martedì, Dicembre 10, 2024
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Lentezza del software: può aversi risoluzione del contratto di licenza?

E’ possibile adire il Giudice e richiedere la risoluzione del contratto di licenza software per inadempimento del licenziante (venditore) quando il programma ceduto presenti dei vizi?

Per fornire una risposta al quesito si richiama la sentenza n. 6586 del 2017[1] della Corte di Cassazione, la quale si è espressa proprio in materia di risoluzione del contratto di licenza software[2] in presenza di difetti, malfunzionamenti o vizi dello stesso che rendano il licenziatario (acquirente) non soddisfatto dell’acquisto. Si è quindi chiarita la portata effettiva del difetto del software ceduto e stabilito se esso fosse idoneo a legittimare la pronuncia di risoluzione contrattuale in favore del licenziatario.

La vicenda

Facendo un breve excursus dei fatti, il software ceduto in licenza è risultato affetto da particolare lentezza durante l’utilizzo da parte del licenziatario e ciò ha portato quest’ultimo ad agire in giudizio e richiedere:

  • la risoluzione del contratto per inadempimento di non scarsa importanza da parte della società licenziante (venditore);
  • la condanna della società medesima alla restituzione di quanto corrisposto in esecuzione del contratto;
  • la declaratoria di legittimità ex art. 1460 c.c.;
  • l’interruzione dei pagamenti e condanna al risarcimento dei danni patiti della stessa convenuta società.

In primo grado il Tribunale di Milano ha accolto la domanda di risoluzione del contratto proposta dal licenziatario e di conseguenza condannato al risarcimento del danno la società convenuta, dichiarando risolto il contratto alla luce del fatto che la parte venditrice avesse fornito un programma viziato e non conforme con quanto stabilito ab origine, oltre che non idoneo all’uso preventivato.

Tale decisione è stata tuttavia riformata dalla Corte d’appello di Milano, poiché i Giudici, valutando il difetto del programma e le domande promosse, sulla base di apposita ctu espletata, hanno ritenuto che l’inadempimento lamentato da parte dell’acquirente non vantasse i requisiti della importanza e gravità richiesti dalla legge affinché potesse aversi la risoluzione del contratto. Si è quindi avuta una riforma in toto della pronuncia di primo grado.

Seguendo questa ricostruzione, i Giudici della Corte d’appello hanno negato quindi all’acquirente la possibilità di valersi della risoluzione del contratto – accogliendo la domanda riconvenzionale della società venditrice – e hanno condannato il licenziatario al pagamento dei canoni relativi alla licenza del software rimasti inadempiuti.

In seguito, la pronuncia della Corte d’appello è stata oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La pronuncia della Corte di Cassazione

La Suprema Corte di Cassazione ha confermato la pronuncia della Corte d’appello e sottolineato, in primo luogo, come il sindacato relativo alla rilevanza dell’inadempimento ai fini della risoluzione contrattuale risulti incensurabile in sede di giudizio di legittimità quando sorretto da una motivazione priva di vizi e dal carattere logico e solido[3]. La Corte ha dunque evidenziato la sua impossibilità di sindacare le motivazioni poste a fondamento di decisioni impugnate qualora esse siano da motivazione completa, anche nell’ambito della valutazione dell’importanza dell’inadempimento ex art. 1455 c.c., trattandosi di un apprezzamento riservato al giudice di merito[4].

Inoltre, non sono stati riscontrati vizi nella motivazione della pronuncia di secondo grado da parte della Corte di Cassazione considerato che i Giudici di appello, sulla base di apposita consulenza tecnica, hanno escluso che il difetto lamentato dal licenziatario, ovvero una leggera “lentezza del programma”, fosse idoneo a configurare un vizio “di tale gravità ed entità da rendere il programma del tutto privo delle qualità promesse o essenziali all’uso cui era destinato”.

Precisamente, è stato dichiarato che “una minima difettosità del programma software (leggera lentezza del programma, rilevabile in particolari circostanze), non integra un vizio e difetto di gravità tale da giustificare la risoluzione del contratto per inadempimento di non lieve entità”.

La Corte di Cassazione, quindi, a conferma di quanto stabilito in appello, ha rigettato il ricorso formulato dall’acquirente del software poiché infondato, con contestuale condanna al pagamento delle spese di lite.

In base a quanto sopra visto, dunque, può dedursi che l’inadempimento riscontrato in concreto dal licenziatario che voglia agire in risoluzione deve essere sufficientemente grave da legittimare l’azione di risoluzione, posto che, come noto, ai sensi dell’art. 1455 c.c., “Il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”. Si richiama infatti la ratio del rimedio risolutorio, ossia che data la gravità del rimedio stesso, esso opera solo se l’inadempimento è parimenti grave.

In conclusione, in termini generali e con riferimento alle diverse ipotesi di inadempimento verificabili, la gravità di esso sarà valutato da parte del Giudice il quale, ai fini della pronuncia di risoluzione contrattuale, come stabilito dalla giurisprudenza, deve tener conto da un lato di un criterio oggettivo, avendo riguardo all’interesse del creditore all’adempimento della prestazione verificando che l’inadempimento ha inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto, dando luogo ad uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale; dall’altro lato, di eventuali elementi di carattere soggettivo, consistenti nel comportamento di entrambe le parti che possano, in relazione alla particolarità del caso, attenuarne l’intensità[5].

[1] Sent. Cass. n. 6586/2017 consultabile qui: https://renatodisa.com/corte-di-cassazione-sezione-ii-civile-sentenza-14-marzo-2017-n-6586/

[2] Sul contratto di licenza software si rimanda al seguente articolo: https://www.iusinitinere.it/il-contratto-di-licenza-duso-del-software-28104

[3] Cass. civ., III Sez. n. 6401/2015, “in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ai sensi dell’art. 1455 cod. civ., costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, risultando insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici”.

[4] Si richiama: https://tonucci.com/software-lento-il-giudice-non-concede-la-risoluzione/

[5] Cass. Civ., III Sez. n. 22346/2014

Sofia Giancone

Avvocato e Dottoranda di Ricerca in diritto privato presso l'Università Tor Vergata - Roma Sofia Giancone fa parte di Ius In Itinere da maggio 2020. Ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza nel 2019 con Lode presso l'Università di Roma Tor Vergata, discutendo la tesi in Diritto Commerciale dal titolo: "Il software: profili strutturali, tutela giuridica e prospettive". Ha svolto la pratica forense in ambito civile e il tirocinio formativo in magistratura ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Corte d'appello civile di Roma. Successivamente ha approfondito i temi legati all'IP & IT e si è specializzata in Tech Law & Digital Transformation con TopLegal Academy. Si è occupata di consulenza e assistenza legale nell'ambito del Venture Building, innovazione e startup, contrattualistica di impresa. Ad ottobre 2022 ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense e ad oggi esercita la professione di Avvocato. Dal 2022 svolge inoltre il Dottorato di ricerca in diritto privato presso l'Università di Roma Tor Vergata. Profilo LinkedIn: linkedin.com/in/sofia-giancone-38b8b7196

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