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Onere di immediata impugnazione: quando la lex specialis non garantisce l’utile d’impresa

a cura di Pasquale La Selva

commento a TAR Lombardia – Milano, Sez. II, 26 novembre 2020, n. 2317.

SOMMARIO: 1. Introduzione; 2. I fatti all’origine della vertenza; 3. La decisione del Collegio milanese; 4. Brevi riflessioni conclusive.

  1. Introduzione.

Il TAR Lombardia – Milano, Sez. II, con sentenza n. 2317 del 26.11.2020 è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso proposto da un concorrente di una gara per l’affidamento del servizio di vitto ai detenuti di un penitenziario.

La società ricorrente, nello specifico, nell’impugnare il bando ed i documenti di gara, eccepiva che la lex specialis, lasciando indeterminata l’eventualità che l’operatore economico debba o meno fornire il sopravvitto a seguito dell’aggiudicazione, non permetterebbe di formulare un’offerta economica ponderata rispetto al prezzo posto a base d’asta, ritenuto irragionevole e non idoneo alla copertura dei costi da sostenere per l’espletamento dell’appalto.

  1. I fatti all’origine della vertenza.

Con bando di gara pubblicato in G.U.R.I. in data 1 luglio 2020, n. 75, il Provveditorato regionale per la Lombardia del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia aveva indetto una “gara per la conclusione di un Accordo quadro per l’affidamento del servizio per il vitto dei detenuti e internati e per il sopravvitto, se non gestito in forma diretta”.

In particolare, nella lex specialis era previsto che  “oggetto principale dell’appalto è il Servizio per il Vitto dei detenuti e internati da svolgersi mediante l’approvvigionamento e la fornitura, previa programmazione, delle derrate alimentari necessarie […] al confezionamento dei pasti giornalieri completi (colazione, pranzo e cena), tenuto conto dei criteri ambientali minimi (CAM). La gestione del Servizio per il Vitto implica la presenza di personale dell’Appaltatore presso le sedi degli Istituti ove lo stesso si svolge nei termini, di seguito, specificati. […] L’Appaltatore è tenuto ad assicurare, altresì, se non gestito direttamente dalla Direzione dell’Istituto, il Servizio per il Sopravvitto di cui all’art. 9, comma 7 dell’Ordinamento penitenziario. Ai fini del presente affidamento, il Servizio per il Sopravvitto costituisce, pertanto, un servizio la cui attivazione è opzionale (anche limitatamente ad una o più sedi di Istituto del singolo Lotto) e non obbligatoria per l’Amministrazione contraente in ragione di una possibile gestione diretta da parte di singole Direzioni, come espressamente previsto dal citato art. 9, comma 7 dell’Ordinamento penitenziario”.

La società ricorrente, pertanto, nell’impugnare il bando di gara, deduceva che la legge di gara avrebbe lasciato indeterminata l’eventualità dell’operatore di fornire o meno il sopravvitto a seguito dell’aggiudicazione. Siffatta circostanza, pertanto, non avrebbe reso possibile alla ricorrente di formulare un’offerta economica congrua rispetto al prezzo posto a base d’asta e corrispondente alla diaria pro capite relativa al servizio di vitto.

  1. La decisione del Collegio milanese.

Il TAR, con la pronuncia in commento, procede preliminarmente ad effettuare una ricostruzione giurisprudenziale in punto di “ammissibilità dell’immediata impugnazione del bando”.

Ricorda il Collegio i principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 26 aprile 2018, n. 4 : “le clausole non escludenti del bando […][vanno] impugnate unitamente al provvedimento che rende attuale la lesione (id est: aggiudicazione a terzi), considerato altresì che la postergazione della tutela avverso le clausole non escludenti del bando, al momento successivo ed eventuale della denegata aggiudicazione, secondo quanto già stabilito dalla decisione dell’Adunanza plenaria n. 1 del 2003, non si pone certamente in contrasto con il principio di concorrenza di matrice europea, perché non lo oblitera, ma lo adatta alla realtà dell’incedere del procedimento nella sua connessione con i tempi del processo”.

Il TAR Milano evidenzia infatti che l’elaborazione giurisprudenziale in tema di impugnazione del bando di gara ha più volte chiarito che la regola generale è quella per cui soltanto colui che ha partecipato alla gara è legittimato ad impugnarne l’esito (essendo, per l’appunto, titolare di una posizione differenziata) sicché i bandi vanno, in genere, impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, in quanto sono questi ultimi ad indentificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento.

Oltre tale considerazione, potrebbe aggiungersi, inoltre, che il soggetto potenzialmente leso potrà impugnare il bando unitamente agli atti e provvedimenti applicativi, essendo venuta meno la caratteristica della genericità ed astrattezza dello stesso.

È noto infatti che, in linea generale, il bando rappresenta l’espressione di una potestà amministrativa che incide sui rapporti giuridici del tutto (o in parte) astratti, inidoneo, in quanto tale, a modificare in via diretta e concreta sulla sfera giuridica di un privato.

Ed infatti, dovranno essere immediatamente impugnate le sole clausole immediatamente escludenti o che impediscono la partecipazione della gara e la presentazione di un’offerta.

Invero, la giurisprudenza ha rilevato che le eccezioni che impongono l’onere di immediata impugnazione possono essere ricondotte alle ipotesi in cui: i) si contesti in radice l’indizione della gara; ii) si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto affidamento in via diretta del contratto; iii) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti[1].

Dopo tutto, la già citata Adunanza Plenaria n. 4/2018 aveva fatto rientrare nel “genus” delle “clausole immediatamente escludenti” anche:

  • le clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale;
  • le regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile;
  • le disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara, ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta;
  • le condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente;
  • le clausole impositive di obblighi contra ius;
  • i bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta (come, ad esempio, quelli relativi al numero, qualifiche, mansioni, livelli retributivi e anzianità del personale destinato ad essere assorbito dall’aggiudicatario), ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate (come quelle per cui tutte le offerte conseguono comunque il punteggio di 0 pt.);
  • gli atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso”[2].

Alla luce di tutto quanto innanzi esposto il Collegio, ritenendo in primo luogo non irragionevolela decisione dell’amministrazione di tenere distinti i due servizi di vitto e sopravvitto” nel caso di specie ha pertanto statuito che “non sussiste un interesse protetto dell’operatore economico a che un bando sia formulato in termini tali da garantirgli il maggior utile possibile o il minor spreco di risorse, poiché l’interesse pubblico perseguito dall’amministrazione è volto a garantire la migliore gestione dei servizi in termini di efficienza, efficacia ed economicità, interesse fisiologicamente diverso da quello dell’operatore economico, volto a conseguire un utile d’impresa.”.

In secondo luogo, nel ritenere errata la prospettazione della società ricorrente secondo la quale le clausole del bando relative al sopravvitto inciderebbero anche sui ricavi del vitto sino ad azzerarli, ha statuito che “quanto sindacabile nel vaglio anticipato della presente sede, infatti, non è la sussistenza di clausole illegittime ex se, bensì la loro eventuale attitudine a pervertire l’«equilibrio economico» contrattuale dell’offerta” atteso che la logica degli accordi quadro (la cui stipula costituisce, nella presente sede, l’effetto conseguenziale all’aggiudicazione) è quella per cui la stazione appaltante mira a stabilire, concludendo l’accordo con un operatore economico, le clausole relative agli appalti da affidare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste.

Pertanto “in tale prospettiva, il contraente che si aggiudica la gara non acquisisce un diritto a rendere il servizio all’amministrazione nella misura massima del valore stimato in sede di accordo quadro, bensì ad essere l’operatore che stipulerà i singoli contratti specifici, di volta in volta conclusi secondo le esigenze delle singole amministrazioni”.

  1. Brevi riflessioni conclusive.

Prima  di procedere a formulare qualche riflessione circa i temi trattati dalla sentenza in commento, sembrerebbe opportuno identificare quale sia l’effettivo bene della vita che l’operatore economico che partecipa alla gara auspica di ottenere.

Si potrebbe pensare che il bene della vita dell’o.e. sia l’aggiudicazione della gara, o l’utile d’impresa, oppure, ancora, l’acquisizione di know how.

Secondo la giurisprudenza, il bene della vita, per l’o.e. che partecipa alla gara, è l’aggiudicazione della stessa. Rileva infatti A.P. n. 4/2018 che il partecipante alla gara, ha un interesse del tutto distinto da quello pubblicistico, ossia l’interesse primario ed immediato ad aggiudicarsi la gara medesima[3]. È quindi ravvisabile un interesse dell’offerente a proseguire la gara, funzionale ad ottenere il bene della vita cui esso aspira, rappresentato dall’aggiudicazione.

Bisognerebbe pertanto chiedersi se il bene della vita dell’o.e. che partecipa alla gara non sia diverso dal bene della vita dell’o.e. aggiudicatario che esegue le prestazioni oggetto dell’appalto. In altri termini, ci si chiede se il bene della vita dell’operatore economico possa scindersi in interesse all’aggiudicazione nella fase di gara, ed interesse all’utile d’impresa nella fase di esecuzione dell’appalto.

Dal tenore della giurisprudenza citata non sembrerebbe evincersi siffatta differenza. Dopo tutto, come rilevato anche dalla sentenza in commento, i bandi di gara mirano al perseguimento del pubblico interesse in ossequio ai principi di imparzialità, economicità e buon andamento, e non puntano certo a garantire il maggior utile di impresa a favore dell’appaltatore il quale potrà trarre utile non necessariamente dal conseguimento dal guadagno economico, quanto piuttosto dal solo conseguimento di know how.

Non può però non rilevarsi che nella stipula di un contratto di appalto – ove trovano pacificamente applicazione i principi civilistici – non possa essere certamente esclusa l’applicazione della disciplina di cui all’art. 1174 c.c., secondo il quale “La prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore.”.

[1] Cfr.ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 29 aprile 2019, n. 2732.

[2] Tra le altre si veda, ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 29 aprile 2019, n. 2732; id., Sez. III, 28 settembre 2020, n. 5705.

[3] Da ultimo Cons. Stato, Sez. III, 9 dicembre 2020, n. 7832, secondo cui il bene della vita per l’o.e. che partecipa alla gara è l’aggiudicazione, ossia la pretesa di stipulare con la P.A..

Pasquale La Selva

Pasquale La Selva nasce a Napoli il 22 Febbraio 1994. Ha conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” con tesi in Diritto Amministrativo dal titolo "Il socio pubblico e la golden share", a relazione del Prof. Fiorenzo Liguori, ed ha conseguito, presso il Dipartimento di Scienze Politiche dello stesso Ateneo la laurea magistrale in Scienze della Pubblica Amministrazione, con una tesi sulle "competenze e poteri di ordinanza tra Stato, Regioni ed Enti Locali nell'emergenza sanitaria" a relazione del Prof. Alfredo Contieri. Pasquale ha conseguito anche un Master di II livello in "Compliance e Prevenzione della Corruzione nei settori Pubblico e Privato" presso l'Università LUMSA di Roma, con una tesi sulla rotazione del personale quale misura anticorruttiva. Pasquale è direttore del Dipartimento di diritto amministrativo di Ius in itinere ed è praticante avvocato. Durante il periodo degli studi, Pasquale è stato anche un cestista ed un atleta agonista: detiene il titolo regionale campano sui 400 metri piani della categoria “Promesse” dell'anno 2016, è stato vice campione regionale 2017 della categoria "assoluti" sulla stessa distanza, ed ha partecipato ad un Campionato Italiano nel 2016. Contatti: pasquale.laselva@iusinitinere.it

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