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Il diritto all’istruzione nel diritto internazionale: tra strumenti di tutela e obiettivi ancora da raggiungere

Il diritto all’istruzione o diritto all’educazione rientra nel novero dei diritti fondamentali, ed è stato formalmente riconosciuto per la prima volta nel 1948, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo .
Sono molti gli strumenti di diritto internazionale che riconoscono e tutelano questo diritto, in quanto gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo della personalità del fanciullo e la sua tutela è strettamente legata al miglioramento delle condizioni di vita dei giovani, in particolare nei Paesi in via di sviluppo.

L’art. 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ha per primo riconosciuto la gratuità e l’obbligatorietà dell’istruzione elementare, atteso che l’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Nell’ottica di promuovere lo sviluppo della persona e la sua piena partecipazione alla vita politica e sociale, è stato poi l’art.13 del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1966), a stabilire che: “l’istruzione deve porre tutti gli individui in grado di partecipare in modo effettivo alla vita di una società libera, deve promuovere la comprensione, la tolleranza e l’amicizia fra tutte le nazioni e tutti i gruppi razziali, etnici, religiosi ed incoraggiare lo sviluppo delle attività delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.”
Un riconoscimento particolarmente ampio del diritto all’istruzione è inoltre ravvisabile nella Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (1989), che dedica a tale diritto gli articoli 28 e 29.
L’art. 28, difatti, enuclea quali sono le azioni che tutti gli Stati firmatari della Convenzione si impegnano a compiere al fine di garantire il godimento di questo diritto, quali:
a) rendere l’insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti;
b) incoraggiare l’organizzazione di varie forme di insegnamento secondario sia generale che professionale, che saranno aperte e accessibili a ogni fanciullo, e adottare misure adeguate come la gratuità dell’insegnamento e l’offerta di una sovvenzione finanziaria in caso di necessità;
c) garantire a tutti l’accesso all’insegnamento superiore con ogni mezzo appropriato, in funzione delle capacità di ognuno;
d) fare in modo che l’informazione e l’orientamento scolastico e professionale siano aperti ed accessibili a ogni fanciullo;
e) adottare misure per promuovere la regolarità della frequenza scolastica e la diminuzione del tasso di abbandono della scuola”.
L’art. 29, invece, precisa le finalità che l’educazione deve perseguire: favorire lo sviluppo della personalità del fanciullo nonché lo sviluppo delle sue facoltà e potenzialità, sviluppare nel fanciullo il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali , sviluppare nel fanciullo il rispetto dei suoi genitori, della sua identità, della sua lingua e dei suoi valori culturali, nonché il rispetto dei valori nazionali del paese nel quale vive, del paese di cui può essere originario e delle civiltà diverse dalla sua, preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi e di amicizia tra tutti i popoli e gruppi etnici, nazionali e religiosi e delle persone di origine autoctona, sviluppare nel fanciullo il rispetto dell’ambiente naturale.
Tra le Convenzioni regionali, il riconoscimento del diritto all’istruzione è previsto anche dal Protocollo alla Convenzione americana dei diritti dell’uomo relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1988 e dalla Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli del 1981 (art. 17).

Il diritto all’istruzione nel contesto del diritto europeo

Nel contesto europeo, il diritto all’istruzione è stato sancito per la prima volta dall’articolo 2 del Protocollo addizionale (Parigi, 20 marzo 1952) alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 dagli Stati membri del Consiglio d’Europa. Tale articolo riconosce il diritto all’istruzione come diritto universale e, in particolare, impone agli Stati firmatari di rispettare il diritto dei genitori di assicurare tale educazione e tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche[1].
Nonostante la formula negativa (“Il diritto all’istruzione non può essere rifiutato a nessuno”), in concreto, l’art. 2 attribuisce ad ognuno un diritto di accesso agli istituti scolastici esistenti in un dato momento negli Stati parti,  diritto che non può essere pregiudicato da alcuna normativa nazionale. Un’interpretazione restrittiva del primo periodo dell’articolo 2, dunque,  non sarebbe rispondente allo scopo e all’obiettivo di tale disposizione[2].
La Carta sociale europea, adottata a Torino il 18 ottobre 1961 dagli Stati membri del Consiglio d’Europa, ha  poi ampliato ulteriormente l’ambito di definizione del concetto di diritto all’istruzione. Difatti, l’art. 7, fissa a 15 anni l’età minima di accesso al lavoro, e vieta che i fanciulli vengano impiegati in attività lavorative che li privino del pieno beneficio di tale istruzione. Nella Carta, inoltre, è stato introdotto un orario di lavoro ridotto per i giovani al di sotto dei 16 anni in modo da permettere loro di acquisire la necessaria formazione professionale che, parimenti all’orientamento professionale (art. 9), non escluda l’accesso all’istruzione tecnica superiore e agli studi universitari, oltre a misure appropriate per i lavoratori adulti, affinché gli stessi possano godere della possibilità di rieducazione professionale e della riduzione dell’orario di lavoro a fini formativi (art. 10).
Con la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (o carta di Nizza) del 7 dicembre 2000, la tutela dei diritti fondamentali è entrata finalmente a far parte del diritto dell’Unione. L’art. 14, in particolare, garantisce universalmente (“a ogni individuo”) il diritto all’istruzione e l’accesso alla formazione professionale continua attraverso la garanzia di un’istruzione obbligatoria. La sua peculiarità, inoltre, è quella di prevedere anche la “libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei principi democratici”, accanto al richiamo al “diritto dei genitori di provvedere all’educazione e all’istruzione dei loro figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche”[3].

La stretta correlazione con il principio di non discriminazione

Nondimeno, numerose Convenzioni che si occupano di eliminare diverse forme di discriminazione contengono riferimenti al diritto all’educazione.
Fra tutte, va ricordata in particolare la Convenzione contro la discriminazione nell’educazione, adottata dall’UNESCO nel 1960, la quale si propone di mettere al bando qualsiasi distinzione, esclusione o preferenza che abbia lo scopo o l’effetto di cancellare o compromettere l’uguaglianza di trattamento nel campo dell’educazione[4], ma anche l’art. 5 della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale del 1965, il quale nello stabilire l’obbligo di vietare ed eliminare la discriminazione razziale in tutte le sue forme e di garantire a ciascuno il diritto all’eguaglianza nel pieno godimento dei diritti, ricomprende tra questi ultimi anche il diritto all’educazione.

Parimenti, meritano di essere citati l’art. 10 della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna del 1979, che impegna gli Stati parti ad intraprendere tutte le misure necessarie per eliminare ogni discriminazione tra uomo e donna nel campo dell’educazione, e la Convenzione sulla tutela dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie del 1991, che assicura ai componenti delle famiglie dei lavoratori migranti la piena eguaglianza di trattamento rispetto ai cittadini dello Stato di impiego e pone a carico degli Stati parti l’obbligo di adottare delle politiche che facilitino l’integrazione dei figli dei lavoratori migranti nel sistema scolastico locale.
Sempre nel contesto del diritto antidiscriminatorio, e in particolare in tema di minori non accompagnati, vanno ricordate le Linee Guida sulla Protezione dei minori stranieri non accompagnati dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, nella cui Prefazione si legge “La scuola è uno dei modi migliori per assicurare ai minori la stabilità e la prevedibilità di cui hanno bisogno. La scuola può focalizzare l’attenzione dei minori, stimolare la loro creatività, e sviluppare le loro abilità sociali. Gli insegnanti possono essere formati per saper individuare i segni di problemi psicologici e far parlare i bambini delle loro esperienze”[5].
Anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha avuto modo di pronunciarsi in diverse occasioni su alcuni casi di discriminazione nel godimento del diritto all’istruzione: va ricordato, in particolare il caso D.H. e altri c. Repubblica Ceca, del 13 dicembre 2007, in cui la Corte EDU si è pronunciata su un particolare caso di violazione dell’art. 14 della CEDU (divieto di discriminazione) e dell’articolo 2 del Protocollo Addizionale. Tale pronuncia ha un notevole peso in quanto in primo luogo riguarda un caso di discriminazione indiretta (la doglianza dei ricorrenti consisteva, sostanzialmente, nella formazione di classi scolastiche costituite esclusivamente da bambini rom in alcuni istituti scolastici cechi, sulla base di un test attitudinale che non teneva conto delle difficoltà linguistiche e culturali dei bambini rom o semplicemente stranieri) e, in secondo luogo, ha escluso che il consenso dei genitori, che in tal caso era stato prestato, potesse giustificare discriminazioni nel godimento del diritto all’istruzione[6].

Un cammino ancora in salita in molte zone del mondo

Come abbiamo avuto modo di vedere, dunque, il diritto all’istruzione rientra ormai da decenni nel novero dei diritti fondamentali e molte Convenzioni, adottate universalmente, lo tutelano, in maniera più o meno ampia.
Tuttavia, il nucleo centrale di questo diritto, ossia la garanzia di un’istruzione obbligatoria (almeno elementare) costituisce un impegno disatteso totalmente o quasi in molti Paesi del mondo. Secondo le ultime stime UNICEF del 2010, infatti, oltre centoventi milioni di bambini[7] in età scolare non frequentano la scuola , ed in Africa subsahariana il tasso di bambini che frequenta le lezioni è pari solo al 65%. Nei paesi africani, inoltre, le disparità sono davvero pesanti, basandosi sulla ricchezza delle famiglie (in Liberia i bambini delle famiglie più ricche frequentano le scuole elementari 3,5 volte in più rispetto ai bambini delle famiglie più povere) o sulla residenza in una città o in una zona rurale[8].
In tutto il mondo, si stima che vi siano 750 milioni di adulti che non sanno né leggere né scrivere e la maggior parte di loro, circa i due terzi del totale, è costituita da donne. Ma quello dell’analfabetismo è un problema che non risparmia nemmeno bambini e bambine, ragazzi e ragazze. Si stima che, in tutto il mondo, circa 617 milioni di bambini e adolescenti non sappiano leggere, scrivere né svolgere le più elementari operazioni matematiche[9]. I bambini (età compresa tra i 6 e gli 11 anni) che si trovano in queste condizioni sono 387 milioni. Questo significa che più della metà dei bambini del mondo non riceverà tali basilari conoscenze e sarà, in pratica, del tutto analfabeta, con forti ricadute sulle possibilità di autodeterminazione e miglioramento delle proprie condizioni di vita. È per questo fondamentale che l’impegno contenuto nelle norme di diritto internazionale si tramuti in un impegno concreto, in particolar modo da parte dei paesi più sviluppati, a garantire un livello minimo di istruzione in tutto il mondo.
L’importanza di questo obiettivo può essere riassunta nelle parole del premio Nobel per la pace 2012 Malala Yousafazai, giovane donna pakistana: “Lasciateci ingaggiare dunque una lotta globale contro l’analfabetismo, la povertà e il terrorismo e lasciateci prendere in mano libri e penne. Queste sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un maestro, una penna e un libro possono fare la differenza e cambiare il mondo. L’istruzione è la sola soluzione ai mali del mondo. L’istruzione potrà salvare il mondo.”[10].

 

[1]Articolo 2: Il diritto all’istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di assicurare tale educazione e tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche.
Il testo del Protocollo Addizionale è disponibile al seguente indirizzo url http://www.studiperlapace.it/documentazione/europrot1.html

[2]Leyla Sahin c. Turchia, sentenza del 10 novembre 2005, Grande Camera, § 137.

[3] Art. 14 co.3 CdfUE

[4] Granito E., Il diritto all’istruzione ed il divieto di discriminazione. Un’analisi sull’integrazione scolastica dei minori di origine straniera in Italia ,tesi di laurea.

[5]UNHRC, Refugee Children: guidelines on protection and care, Preface, p.16, Ginevra, 1994. Per un approfondimento sul tema del diritto all’istruzione dei minori stranieri non accompagnati si veda: Talamo V. C. La tutela del diritto all’istruzione del migrante minore, in Ius in itinere, 26 marzo 2019.

[6] Corte EDU, D.H. e altri c. Repubblica Ceca, ricorso n. 57325/00, sentenza 13.11.2007; nelle more della decisione il governo ceco abolì tale tipo di classi.

[7]Di questi il 52% sono bambine. Ciò ha ovviamente una rilevanza sostanziale nell’aumento di fenomeni come quello matrimoni e gravidanze precoci. Fonte: Istruzione universale: una questione di equità, in Il Mondo Domani, bimestrale Unicef, anno XXX n°4, 2010.

[8] Fonte: Progress for Children – Archieving the MDGs with Equity – N. 9, Settembre 2010, p.19.

[9]Fonte: ActionAid: Il diritto allo studio e all’educazione , disponibile al seguente indirizzo:

[10] Discorso All’Assemblea generale delle Nazioni Unite, luglio 2013.

Rossella Russo

Nata nel 1995, laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II. Accanto alla pratica forense in diritto civile e del lavoro, da sempre mi dedico allo studio del diritto internazionale ed eurounitario. Attualmente frequento il Corso di Perfezionamento in Diritto dell'Unione Europea a cura del professor Roberto Mastroianni.

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