mercoledì, Marzo 27, 2024
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Il potere di pianificazione: interventi giurisprudenziali del Consiglio di Stato

pianificazione

La pianificazione, sia essa territoriale e/o urbanistica, costituisce la risultante di una serie di procedimenti collegati, finalizzati prima alla redazione tecnica dell’elaborato, poi alla deliberazione vera e propria del piano.
È ovvio che il procedimento amministrativo in questione non rispecchi sic et simpliciter i canoni tipici prefissati dalla legge sul procedimento (L. n. 241/90)[1], si potrebbe infatti parlare di “procedimento composto”, ma è altrettanto ovvio che lo schema legale può aiutare per la ricostruzione dell’istituto. Può essere esemplificativo l’esame nello specifico del piano urbanistico calato nel sistema della “divisione tra fasi” tipica del procedimento amministrativo.

I procedimenti di pianificazione urbanistica sono generalmente ad “iniziativa d’ufficio” e cioè è la stessa amministrazione a dare avvio al procedimento. Vi sono, tuttavia, casi in cui il procedimento può essere ad “iniziativa di parte”, come nei piani di lottizzazione e in quelli di recupero e in tal caso, il procedimento inizia con la presentazione all’amministrazione di un determinato progetto urbanistico.
Per quanto riguarda gli altri piani, può essere previsto dalle norme uno specifico “atto di iniziativa”, come avviene per la deliberazione con la quale il consiglio comunale decide di procedere alla formazione del Piano Regolatore Generale ai sensi dell’art 8[2] della Legge Urbanistica (L. n. 1150/42)[3].

Sono le singole norme attributive del potere di pianificazione che in genere prevedono la necessità di adozione dello strumento, come nel caso dei piani regionali paesistici, o dei piani regolatori comunali secondo le leggi regionali. In altre ipotesi, pur in assenza di un obbligo a carico dell’organo cui è attribuita la competenza, dal complesso normativo in cui la disposizione è inserita, si deduce la necessità dell’esistenza della figura pianificatoria.

Ed è proprio sull’esercizio del potere di pianificazione che i giudici amministrativi hanno maggiormente concentrato la loro attenzione. Il principale riferimento giurisprudenziale, nonché tra i più recenti, è indubbiamente quello dato dalla sentenza del Consiglio di Stato, la n. 2710 del 2012.  La IV Sezione, nella sentenza in esame, ha ribadito i principi già espressi dalla giurisprudenza in relazione all’esercizio del potere di pianificazione urbanistica ed alla natura della motivazione delle scelte in tal modo effettuate. Il potere di pianificazione urbanistica, a maggior ragione in considerazione della sua ampia portata in relazione agli interessi pubblici e privati coinvolti, così come ogni potere discrezionale, non è sottratto al sindacato giurisdizionale, dovendo la pubblica amministrazione dare conto, sia pure con motivazione di carattere generale, degli obiettivi che essa, attraverso lo strumento di pianificazione, intende perseguire e, quindi, della coerenza delle scelte in concreto effettuate con i detti obiettivi ed interessi pubblici agli stessi immanenti.

Tanto affermato sul piano generale, occorre ricordare che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui le scelte effettuate incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte predette, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata”[4], così come, nell’ambito del procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico, non occorre controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione e opposizione.

Dunque, il potere di pianificazione urbanistica del territorio – la cui attribuzione e conformazione normativa è costituzionalmente conferita alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni, ex art. 117, comma terzo, Cost. ed il cui esercizio è normalmente attribuito, pur nel contesto di ulteriori livelli ed ambiti di pianificazione, al Comune – non si limita alla individuazione delle destinazioni delle zone del territorio comunale, ed in particolare alla possibilità e limiti edificatori delle stesse. Al contrario, tale potere di pianificazione deve essere rettamente inteso in relazione ad un concetto di urbanistica che non è circoscritto solo alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli (e, al massimo, ai tipi di edilizia, distinti per finalità, in tal modo definiti), ma che, per mezzo della disciplina dell’utilizzo delle aree, realizzi anche finalità economico – sociali della comunità locale (non in contrasto ma anzi in armonico rapporto con analoghi interessi di altre comunità territoriali, regionali e dello Stato), nel quadro di rispetto e positiva attuazione di valori costituzionalmente tutelati .

Tali finalità dell’urbanistica e degli strumenti che ne comportano attuazione, sono peraltro desumibili fin dalla legge 17 agosto 1942 n. 1150, laddove essa individua il contenuto della “disciplina urbanistica e dei suoi scopi” (art. 1), non solo nell’”assetto ed incremento edilizio” dell’abitato, ma anche nello “sviluppo urbanistico in genere nel territorio della Repubblica”.

In definitiva, l’urbanistica, ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione, non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo.

[1] Norma sul procedimento amministrativo – Legge n. 241 del 1990, la quale va a regolamentare un procedimento che in realtà è nato prima da un punto di vista storico e cioè con la Legge Urbanistica fondamentale.

[2] Art. 8 Legge Urbanistica: Formazione del piano regolatore generale (artt. 1 e 2) 1. << I comuni hanno la facoltà di formare il piano regolatore generale del proprio territorio. La deliberazione con la quale il Consiglio comunale decide di procedere alla formazione del piano non è soggetta a speciale approvazione e diviene esecutiva in conformità dell’articolo 3 della L 9 giugno 1947, n. 530; la spesa conseguente è obbligatoria. 2. La formazione del piano è obbligatoria per tutti i comuni [compresi in appositi elenchi da approvarsi con decreto del ministro per i lavori pubblici di concerto con i ministri per l’interno e per le finanze sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. 3. 4. 5. 6. (omissis)
7. Nel caso in cui il piano venga restituito per modifiche, integrazioni o rielaborazioni al comune, quest’ultimo provvede ad adottare le proprie determinazioni nel termine di 180 giorni dalla restituzione. Trascorso tale termine si applicano le disposizioni dei commi precedenti.

8. (omissis)
9. (omissis) >>.

[3] Legge Urbanistica Fondamentale n. 1150 del 1942.

[4]  Sentenza del Consiglio di Stato sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478.

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