Cass. Pen., Sez. VI, 19 gennaio 2021 n. 2181 in tema di sequestro preventivo
La massima
“In sede di giudizio cautelare di rinvio, a seguito di annullamento dell’ordinanza cautelare per ragioni legate alla verifica del fumus commissi delicti, il giudice è tenuto a valutare tale requisito anche in caso di sopravvenuto rinvio a giudizio del soggetto interessato, allorquando la regola di giudizio fissata dalla sentenza di annullamento imponga una valutazione del fumus diversa e più stringente rispetto a quella giustificativa del rinvio a giudizio” (Cass. Pen., Sez. VI, 19.01.21, n. 2181).
Il caso
Il Tribunale della libertà di Roma, in sede di giudizio di rinvio, in parziale accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso il provvedimento del GIP di rigetto della domanda cautelare, ha disposto il sequestro preventivo nei confronti di un soggetto imputato di corruzione propria.
Il Tribunale aveva già parzialmente accolto l’appello del Pubblico Ministero, ma l’ordinanza era stata annullata in sede di legittimità in relazione al requisito del fumus commissioni delicti, con particolare riferimento alla sussistenza della qualifica di incaricato di pubblico servizio e alla proporzionalità della misura rispetto al profitto derivante dal reato.
In sede di rinvio, il Tribunale aveva accolto l’appello del Pubblico Ministero, con ordinanza nuovamente annullata dalla Corte di Cassazione, per mancato adeguamento al principio di diritto espresso nel precedente giudizio di legittimità.
In sede di secondo rinvio, il Tribunale della libertà ha nuovamente accolto l’appello del Pubblico Ministero, ritenendo che il sopravvenuto rinvio a giudizio dell’imputato consentisse di fugare i dubbi sull’esistenza del fumus del delitto di corruzione, compresa la qualifica soggettiva dell’imputato.
La motivazione
Nell’accogliere il ricorso, la Corte di Cassazione rileva che la questione riguarda l’interferenza del giudizio principale sul giudizio cautelare.
In riferimento agli artt. 309 e 310 c.p.p. la Consulta aveva affermato che il giudizio principale può determinare effetti preclusivi su quello cautelare solo in presenza di decisione che contenga una valutazione del merito tale da assorbire la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza[1].
Inoltre, sempre rispetto alle misure cautelari personali, le Sezioni Unite avevano rilevato che, in seguito alla l. n. 479/1999, nonostante il rafforzamento dei poteri riconosciuti alle parti e al giudice in materia di prova in sede di udienza preliminare, la valutazione del GUP non costituisce un’anticipata verifica dell’innocenza/colpevolezza dell’imputato. Tale valutazione è piuttosto diretta a stabilire la sostenibilità dell’accusa in giudizio, tramite una prognosi sul grado di probabilità logica di successo della prospettazione accusatoria[2]. La valutazione degli indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 c.p.p. ha una consistenza qualitativa e quantitativa deversa rispetto alla regola di giudizio propria del giudizio di rinvio. Dunque, permane il potere-dovere del Tribunale del riesame di valutare l’adeguatezza del quadro indiziario posto a base del provvedimento impugnato anche dopo il decreto di rinvio a giudizio.
Nel caso di specie, concernente una misura reale, la Corte osserva che, secondo un indirizzo consolidato, la questione della sussistenza del fumus del reato è preclusa qualora nel frattempo venga disposto il rinvio a giudizio, trattandosi di misura dal contenuto e dai presupposti distinti rispetto alle misure personali. Tuttavia, se il rinvio a giudizio può in astratto precludere la valutazione del fumus in tema di sequestro preventivo, occorre distinguere il caso in cui detta valutazione sia in concreto errata già prima del rinvio a giudizio.
Dal momento che per le misure reali non sono richiesti gravi indizi di colpevolezza, ma l’obiettiva sussistenza del fumus del reato, la giurisprudenza di legittimità impone un accertamento di maggior rigore circa i presupposti che giustificano l’adozione del sequestro preventivo. Si tratta di un accertamento sulla obiettiva e seria congruità degli elementi di fatto indicati dall’accusa circa la sussistenza del reato ipotizzato. Dunque, è possibile che la valutazione del fumus relativo all’esistenza obiettiva del fatto sia diversa e più stringente rispetto a quella propria posta alla base del decreto che dispone il giudizio, quest’ultima caratterizzata dalla valutazione sulla minima probabilità di colpevolezza e sull’utilità dell’accertamento dibattimentale.
Nel caso di specie, la valutazione del Tribunale in sede di predisposizione del sequestro è stata insufficiente, poiché l’accertamento non è stato adeguato alle prescrizioni del Giudice di legittimità rispetto alla sussistenza della qualifica soggettiva in capo all’imputato. La sopravvenuta emissione del decreto di rinvio a giudizio non può quindi valere a assorbire la carenza riscontrata in sede di legittimità e il conseguente vaglio demandato al Tribunale.
[1] C. Cost. n. 71/1996.
[2] Cass. SS UU n. 39915/2002.