ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto”.

La legge n. 94 del 2009 (cd. “pacchetto sicurezza“), ha reintrodotto, a distanza di un decennio dalla sua abrogazione, seppur con qualche variazione, il reato di oltraggio a pubblico ufficiale.

Il legislatore reinserisce tale reato – previsto fino al 1999 dall’art. 341 e abrogato dalla l. 25 aprile 1999, n. 205 (art. 18, comma 1) – all’interno del codice penale all’articolo 341 bis.

La condotta oltraggiosa può essere compiuta da chiunque, sia da un cittadino che da un Pubblico Ufficiale, in quanto si tratta di un reato comune. Il reato di oltraggio, inoltre, è un reato a forma libera e si realizza con qualsiasi mezzo idoneo ad arrecare offesa contemporaneamente al decoro della persona fisica e al prestigio della funzione da esso svolta.

Ma chi sono i Pubblici Ufficiali? Il codice non ne dà una definizione precisa ma, nella quotidianità, è tale il vigile, l’ufficiale giudiziario, le forze dell’ordine e perfino l’arbitro delle competizioni agonistiche!

E’ altresì necessario specificare che non tutte le condotte lesive dell’onore sono configurabili come oltraggio.

Rispetto alla fattispecie previgente, mutano alcuni dei presupposti della condotta incriminata e si restringe l’area di punibilità.

Interpretazione della Suprema Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione, infatti, più volte invocata a far chiarezza, ha precisato che, affinché si configuri il reato di oltraggio, è necessario che ricorrano determinate condizioni:

  • l’offesa deve essere posta in luogo pubblico o aperto al pubblico;
  • la condotta offensiva deve essere messa in atto dinanzi ad una pluralità di persone;
  • la frase rivolta nei confronti del Pubblico Ufficiale deve contenere parole offensive che assumano una valenza denigratoria;
  • l’offesa non deve avvenire in modalità telematica o telefonica;
  • l’offesa deve avvenire nello stesso momento in cui il Pubblico Ufficiale stia esplicando l’esercizio delle proprie funzioni.

La nuova configurazione dell’oltraggio richiede, ai fini della costituzione del reato, l’esistenza di un nesso funzionale di contestualità tra l’atto di ufficio compiuto e l’offesa arrecata.

La norma, afferma la Suprema Corte in una pronuncia del 2015, delinea una figura di illecito caratterizzata da “un mutato ambito oggettivo, per l’inserimento nella fattispecie di presupposti fattuali qualificanti la condotta ed indicativi del fatto che ciò che viene riprovato dall’ordinamento non è la mera lesione in sé dell’onore e della reputazione del pubblico ufficiale, quanto la conoscenza di tale violazione da parte di un contesto soggettivo allargato a più persone presenti al momento dell’azione, da compiersi in un ambito spaziale specificato come luogo pubblico o aperto al pubblico e in contestualità con il compimento dell’atto dell’ufficio ed a causa o nell’esercizio della funzione pubblica”[1].

A confermare l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione, viene emessa, nello stesso 2015, una sentenza dalla Sezione Penale del Tribunale di Campobasso [2], in composizione monocratica, ove si afferma che si configura il reato di oltraggio a pubblico ufficiale qualora i fatti offensivi ed ingiuriosi erano perpetrati “in presenza di più persone” ed il fatto si era consumato “in luogo pubblico o aperto al pubblico”. Nella sentenza si evince, inoltre, che  il reato non si sarebbe configurato se una reazione genericamente minatoria e l’espressione dei sentimenti ostili fossero stati tali da non prospettare alcun tipo di riparazione per danno ingiusto.

Ed è proprio il comma 3 dell’art. 341 bis c.p.  che introduce la c.d. “riparazione del danno” nel reato di oltraggio a Pubblico Ufficiale, quale speciale causa di estinzione del reato, che, tuttavia non costituisce un argomento “nuovo”, infatti il Tribunale molisano aveva già dato una definizione esaustiva della fattispecie di cui all’art. 341 bis c.p. 3 co. ed aveva precisati gli effetti, anche sul fronte della riparazione del danno.

L’art. 341 bis novellato dalla legge n. 94 del 2009 afferma che:  “ove l’imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell’ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto”.

La riparazione del danno

Il tema della riparazione del danno è un tema che viene attentamente esaminato dalla Sentenza n. 1648/2018 del Tribunale di Agrigento.

Nel caso di specie, l’imputato, in luogo pubblico ed in presenza di altre persone, offendeva l’onore di un Brigadiere e un Appuntato dei Carabinieri mentre compivano un atto del loro ufficio.

In un primo momento, l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, a titolo simbolico di risarcimento del danno,  offriva la somma di euro 30 all’Arma dei Carabinieri.

Seppur trattasi una cifra – per l’appunto simbolica – la stessa veniva parametrata alla condizione economica in cui versava la famiglia dello stesso.  Alla somma, pagata tramite un bonifico bancario,  così come attestato dalle prove allegate agli atti nel fascicolo di ufficio, seguiva una pubblica lettere di scuse.

L’estinzione del reato a seguito del risarcimento del danno è dunque prevista dall’ordinamento ma solo nei casi che prevedono l’offesa nei confronti di una persona fisica[3]. Tale estinzione presuppone la restituzione, qualora possibile, e il risarcimento, purchè eliminino le conseguenze dannose o pericolose del reato. E’ altresì vero che il reato si estingue soltanto dopo aver sentito la persona offesa, se e soltanto se “l‘offerta sia idonea a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione”[4].

Il Tribunale di Agrigento ha ritenuto integrata la causa estintiva prevista dal terzo comma dell’art. 341 bis c.p. in quanto l’imputato provvedeva alla riparazione integrale del danno.

Di conseguenza dichiara, con sentenza, di non doversi procedere nei confronti dell’imputato.

La decisione è la conclusione di due argomentazioni effettuate dal giudice in sede di dibattimento.

In primis, il giudice prende in considerazione l’operatività della causa di estinzione del reato in base al momento processuale in cui avviene il risarcimento. Il giudice, nel verificare la data del bonifico, si rende conto di come la riparazione sia avvenuta prima del giudizio, così come richiesto dal terzo comma dell’art. 341 bis c.p. .

In secundis il Tribunale, nell’esaminare le condotte riparatorie dell’imputato, ha osservato che la riparazione può constare anche di un risarcimento simbolico, ciò che conta è la condotta riparatoria di ordine morale[5].

Il Giudice, nel caso di specie, prima di emettere la sentenza di non a luogo a procedere ha effettuato una serie di combinati disposti tra gli articoli del codice penale attraverso un’interpretazione estensiva degli stessi, affermando che:

  • il combinato disposto degli artt. 341 bis c.p. e 62 n. 6 c.p[7]. fa sì che il momento esatto nel quale porre in essere la condotta riparatoria è lo stesso previsto dalla circostanza attenuante. La Suprema Corte di Cassazione, in delle sue pronunce, ha affermato che la fattispecie prevista dall’art. 62 n.6 c.p.ricorre solo se il risarcimento del danno avvenga in un momento antecedente rispetto all’apertura del dibattimento[6];
  • il risarcimento versato prima del giudizio è l’indice di una spontanea volontà riparatoria che legittima, per l’effetto, una diminutio della pena irrogabile[8];
  • si parla di un mero “effetto estintivo, effetto che viene considerato nella sua portata oggettiva senza tener conto dei profili psicologici-motivazionali“[9];
  • la stessa giurisprudenza di legittimità reputa che l’imputato sia ancora in termini per provvedere al risarcimento del danno o per presentare un’offerta reale ex art. 1209 c.c. anche prima dell’instaurazione del giudizio d’appello[10] e, pertanto, non viene espropriato della propria facoltà seppur compatibilmente alle esigenze dettate dalla ragionevole durata del processo [11] e dalle tempistiche delle impugnazioni.

L’art. 341 bis c.p., però, nel prendere in considerazione il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, non quantifica la condotta riparatoria.

La riparazione va ben oltre il concetto del mero risarcimento inteso come ristoro patrimoniale per danno subito. Il risarcimento del danno, sotto forma di datio in solutum, è solo uno dei modus attraverso il quale dare origine alla condotta riparatoria[12].  Nel caso di specie, il Tribunale di Agrigento nota come potrebbe configurarsi una potenziale applicazione incostituzionale della norma sotto “il profilo della irragionevolezza, laddove l’estinzione di tale reato fosse subordinata esclusivamente  ad una prestazione di tipo risarcitorio patrimoniale, considerata la natura plurioffensiva della fattispecie di cui all’art. 341 bis c.p., in cui, accanto all’onore e al prestigio del pubblico ufficiale soggetto passivo del reato vengono tutelati anche il prestigio della pubblica amministrazione e il regolare svolgimento della funzione, in alcun modo ristorati da un risarcimento esclusivamente patrimoniale”[13].

In sintesi, si configurerebbe la condotta riparatoria in quanto la riparazione è composta anche da un risarcimento patrimoniale “simbolico”, ovvero il pentimento.

La riparazione deve riguardare la persona offesa tout court e l’ente di appartenenza della stessa, seppur il risarcimento rivolto a ciascuna delle due classi soggettive può presentarsi sotto diverse forme.

Infine, da un punto di vista processuale, è stato confermato l’orientamento della Suprema Corte secondo il quale, in qualunque momento del processo – qualora sia palese l’esistenza di una causa di estinzione del reato – vada dichiarato il non doversi procedere, senza procedere alla valutazione circa la possibilità di un’assoluzione ex art. 530 c.p.p. [14].

 

Fonte immagine: www.studiocataldi.it

Per leggere la Sentenza del Tribunale di Agrigento consulta il link http://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2019/01/trib-agrigento.pdf

[1] C. Cass. n. 15367/2014.

[2] Trib. di Campobasso, sentenza n. 658/2016.

[3] D.lgs. 28.8.2000 n. 274 –  (Reati di competenza del Giudice di Pace)

[4] art. 35 d.lgs. 28.8.2000 n. 274

[5] F. Dallabona, La riparazione del danno nel reato di oltraggio a pubblico ufficiale in una recente sentenza di merito, in Giurisprudenza Penale Web, 2019, 1

[6] C. Cass. n. 135/2015.

[7] art. 62 n. 6 c.p. è “ravvisabile solo se l’azione diretta ad attenuare le conseguenze dannose o pericolose è spontanea (oltreché efficace), cioè determinata da motivi interni all’agente e non influenzata in alcun modo da fattori esterni che operino come pressione sulla spinta psicologica”

[8] C. Cass., Sez. I, 7 ottobre 2010, n. 40993.

[9] Trib. di Agrigento, sent. n. 1648/2018.

[10] C. Cass., Sez. Vi, n.49544/2014.

[11] art. 111 Cost.

[12] E. Mattevi, Una giustizia più riparativa, Mediazione e riparazione in materia penale, Collana della Facoltà di Giurisprudenza, 14, Trento, 2017

[13]Trib. di Agrigento, sent. n. 1648/2018, supra.

[14] art. 530 c.p.p. :

1. Se il fatto non sussiste, se l’imputato non lo ha commesso se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un’altra ragione, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione indicandone la causa nel dispositivo.

2. Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile.

3. Se vi è la prova che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causa personale di non punibilità ovvero vi è dubbio sull’esistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione a norma del comma 1.

4. Con la sentenza di assoluzione il giudice applica, nei casi previsti dalla legge, le misure di sicurezza.

Maria Elena Orlandini

Avvocato, finalista della II edizione della 4cLegal Academy, responsabile dell'area Fashion Law e vice responsabile dell'area di Diritto Penale di Ius in itinere. Maria Elena Orlandini nasce a Napoli il 2 Luglio 1993. Grazie all’esperienza di suo padre, fin da piccola si appassiona a tutto ciò che riguarda il diritto penale, così, conseguita la maturità scientifica, si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza presso l'Università degli Studi del Sannio. Si laurea con 110 e lode il 20 Marzo 2018 con una tesi dal titolo "Mass Media e criminalità" seguita dai Proff. Carlo Longobardo e Prof. Felice Casucci, in cui approfondisce il modus attraverso il quale i social media e la tv siano in grado di mutare la percezione del crimine nella società. Nel 2019 ha conseguito con il massimo dei voti il Master di II livello in Giurista Internazionale d'Impresa presso l'Università degli Studi di Padova - sede di Treviso, specializzandosi in diritto penale dell'economia, con una tesi dal titolo "Il reato di bancarotta e le misure premiali previste dal nuovo Codice della Crisi di Impresa", sotto la supervisione del Prof. Rocco Alagna. Nel giugno 2020 ha superato il corso di diritto penale dell'economia tenuto dal Prof. Adelmo Manna, professore ordinario presso l'Università degli Studi di Foggia, già componente della commissione che ha varato il d.lgs. 231/2001. All'età di 27 anni consegue l'abilitazione all'esercizio della professione forense presso la Corte d'Appello di Venezia. Dal 2019 segue plurimi progetti legati al Fashion Law e alla proprietà intellettuale, prediligendone gli aspetti digital in tema di Influencer Marketing. Nel 2020 viene selezionata tra i cinque giovani talenti del mercato legale e partecipa alla seconda edizione della 4cLegal Academy, legal talent organizzato dalla 4cLegal, visibile sul canale BFC di Forbes Italia, su Sky. Nel 2022 si iscrive al corso di aggiornamento professionale in Fashion Law organizzato dall'Università degli Studi di Firenze. Passione, curiosità, empatia, capacità di visione e self control costituiscono i suoi punti di forza. Collabora per le aree di Diritto Penale e Fashion Law & Influencer marketing di Ius in itinere. email: mariaelena.orlandini@iusinitinere.it

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