martedì, Marzo 19, 2024
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Responsabilità per danno erariale causato da amministratori di Enti privatizzati: riflessioni in tema di riparto di giurisdizione

A cura di Pasquale La Selva

La Fondazione Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei medici e degli odontoiatri (ENPAM), costituiva – in attuazione di una delibera del consiglio di amministrazione dell’Ente – una società a responsabilità limitata, denominata Enpam Sicura s.r.l., avente per oggetto sociale lo svolgimento di attività di assistenza e previdenza integrativa a favore dei dipendenti ENPAM.

Con atto di citazione, la Procura Regionale conveniva in giudizio dinanzi alla Sezione giurisdizionale per la Corte dei conti il presidente ed il direttore generale di Enpam Sicura s.r.l. per sentirli condannare al pagamento, in favore dell’erario, di una somma pari ad euro 2.567.562,52 contestando ai convenuti: di aver effettuato assunzioni in violazione del regolamento delle assunzioni di Enpam Sicura s.r.l.; di aver creato un disavanzo di gestione imputabile in gran parte alle spese sostenute per retribuire tali dipendenti; di aver determinato lo scioglimento di Enpam Sicura s.r.l.; di aver causato una perdita di credito della Fondazione, a causa del mancato parziale recupero del finanziamento devoluto alla partecipata per la copertura delle passività risultanti dal bilancio finale di liquidazione; di avere, infine, effettuato ulteriori spese per consulenze riferite alla liquidazione ed allo scioglimento di Enpam Sicura s.r.l..

A sostegno della giurisdizione della Corte dei conti, il pubblico ministero rilevava che il socio unico ENPAM, anche se costituisce una fondazione di diritto privato, svolge una attività di diritto pubblico, pertanto sottoposta alla vigilanza del Ministero del lavoro, al Ministero dell’economia ed è sottoposta al controllo della Corte dei conti[1].

I convenuti, di contro, proponevano ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, sostenendo la natura privata della Fondazione ENPAM, attesa anche l’assenza di finanziamenti pubblici, e l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale nelle società di diritto privato a partecipazione pubblica, il pregiudizio patrimoniale arrecato dalla mala gestiodei suoi organi sociali, generalmente non integra il danno erariale, in quanto si risolve in un vulnus gravante in via diretta esclusivamente sul patrimonio della società, soggetta a regole di diritto privato e dotata di autonomia e distinta personalità giuridica rispetto ai soci.

Alla luce di tutto quanto esposto la Corte di Cassazione, Sez. Unite, con Ordinanza n. 32608 del 12 dicembre 2019, ha dichiarato – nel caso di specie – il difetto di giurisdizione della Corte dei conti.

Questa, infatti, ha giurisdizione nei giudizi di responsabilità amministrativa per danno all’erario[2]allorquando siano compresenti due elementi qualificanti la nozione di contabilità pubblica: un elemento soggettivo, che attiene alla natura pubblica del soggetto al quale l’agente sia legato da un rapporto di impiego o servizio, ed un elemento oggettivo, che riflette la qualificazione pubblica del denaro o del bene oggetto della gestione nell’ambito della quale si è verificato l’evento, fonte di responsabilità[3].

Sul tema, la giurisprudenza ha precisato che l’attività amministrativa non solo si esercita quando si svolgono pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando si perseguono le finalità proprie dell’amministrazione pubblica mediante un’attività disciplinata in tutto od in parte dal diritto privato.

Ne consegue che il dato essenziale che radica la giurisdizione della Corte dei conti non attiene alla modalità di azione – pubblica o privata – produttiva del danno, ma attiene all’evento dannoso a carico di una pubblica amministrazione[4].

Inoltre, la Corte di Cassazione ha sottolineato che la responsabilità amministrativa per danno erariale postula una relazione funzionale tra il presunto autore dell’illecito e l’amministrazione pubblica, ragion per cui tale relazione non implica necessariamente un rapporto di impiego in senso proprio, essendo sufficiente anche un mero rapporto di servizio, in virtù del quale sorge una relazione funzionale che rende l’autore del danno compartecipe dell’operato dell’amministrazione o dell’ente[5].

Tale rapporto di servizio sorge allorquando un ente privato esterno all’amministrazione venga incaricato di svolgere, nell’interesse e con le risorse di quest’ultima, un’attività o un servizio pubblico in sua vece, inserendosi in tal modo nell’apparato organizzativo della pubblica amministrazione, risultando irrilevante il titolo in base al quale la gestione è svolta, che può consistere in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, in una concessione amministrativa, in un contratto o addirittura in uno schema diverso e generale, disciplinato dalla legge[6].

Per quanto poi attiene al danno al patrimonio di una società a partecipazione pubblica conseguente a mala gestio da parte dei suoi amministratori o dipendenti, si è chiarito che tale danno non è qualificabile come danno erariale (inteso, dunque, come pregiudizio direttamente arrecato al patrimonio dello Stato o di altro ente pubblico a causa di una società di cui la P.A. risulti socio), atteso che la distinzione tra società di capitali e singoli soci e la piena autonomia patrimoniale della prima rispetto ai secondi non consentono di riferire al patrimonio del socio pubblico il danno che l’illecito comportamento degli organi sociali abbia eventualmente arrecato al patrimonio dell’ente, né di configurare un rapporto di servizio tra l’ente medesimo e l’agente. In altri termini, l’autonomia del socio rispetto alla società non consente l’immediata riconducibilità della condotta lesiva del primo rispetto alla seconda.

Se ne deduce che la domanda con la quale si fa valere la responsabilità degli organi sociali resta generalmente devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario[7], mentre la giurisdizione della Corte dei conti è eccezionalmente ravvisabile nelle due specifiche fattispecie delle società in house[8], quale articolazione interna della stessa P.A..

Già la giurisprudenza della Corte di Cassazione[9]aveva precisato che, ai fini della sussistenza della giurisdizione contabile in materia di azione di responsabilità nei confronti degli organi di gestione e di controllo di società di capitali partecipata da enti pubblici, la società in houseè configurabile al ricorrere dei seguenti requisiti (contemporaneamente):

  1. il capitale sociale deve essere integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi;
  2. lo statuto della società deve vietare la cessione delle partecipazioni ai soci privati;
  3. le società deve esplicare statutariamente la propria attività prevalente in favore dell’ente o degli enti partecipanti, in modo che l’eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale;
  4. la gestione deve essere, per statuto, assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici.

Tutto quanto esposto dalla giurisprudenza trovava già la sua ragion d’essere nel dato normativo di cui all’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 175/2016, successivamente modificato dal correttivo, D.Lgs. n. 100/2017[10], che nel dettare le disposizioni sulla costituzione delle società da parte di amministrazioni pubbliche, afferma, all’art. 12, comma 1[11], che sussiste la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in houseallorquando il socio partecipante, appunto, sia una pubblica amministrazione.

Anche nella definizione data dall’art. 2, comma 1, lett. o)del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica emerge che, per società in housesi intendono “le società sulle quali un’amministrazione esercita il controllo analogo o più amministrazioni esercitano il controllo analogo congiunto, nelle quali la partecipazione di capitali privati avviene nelle forme di cui all’articolo 16, comma 1, e che soddisfano il requisito dell’attività prevalente di cui all’articolo 16, comma 3”.

Tornando al caso di specie, dunque, appare utile comprendere se la Fondazione ENPAM rientri nella definizione di amministrazione pubblica.

Ebbene, l’art. 2, comma 1, lett. a)del D.Lgs. n. 175/2016 definisce amministrazioni pubbliche “le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, i loro consorzi o associazioni per qualsiasi fine istituiti, gli enti pubblici economici e le autorità di sistema portuale”.

Leggendo la norma alla quale si è appena fatto rinvio, se ne deduce che la Fondazione ENPAM non è ricompresa nel novero delle amministrazioni pubbliche, ma ciò che risulta essere determinante è il fatto che, poiché ENPAM è stata trasformata in Fondazione di diritto privato, l’ente non può essere più ricompreso nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, con la conseguenza che i rapporti con questa non possono considerarsi rapporti di pubblico impiego[12], malgrado la funzione dalla stessa svolta sia caratterizzata da indici pubblicistici.

Bisogna pertanto affermare che ai fini del sorgere della giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house, la nozione di società in house, come codificata nel Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, non può spingersi sino a ricomprendere società partecipate non già da una pubblica amministrazione secondo la definizione di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) del Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, bensì da un soggetto che pur svolgendo attività pubblicistica, ed essendo conseguentemente sottoposta alla vigilanza ministeriale e al controllo della Corte dei conti, ha la qualificazione giuridica di ente privato e come tale si presenta all’esterno.

Ne viene che gli strumenti di reazione a fronte di condotte di mala gestio di società partecipate dalla Fondazione sono quelli apprestati dal diritto privato.

 

[1]Così come disposto dagli art. 2 e 3 del d.lgs. 509/1994, rubricato “Attuazione della delega conferita dall’art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza”.

[2]Così come disposto dall’art. 1, comma 2, del Codice di giustizia contabile d.lgs. 26 agosto 2016, n. 174.

[3]Cass., Sez. Un., 22 dicembre 2003, n. 19667.

[4]Cass., Sez. Un., 2 febbraio 2018, n. 25584.

[5]Cass., Sez. Un., 14 gennaio 2015, n. 473.

[6]Cass., Sez. Un., 30 agosto 2019, n. 21871.

[7]Cass., Sez. Un., 19 dicembre 2009, n. 26806; Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2017, n. 30978; Cass., Sez. Un., 11 settembre 2003, n. 22712.

[8]Cass., Sez. Un., 25 novembre 2013, n. 26283; Cass., Sez. Un., 13 settembre 2018, n. 22409; Cass., Sez. Un., 21 giugno 2019, n. 16741.

[9]Ex multis, Cass., Sez. Un., 13 settembre 2018, n. 22409.

[10]che così recita: “Le disposizioni del presente decreto hanno ad oggetto la costituzione di società da parte di amministrazioni pubbliche, nonché l’acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di tali amministrazioni, in società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta”.

[11]I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house. È devoluta alla Corte dei conti, nei limiti della quota di partecipazione pubblica, la giurisdizione sulle controversie in materia di danno erariale di cui al comma 2”.

[12]Cass., Sez. Lav., 7 aprile 2008, n. 8986.

Pasquale La Selva

Pasquale La Selva nasce a Napoli il 22 Febbraio 1994. Ha conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” con tesi in Diritto Amministrativo dal titolo "Il socio pubblico e la golden share", a relazione del Prof. Fiorenzo Liguori, ed ha conseguito, presso il Dipartimento di Scienze Politiche dello stesso Ateneo la laurea magistrale in Scienze della Pubblica Amministrazione, con una tesi sulle "competenze e poteri di ordinanza tra Stato, Regioni ed Enti Locali nell'emergenza sanitaria" a relazione del Prof. Alfredo Contieri. Pasquale ha conseguito anche un Master di II livello in "Compliance e Prevenzione della Corruzione nei settori Pubblico e Privato" presso l'Università LUMSA di Roma, con una tesi sulla rotazione del personale quale misura anticorruttiva. Pasquale è direttore del Dipartimento di diritto amministrativo di Ius in itinere ed è praticante avvocato. Durante il periodo degli studi, Pasquale è stato anche un cestista ed un atleta agonista: detiene il titolo regionale campano sui 400 metri piani della categoria “Promesse” dell'anno 2016, è stato vice campione regionale 2017 della categoria "assoluti" sulla stessa distanza, ed ha partecipato ad un Campionato Italiano nel 2016. Contatti: pasquale.laselva@iusinitinere.it

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