venerdì, Luglio 26, 2024
Diritto e Impresa

La tutela consumeristica del fideiussore: la recente apertura della Corte di Giustizia

La disciplina di tutela del consumatore si è resa essenziale per evitare forti squilibri tra diritti ed obblighi delle parti di un contratto.

Introdotta nell’ordinamento italiano dalla legge 6 febbraio 1996, n. 52 di recepimento della normativa comunitaria, la novità ha comportato l’inserimento nel Titolo II del Libro quinto del Codice civile di un nuovo Capo, il XVI bis intitolato “Dei contratti del consumatore”. La disciplina è stata poi modificata con l’entrata in vigore del D.Lgs. 206 del 6 settembre 2005, il c.d. Codice del consumo, con cui si è provveduto a riordinare e semplificare la disciplina relativa ai diritti del contraente debole.

Tra i punti cardine della tutela del consumatore sono da rilevarsi le norme sulle clausole abusive introdotte nei contratti stipulati tra professionista e persona fisica che, secondo la definizione mutuata dalla Direttiva 93/13, è “qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale”. Pur non esistendo un’univoca definizione di consumatore, il Codice del consumo recepisce analogamente la definizione predetta nell’art. 3, comma 1°, lett. a) secondo cui è consumatore “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”.

Per qualificare un soggetto come consumatore, la giurisprudenza, anche europea, è rimasta fedele alla lettera delle norme, secondo una visione ristretta, e ha ritenuto elemento necessario di discrimen il fine non professionale nelle azioni del soggetto, mentre la dottrina ha spesso messo in rilievo che è la concreta indagine sulla consapevolezza e sull’esperienza del contraente, preferendo una visione più ampia del consumatore.

Specificamente in merito ai contratti accessori di garanzia, è noto che la giurisprudenza ha ritenuto costantemente non applicabile la tutela consumeristica alla figura del fideiussore, pur non sussistendo più il limite dell’elencazione prevista dall’art. 1469 bis c.c. in cui si stabiliva che la disciplina fosse applicabile al solo contratto “che ha per oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi”.

Se pacifica è stata considerata la qualifica per il fideiussore garante di un debitore che già riveste le caratteristiche del consumatore, è stata sinora prettamente unanime, salvo rari tentativi della giurisprudenza di merito[1], la scelta di non considerare consumatore il fideiussore che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale ma che garantisce un soggetto professionista. Egli riveste la figura del c.d. fideiussore di rimbalzo[2].

La giurisprudenza di legittimità, infatti, uniformandosi all’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia nella sentenza Dietzinger, del 17 marzo 1998, causa C-45/96, ha ritenuto che la qualità del debitore principale attraesse quella del fideiussore che, conseguentemente, non poteva godere della tutela concessa al contraente debole. Ciò si è sostenuto per la caratteristica dell’accessorietà del contratto di fideiussione rispetto all’obbligazione principale: la fideiussione è legata funzionalmente e strutturalmente all’obbligazione garantita, perciò è necessario riferirsi al debitore principale la cui qualità attrae necessariamente quella del fideiussore. La tutela consumeristica si è applicata secondo la giurisprudenza, perciò, soltanto laddove anche il debitore fosse considerato consumatore.

Numerose critiche sono state mosse dalla dottrina a tale interpretazione giurisprudenziale perché si è messo in rilievo come sia necessario guardare al fine per cui un soggetto agisce. Se, infatti, agisce per fini non professionali, è inevitabilmente un consumatore. Inoltre, con la fideiussione egli assume un rischio economico che aggrava la sua posizione di debolezza contrattuale dal momento che dovrà rispondere solidalmente dell’intero nel caso di inadempimento del debitore.

Si è altresì sostenuto[3] che bisogna distinguere tra unità logica dei due negozi che deriva dall’accessorietà della fideiussione rispetto al negozio principale e disunità reale che riguarda l’indipendenza oggettiva e soggettiva delle due obbligazioni. Si pensi, a tal proposito, alla causa della fideiussione che è uniforme e si sostanzia nella garanzia del credito, mentre l’obbligazione garantita può avere qualsiasi causa idonea alla sussistenza del negozio giuridico.

Recentemente, precisamente nell’ordinanza del 19 novembre 2015, causa C-74/15, la Corte di Giustizia si è pronunciata con un deciso cambiamento di rotta che ha accolto parte delle doglianze mosse nei confronti dell’impostazione giurisprudenziale precedente in merito all’applicazione anche alla fideiussione della disciplina, contenuta nella direttiva n. 13/93 CEE, delle clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori.

Il caso di specie faceva riferimento a due contratti stipulati da parte di due coniugi a garanzia di una società individuale di cui era socio e amministratore loro figlio a favore di una banca, di cui rispettivamente uno riguardava un’ipoteca su un bene immobile, l’altro una fideiussione a garanzia del pagamento di quanto dovuto dalla società del figlio a seguito di un finanziamento chiesto per aumentare la linea di credito già precedentemente accordata. Gli attori avevano invocato la tutela consumeristica della legge rumena n. 193/2000 – sostanzialmente identica al codice del consumo – di recepimento della direttiva n. 13/93 CEE, chiedendo l’annullamento della garanzia immobiliare e fideiussoria e, in via subordinata, l’annullamento di alcune clausole abusive.

A seguito della decisione del tribunale di primo grado che aveva respinto la domanda sostenendo, innanzitutto, che l’ambito di applicazione della normativa rumena fosse esclusivamente da riferirsi ai contratti aventi ad oggetto la vendita di beni o la fornitura di servizi al consumatore e che, in secondo luogo, i contratti di garanzia fossero accessori rispetto al principale e, perciò, non rientranti nei contratti del consumatore, laddove il debitore principale risultava essere una società, i due coniugi avevano presentato ricorso in appello.

Proprio il giudice di appello, sospendendo il giudizio, ha deciso di adire pregiudizialmente la Corte di giustizia per due questioni, poi riconducibili ad una sola, in merito all’interpretazione dell’art. 1, comma 1°, della direttiva 13/93 CEE. Si chiedeva al giudice europeo se l’interpretazione dell’art. 2, lett. b) della direttiva in questione avrebbe dovuto includere o meno dalla nozione di consumatore le persone fisiche che avevano sottoscritto un contratto accessorio, quale quello di fideiussione o di garanzia immobiliare, a garanzia di un contratto di credito stipulato da una società commerciale se esse non hanno collegamenti di natura professionale con la suddetta società garantito. La seconda questione pregiudiziale riguardava, invece, l’inclusione a livello interpretativo nell’ambito di applicazione dell’art. 1, comma 1°, della direttiva n. 13/93 CEE, al di là dei contratti stipulati tra commercianti e consumatori aventi ad oggetto la vendita di beni o la fornitura di servizi, anche di quei contratti accessori di un contratto di credito a beneficio di un professionista ma sottoscritti da persone fisiche che non hanno alcun collegamento con l’attività della società e che hanno agito per fini che non afferiscono alla loro attività professionale.

La Corte di giustizia si è pronunciata per la prima volta sulla tutela consumeristica del fideiussore attraverso l’interpretazione della direttiva 13/93 CEE. Dopo una ricostruzione dettagliata dei fatti, la Corte ha sottolineato che la direttiva si applica ai “contratti stipulati tra professionista e consumatore che non sono stati oggetto di negoziato individuale”, perciò a qualunque contratto stipulato tra tali soggetti senza considerare il suo oggetto. Ciò in conseguenza del fine ultimo della disciplina: la protezione del consumatore nella sottoscrizione di clausole abusive che investe, pertanto, anche la fideiussione, con una posizione nettamente differente rispetto ai precedenti comunitari[4].

Secondo l’interpretazione offerta nell’ordinanza, si deve far riferimento alla “qualità dei contraenti, a seconda che essi agiscano o meno nell’ambito della loro attività professionale” per definire l’ambito di applicazione della direttiva n. 13/93 CEE. La Corte, infatti, ha messo in luce “la situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere delle trattative che il livello di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal professionista, senza poter incidere sul contenuto delle stesse”.

Il criterio distintivo della Corte è ricondotto alla ratio che costituisce il fondamento del sistema di tutela istituito in favore del consumatore, in particolare nel caso di un contratto di garanzia o di fideiussione stipulato tra un istituto bancario e un consumatore. Appare necessario, altresì, un sistema di protezione ancor più stringente per lo stato di subalternità nel potere contrattuale e di disequilibrio nelle informazioni, dal momento che la fideiussione si basa su “un impegno personale del garante o del fideiussore al pagamento del debito contratto da un terzo”, comportando “obblighi onerosi che hanno l’effetto di gravare il suo patrimonio di un rischio finanziario spesso difficile da misurare”.

Partendo dal riconoscimento del carattere accessorio del contratto di garanzia o di fideiussione rispetto al contratto principale, i giudici del Lussemburgo hanno evidenziato come la fideiussione possa essere considerata come “un contratto distinto quando è stipulato tra soggetti diversi dalle parti del contratto principale”, perciò bisogna guardare alla qualità delle parti che sottoscrivono il contratto di garanzia Proprio in merito alla nozione di consumatore la Corte ha interpretato l’art. 2, lett. b) della direttiva n. 13/93 CEE asserendo il carattere “oggettivo” di tale nozione. Da tali premesse si è giunti ad un sostanziale ribaltamento dei precedenti orientamenti: è onere del giudice nazionale stabilire se il soggetto che sottoscrive una fideiussione possa essere consumatore ai sensi della predetta direttiva, considerando che se si tratta di una persona fisica garante di obbligazioni di una società commerciale, la direttiva può essere applicata estensivamente laddove tale persona fisica ha agito per scopi che esulino dalla propria attività professionale o senza avere alcun collegamento funzionale con la società. Tale collegamento, chiarisce la Corte, sussiste se il soggetto è amministratore della società o possiede una partecipazione non trascurabile al capitale sociale. Se, invece, la persona fisica agisce per fini di natura privata, potrà ricevere i benefici della tutela consumeristica.

Per la prima volta, la Corte di giustizia ha negato la vis actrattiva del contratto principale, ritenendo che il garante non acquisisce necessariamente la qualità del debitore garantito, così da escludere la maggior tutela del contraente debole laddove egli sottoscriva una fideiussione a beneficio di un soggetto ‘professionista’. Sottolineando, infatti, la differente situazione soggettiva in cui si trova il fideiussore al momento della stipula di un contratto unilateralmente predisposto dall’ente creditizio e valutando il parametro oggettivo dell’interesse economico che lo spinge alla sottoscrizione, i giudici europei hanno spianato la strada per una possibile apertura interpretativa in netto contrasto con le posizioni giurisprudenziali precedenti.

Dunque, se tale interpretazione verrà sostenuta, potrebbe realizzarsi un’effettiva tutela per il fideiussore-consumatore che, agendo in qualità di persona fisica, garantisca il debito assunto da un professionista solo per ragioni personali, di sostegno al credito e non fini di natura professionale, senza, quindi, alcun tipo di vantaggio economico.

[1] TRIBUNALE DI PALERMO, 13 dicembre 2005. Si veda per il commento: Conti, Il corriere nel merito, n. 3/2006.

[2] Ex multis: Cass., 11 gennaio 2001, n. 314; Cass., 13 maggio 2005, n. 10107; Cass., 13 giugno 2006, n. 13643; Cass., 11 gennaio 2007, n. 381.

[3] Lavinia Vizzoni, Verso una tutela “consumeristica” del fideiussore: spunti di riflessione”, ne I contratti, n. 3/2015.

[4] Ex multis, Corte giust. CE, 17.3.1998, causa C-45/96, in Corr. giur., 1998, 769 ss., con nota di Granieri; Corte giust. CE,

23.3.2000, causa C-208/98.

Dott.ssa Francesca Romana Carlone

Classe 1993. Maturità classica. Laureata in Giurisprudenza cum laude presso l'Università degli Studi di Teramo, durante il corso della formazione universitaria, ha sviluppato una forte passione per il diritto della navigazione e dei trasporti sino a scrivere la tesi di laurea dal titolo "Merci pericolose e idrocarburi: le problematiche del trasporto marittimo". Vincitrice di un Dottorato di ricerca in Logistica e trasporti presso l'Università degli Studi di Genova e presso il CIELI, ha frequentato una Summer Law School su Maritime Law presso l'University of Malta. Inoltre, è Presidente dell'associazione ELSA (The European Law Students' Association) Teramo.

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