venerdì, Marzo 29, 2024
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La risoluzione delle dispute nel Regno Unito post-Brexit: navigando di bolina (Parte II)

Nella Parte I si è cercato di analizzare le conseguenze e le implicazioni della ricca e multiforme partitura del paesaggio post-Brexit attinente alla risoluzione delle dispute con riguardo alla legge applicabile, al regolamento Bruxelles I bis, alla Convenzione di Lugano e alla Convenzione dell’Aja del 2005. Si proverà ora a sfogliare rapidamente le tematiche riguardanti la common law, i trattati bilaterali, le anti-suit injunction e l’arbitrato. Di seguito, a titolo esplicativo, un diagramma riassume i diversi regimi sull’esecuzione delle sentenze nell’epoca post-Brexit:

Un breve sguardo alla Common Law

La normativa sull’esecuzione delle sentenze straniere è sostanzialmente simile in ciascuna delle tre giurisdizioni del Regno Unito (Inghilterra e Galles, Scozia e Irlanda del Nord). Tuttavia, ogni giurisdizione ha un sistema giudiziario separato: la procedura giudiziaria per l’esecuzione di sentenze straniere differisce, pertanto, in ogni giurisdizione. Di seguito si darà un breve sguardo agli aspetti procedurali da tenere a mente in Inghilterra e Galles. Si tenga a mente che la legislazione riguardante l’esecuzione delle sentenze nel Regno Unito si compone di diversi regimi derivanti da trattati bilaterali e multilaterali, dai statutary regimes e dalla common law[1].

Salvo quanto detto sopra, dal 1° gennaio 2021 i tribunali inglesi possono applicare le proprie norme nazionali di giurisdizione anche agli imputati domiciliati nell’Unione, ad esempio sulla base della presenza temporanea in Inghilterra e Galles, poiché non troveranno più applicazione gli artt. 4 e 5 Bruxelles I bis. Allo stesso modo, gli imputati domiciliati in Inghilterra potranno essere soggetti alle norme domestiche in materia di giurisdizione dei vari Stati membri dell’Unione (per quanto attiene all’Italia si veda l’art. 3(2) della l. n. 218 del 1995 la quale rimanda, nazionalizzandoli, ai regolamenti Bruxelles I e I bis, sezioni 2,3,4 del Capo II[2]).

In Inghilterra e nel Galles, a meno che la causa non rientri nella Convenzione dell’Aja del 2005 sulla scelta del foro, la competenza giurisdizionale dipende principalmente dal fatto che al convenuto possa essere notificato un atto giudiziario all’interno della giurisdizione inglese o, con il permesso del tribunale, al di fuori della giurisdizione stessa. Anche la semplice presenza temporanea in Inghilterra di una persona, domiciliata altrove, può essere sufficiente per essere served with a claim. Anche una società straniera che svolge una qualsiasi attività in Inghilterra è considerata presente nella giurisdizione inglese potendo essere citata in giudizio, mentre l’art. 63 Bruxelles I bis considera una società domiciliata nel luogo dove abbia la sede statutaria, la sua amministrazione centrale o il suo centro di attività principale. Per ottenere questo permesso, dovrà essere provato in generale l’esistenza di un good arguable case affinché ogni reclamo rientri in almeno uno dei gateway giurisdizionali presenti nel paragrafo 3.1 della Practice Direction 6B delle Civil Procedure Rules (CPR), i quali servono a stabilire un collegamento tra il reclamo e la giurisdizione del Regno Unito. Ad esempio, essere parte di un contratto disciplinato dal diritto inglese, o che è stato concluso o violato in Inghilterra, può essere sufficiente. Allo stesso modo, può esserlo compiere un atto o non riuscire a compierlo in Inghilterra (si pensi ad un mancato pagamento). Se una parte subisce un danno significativo in Inghilterra, può citare in giudizio la controparte per tutti i danni subiti, ovunque si siano verificati.

Il paragrafo 3.1 riporta che: “The claimant may serve a claim form out of the jurisdiction with the permission of the court under rule 6.36 where… a claim is made for a remedy against a person domiciled within the jurisdiction; a claim is made for an injunction(GL) ordering the defendant to do or refrain from doing an act within the jurisdiction; there is between the claimant and the defendant a real issue which it is reasonable for the court to try; a claim is an additional claim under Part 20 and the person to be served is a necessary or proper party to the claim or additional claim; a claim is made in respect of a contract where the contract was made within the jurisdiction; a claim is made in respect of a breach of contract committed within the jurisdiction; a claim is made in tort where damage was sustained, or will be sustained, within the jurisdiction; a claim is made to enforce any judgment or arbitral award[3]” etc… La lista seppur tassativa è molto lunga[4].

Data l’ampia portata delle norme inglesi in materia di giurisdizione, la dottrina del forum non conveniens svolge un ruolo decisivo nel garantire che le controversie procedano nel foro più appropriato. Tale dottrina è uno strumento – il quale non si ritrova propriamente nel regolamento Bruxelles I bis (si veda il caso Owusu v. Jackson e Vedanta Resources Plc v. Lungowe) improntato ad un sistema di civil law facente perno nel giudice precostituito (ad eccezione dell’art. 15 del regolamento Bruxelles 2 bis relativo al legame particolare del minore) – che potrebbe invitare i tribunali inglesi a rigettare, qualora convenga, i procedimenti che abbiano un maggiore collegamento con altri paesi (si pensi allo sbarramento delle class action internazionali rivolte alle società madri di gruppi multinazionali domiciliate nel Regno Unito).

Le common law rules attinenti al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni si applicano qualora la giurisdizione di origine non disponga di trattati applicabili con il Regno Unito o in assenza di uno statuto britannico applicabile.

In base alla common law, una sentenza straniera non è direttamente esecutiva nel Regno Unito ma sarà concepita, invece, come fonte/causa di un debito contrattuale tra le parti. Il creditore dovrà avviare un reclamo nei tribunali inglesi in conformità con la Part 7 delle Civil Procedure Rules[5], al fine di ottenere una sentenza inglese (di solito sarà possibile richiedere un giudizio sommario ai sensi del Part 24 delle CPR)[6]. La sentenza così ottenuta sarà esecutiva allo stesso modo di qualsiasi altra sentenza di un tribunale britannico.

Tuttavia, le common law rules non verranno prese in considerazione quando troveranno applicazione gli United Kingdom statutes attinenti alle sentenze emesse da giurisdizioni specifiche che hanno determinate relazioni con il Regno Unito[7]. Ne fanno parte l’Administration of Justice Act 1920[8] (AJA 1920) – originariamente emanato per coprire i domini e i territori della Corona nel Commonwealth (esclusi il Sud Africa e Gibilterra) –, il Foreign Judgments (Reciprocal Enforcement) Act 1933[9] (FJA 1933) – che si applica alle sentenze di giurisdizioni specifiche che offrono un trattamento reciproco rispetto alle sentenze pronunciate nel Regno Unito – e il Civil Jurisdiction and Judgments Act 1982[10] (CJJA 1982) – che ha incorporato nel diritto britannico la Convenzione Aja 2005 e prima, ma ormai non più, anche le convenzioni Bruxelles e Lugano.

Orbene, per le sentenze che rientrano nell’ambito dell’AJA 1920, dell’FCA 1933 o della Convenzione Aja 2005, il processo per ottenere il riconoscimento e l’esecuzione di una sentenza straniera è descritto in dettaglio dal Part 74 delle Civil Procedure Rules[11]. Il Part 74 I, intitolato Enforcement in England and Wales of judgments of foreign courts disciplina, tra le tante: applications for registration, registration orders, applications to set aside registration, refusal of recognition or enforcement under the Judgments Regulation, appeals, enforcement e recognition.

Ai sensi dell’AJA 1920, FJA 1933 e CJJA 1982 le sentenze straniere devono essere registrate al fine del riconoscimento nel Regno Unito prima di essere rese esecutive – laddove l’effetto della registrazione di una sentenza straniera è essenzialmente quello di renderla equivalente ad una sentenza dei tribunali britannici. Tale procedura offre al convenuto la possibilità di opporsi o di presentare ricorso contro la registrazione per motivi limitati. Una volta che la sentenza è stata registrata sarà eseguita come lo sarebbe una sentenza emessa dal Regno Unito attraverso l’applicazione della common law route[12]. La High Court of England and Wales è il tribunale competente per presentare una domanda di riconoscimento e di esecuzione di una sentenza straniera con il supporto di prove scritte. La domanda deve comprendere, tra l’altro, una copia verificata o autenticata della sentenza e una traduzione certificata (se necessario).

Differente, conviene ricordarlo, è l’art. 36 Bruxelles I bis, secondo cui la decisione emessa in uno Stato membro è riconosciuta in un altro Stato membro senza che sia necessario il ricorso ad alcuna procedura particolare. Il riconoscimento avviene in virtù di un fatto normativo, ope iuris, anziché giudiziario, ope judicis[13]. Inoltre, la decisione emessa in uno Stato membro, esecutiva in tale Stato, è altresì esecutiva negli altri Stati membri senza che sia richiesta una dichiarazione di esecutività (art. 39) purché il richiedente fornisca all’autorità competente incaricata i documenti previsti dall’art. 42. Il riconoscimento della decisione sarà negato qualora l’istanza della parte interessata riguardi le ipotesi dell’art. 45.

Ai fini del riconoscimento e dell’esecuzione, mentre secondo le common law rules la sentenza deve essere definitiva tra le parti per una somma monetaria determinata, il FJA 1933, Section 1(2)(b), comprende le sentenze o le ordinanze emesse da un tribunale riconosciuto in procedimenti civili “final and conclusive” per una somma di denaro a titolo di risarcimento purché non si tratti di una tassa, di un’ammenda o di una sanzione[14]. In generale, le sentenze straniere non monetarie sono esecutive nel Regno Unito solo se rientrano nel regime della Convenzione dell’Aja del 2005. Invece, ai sensi dell’art. 28 Bruxelles I bis la decisione, a prescindere dalla denominazione usata dal giudice d’origine, è intesa come qualsiasi decisione emessa da un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro, compresi un decreto, un’ordinanza, una decisione o un mandato di esecuzione. Una decisione ex art. 28 Bruxelles I bis comprende anche i provvedimenti provvisori e cautelari emessi da un’autorità giurisdizionale competente a conoscere nel merito. La Convenzione Aja 2005 all’art. 7, all’opposto, indica che i provvedimenti cautelari non sono disciplinati dalla presente convenzione.

Per quanto riguarda ai tempi attinenti all’esecuzione di una sentenza straniera, la normativa europea non impone nessun limite di tempo, salvo che la sentenza sia esecutiva nello Stato membro d’origine, in quanto autorità ed efficacia delle sentenze straniere risalgono alla data in cui hanno iniziato ad esplicarsi nello Stato d’origine  (come anche previsto dall’art. 8(3) della Convenzione dell’Aja). La Section 4B del Civil Jurisdiction and Judgments Act 1982[15] (cioè la legislazione nazionale di attuazione della Convenzione Aja) stabilisce, invece, che una sentenza cui si applica la Convenzione debba essere registrata senza indugio. La Section 2(1) della FJA 1933[16] prevede che si debba presentare una domanda di registrazione entro sei anni dalla sentenza straniera o, se la sentenza è stata impugnata, dalla data della sentenza nell’ultimo procedimento estero. Il medesimo termine si ritrova nella Section 24(1) del Limitation Act 1980[17], stabilendo che un’azione per l’esecuzione di una sentenza straniera ai sensi delle norme di common law deve essere avviata entro sei anni dalla data in cui la sentenza straniera è diventata esecutiva[18].

Trattati bilaterali

Il Regno Unito mantiene una serie di trattati pre-Bruxelles con alcuni Stati membri dell’Unione Europea e dell’EFTA, i quali sono stati incorporati dalla legge inglese in base al Foreign Judgments Act 1933 (visto in precedenza). Prima di aderire all’Unione, il Regno Unito ha stipulato dei trattati bilaterali per il reciproco riconoscimento ed esecuzione delle sentenze in materia civile con alcuni Stati europei, ad esempio con la Francia nel 1934, la Germania nel 1961, l’Austria nel 1962, l’Italia nel 1964 e l’Olanda nel 1969. Nonostante queste convenzioni siano state sostituite in passato dalle norme europee e non vengano applicate dal 1987, sono ancora in vigore e troveranno applicazione laddove non si rientri nell’ambito della Convenzione Aja 2005[19].

Gli accordi relativi all’applicazione del trattato bilaterale del 1961 con la Norvegia sono stati rinnovati mediante il Reciprocal Enforcement of Foreign Judgments Order 2020/1338[20], entrato in vigore il 31 dicembre 2020. Questa ordinanza fa riferimento a un accordo tra il Regno Unito e la Norvegia concluso il 13 ottobre 2020 che mira, essenzialmente, ad aggiornare i riferimenti obsoleti del tratto del 1961, escludendo il ricorso alla common law per l’esecuzione delle sentenze pecuniarie dei tribunali norvegesi in attesa del rientro del Regno Unito nella Convezione di Lugano. Più precisamente, all’art. 2(2) dell’Agreement[21] è indicato che: “The Parties shall continue to apply the rules of the Lugano Convention 2007 concerning recognition and enforcement of judgments, to the same extent that those rules applied immediately before the Lugano Convention 2007 ceased to apply to the United  Kingdom  and  subject  to  the  same  limitations  set  out  therein,  to  judgments given in proceedings that were instituted in a court of one of the Parties before the Lugano Convention 2007 ceased to apply between the Parties”.

Per quanto attiene all’Italia, i rapporti bilaterali con il Regno Unito sono regolati dalla legge 18 maggio 1971 intitolata “Ratifica ed esecuzione della convenzione tra l’Italia e la Gran Bretagna sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni giudiziarie in materia civile e commerciale e del protocollo di emendamento, conclusi a Roma rispettivamente il 7 febbraio 1964 ed il 14 luglio 1970”.  L’art. I (2) del trattato bilaterale attiene alle definizioni e precisa che “la parola sentenza designa ogni decisione dell’Autorità Giudiziaria comunque denominata (sentenza, ordinanza e simili), che stabilisce in modo definitivo i diritti delle parti in causa, anche se soggetta tuttavia a gravame”. Inoltre, l’art. V riporta che “le sentenze in materia civile e commerciale pronunziate nel territorio di una delle Alte Parti Contraenti sono rese esecutive nel territorio dell’altra nel modo previsto dagli articoli VI, VII e VIII… se la sentenza sia di condanna al pagamento di una somma in denaro”. Questi aspetti rappresentano un’importante limitazione rispetto alle regole Bruxelles. Per quanto attiene, invece, al riconoscimento delle sentenze, l’art. III prende in considerazione tutte le cause civili salvo alcuni motivi di rifiuto tassativamente elencati. Infine, conformemente alla legislazione britannica (FJA 1933) l’art. VI riporta che “affinché la sentenza di una Corte o Tribunale della Repubblica Italiana sia resa esecutiva nel Regno Unito il vincitore deve presentare istanza per la registration della stessa, unitamente ad una copia autentica della sentenza pronunziata dalla Corte o dal Tribunale di origine[22], escludendo così il semplice ricorso alla common law.

Anti-Suit Injunction

Attualmente non vi è un dovere assoluto per gli Stati membri di rispettare le clausole attinenti alla giurisdizione inglese che esulano dal campo di applicazione della Convenzione Aja del 2005. L’art. 33 Bruxelles I bis consente ai giudici degli Stati membri di sospendere un procedimento a favore di uno Stato non membro (il Regno Unito) solo se i giudici dello Stato terzo sono aditi per primi. Nonostante ciò, lo Stato membro detiene un’ampia discrezionalità ai fini della sospensione o meno del procedimento.

Nell’ordinamento inglese, il diritto di richiedere una anti-suit injunction è incluso nella Section 37 del Senior Courts Act 1981. Qualora una parte intenda avvalersi di questo strumento identificabile come un provvedimento cautelare di carattere inibitorio, il giudice inglese può vietare a un soggetto convenuto in un procedimento pendente davanti a lui di iniziare o proseguire una causa in un altro Stato.

Se da un lato vi è la possibilità che, al fine di ostacolare un procedimento di tipo arbitrale, vengano lanciate torpedo actions mediante la proposizione di azioni presso i giudici statali competenti in forza della normativa comunitaria, dall’altro i giudici britannici, frequentemente interessati dai procedimenti arbitrali, utilizzeranno le anti-suit injunctions al fine di tutelare la propria competenza.

Prima della Brexit, le limitazioni ai poteri dei tribunali inglesi di concedere le anti-suit injunctions erano ben comprese. Nel caso West Tankers[23] la CGUE ha stabilito che i provvedimenti inibitori connessi al procedimento giudiziario erano incompatibili con il regolamento Bruxelles I, affermazione già espressa in relazione alla Convenzione di Bruxelles nel caso Turner[24]. In tale occasione la CGUE ha ricordato che, seppur a prima vista una anti-suit injunction non può rientrare nell’ambito di applicazione del regolamento n. 44/2001[25], qualora ciò impedisca ad un giudice di uno Stato membro di esercitare le competenze che gli sono attribuite in forza del regolamento europeo risulterebbe violato quel funzionamento armonioso della giustizia nello spazio giuridico comunitario. In Gazprom[26] la CGUE, adottando un approccio più flessibile, ha concluso che il regolamento Bruxelles I non preclude ai giudici degli Stati membri di riconoscere e far rispettare la sentenza volta a concedere una anti-suit injunction. Dal punto di vista britannico, invece, la High Court inglese ha ritenuto nella sentenza Nori Holding[27] che la posizione espressa in West Tankers dalla CGUE fosse da ritenere applicabile al più recente regolamento Bruxelles I bis[28].

Nell’epoca post-Brexit, ai sensi della Section 6(7) del EUWA 2018, il caso West Tankers ha assunto lo stato di retained EU case law[29]. Tuttavia, la Section 6(4)[30] chiarisce che né la Supreme Court né la Court of Appeal sono vincolate dal retained EU case law. Pertanto, queste ultime corti possono potenzialmente discostarsi dal caso West Tankers e così resuscitare le anti-suit injunctions. Di conseguenza, dal momento che la Supreme Court e la Court of Appeal vincolano tutti i tribunali inferiori, qualora queste si dovessero discostare dal caso West Tankers, la High Court sarebbe tenuta a percorrere la medesima via. La decisione della High Court nel caso Nori Holding, sebbene persuasiva, non è vincolante per gli altri giudici, anche se saranno necessarie buone ragioni per persuaderli a discostarsi da tale decisione. Tale situazione spiana la strada, di fatto, al ritorno all’applicazione delle anti-suit injunction, smarcate dalla giurisprudenza della CGUE e quindi dai limiti imposti dalla reciproca fiducia tra gli Stati membri[31] (una mutua fiducia che pare, invece, essere solo parziale nella Convenzione della Aja 2005).

A fronte di tale eventualità, gli Stati membri europei sembrano ormai pronti a controbattere con la stessa arma: le c.d. anti-anti suit injunctions. Nel 2019 la Higher Regional Court Munich ha adottato la prima anti-anti-suit injunction della storia tedesca nel caso Continental v. Nokia[32], proibendo a Continental di perseguire ulteriormente una anti-suit injunction contro Nokia negli Stati Uniti. Nel 2020, il French Tribunal de Grande Instance ha ordinato a Lenovo, con il medesimo strumento, di ritirare una anti-suit injunction negli Stati Uniti nel caso IPCom v. Lenovo[33].

Questa improvvisa avversione europea contro l’extraterritorialità e l’interferenza nei procedimenti giudiziari all’estero troverebbe giustificazione nella mera reazione legittima ad una anti-suit injunction: come potrebbero essere le anti-anti-suit injunctions illegali ai sensi del diritto internazionale pubblico quando i tribunali anglosassoni le hanno emesse fin dal sedicesimo secolo? Le altre corti europee potrebbero, seguendo l’esempio dato dalle controparti tedesca e francese e iniziando dalle anti-anti suit injunctions, finire per abbracciare la prassi delle anti-suit injunctions. Inoltre, se questo strumento diventasse maggiormente comune in Europa, tale fenomeno incoraggerebbe i tribunali arbitrali ad utilizzarlo parallelamente a loro volta e, potenzialmente, coniare  delle anti-anti-anti suit injunctions da parte delle corti statunitensi e britanniche.[34]

È altresì rilevante sottolineare che per quanto attiene al principio del forum non conveniens, i tribunali inglesi, in assenza di motivi eccezionali ed imprevisti, difficilmente sospenderanno il procedimento avviato in Inghilterra post-Brexit; né, tantomeno, sarà declinata la giurisdizione qualora vi siano procedimenti paralleli dinanzi ai giudici di uno Stato membro UE, anche se questi ultimi fossero stati avviati per primi.

Per di più, dal 1° gennaio 2021, qualora venga avviato un procedimento in violazione di una disposizione contrattuale che prevede la competenza esclusiva dei giudici inglesi, laddove il contratto sia governato dalla legge inglese, potranno essere avanzate claims for damages sia nei confronti della controparte sia nei confronti degli avvocati per tort of inducing the breach (si veda il caso AMT Futures Ltd v. Boural & Ors[35]). Il risarcimento dei danni potrebbe in linea di principio estendersi a tutte le perdite subite dal ricorrente a causa della violazione dal parte del convenuto dell’accordo sulla giurisdizione, potenzialmente includendo le spese del procedimento estero, nonché qualsiasi importo che il ricorrente è condannato a pagare dal giudice straniero. Il risarcimento di danni esaminandi è stato riconosciuto dalla common law dal 1928 (Ellerman Lines v. Read and Others), anche nei casi rientranti nei regimi giurisdizionali europei (Starlight Shipping Co v Allianz Marine & Aviation Versicherungs AG e Barclays Bank v ENPAM).

Arbitrato e ISDS

Indipendentemente dalla Brexit, il Regno Unito e i rimanenti Stati membri continueranno ad essere parte della Convenzione di New York sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere, attuata in UK attraverso l’Arbitration Act del 1996. Di conseguenza, le clausole arbitrali saranno reciprocamente rispettate e i lodi arbitrali continueranno ad essere esecutivi in 165 paesi. Dal punto di vista del merito, l’arbitrato potrebbe essere una soluzione consona qualora le parti non vogliano deferire la giurisdizione esclusiva ai tribunali inglesi ma reputino essenziale l’applicazione della legge inglese per l’equilibrio del rapporto (ad esempio al fine di restringere l’applicazione di alcuni effetti tipici delle normative di civil law). Oltre ad escludere potenziali panorami in cui corti straniere debbano decidere su questioni fondate sulla normativa britannica, le parti hanno l’opportunità di nominare arbitri con un solido background di common law attraverso una clausola compromissoria, oppure scegliere i servizi di ADR della LCIA (c.d. London Court of International Arbitration) quake istituzione arbitrale considerata affidabile.

Risulta evidente (si veda ad esempio la sentenza Exmek Pharmaceuticals SAC v Alkem Laboratories Ltd del 2015[36]) la posizione pro arbitration dei tribunali inglesi nell’interpretare le previsioni di risoluzione delle dispute confliggenti in modo da dare un chiaro primato all’accordo arbitrale. Ed è proprio alla luce della Brexit che l’operatività dell’art. 32(1) CJJA 1982, secondo cui “a judgment given by a court of an overseas country in any proceedings shall not be recognised or enforced in the United Kingdom if the bringing of those proceedings in that court was contrary to an agreement under which the dispute in question was to be settled otherwise than by proceedings in the courts of that country”, si espanderà al fine di contrastare quegli ordinamenti giuridici che non accordano alle clasuole arbitrali un analago valore rispetto a quello inglese[37]. Inoltre, l’art. 32(3) precisa che i tribunali inglesi non sono vincolati dalle decisioni straniere che ritengono inefficaci delle clausole arbitrali. Sul tema si veda il recentissimo caso Adactive Media Inc v. Ingrouille del 2021, in cui una sentenza californiana non è stata ritenuta esecutiva in Inghilterra in quanto ottenuta in violazione di una clausola arbitrale[38].

Per ciò che riguarda gli arbitrati attinenti alla risoluzione delle dispute sugli investimenti internazionali, il Regno Unito continuerà ad essere parte della Convenzione ICSID, approvata attraverso l’International Investment Dispute Act del 1966. A tale riguardo sarà interessante osservare, in conseguenza dell’uscita del Regno Unito dall’Unione, l’opportunità di ridurre gli effetti sugli investitori con sede nel Regno Unito della sentenza Achmea, relativamente alle clausole arbitrali contenute nei Bilateral Investment Treaties intra-UE, e delle prevedibili future diatribe che fanno perno sull’art. 26 dell’Energy Charter Treaty (per approfondire gli argomenti si vedano questo articolo e quest’altro).

Il TCA lascia irrisolto il destino dei BITs conclusi tra il Regno Unito e 12 Stati membri europei (Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Malta, Romania, Slovacchia, Slovenia e Polonia, quest’ultimo terminato unilateralmente dalla Polonia il 22 novembre 2019 salvo una sunset clause di 15 anni) prima del loro accesso all’Unione. Poiché il Regno Unito non ha firmato l’accordo del 5 maggio 2020 per la risoluzione dei BITs tra Stati membri (c.d. Termination Agreement) e sebbene la Commissione abbia emesso un reasoned opinion contro UK su questo tema[39], questi BITs sono rimasti intatti[40]. In questa direzione è sembrata già muoversi la Corte suprema del Regno Unito nel caso Micula[41], in relazione ad un lodo ICSID reso da un tribunale arbitrale costituito ai sensi del BIT Svezia-Romania del 2002. Essa ha ritenuto che gli obblighi del Regno Unito ai sensi della Convenzione ICSID non potrebbero essere pregiudicati dal dovere di sincera cooperazione dell’UE, in quanto la ratifica della Convenzione ICSID da parte del Regno Unito ha preceduto la sua adesione all’Unione[42].

Evidente è che il TCA non copre esattamente le stesse materie dei BITs, in quanto solamente questi ultimi includono la protezione contro le espropriazioni, il trattamento giusto ed equo, la clausola di full protection and security[43] e dei meccanismi investor-State dispute settlement (ISDS). Al fine di far rispettare le limitate protezioni sostanziali, il TCA risulta carente di rimedi procedurali. Questo accordo non prevede nessuna forma di risoluzione delle dispute investitore-Stato (ISDS). Gli investitori non hanno alcun diritto di presentare reclami né mediante arbitrato né mediante un sistema giudiziario permanente in materia di investimenti. L’art. SERVIN 2.4.4 esplicitamente indica che i meccanismi di ISDS inclusi in altri accordi internazionali conclusi tra l’Unione e il Regno Unito sono esclusi dallo scopo della protezione MFN (“For greater certainty, the “treatment” referred to in paragraphs 1 and 2 does notinclude investor-to-state disputesettlement procedures provided for in other international agreements.”). Per di più, il TCA non ha effetto diretto, con ciò comportando che gli investitori non possono avvalersi direttamente delle garanzie del TCA dinanzi ai giudici nazionali, art. COMPROV 16.1 (“…nothing in this Agreement or any supplementing agreement shall be construed as conferring rights or imposing  obligations  on  persons  other  than  those  created  between  the  Parties under  public international law, nor as permitting this Agreement or any supplementing agreement to be directly invoked in the domestic legal systems of the Parties”). L’applicazione degli standard di protezione avverrà solamente a livello State-to-State attraverso un arbitrato tra Unione e UK, opzione tutt’altro che attraente per la maggior parte degli investitori. Il meccanismo di arbitrato state-to-state prevede un arbitrato ad hoc e le regole procedurali applicabili sono stabilite dal TCA (Part Six e Annex INST). Gli investitori che si trovano ad affrontare misure statali contrarie al TCA dovranno convincere il Regno Unito o l’Unione ad assumere il loro caso dinanzi al tribunale arbitrale. Gli investitori avranno la possibilità di presentare proposte in veste di amicus curiae una volta che l’arbitrato è stato istituito (art. INST.26(3)). Il tribunale arbitrale esamina tali comunicazioni (art. INST.26(3)) ma non è tenuto a trattare le argomentazioni nella sua relazione (Annex INST:Rules of Procedure for Dispute Settlement, para 41). Pur in assenza di un organo di appello, questo procedimento ricorda il processo di risoluzione delle controversie dell’OMC: si tratta di un meccanismo esclusivo, ciò significando che i tribunali dell’Unione e del Regno Unito non avranno alcuna giurisdizione per la risoluzione delle controversie nell’ambito del TCA (art. INST.29(4)).

D’altronde, la mancata enfasi sulla protezione degli investimenti o sulla risoluzione delle dispute attinenti agli stessi è sintomatica del fatto che l’accordo sia stato concluso tra il Regno Unito e l’Unione, senza alcuna partecipazione degli Stati membri. Il TCA si distacca dai recenti trattati conclusi o attualmente in fase di negoziazione da parte dell’Unione (inclusi quelli con il Messico, Canda, Vietnam e Singapore), i quali prevedono dei meccanismi ISDS che l’Unione intende sostituire con un’unica Multilateral Investment Court. L’assenza di un meccanismo ISDS nel TCA è ancora più sorprendente alla luce dell’obiettivo comune da parte dell’Unione e della Cina nel contesto della conclusione in principle del CAI (c.d. Comprehensive Agreement on Investment) il 30 dicembre 2020, indirizzato a “to work towards modernised investment protection standards and a dispute settlement that takes into account the work undertaken in the context of UNCITRAL on a Multilateral Investment Court”.

Conclusioni

Una clausola di giurisdizione esclusiva, limitando le controversie ad una giurisdizione, fornisce una maggiore certezza. La presenza di tale clausola garantirà una maggiore protezione in quanto sarà meno probabile che un giudice di una giurisdizione terza potrà ritenersi competente; inoltre, la Convenzione dell’Aja 2005 trova applicazione esclusivamente in tali circostanze. D’altro canto, se tale opzione non consente alcuna flessibilità, ampia elasticità è offerta, invece, da una clausola di giurisdizione non esclusiva dove le parti hanno la facoltà di rifarsi alla giurisdizione in cui è stabilita la controparte o dove i suoi assets sono localizzati, risolvendo possibili problematiche attinteti all’esecuzione. Tuttavia, post-Brexit, vi è un maggiore rischio di proliferazione di procedimenti paralleli data l’abolizione del regime Bruxelles e l’impossibilità di applicare la Convenzione Aja (anche se quest’ultima può essere estesa alle clausole di competenza non esclusiva, ex art. 22, ma finora nessuno Stato contraente ha esercitato tale facoltà). Medesime considerazioni valgono per le clausole asimmetriche. Alternativamente, nei nuovi contratti, le parti potranno considerare di sottoporre le controversie all’arbitrato attraverso l’inserimento di una clausola contrattuale compromissoria apposita. Difatti, la validità degli accordi arbitrali e la possibilità per le parti di ottenere il riconoscimento e l’esecuzione dei lodi ai sensi della Convenzione di New York, nel Regno Unito o altrove, rimangono impregiudicate dalla Brexit. Ed è proprio attraverso la scelta della sede di arbitrato, rilevante ai fini delle norme statali sulla lex arbitri (cioè nei rapporti tra arbitrato e giudici nazionali), che il Regno Unito potrà continuare a difendere la sua qualifica di arbitration friendly[44].

Seppur l’influenza del diritto europeo sul diritto internazionale privato britannico sia stata evidente e benché siano mantenute in seno al Regno Unito alcune regole europee attinenti alle dispute civili e commerciali – come quelle connesse alla legge applicabile, al regime protettivo in materia di giurisdizione sui contratti di lavoro e quelli conclusi dai consumatori –, il risultato di ciò che è, nei fatti, un no-deal Brexit è chiaro: una progressione arborescente di regole e regimi che farà fatica a dipanarsi. Il rischio è che il processo di esecuzione diventerà meno certo, meno uniforme e probabilmente più costoso, protraendosi per lungo tempo[45]. Si pensi al caso in cui nel Regno Unito vengano emesse delle sentenze contro società aventi i propri assets sparsi per l’Europa: potenzialmente, sarà necessario presentare richieste distinte per il riconoscimento e l’esecuzione in ogni Stato membro UE a seconda della propria normativa. Nel caso dell’Italia bisognerà rifarsi ai criteri stabiliti dall’art. 64 della l. 218/1995 (salvo quanto previsto dall’art. 66 per i provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria). Per di più, si potrebbe assistere all’ampliamento del limite dell’ordine pubblico quale congegno di diritto internazionale privato per servire gli interessi particolari dei singoli Sati.

La conclusione, il 13 ottobre 2020, dell’accordo bilaterale tra la Norvegia e il Regno Unito al fine di riconoscere e applicare le rispettive sentenze potrebbe contrassegnare le anse da seguire per una futura cooperazione transfrontaliera. Un’altra via è rappresentata dagli strumenti internazionali elaborati presso la Conferenza dell’Aja, virtualmente rappresentando uno stimolo ad una maggiore partecipazione degli Stati terzi e di conseguenza una diffusione maggiore di normative uniformi. A tale proposito la Convenzione Aja del 2019 sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze straniere[46] potrebbe essere un buon punto di compromesso. Tuttavia, attualmente le uniche parti firmatarie dell’accordo, non ancora in vigore ai sensi dell’art. 28, sono Ucraina, Uruguay e Israele. Inoltre, questo strumento non è pienamente comparabile ai regimi Bruxelles, Lugano e Aja 2005 in quanto, pur unificando le norme sulla circolazione delle decisioni, non introduce norme uniformi attributive della giurisdizione, lasciando liberi gli Stati contraenti di tracciare come credono l’ambito della giurisdizione dei propri giudici. L’art. 15 chiarisce che nulla impedisce agli Stati contraenti di riconoscere una decisione proveniente da un altro Stato contraente qualora il riconoscimento sia possibile in forza delle pertinenti disposizioni nazionali dello Stato richiesto (e non soddisfi i requisiti indicati dalla Convenzione)[47].

Infine, va ricordato che il regolamento europeo 1393/2007 relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali e il regolamento 1206/2001 attinente alla cooperazione nel settore dell’assunzione delle prove sono sostituiti rispettivamente dalla Convenzione dell’Aja del 1965 e dalla Convenzione Aja del 18 marzo 1970. Le Insolvency (Amendment) (EU Exit) Regulations 2019 revocano l’applicazione del regolamento europeo 2015/848 sulle procedure d’insolvenza transfrontaliere e applicano nel Regno Unito il Cross-Border Insolvency Regulations 2006 (“CBIR”), l’Insolvency Act 1986, la common law e il recente Corporate Insolvency and Governance Act 2020 (“CIGA”). Sono revocati, inoltre, i regolamenti 2201/2003 (Bruxelles II bis) in materia sia matrimoniale che di responsabilità genitoriale e il regolamento n. 4/2009 in materia di obblighi alimentari, sostituiti rispettivamente, per ciò che riguarda alla circolazione delle decisioni, dalla Convenzione Aja del 1° giugno 1970 e dalla Convenzione Aja del 2007[48].

L’adesione alla Convenzione di Lugano potrebbe cambiare drasticamente il panorama evidenziato. Secondo l’art. 72(3) della Convenzione di Lugano “il depositario invita lo Stato interessato ad aderire solo previo consenso unanime delle parti contraenti. Le parti contraenti fanno in modo di acconsentire entro un anno dall’invito del depositario”. La domanda di adesione è stata depositata dal Regno Unito l’8 aprile 2020: ubi commoda, ibi incommoda.

[1] Il Regno Unito non è firmatario della Convenzione dell’Aia sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni straniere in materia civile e commerciale del 1971 e nemmeno della Convenzione dell’Aia sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni straniere in materia civile e commerciale del 2019.

[2] La formula dell’art. 3, a diferenza dell’art. 57, fa propendere per un rinvio mobile operante non più a favore della Convenzione di Bruxelles 1968 ma, bensì, al regolamento Bruxelles I bis.

[3] Disponibile qui: https://www.justice.gov.uk/courts/procedure-rules/civil/rules/part06/pd_part06b#3.1

[4] Allorquando una domanda sia notificata nell’ambito della giurisdizione inglese, il convenuto può cercare di persuadere il giudice a sospendere il procedimento sulla base del fatto che esiste un altro foro disponibile che è chiaramente più appropriato. Nel Civil Jurisdiction and Judgments Act 1982 è indicato che: “Nothing in this Act shall prevent any court in the United Kingdom from staying, sisting, striking out or dismissing any proceedings before it, on the ground of forum non conveniens or otherwise, where to do so is not inconsistent with the 1968 Convention”.

[5] Disponibile qui: https://www.justice.gov.uk/courts/procedure-rules/civil/rules/part07

[6] O. Browne, T. Watret, “Snapshot: bringing a claim for enforcement of a foreign judgement in United Kingdom”, 2020. Disponibile qui: https://www.lexology.com/library/detail.aspx?g=126e04ea-b2a2-4f51-9da8-b6eb0c944a16

[7] Infatti, la Section 6 del 1933 Act indica che: “No proceedings for the recovery of a sum payable under a foreign judgment, being a judgment to which this Part of this Act applies, other than proceedings by way of registration of the judgment, shall be entertained by any court in the United Kingdom”. Inoltre, la Section 34 del 1982 Act prevede che: “No proceedings may be brought by a person in England and Wales or Northern Ireland on a cause of action in respect of which a judgment has been given in his favour in proceedings between the same parties, or their privies, in a court in another part of the United Kingdom or in a court of an overseas country, unless that judgment is not enforceable or entitled to recognition in England and Wales or, as the case may be, in Northern Ireland”.

[8] Disponibile qui: https://www.legislation.gov.uk/ukpga/Geo5/10-11/81/contents

[9] Disponibile qui: https://www.legislation.gov.uk/ukpga/Geo5/23-24/13/contents

[10] Il Civil Jurisdiction and Judgments Act 1982 è il regime pertinente per l’esecuzione delle sentenze dei tribunali della Scozia e dell’Irlanda del Nord in Inghilterra e Galles. Disponibile qui: https://www.legislation.gov.uk/ukpga/1982/27/contents

[11] Disponibile qui: https://www.justice.gov.uk/courts/procedure-rules/civil/rules/part74

[12] Per una trattazione più approfondita vedere P. Doris, D. Tan, “Enforcement of Foreign Judgments in United Kingdom”, 2019 (disponibile qui: https://www.lexology.com/library/detail.aspx?g=ce97f470-c731-4b28-8cb4-8ebfc8368e5d) e O. Browne, T. Watret, “Enforcement of Foreign Judgments, United Kingdom”, 2021 (disponibile qui: https://www.lw.com/thoughtLeadership/enforcement-of-foreign-judgments-2021).

[13] F. Mosconi, C. Campiglio, “Diritto internazionale privato e processuale”, Volume I, p. 298.

[14] Il leading case sull’esecuzione delle sentenze straniere nell’ordinamento inglese è rappresentato dal caso Adams v Cape Industries plc del 1990 (https://www.lawteacher.net/free-law-essays/business-law/adams-v-cape.php). La Corte d’Appello inglese ha stabilito che una sentenza straniera sarà considerata definitiva e vincolante laddove avrebbe impedito alla parte soccombente di intentare un nuovo procedimento nell’ordinamento straniero (Joint Stock Company ‘Aeroflot-Russian Airlines’ v Berezovsky and Glushkov [2014] EWCA Civ 20 .

[15] Disponibile qui: https://www.legislation.gov.uk/ukpga/1982/27/section/4B

[16] Disponibile qui: https://www.legislation.gov.uk/ukpga/Geo5/23-24/13

[17] Disponibile qui: https://www.legislation.gov.uk/ukpga/1980/58/section/24

[18] É bene ricordare, ulteriormente, che secondo la common law, ai fini del riconoscimento e dell’esecuzione di una sentenza straniera, il giudice d’origine deve essere competente in base alle norme di conflitto inglesi (una disposizione simile la ritroviamo nell’art. 64(a) della legge italiana di d.i.pr.), ossia che il debitore è presente nella giurisdizione straniera nel momento in cui il procedimento è stato avviato; è comparso volontariamente nel procedimento estero; ha accettato di sottoporsi alla giurisdizione del giudice d’origine mediante una clausola di giurisdizione esplicita o un accordo di giurisdizione implicito. Inoltre, i tribunali inglesi non emetteranno una sentenza ai fini dell’esecuzione allorquando la sentenza sia ottenuta con frode, sia contraria all’ordine pubblico, alle esigenze di giustizia o per i motivi contenuti nella Section 32(1) del CJJA 1982. Nell’FJA 1933 la semplice presenza non è sufficiente perché un individuo possa essere sottoposto alla giurisdizione del giudice straniero. La persona deve essere residente nel momento in cui il procedimento è stato avviato o avere un place of business nel paese straniero e la causa dell’azione è collegata a tale luogo. L’Act 1933 prevede, inoltre, che il riconoscimento della sentenza straniera non possa sussistere qualora il giudice d’origine non fosse competente, la sentenza sia stata ottenuta con frode, un ricorso sia pendente o destinato ad essere presentato dal debitore, la sentenza sia contraria all’ordine pubblico del Regno Unito, o la sentenza sia volta ad ottenere un risarcimento per danni multipli (inapplicabile ai sensi della Section 5 del Protection of Trading Interests Act 1980). Al contrario, il regolamento Bruxelles I bis sancisce il divieto di controllare la competenza del giudice straniero, salvo le eccezioni al divieto ai sensi dell’art. 35(1). Inoltre, mentre nel regolamento europeo è vietata la revisione del merito della sentenza, è possibile appellare il riconoscimento o l’esecuzione di un giudizio straniero per i soli motivi elencati nell’art. 45. Medesime previsioni si ritrovano nell’art. 8 della Convenzione Aja 2005.

[19] End of transition period guidance: enforcement of foreign judgments, disponibile qui: https://www.lawsociety.org.uk/topics/brexit/end-of-transition-period-guidance-enforcement-of-foreign-judgments

[20] Disponibile qui: https://www.legislation.gov.uk/uksi/2020/1338/made

[21] Disponibile qui: https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/932354/CS_Norway_2.2020_UK_Norway_Agreement_Enforcement_Judgement_Civil_Matters.pdf

[22] Disponibile qui: https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1973-05-18;280

[23] Disponibile qui: http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf;jsessionid=9ea7d2dc30dd873f3e86868e48aaab5d939476a42704.e34KaxiLc3qMb40Rch0SaxyNchn0?text=&docid=72841&pageIndex=0&doclang=EN&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=181423

[24] Disponibile qui: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/ALL/?uri=CELEX%3A62002CJ0159

[25] Per quanto attiene nello specifico agli accordi arbitrali, l’art. 73 Bruxelles I bis, a differenza del regolamento Bruxelles I, dichiara esplicitamente che “il presente regolamento non pregiudica l’applicazione della convenzione di New York del 1958[25]. Sebbene la Convenzione di New York (NYC) non si riferisca esplicitamente alle anti-suit injunctions, è possibile affermare che quest’ultime non siano incompatibili con la prima.

[26] Disponibile qui: http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf;jsessionid=9ea7d0f130da2b3a3f0427d54fd1937cf0776caf6aff.e34KaxiLc3eQc40LaxqMbN4Pb3iSe0?text=&docid=164260&pageIndex=0&doclang=EN&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=412564

[27] Disponibile qui: https://www.bailii.org/ew/cases/EWHC/Comm/2018/1343.html

[28] La High Court in quanto tribunale di primo grado non è vincolato dalle sue precedenti decisioni.

[29] Disponibile qui: https://www.legislation.gov.uk/ukpga/2018/16/section/6

[30] Disponibile qui: https://www.legislation.gov.uk/ukpga/2018/16/section/6

[31] J. Betancourt, “Anti-Suit Injunctions in the EU: Are They Finally Back on the Menu?”, 2021. Disponibile qui: http://arbitrationblog.kluwerarbitration.com/2021/02/12/anti-suit-injunctions-in-the-eu-are-they-finally-back-on-the-menu/

[32] Disponibile qui: https://caselaw.4ipcouncil.com/german-court-decisions/olg-munich-higher-district-court/continental-v-nokia

[33] Disponibile qui:

[34] G. Niehaus, “First Anti-Anti-Suit Injunction in Germany: The Costs for International Arbitration”, 2021. Disponibile qui: http://arbitrationblog.kluwerarbitration.com/2021/02/28/first-anti-anti-suit-injunction-in-germany-the-costs-for-international-arbitration/

[35] Disponibile qui: https://www.bailii.org/ew/cases/EWHC/Comm/2018/750.html

[36] Disponibile qui;

[37] Attraverso il Civil Jurisdiction and Judgments (Amendment) (EU Exit) Regulations 2019 sono stati rimossi dalla Section 32(4) CJJA 1982 i riferimenti al regime Bruxelles e Lugano.

[38] Per approfondire si veda B. Sigler, “Disputes about dispute resolution clauses: keep it simple AdActive Media v Ingrouille”, 2021. Disponibile qui: https://www.shlegal.com/insights/disputes-about-dispute-resolution-clauses-keep-it-simple-adactive-media-v-ingrouille

[39] Disponibile qui: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/inf_20_1687

[40] Sebbene il Regno Unito si sia rifiutato di firmare il Terimination Agreement, la Commissione Europea ha formalmente chiesto al Regno Unito di terminare questi BITs e potrebbe riferire la questione alla CGUE ai sensi dell’art. 87 dell’Accordo di recesso secondo cui “la Commissione europea, quando reputi che il  Regno Unito abbia mancato a  uno degli  obblighi ad esso incombenti in virtù dei trattati o  della parte quarta del presente  accordo prima della fine del periodo di transizione, può adire la Corte di giustizia dell’Unione europea entro quattro anni dalla fine del periodo di transizione nelle modalità stabilite  all’articolo 258 TFUE o, secondo il  caso, all’articolo 108, paragrafo  2, secondo comma, TFUE. Per tali cause è competente la Corte di giustizia dell’Unione europea”.

[41] Disponibile qui: https://www.supremecourt.uk/cases/uksc-2018-0177.html.

[42] G. Croisant, “Micula Case: The UK Supreme Court Rules That The EU Duty Of Sincere Co-operation Does Not Affect The UK’s International Obligations Under The ICSID Convention”, 2020. Disponibile qui: http://arbitrationblog.kluwerarbitration.com/2020/02/20/micula-case-the-uk-supreme-court-rules-that-the-eu-duty-of-sincere-co-operation-does-not-affect-the-uks-international-obligations-under-the-icsid-convention/.

[43] Le protezioni sostanziali degli investimenti sono appena interessate da una garanzia di non discriminazione: la promessa a fornire agli investitori dell’altra parte un trattamento non meno favorevole rispetto a quello concesso ai propri investitori (trattamento nazionale) ex art. SERVIN 2.3 (“Each Party shall accord to investors of the other Party and to covered enterprises treatment no less favourable than that it accords, in like situations, to its own investors and to their enterprises, with respect to theirestablishment and operation in its territory”) o a quello degli investitori di uno Stato terzo (MFN) ex art. SERVIN 2.4 (“Each Party shall accord to investors of the other Party and to covered enterprises treatment no less favourable than that it accords, in like situations, to investors of a third country and to their enterprises, with respect to establishment in its territory”). In netto contrasto con gli accordi CETA, EUSIPA e EUVIPA, il TCA non offre alcuna protezione contro le espropriazioni e nemmeno alcuna garanzia attinente al trattamento giusto ed equo o di full protection and security. Per di più, le poche tutele offerte sono da ricondurre ad una definizione di investitore circoscritta ad operazioni commerciali sostanziali nello Stato d’origine dell’investitore, creando pertanto un ulteriore ostacolo giurisdizionale. Infatti, Il TCA prevede una ristretta definizione di investitore protetto: un “investor of a Party” è definito come una persona fisica o giuridica di una parte che mira a costituire, o ha costituito, un’impresa al fine di creare o mantenere legami economici duraturi nel territorio dell’altra parte. Sono escluse le società di comodo, in quanto le persone giuridiche devono essere impegnate in “susbstantive business operations” nel proprio Stato di origine. (Art. SERVIN.1.2(h)(j)(k)). Inoltre, la protezione degli investimenti del TCA non si applica ai servizi aerei o servizi correlati (con qualche eccezione), ai servizi audiovisivi, al cabotaggio marittimo nazionale e ai trasporti per vie navigabili interne, alle misure relative agli appalti pubblici e alle sovvenzioni (art. SERVIN.1.1(5)-(7)).

[44] Secondo il 2018 International Arbitration Survey le cinque sedi di arbitrato più frequentemente utilizzate dalle parti sono: Londra, Parigi, Singapore, Hong Kong e Ginevra.

[45] Le regole di common law sulla giurisdizione sono cambiate in minima parte dalla fine del diciannovesimo secolo. Le Civil Procedure Rules ritengono irrilevanti fattori sostanziali ben più importanti della semplice notifica dell’atto, come il luogo di esecuzione di un’obbligazione contrattuale, il luogo in cui i beni sono stati consegnati o dove i servizi sono stati prestati, il luogo di commissione di un illecito civile – a tale riguardo si veda gli artt. 7 e 24 Bruxelles I bis attinente all’ambito di applicazione ratione personae.

[46] Disponibile qui: https://www.hcch.net/en/instruments/conventions/full-text/?cid=137

[47] Per un’analisi approfondita vedere P. Franzina, A. Leandro “La Convenzione dell’Aja del 2 luglio 2019 sul riconoscimento delle sentenze straniere: una prima lettura”, 2019. Disponibile qui: http://www.sidiblog.org/2019/07/11/la-convenzione-dellaja-del-2-luglio-2019-sul-riconoscimento-delle-sentenze-straniere-una-prima-lettura/.

[48] Per un’analisi più approfondita vedere A. Davì, A. Zanobetti “Brexit: lo spazio giudiziario europeo in materia civile e commerciale all’alba dell’exit day”, 2019. Disponibile qui: https://www.federalismi.it/ApplOpenFilePDF.cfm?eid=545&dpath=editoriale&dfile=EDITORIALE%5F16022020220023%2Epdf&content=Brexit%3A%2Blo%2Bspazio%2Bgiudiziario%2Beuropeo%2Bin%2Bmateria%2Bcivile%2Be%2Bcommerciale%2Ball%E2%80%99alba%2Bdell%27exit%2Bday&content_auth=%3Cb%3EAngelo%2BDav%C3%AC%2Be%2BAlessandra%2BZanobetti%3C%2Fb%3E

Stefano Mogavero

e-mail: mogaste@gmail.com

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