venerdì, Luglio 26, 2024
Fashion Law Influencer Marketing

Barbie: il brand, l’icona, la storia

Cos’è, anzi, chi è Barbie? Una bambola? Un brand? Un’icona? Una persona?

È difficile – e probabilmente sarebbe riduttivo – circoscrivere Barbie e il suo mondo dei sogni rosa. Sta di fatto che la paladina della moda nata nel secondo dopoguerra ha decretato la fortuna planetaria della multinazionale statunitense Mattel Inc[1], che tuttora – grazie alla sua vincente strategia di impresa – continua a beneficiare dei successi della sua creazione di punta[2].

  1. La nascita di un mito

Il 9 marzo 1959 fa il suo ingresso alla fiera del giocattolo di New York ciò che sarebbe destinato a diventare il simbolo del conformismo consumista dell’Occidente del Novecento e del nuovo millennio: la bambola Barbie, la teenager fashion model dalla vita perfetta e ossessionata dalla moda.

Probabilmente in pochi sapranno che la bambola dai vistosi occhiali da sole, dalle curve voluttuose e dai tacchi mozzafiato fa la sua prima apparizione il 23 giugno 1952 sulla colonna della prima pagina del giornale tedesco «Bild Zeitung». È la mano del grafico della testata, Reinhard Beuthin, a dar vita a “Lilli”: donna slanciata e dai morbidi boccoli biondi che incarna il «canone di bellezza che il defunto regime nazionalsocialista aveva propagandato come unico possibile e che il tedesco medio ha imparato a considerare come ideale»[3].

Lilli, che nelle vignette di Beuthin rallegrava la prima pagina della neonata testata «Bild Zeitung», appare sempre intenta a curare il suo aspetto e a far mostra delle sue perfette forme.

Grazie al successo ottenuto, un anno dopo la sua nascita, Beuthin decide che era arrivato il momento di concedere alla sua creatura Lilli il dono della tridimensionalità.

Fu così che il 12 agosto 1955 la bambola dai capelli biondi legati da una coda di cavallo e dalle forme provocanti e sinuose fa il suo ingresso nel mercato tedesco ignara di divenire di lì a poco la capostipite di un autentico mito.

  1. 1 A new kind of doll from a real life

Durante un viaggio di piacere del 1956 nel vecchio continente, la famiglia Handler – composta da Elliot Handler (cofondatore della Mattel Inc.[4]), sua moglie Ruth ed i figli Barbara e Kenneth – passeggiando per le vetrine dei negozi svizzeri si imbatte per la prima volta nella bambola Lilli.

«Eravamo andati tutti e quattro a fare una passeggiata per vetrine. […] Presto ci fermammo davanti a un negozio di giocattoli. Ken disparve al suo interno, ed Elliot gli andò dietro. […] Al posto di seguirli, Barbara ed io ci attardammo a lungo davanti al negozio. Eravamo totalmente affascinate dalle vetrine. Vi erano esposte sei bambole di 28 centimetri; i visi e i capelli erano identici ma ogni bambola portava una tenuta da sci diversa, di stile europeo».[5]

Fu proprio Ruth che, trovando ispirazione in sua figlia Barbara e nelle bambine della sua età, ebbe l’intuizione di dar vita ad una bambola che non fosse più un pargoletto di plastica con le braccia paffute e gli occhi sgranati da cullare e nutrire.

L’idea originaria di Ruth era quella di voler dare alle bambine statunitensi figlie degli anni Cinquanta – epoca di cambiamento del ruolo femminile nella società – una bambola dall’aspetto adulto e reale che con le sue decine di abiti e gli svariati accessori le avrebbe traghettate fino alla maturità, convincendole di poter diventare tutto ciò che volevano essere.

Nacque così Barbie (il cui nome è il diminutivo della figlia degli Handler, Barbara Joyce) tanto simile nel look e nelle forme del corpo alla progenitrice tedesca Lilli.

Con gli anni Barbie acquisterà tre sorelle e un fratello, delle cugine, un amico del cuore, un gruppo di amici di diverse etnie, un gruppo di pets e collezionerà proprietà mobiliari ed immobiliari. Insomma, la Mattel esaudirà ogni suo desiderio senza derogare alle imprescindibili leggi del mercato[6].

  1. La vita “perfetta” del brand Barbie

La solidità del brand Barbie, ottenuta nel corso dei decenni, è solo la punta dell’iceberg della strategia imprenditoriale adottata dalla società californiana. Come ha recentemente affermato Richard L. Dickson, presidente e Chief Operating Officer di Mattel Inc,, «non c’è un angolo del globo che non sia diventato rosa [Barbie]».

Il successo incontrastato di Barbie è stato pian piano costruito partendo proprio dalla messa in sicurezza del pacchetto di proprietà intellettuale – brevetti, marchi, design, diritti d’autore e know-how  –  di cui la società californiana ne è la titolare indiscussa.

Secondo i calcoli più recenti della società di consulenza londinese Brand Finance[7], la proprietà intellettuale del marchio Barbie ammonta a 701 milioni di dollari.

2.1 Il brevetto Barbie

A partire dagli anni sessanta del secolo scorso, la Mattel ha depositato e ottenuto la concessione di diversi brevetti relativi al prototipo di bambola ideata da Ruth Handler. Primo fra tutti l’ormai storico brevetto statunitense n. 3,009,284A[8] che mirava a proteggere la struttura fisica della bambola con specifico interesse ai lineamenti del corpo, degli arti e dei piedi. Col tempo sono susseguite ulteriori brevettazioni al fine di ottenere un diritto esclusivo anche sulle migliorie apportate alla bambola: come ad esempio, il sistema che consentiva alla Barbie di muovere braccia e gambe in modo naturale o il sistema che permetteva alle bambine di cambiare a proprio piacimento la pettinatura senza rovinare la bambola.

2.2 Il marchio Barbie

Il marchio Barbie, registrato negli Stati Uniti nel 1959, è uno tra i più famosi e riconoscibili al mondo[9]. Nel corso degli anni il marchio è stato oggetto di rebranding, mantenendo però sempre lo stile minimalista che l’ha contraddistinto. La scelta (quasi naturale e scontata) del colore rosa (c.d. “Rosa Barbie”) è associata alla femminilità ed alla giovinezza. Rosa sono spesso gli abiti delle reginette dei licei americani. E non a caso sempre il rosa, nell’immaginario comune, evoca un’atmosfera superficialmente felice.

Ad oggi, solo nel registro dei marchi tenuto dall’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO) esistono ventitré marchi[10] validamente registrati che proteggono la dicitura Barbie nelle sue svariate vesti grafiche e non solo.

2.3 Barbie vs Burberry

Il fascio dei diritti di proprietà intellettuale detenuto dalla Mattel è stato spesso teatro di innumerevoli controversie che hanno riguardato Barbie e il suo ‘Barbie World’. Fortunatamente per la Mattel, i diritti relativi alla proprietà intellettuale di Barbie sono sempre prevalsi, tranne in alcuni rari casi[11].

Una tra le più recenti degna di nota è la controversia relativa alla presunta violazione del marchio Barbie da parte della casa di moda inglese Burberry.

In data 20 giugno 2022, la maison inglese Burberry depositava presso l’Ufficio Marchi statunitense (USPTO) la domanda di registrazione del marchio denominativo “BRBY” (domanda di marchio n. 97512109)[12]: neo etichetta dell’azienda che vede cadere le vocali del noto marchio BURBERRY.

A seguito del continuo e costante monitoraggio dei suoi diritti di privativa, la società californiana veniva a conoscenza del deposito da parte della casa di moda inglese del sopra citato marchio “BRBY”.

Sulla scorta della notorietà del marchio Barbie – utilizzato ormai non solo più per le iconiche bambole – la casa produttrice Mattel proponeva opposizione alla domanda di marchio “BRBY” n. 97512109 presso il Trademark Trial and Appeal Board (TTAB) per ostacolarne la registrazione a causa del rischio di confusione tra i segni Barbie – BRBY, a suo dire visivamente similari e foneticamente identici.

Ad oggi il procedimento non si è ancora concluso ed il marchio BRBY dovrà ancora attendere per poter essere validamente protetto negli Stati Uniti.

  1. La strategia vincente della Mattel

La bambola più famosa del mondo non è solo un giocattolo e la Mattel lo sa bene dato che ha elaborato la formula magica per rendere Barbie immortale: farla vivere al passo coi tempi affinché possa essere sempre l’amica delle bambine di ogni generazione.

Con gli anni si è visto che nei periodi in cui la bambola era maggiormente redditizia, la stessa risultava essere fortemente connessa con la cultura dell’epoca.

Con l’avvento e la diffusione dei social network la Mattel – come del resto le altre realtà imprenditoriali – stravolse completamente la sua strategia di marketing e di comunicazione.

Per citare un esempio, nel 2006 – non appena fu fondato il social network YouTube – la Mattel creò sulla piattaforma di proprietà di Google un canale denominato “Barbie” che conta, ad oggi, 11,4 milioni di iscritti e miliardi di visualizzazioni dei contenuti creativi postati.

Ciò che spinse a questa scelta fu un’intensa indagine di mercato che prospettò un quadro favorevole alla Mattel per poter instaurare un contatto diretto con i potenziali acquirenti. Dai risultati della ricerca era emerso che la maggior parte dei bambini di età compresa tra i cinque e i dodici anni erano soliti guardare i contenuti postati su YouTube attraverso i dispositivi elettronici dei loro genitori. Inutile dire che fu una scelta fruttuosa.

Ma non è tutto.

Al fine di espandere ed intercettare nuovi profitti, sono state stipulate dalla Mattel collaborazioni con artisti e con molte aziende del settore moda, del lifestyle e della tecnologia. Non poteva essere altrimenti dato che sin dalle origini la società statunitense ha sempre “venduto” il mito della fashion doll Barbie come un esempio di stile.

Di recente la Mattel ha consolidato la posizione del brand licensing del marchio Barbie allargando la sua presenza nel settore dei prodotti beauty stipulando una collaborazione con la multinazionale tedesca Beiersdorf AG, per la messa in commercio della “Labello Limited Edition Barbie”[14].

Sempre in tema di licensing, altra importante collaborazione è stata siglata con Coccinelle, marchio italiano di pelletteria e accessori. Frutto di quest’unione è la “Bag-manifesto”, una borsa in tela di nylon con manici in pelle e nastro gros-grain, che porta la scritta “The future is limitless[15] (“Il futuro è senza limiti”).

  1. Conclusioni

Barbie, il suo marchio, la sua storia non sono affatto “roba da museo”.

Lo testimonia la longevità del suo “Barbie world”, i crescenti profitti nel tempo della casa produttrice, le numerose e le fiorenti collaborazioni con marchi che, nonostante siano già di per sé notori, fanno a gara per aggiudicarsi l’opportunità di espandere il proprio business grazie alla bambola più cool e famosa del mondo.

[1] Mattel Inc. è una delle aziende di giocattoli più conosciuta al mondo. Oltre a Barbie, tra i suoi prodotti più celebri vi sono Monster High, Big Jim, i modellini Hot Wheels e Matchbox, la serie di action figure Masters of the Universe e le carte da gioco UNO.

[2] Ne è testimonianza la crescente fibrillazione per l’uscita nelle sale cinematografiche della pellicola “Barbie – The movie” diretta dalla regista Greta Gerwig che vedrà come protagonisti gli attori Margot Robbie (nel ruolo di Barbie) e Ryan Glosling (nel ruolo di Ken). Un film, appunto, che riproduce il mondo di plastica felice e perfetto della fashion doll più famosa del mondo e dei suoi compagni di avventura.

[3]N. Bazzano, La donna perfetta. La vita di Barbie, Bari, Laterza, 2008, p. 3.

[4] La Mattel fu fondata nel 1945 da Harold Mattson ed Elliot Handler. L’azienda, il cui nome è frutto della fusione fra le prime lettere del cognome del primo e quelle del secondo, in origine produceva e commercializzava mobili per case di bambole. Quando Harold Mattson lasciò la società, la relativa quota fu rilevata dalla moglie di Handler, Ruth Mosko.

[5] Le parole di Ruth Handler sono tratte da M. – F. Hanquez-Maincent, Barbie poupée e totem, cit., p. 29.

[6] Sul punto si veda N. Bazzano, La donna perfetta. La vita di Barbie, Bari, Laterza, 2008, p. 20.

[7] Brand Finance è la più importante società di consulenza per la valutazione del brand e degli altri asset intangibili del mondo.

[8] Sei mesi dopo il debutto della bambola Barbie alla fiera del giocattolo di New York, il 24 luglio 1959 fu depositata, presso l’Ufficio Marchi e Brevetti statunitense (USPTO), la domanda di brevetto della bambola Barbie n. 3,009284A a nome dell’inventore/disegnatore della Mattel John Ryan. Detto brevetto fu concesso il 21 novembre 1961.

[9] Una notorietà non indifferente dato che ad oggi il numero di bambole Barbie vendute supera il miliardo. Questo ha portato “Barbie” al quarto posto nella classifica (2023) dei migliori marchi di giocattoli al mondo dietro solo a Lego, Bandai Namco e Fisher-Price. Sul punto cfr. https://www.thefashionlaw.com/case-study-the-big-business-that-is-barbie/.

[10] Naturalmente, innumerevoli sono le registrazioni presso gli Uffici nazionali dei Paesi membri dell’Unione Europea e le registrazioni presso gli altri Uffici nazionali del mondo.

[11] È il caso del contenzioso tra la Mattel e la MCA Records, etichetta discografica della la band euro-pop danese-norvegese Aqua che nel 1997 ha scalato le classifiche mondiali con il singolo “Barbie girl”. La canzone in questione, palesemente ironica, prendeva in giro il mito della bambola più amata degli Stati Uniti facendo leva sulla misoginia intrinseca di Barbie. La Mattel non potendo citare in giudizio Barbie per violazione del copyright – dato che il videoclip della canzone non includeva le bambole o immagini di Barbie – instaurò un contezioso contro la MCA Records per aver usato – senza autorizzazione – nel testo della canzone il marchio Barbie e  il “Barbie Packaging Trade Dress“, che consiste in vari elementi, tra cui una combinazione di colori bianchi e rosa, per l’appunto distintivi del brand Barbie. Per la Mattel non ci fu nessun lieto fine giudiziario. La causa fu respinta prima da un tribunale distrettuale e successivamente dalla Corte d’appello degli Stati Uniti per il Nono Circuito che stabilì che la canzone “Barbie Girl” altro non era che una parodia e per tale motivo protetta ai sensi del Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. L’inarrendevole Mattel richiese una revisione del processo alla Corte Suprema degli Stati Uniti, ma fu respinta.

[12] Di seguito il link dell’Ufficio Marchi statunitense che dettaglia la domanda di registrazione del marchio US  “BRBY”: https://tsdr.uspto.gov/#caseNumber=97512109&caseType=SERIAL_NO&searchType=statusSearch.

[13] Cfr. “Con Labello E Barbie™, Puoi Essere Tutto Ció Che Desideri”: Scopri la nuova Labello Limited Edition Barbie! – Labello ·

[14]La bag-manifesto Coccinelle for Barbie™ nasce per mettere in circolo il più importante e necessario dei messaggi: THE FUTURE IS LIMITLESS. Una borsa che si fa portavoce di un futuro diverso, di un’idea di bellezza precisa, una sorta di manifesto per un nuovo domani, perché accettarci nella nostra diversità ci renderà più forti e padrone del nostro futuro. La mission è fare rumore. Perché inclusività, accettazione di sé e girl power non restino soltanto parole, belle ma vuote”. Sul punto cfr.: https://www.coccinelle.com/it/coccinellebarbie/coccinelle-for-barbie%E2%84%A2-new-pink-E1H1F130101P54.html?cgid=coccinellebarbie. Si tratta di un progetto internazionale che ha coinvolto venticinque Paesi in tutto il mondo.

Per ulteriori approfondimenti sul tema del licensing, si legga:

M. CORSO, Il licensing nella moda come strategia d’impresa, Ius in Itinere, al link: Il licensing nella moda come strategia d’impresa – Ius in itinere

Lascia un commento