lunedì, Marzo 18, 2024
Diritto e Impresa

Rischio di credito e Codice della crisi d’impresa

Di Gianluca Potenza (Head of Banking & Financial Instutions di Consilia Business Management)

Un nuovo approccio alla gestione delle situazioni di crisi d’impresa

Il 15 luglio 2022 è entrato in vigore il Decreto legislativo nr. 83 del 17 giugno 2022, ultimo atto di una serie di interventi legislativi che nell’arco di un biennio hanno determinato lo slittamento dell’operatività oltre che la modifica degli ambiti di intervento, contribuendo a determinare l’attuale ultima versione del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII).

Tra i numerosi elementi di novità apportati dal CCII, rilevano in particolare quelli con impatti diretti sugli Intermediari e sulla gestione del rischio di credito.

Innanzitutto, la definizione di “crisi”, come delineata dall’articolo 2 comma 1 lettera a) da intendersi ora come lo “stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”. E poi quella di “insolvenza”, enucleabile alla successiva lettera b) come “lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”. Si tratta di definizioni in buona misura sovrapponibili ai concetti di inadempienza probabile e di sofferenza declinati dalla Circolare n. 272 della Banca d’Italia del 30 luglio 2008.

Dal punto di vista regolamentare, le esposizioni di rischio vantate da ciascun creditore finanziario coinvolto dovrebbero essere già classificate come inadempienze probabili per il sol fatto che l’impresa ha attivato la procedura di Composizione negoziata, o comunque lo sarebbe subito dopo l’avvio della stessa[1]. Ciò comporterà per l’intermediario la necessità di determinare accantonamenti congrui a fronte del rischio di credito sulla base delle valutazioni analitiche che dovranno essere condotte sulle esposizioni in default per determinare quale sarà la presumibile percentuale di realizzo, anche escutendo le eventuali garanzie che assistono l’esposizione. Ove all’esito del ricorso alla procedura di Composizione negoziata venisse richiesto al ceto bancario una moratoria su tutti i finanziamenti e la stessa venisse accolta (non necessariamente da tutti gli intermediari) la classificazione dovrà essere arricchita dell’attirbuto forborne non performing, trattandosi di una misura di forbearence concessa alla controparte. Infine, ove nel corso del contratto o al termine dei due anni di durata di esso (cd probation period) la temporanea crisi che ha investito l’impresa non dovesse risolversi positivamente, e quindi si rilevasse l’incapacità di produrre flussi di cassa sufficienti da porre a servizio del rimborso del debito, la posizione di rischio dovrà essere classificata a sofferenza.

Il CCII prevede specifici obblighi in termini di assetti organizzativi, amministrativi e contabili nell’ottica di consentire una tempestiva rilevazione della crisi e assumere le iniziative idonee a far fronte al rilevato stato di crisi, e in particolare richiede di:

  1. a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, in relazione alle peculiarità dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  2. b) verificare la non sostenibilità dei debiti e l’assenza di prospettive di continuità aziendale per i dodici mesi successivi e i segnali di allarme di cui al comma 4 dell’articolo 3:
  • la presenza di debiti per retribuzioni, scaduti da almeno trenta giorni pari ad oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  • l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni, di ammontare superiore quello dei debiti non scaduti;
  • la presenza di esposizioni verso banche ed altri intermediari finanziari, scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato, da almeno sessanta giorni, il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;
  • l’esistenza di una o più esposizioni debitorie, previste dall’articolo 25-novies, comma 1, nei confronti di creditori pubblici come INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate e Agente della riscossione);
  1. c) acquisire le informazioni necessarie a seguire la lista di controllo particolareggiata e ad effettuare il test per la verifica della possibilità di percorrere la strada del risanamento previsto dal comma secondo dell’art. 13 (ovvero tramite la Composizione negoziata per soluzione della crisi d’impresa).

Il CCII impone l’adozione di un approccio forward-looking nella gestione della crisi d’impresa[2], il che rende pertanto ancor più centrale il ruolo di strumenti di programmazione quali il piano industriale e il budget. Analogo approccio era già stato peraltro previsto dalle linee guida EBA on Loan Origination & Monitoring (LOM)[3] laddove veniva richiesto, in sede di concessione e di revisione degli affidamenti, l’assunzione di valutazioni di natura previsionale, circa gli eventi che potranno verificarsi e le azioni che l’impresa potrà intraprendere in futuro.

Nella composizione negoziata, una procedura volontaria e di natura prevalentemente stragiudiziale, i creditori hanno il dovere di collaborare lealmente con il debitore, con l’esperto nella composizione negoziata e con gli organi nominati dall’autorità giudiziaria e amministrativa nel rispetto dell’obbligo di riservatezza in merito allo stato del debitore, e alle iniziative da questi assunte e sulle informazioni acquisite.

Il legislatore ha voluto sottolineare il ruolo determinante degli intermediari, stabilendo al comma 5 dell’articolo 16 che “le banche e gli intermediari finanziari, i loro mandatari ed i cessionari dei loro crediti sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato “.

Annoverando gli intermediari finanziari, i loro mandatari e cessionari di crediti, il legislatore ha ricompreso tutti i portatori di interessi antagonisti a quelli del debitore tenuto conto che i crediti originati dall’attività delle banche sono ormai oggetto di cessione sul mercato degli NPL e degli UTP e quindi potrebbero essere detenuti da soggetti non bancari[4].

Al medesimo comma viene altresì previsto che “l’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di sospensione e di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore” salvo che non sia disposto dalla disciplina di vigilanza prudenziale: in tal caso è richiesta agli intermediari una comunicazione che dia conto delle ragioni della decisione assunta.

Risulta evidente la volontà di erigere gli intermediari al ruolo di parte attiva nel percorso che accompagna l’impresa verso l’uscita dalla crisi, impedendo l’adozione di comportamenti eccessivamente prudenziali che possano pregiudicare le prospettive di risanamento. Non sono quindi più compatibili con il nuovo CCII gli approcci passivi o refrattari che hanno caratterizzato la gestione delle crisi precedentemente all’entrata in vigore del nuovo codice. Si tratta di un aspetto di novità di particolare rilevanza che testimonia anche la volontà del legislatore di raggiungere un equilibrio non semplice, a metà tra normative che disciplinano la procedura di negoziazione e i requirement di vigilanza.

Di rilievo anche la possibilità di richiedere misure protettive così come previsto dall’art. 18, comma quinto del CCII, per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, anche prima dell’accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza. Tra queste vi è l’impossibilità da parte dei creditori di rifiutare unilateralmente l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, di modificarli in peius o di anticiparne la scadenza per il mero mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza di accesso alla composizione negoziata. La ratio è evidentemente quella di salvaguardare la continuità aziendale dell’impresa, assicurando il rispetto delle forniture derivanti da accordi precedenti all’accesso alla composizione negoziata.

I primi naturali destinatari della norma in parola sono gli Intermediari a cui è inibita la possibilità di esercitare diritti nella loro qualità di creditori per evitare che vengano negativamente condizionate le possibilità di arrivare ad un accordo utile per risanare l’impresa.

E’ sufficiente che l’imprenditore abbia chiesto la nomina dell’esperto e che quest’ultimo, entro due giorni dalla nomina, l’abbia accettata, anche se non è stato ancora presentato alcun piano di risanamento, per rendere efficaci tali limitazioni.

Dall’altra parte il legislatore ha previsto al comma 6 dell’articolo 19 la possibilità per i creditori di presentare istanza al giudice che ha emesso i provvedimenti di conferma, revoca o modifica delle misure protettive sopra citate, per la revoca o la abbreviazione delle misure protettive stesse e cautelari “quando esse non soddisfino l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiano sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti”.

L’invito a cooperare, ad assumere un atteggiamento proattivo e risolutorio è sancito anche al comma 6 dell’articolo 16 laddove viene previsto a carico di tutte le parti coinvolte nelle trattative il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto, rispettando gli obblighi di riservatezza sulla situazione dell’imprenditore, sulle iniziative da questi assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative.

Per gli Intermediari vi è quindi la necessità di abbandonare l’atteggiamento tergiversante, tipico, per esempio, dei negoziati sui piani di risanamento ex articolo 67 lett. d) della Legge fallimentare durante i quali le banche solitamente non formulano controproposte, limitandosi a comunicare l’accettazione o il rifiuto delle proposte dell’imprenditore.

La volontà del legislatore di favorire un atteggiamento collaborativo negli intermediari è desumibile anche dal disposto dell’articolo 25-decies, che impone alle Banche, nel momento in cui comunicano al cliente variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti, di darne notizia anche agli organi di controllo societari, se esistenti. Analoghe segnalazioni di debiti scaduti riguardano anche INPS, INAIL, AdE[5].

Per gli intermediari vi è quindi la necessità di allargare i nominativi oggetto di censimento anagrafico, almeno per le imprese il cui sistema di governance prevede un organo di controllo (tipicamente il Collegio Sindacale), ai componenti di tale organo, acquisendo le necessarie autorizzazioni al trattamento dei dati. Tali nominativi dovranno essere oggetto di costante aggiornamento nell’ambito della più generale attività di manutenzione dell’anagrafica generale degli intermediari.

Un ulteriore aspetto di rilievo per gli Intermediari riguarda il Titolo VI del CCII prevedendo la possibilità di condurre trattative unitarie per i gruppi di imprese aventi ciascuna il centro degli interessi principali nello Stato italiano, prevedendo la possibilità di porporre con un unico ricorso la domanda di accesso al concordato preventivo di cui all’articolo 40, nonché la domanda di accesso alla procedura di omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti, ai sensi degli articoli 57, 60 e 61, con un piano unitario o con piani reciprocamente collegati e interferenti.

L’art. 284, comma 4 CCII richiede l’illustrazione delle “ragioni di maggiore convenienza” del piano di gruppo o dei piani collegati, e ciò in ragione del “migliore soddisfacimento dei creditori delle singole imprese”, oltre che di trasparenza informativa. Occorre quindi rappresentare il presumibile maggior valore del gruppo “risanato” e in tal senso è richiesta l’illustrazione di una sintetica verifica comparativa tra la soluzione prospettata in concreto e le altre possibili soluzioni negoziali e non della crisi o dell’insolvenza (liquidazione giudiziale, concordato individuale o di gruppo, concordato liquidatorio, di continuità o misto, con assunzione ecc.)[6].

L’art. 285, comma 2, CCII richiede inoltre un’attestazione “supplementare”, da parte di un professionista indipendente, circa la “necessità” delle operazioni infragruppo ai fini: (i) della continuità di almeno alcune delle imprese del gruppo; (ii) e del miglior soddisfacimento dei creditori “di tutte le imprese del gruppo”.

E’ previsto che alla votazione “contestuale e separata” sulle proposte di concordato preventivo formulate dalle singole imprese istanti partecipino i relativi creditori, ma non i soci e, più in generale, i “detentori di strumenti di capitale”, quand’anche pregiudicati dal piano di soluzione. Sono pure escluse dal voto le imprese creditrici appartenenti al gruppo (art. 286, comma 6, CCII), anche se in bonis ed estranee alla procedura di concordato.

All’approvazione della proposta da parte dei vari gruppi di creditori concorsuali segue, ricorrendone i presupposti, l’omologazione giudiziale, sulla base di una valutazione unitaria e complessiva del piano di gruppo o dei piani collegati (art. 285, co. 4, CCII).

Per gli intermediari vi è quindi la possibilità di ottenere dalla normativa sui Gruppi di imprese un significativo miglioramento dei margini di manovra, non solo in termini di comprensione della problematica dell’articolata controparte, ma anche come opportunità di coordinare e razionalizzare gli sforzi per condurre le trattative delle varie imprese in stato di crisi del gruppo nella prospettiva auspicata.

Il nuovo ruolo del Credit Risk Manager

Per i gestori del rischio di credito si intravvede un’ulteriore prospettiva di cambiamento, come peraltro è già stato previsto dalle citate LOM.

Agli intermediari è richiesta l’implementazione di un’adeguata infrastruttura di dati nonché di politiche e procedure utili per sostenere il processo di concessione del credito e favorire la gestione e il monitoraggio del rischio di credito durante l’intero ciclo di vita degli affidamenti (valutazione del merito creditizio e concessione del credito, analisi dei rischi, revisione e monitoraggio del merito creditizio). L’infrastruttura di dati dovrebbe avere le seguenti principali caratteristiche:

  • assicurare continuità, integrità e sicurezza delle informazioni sull’esposizione, sul cliente e sulle garanzie reali dal momento della concessione del finanziamento e per tutto il ciclo di vita della linea di credito;
  • essere dettagliata per consentire l’acquisizione di informazioni specifiche sui singoli prestiti, in particolare sugli effettivi criteri di concessione del credito applicati al momento della concessione del finanziamento, permettendo di collegare i dati relativi al cliente con i dati relativi alla garanzia reale. La granularità dell’informazione deve essere tale da favorire l’efficace monitoraggio del rischio di credito, consentire la produzione di un completo audit trail sulla misurazione dell’efficienza e dell’efficacia delle prestazioni operative e creditizie, nonché il tracciamento degli scostamenti, delle eccezioni e degli override rispetto a quanto previsto nel documento sulle politiche del credito.

Gli intermediari dovrebbero inoltre effettuare revisioni regolari del merito creditizio delle imprese, con l’obiettivo di individuare eventuali cambiamenti nel loro profilo di rischio, nella loro posizione finanziaria o nel loro merito creditizio rispetto ai criteri e alla valutazione effettuata al momento dell’concessione del prestito, nonché rivedere e aggiornare eventuali rating/credit scoring interni.

In base a quanto previsto dalle LOM, il processo di revisione e la sua frequenza dovrebbero essere specifici e proporzionati al profilo di rischio del cliente e alla tipologia, entità e complessità delle linee di credito, e dovrebbero essere specificati nelle politiche e procedure pertinenti. Gli intermediari dovrebbero effettuare revisioni più frequenti se individuano un deterioramento della qualità del credito e delle attività. Il framework generale di monitoraggio del rischio di credito e l’infrastruttura di dati dovrebbero consentire agli intermediari di verificare che le revisioni del merito creditizio siano effettuate regolarmente, in conformità alle politiche e alle procedure relative al rischio di credito, al fine di individuare eventuali anomalie/eccezioni da segnalare per il follow up.

A tale scopo, gli intermediari dovrebbero aggiornare periodicamente le informazioni finanziarie della clientela e valutare gli elementi di novità rilevanti rispetto all’ultima data di valutazione del merito creditizio. La raccolta e l’analisi di queste informazioni dovrebbero essere d’ausilio per l’individuazione dei segnali di preallerta di una possibile deterioramento della qualità creditizia della controparte.

Le revisioni del merito creditizio dei clienti dovrebbero includere una valutazione della sensitivity del debito esistente e delle controparti rispetto a fattori esterni, come la volatilità dei tassi di cambio, che possono influenzare l’entità del debito e la capacità di rimborso.

Gli Intermediari dovrebbero inoltre monitorare:

  • il rispetto dei requisiti previsti nei contratti di assicurazione stipulati dai debitori sugli asset oggetto di garanzie reali, a presidio delle esposizioni rivenienti dalle linee di credito concesse;
  • il rispetto da parte dei clienti delle clausole restrittive concordate nei contratti di credito, in quanto utili strumenti di preallerta: l’individuazione precoce di eventuali breach dei covenant contrattuali è fondamentale per prevenire possibili incrementi del rischio di credito;
  • il rispetto delle clausole non finanziare, non solo raccogliendo certificazioni esterne, ma anche instaurando una stretta relazione con le imprese acquisendo così informazioni qualitative non enucleabili dai documenti e dalle altre fonti informative interne ed esterne.

Nell’ambito del più generale framework di monitoraggio del rischio di credito, gli intermediari dovrebbero sviluppare, mantenere e rivalutare regolarmente indicatori di preallerta quantitativi e qualitativi, supportati da un’adeguata infrastruttura informatica e di dati che consenta di rilevare tempestivamente l’aumento del rischio di credito sulle singole esposizioni.

Tali indicatori dovrebbero prevedere soglie di attivazione predefinite in relazione ai livelli specificati nel documento sulla propensione al rischio di credito, nelle strategie e nelle politiche relative al rischio di credito, a fronte delle quali devono essere assegnate procedure di attivazione di livelli successivi di intervento. Tali procedure dovrebbero condurre a selezionare le esposizioni o le controparti da sottoporre a un monitoraggio rafforzato, e alla creazione di una lista di controllo.

Il monitoraggio costante delle liste di controllo dovrebbe condurre alla produzione di specifiche relazioni da sottoporre alla revisione periodica del responsabile della funzione di gestione dei rischi, dei responsabili delle funzioni coinvolte nella concessione del credito e dell’organo di amministrazione.

Considerazioni Conclusive

Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza introduce numerose novità in tema di tempestività di decisione del debitore in crisi, intervenendo sulle regole di governance e introducendo le nuove procedure di allerta e composizione. Nel complesso, le misure incentivano l’impresa a monitorare con maggiore assiduità il proprio stato di salute e ad agire prontamente qualora sia minacciata la continuità aziendale[7].

Il CCII rappresenta quindi un nuovo importante agente di cambiamento nel rapporto banca-impresa, contribuendo al necessario processo di ammodernamento del nostro ordinamento giuridico. E’ una sfida che tutti gli operatori del settore sono chiamati a cogliere:  le imprese dovranno assumere maggior consapevolezza delle più ampie possibilità di fronteggiare eventuali situazioni di crisi e dovranno monitorare con particolare attenzione gli indicatori di cui al comma 4 dell’articolo 3; i creditori e, tra questi, gli intermediari, dovranno collaborare attivamente nella ricerca delle soluzioni più opportune per il superamento della crisi d’impresa; i consulenti e professionisti, che dovranno supportare l’impresa (gli esperti) o gli intermediari nello svolgimento delle loro funzioni, nonché i giudici chiamati a svolgere i propri compiti istituzionali, dovranno compiere un importante sforzo di aggiornamento professionale per favorire il passaggio al nuovo corso.

Di Gianluca Potenza

[1] S.Rizzo – Il quadro regolamentare delle esposizioni bancarie (nei confronti delle imprese “in crisi”) (https://dirittodellacrisi.it/articolo/il-quadro-regolamentare-delle-esposizioni-bancarie-nei-confronti-delle-imprese-in-crisi)

[2] M. Peta – L’adeguata informativa finanziaria: l’EBA e l’approccio forward-looking (https://www.larevisionelegale.it/2021/05/17/ladeguata-informativa-finanziaria-leba-e-lapproccio-forward-looking/)

[3] https://www.eba.europa.eu/regulation-and-policy/credit-risk/guidelines-on-loan-origination-and-monitoring

[4] D. Crivellari – Le banche e la composizione negoziata delle crisi d’impresa ex lege 147/21 (https://www.advisora.it/portal/2022/05/25/le-banche-e-la-composizione-negoziata-delle-crisi-dimpresa-ex-lege-147-21/)

[5] P. Ballanti – Codice Crisi d’Impresa, cosa cambia con il decreto correttivo: le novità (https://www.leggioggi.it/2022/07/25/codice-crisi-dimpresa-decreto-correttivo/)

[6] F. Guerrera – La regolazione negoziale della crisi e dell’insolvenza dei gruppi di imprese nel nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (https://www.dirittofallimentaresocieta.it/regolazione-crisi-insolvenza-gruppi-imprese-codice-crisi)

[7] P.Angelini – Banca d’Italia – Nuova regolamentazione sugli NPLs e il nuovo Codice delle crisi d’impresa (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-vari/int-var-2019/Angelini_21112019.pdf)

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