Violenza sessuale di gruppo e concorso morale: l’ultimo orientamento di legittimità
1. Premessa
La tematica circa il rapporto causale apportato dal concorrente nei reati di cui agli artt. 609-bis e 609-octies c.p. ha interessato la dottrina e la giurisprudenza, in particolare con riferimento al mutamento del titolo di reato con conseguente aggravio della pena.
Difatti qualora la condotta prevista dall’art. 609-bis sia commessa da più persone contemporaneamente presenti, queste risponderanno non di concorso nel delitto di violenza sessuale bensì nel più grave reato di violenza sessuale di gruppo.
Come si evince il confine tra concorso, anche morale, nel reato di violenza sessuale e violenza sessuale di gruppo è molto labile e si presta a varie interpretazioni.
Proprio su tale questione la Corte di cassazione si è pronunciata con una recente sentenza (Cass. Pen., Sez. III, 05.09.2022, n. 32503).
2. Violenza sessuale di gruppo: profili tipici.
Al fine di una maggiore comprensione della tematica in esame pare utile evidenziare gli elementi essenziale del delitto di violenza sessuale di gruppo.
Si tratta di una fattispecie plurisoggettiva a concorso necessario che ricorre quando agli atti di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) partecipano più persone riunite. Il delitto di violenza sessuale gruppo è un reato comune a concorso necessario, potendo essere commesso da chiunque e richiedendo la partecipazione di almeno due persone.
Se, da un lato, il concetto di gruppo sembrerebbe evocare la partecipazione di un numero di persone pari o superiore a tre, dall’altro la definizione normativa richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della violenza sessuale.
L’elemento materiale che caratterizza la violenza sessuale di gruppo è tipizzato attraverso il richiamo alla partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis c.p.-
Tuttavia, quanto alla partecipazione punibile e quindi alla configurazione stessa del reato di violenza sessuale di gruppo, non è affatto richiesto che tutte le persone riunite compiano atti di violenza sessuale, ma è necessaria l’effettiva presenza di esse nel luogo e nel momento di consumazione del reato, posto che occorre tenere conto della forza di intimidazione che la presenza delle più persone riunite esercita sulla vittima dell’abuso sessuale e che costituisce la ratio dell’incriminazione, distinguendo la violenza sessuale di gruppo dal concorso di persone nel reato di violenza sessuale, avendo il legislatore voluto rafforzare la tutela del bene protetto dall’incriminazione di cui all’art. 609-bis attraverso la previsione di una autonoma e più grave fattispecie incriminatrice (l’art. 609-octies c.p.), che tenesse pienamente conto del maggior disvalore penale del fatto derivante dall’apporto causale fornito nell’esecuzione del reato dalla presenza dei concorrenti nel locus commissi delicti produttiva di un’accentuata carica intimidatoria esercitata sulla vittima.
Ciò se induce a ritenere che è sufficiente e necessario che almeno due persone siano presenti sul luogo ove la vittima è abusata ed al momento in cui gli atti di violenza sessuale sono compiuti da uno di loro, traendo costui forza dalla presenza degli altri, non è tuttavia richiesto, per l’integrazione della fattispecie incriminatrice, che tutti i componenti del gruppo compiano gli atti di violenza o che assistano ad essi, bastando che abbiano apportato un contributo causale all’esecuzione del delitto e siano presenti nel luogo della violenza al momento dell’esecuzione del reato, potendo durante l’iter criminis intervenire in qualsiasi momento.
Tale conclusione è avvalorata da un’interpretazione sistematica della fattispecie incriminatrice dato che il quarto comma dell’art. 609-octies c.p. prevede una circostanza attenuante per il partecipe la cui opera abbia avuto una minima importanza nella fase preparatoria o esecutiva del reato sicché — posto che sarebbe inconcepibile ravvisare il contributo di minima importanza nell’ipotesi di partecipazione diretta del correo agli atti di violenza sessuale— si deve necessariamente ritenere che il fatto tipico è integrato anche in assenza del diretto compimento di atti sessuali da parte di uno dei concorrenti.
La partecipazione penalmente rilevante ex art. 609-octies c.p., prescindendo dal compimento diretto dell’atto di violenza sessuale, è compatibile con qualsiasi altra forma di partecipazione criminosa a condizione che sussista il requisito delle persone riunite che è integrato tutte le volte in cui nel momento e nel luogo della commissione della violenza siano presenti almeno due persone.
In tal senso, la contemporanea presenza è assicurata anche da colui che non assista o non compia materialmente gli atti di violenza sessuale allorquando possa agevolmente intervenire in qualsiasi momento della fase esecutiva del delitto o si limiti a presidiare il luogo di esecuzione del crimine, essendo sufficiente che dal compartecipe sia comunque fornito un contributo causale alla commissione del reato, anche nel senso del rafforzamento della volontà criminosa dell’autore dei comportamenti tipici di cui all’art. 609-bis c.p.-
In definitiva quindi risponde del reato di violenza sessuale di gruppo anche chi, pur non avendo compiuto atti di minaccia o di violenza, dia un contributo causale alla commissione del fatto, anche solo partecipando ad un segmento dell’azione delittuosa.
Peraltro, l’art. 609-octies, nell’individuazione della condotta punibile, si riferisce espressamente a tutti gli atti di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis c.p. e quindi anche alle ipotesi previste nel secondo comma di detta norma.
Il dolo del delitto di violenza sessuale di gruppo è generico e consiste nella coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona offesa non consenziente.
La commissione di atti di violenza sessuale di gruppo si distingue dal concorso di persone nel reato di violenza sessuale, perché non è sufficiente, ai fini della sua configurabilità, l’accordo della volontà dei compartecipi, ma è necessaria la simultanea, effettiva presenza dei correi nel luogo e nel momento della consumazione del reato, in un rapporto causale inequivocabile.
Ove il concorrente sia presente sul luogo del delitto è integrato il reato di violenza sessuale di gruppo; cosicché vi è spazio per la configurabilità del concorso di persone nel reato di violenza sessuale solo nella forma del concorso morale con l’autore materiale della condotta criminosa.
Pertanto, il concorso eventuale di persone nel reato di violenza sessuale è configurabile solo nelle forme dell’istigazione, del consiglio, dell’aiuto o dell’agevolazione da parte di chi non partecipi materialmente all’esecuzione del reato stesso e neppure sia presente nel momento e nel luogo della commissione della violenza.
Ne consegue che il concorso di persone nel reato di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis c.p. è configurabile solo nella forma del concorso morale con l’autore materiale della condotta criminosa, ove il concorrente non sia presente sul luogo del delitto, configurandosi, invece, nel caso di un contributo materiale il delitto di violenza sessuale di gruppo.
Tale assunto risulta confermato anche dalla giurisprudenza di legittimità che ha più volte ha affermato: “Deriva da tali osservazioni che il concorso di persone nel reato di violenza sessuale ai sensi dell’art. 609 bis c.p., può configurarsi solo nella forma del concorso morale con l’autore materiale della condotta criminosa senza che il concorrente sia presente sul luogo del delitto, dovendosi altrimenti configurare la fattispecie prevista dall’art. 609 octies c.p.” (Cass. Pen., Sez. III, 29.05.2015, n. 23272).
La violenza sessuale di gruppo, ex art. 609-octies c.p., è procedibile d’ufficio e la competenza appartiene al Tribunale in composizione collegiale.
3. L’ultimo orientamento di legittimità.
Come evidenziato sub. 1, la questione circa la distinzione tra il concorso di persona nel reato di violenza sessuale e la violenza sessuale di gruppo.
La pronuncia origina dal ricorso presentato dal difensore dell’indagata contro il provvedimento emesso dal Tribunale del Riesame che aveva rigettato la richiesta di revoca della misura cautelare applicata alla stessa.
Il gravame si basava sul vizio di motivazione e la violazione di legge, evidenziando che la mera presenza dell’indagata sul luogo dell’accaduto difficilmente poteva essere stata da stimolo e da rafforzamento dell’altrui proposito criminoso.
Nella motivazione, la Corte si sofferma sulla natura del reato di cui all’art. 609-octies ed in particolare sulla natura di fattispecie plurisoggettiva a concorso necessario, con la conseguenza che il concorso eventuale di persone nel reato di violenza sessuale è configurabile solo nelle forme dell’istigazione, del consiglio, dell’aiuto o dell’agevolazione da parte di chi non partecipi materialmente all’esecuzione del reato stesso.
In altri termini, la realizzazione di un contributo morale, da parte del concorrente che non realizza l’azione tipica, sul luogo e nel momento del fatto costituisce una condotta di partecipazione punita direttamente ai sensi dell’art. 609-octies c.p.-
In tal senso la Suprema corte ha ravvisato tale partecipazione in capo all’indagata sulla base delle frasi da questa pronunciate, mentre era in corso la registrazione del video, che hanno rafforzato, l’intento di usare violenza alla persona offesa, peraltro portatore di deficit cognitivo, da parte dell’autore materiale del reato.
La Corte di cassazione ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.
Dopo il diploma presso il liceo classico Cavanis di Venezia ha conseguito la laurea in Giurisprudenza (Laurea Magistrale a Ciclo Unico), presso l’Università degli Studi di Verona nell’anno accademico 2016-2017, con una tesi dal titolo “Profili attuali del contrasto al fenomeno della corruzione e responsabilità degli enti” (Relatore Chia.mo Prof. Avv. Lorenzo Picotti), riguardante la tematica della corruzione e il caso del Mose di Venezia.
Durante l’ultimo anno universitario ha effettuato uno stage di 180 ore presso l’Ufficio Antimafia della Prefettura UTG di Venezia (Dirigente affidatario Dott. N. Manno), partecipando altresì a svariate conferenze, seminari e incontri di studi in materia giuridica.
Dal 30 ottobre 2017 ha svolto la pratica forense presso lo Studio dell’Avv. Antonio Franchini, del Foro di Venezia. Da gennaio a luglio 2020 ha ricoperto il ruolo di assistente volontario presso il Tribunale di Sorveglianza di Venezia (coordinatore Dott. F. Fiorentin) dove approfondisce le tematiche legate all’esecuzione della pena e alla vita dei detenuti e internati all’interno degli istituti penitenziari.
Nella sessione 2019-2020 ha conseguito l’abilitazione alla professione forense presso la Corte d’Appello di Venezia e dal 9 novembre 2020 è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Venezia.
Da gennaio a settembre 2021 ha svolto la professione di avvocato presso lo Studio BM&A – sede di Treviso e da settembre 2021 è associate dell’area penale presso MDA Studio Legale e Tributario – sede di Venezia.
Da gennaio 2022 è Cultore di materia di diritto penale 1 e 2 presso l’Università degli Studi di Udine (Prof. Avv. Enrico Amati).
Nel luglio 2022 è risultato vincitore della borsa di ricerca senior (IUS/16 Diritto processuale penale), presso l’Università degli Studi di Udine, nell’ambito del progetto UNI4JUSTICE.
Nel dicembre 2023 ha frequentato il corso “Sostenibilità e modelli 231. Il ruolo dell’organismo di vigilanza” – SDA Bocconi.
È socio della Camera Penale Veneziana “Antonio Pognici”, e socio A.I.G.A. – sede di Venezia.