venerdì, Marzo 29, 2024
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Commerciabilità degli immobili e regolarità urbanistica: problemi applicativi circa la “sanabilità”

 

Il legislatore dell’80 era chiamato a risolvere la questione relativa alla “commerciabilità del bene immobile”, in quanto non era più possibile vendere l’immobile abusivo. Infatti, fino all’emanazione della Legge sul condono edilizio, era sufficiente che la parte acquirente dichiarasse  di sapere che l’immobile era sprovvisto della cd. licenza edilizia.

È, così, nata la Prima Legge sul Condono Edilizio (L. n. 47 del 1985) come risposta all’esigenza di regolare le vicende urbanistiche dei beni e creare un sistema di rilascio delle licenze urbanistiche.

L’obiettivo del legislatore era quello di dare a tutti la possibilità di “sanare” il passato, pagando anche gli oneri di urbanizzazione evasi.
La norma ed il relativo istituto, possono dirsi nati come “perdono” concesso dalla Pubblica Amministrazione a tutti quei soggetti i quali non avevano potuto “regolarizzarsi” in precedenza.

Tale sistema aveva fatto sì che i beni fossero commerciabili e si formasse una massa contributiva utile a rimpinguare le casse comunali.

Nella prassi non era tutto così semplice tant’è che spesso il privato presentava richiesta di rilascio della concessione in sanatoria (cd. condono), ma tra la domanda e l’effettivo rilascio poteva passare un tempo infinito. Dunque, il legislatore, immaginando che ci sarebbero stati dei ritardi, ha consentito ad un pubblico ufficiale, nella figura del notaio, di commercializzare il bene anche solo qualora vi fosse una “mera domanda di concessione in sanatoria”. [1]

Vi poteva essere anche la possibilità che l’immobile fosse privo di licenza (si pensi ad un fabbricato dell’800), per cui il legislatore ha stabilito un “data spartiacque”, dopo la quale non era più consentito far circolare un immobile che ne fosse sprovvisto: tale data è stata fissata nel giorno 1 Settembre 1967.

La questione più intricata, tuttavia, riguardava il dettato normativo, in quanto la disposizione trattava di opera abusiva. Ma l’opera potrebbe essere abusiva sia “totalmente”, sia “parzialmente” e ciò che conviene distinguere, pertanto, è il fenomeno della commerciabilità da quello della regolarità urbanistica.

Il bene può tranquillamente essere commerciabile, ma non urbanisticamente regolare. Si pensi ad un’unità abitativa per cui è stata (meramente) fatta richiesta di licenza edilizia, ma per la quale non è mai stata effettivamente rilasciata: ebbene, questo tipo di immobile è commerciabile, ma non è regolare. Ciò che conta è che l’acquirente sia informato dello stato di fatto e di diritto del bene.
Il soggetto tenuto a filtrare e fornire tali informazioni è il notaio, il quale valuta, prima, la commerciabilità del bene e dopo, la relativa regolarità urbanistica.

Il legislatore ha predisposto una norma importante, generalmente con riferimento alla legge n. 47 del 1985 (di cui supra), ma nello specifico, per quanto riguarda la circolazione degli immobili, l’art. 40[2]. Esso si applica e si riferisce unicamente agli atti inter vivos aventi ad oggetto diritti reali esclusi quelli di servitù e di garanzie reali. Più precisamente attiene ad edifici o loro parti.

Il legislatore, tra l’altro, prevede una sanzione piuttosto grave, ossia commina la nullità in casi tassativamente previsti e cioè se manca:

  • La dichiarazione dell’alienante di estremi di licenza o concessione edilizia;
  • La dichiarazione della concessione di edificare in sanatoria;
  • L’allegazione della copia autentica (eventualmente anche della sola domanda), munita dei versamenti delle prime rate dell’oblazione[3] (di competenza statale)ed eventualmente anche dei relativi oneri concessori (di competenza comunale);
  • La dichiarazione sostitutiva (giurata) di atto notorio per le opere iniziate prima del giorno 1 settembre 1967.

Si trattava, però, di una nullità sanabile con atto di conferma, qualora essa fosse dovuta ad errore, come ad esempio nel caso in cui il soggetto non menzionasse la licenza, ma la licenza esisteva ed era stata rilasciata.

 

Ciò che converrebbe capire è se il legislatore è realmente riuscito a raggiungere gli obiettivi che si era prefissato, ma la risposta pare scontata già per il fatto che vi sono state nel tempo altre due Leggi sul Condono edilizio, le quali, molto probabilmente, hanno complicato ancor di più il quadro sia normativo che pratico.

Tuttavia, le problematiche legate all’abusivismo sono talmente varie e disparate, da non poter pensare di riuscire a risolvere tutto con il mero pagamento di oneri (siano essi statali e/o comunali), in quanto (come ben si sa), le cause e le conseguenze del fenomeno “abusivismo” sono da ricercare spesso in dinamiche “scientifiche” che il legislatore da solo non può risolvere.

Un esempio utile per una ricostruzione unitaria della materia, può essere rappresentato dall’immobile costruito su una zona non contemplata nel Piano Regolatore (o Urbanistico che dir si voglia) tra quelle funzionali all’edilizia.

Ecco che si pone il dilemma: esso sarà “sanabile” o dovrà necessariamente essere “abbattuto”?

Si ricordi che molto spesso, commerciabilità e regolarità non coincidono, per cui, l’immobile potrà essere sanato e potrà esserne garantita la commerciabilità, ma non sarà regolare e quindi sarà soggetto ad abbattimento.

La prassi che si sta diffondendo sempre più nel  nostro sistema sta portando ad una degenerazione non compatibile con le aspettative dell’80, tentando di risolvere il tutto affidandosi alla discrezionalità della Pubblica Amministrazione.

[1] ART. 31. (Sanatoria delle opere abusive). Possono, su loro richiesta, conseguire la concessione o la autorizzazione in sanatoria i proprietari di costruzioni e di altre opere che risultino essere state ultimate entro la data del 1 ottobre 1983 ed eseguite: a) senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a costruire prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in difformità dalle stesse; b) in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace, ovvero nei cui confronti sia in corso procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa. Ai fini delle disposizioni del comma precedente, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici gia’ esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente. Alla richiesta di sanatoria ed agli adempimenti relativi possono altresì provvedere coloro che hanno titolo, ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, a richiedere la concessione edilizia o l’autorizzazione nonché, salvo rivalsa nei confronti del proprietario, ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria medesima. Conservano efficacia gli atti ed i provvedimenti adottati in applicazione delle disposizioni dell’articolo 6 del decreto-legge 31 luglio 1982, n. 486, dell’articolo 9 del decreto-legge 30 settembre 1982, n. 688, e del decreto-legge 5 ottobre 1983, n. 529, non convertiti in legge. Restano fermi i rapporti giuridici sorti sulla base delle medesime disposizioni anche ai fini dei provvedimenti che i comuni, in ordine alle richieste di sanatoria gia’ presentate, devono adottare per la definitiva determinazione dell’oblazione ai sensi della presente legge. Per le opere ultimate anteriormente al 1 settembre 1967 per le quali era richiesto, ai sensi dell’articolo 31, primo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e dei regolamenti edilizi comunali, il rilascio della licenza di costruzione, i soggetti di cui ai commi primo e terzo del presente articolo conseguono la concessione in sanatoria previo pagamento, a titolo di oblazione, della somma determinata a norma dell’articolo 34 della presente legge.

[2] ART. 40. Mancata presentazione dell’istanza.
Se nel termine prescritto non viene presentata la domanda di cui all’articolo 31 per opere abusive realizzate in totale difformità o in assenza della licenza o concessione, ovvero se la domanda presentata, per la rilevanza delle omissioni o delle inesattezze riscontrate, deve ritenersi dolosamente infedele, si applicano le sanzioni di cui al capo I. Le stesse sanzioni si applicano se, presentata la domanda, non viene effettuata l’oblazione dovuta. ((PERIODO ABROGATO DAL D.L. 12 GENNAIO 1988, N. 2, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 13 MARZO 1988, N. 68)).

 Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell’articolo 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione di cui al sesto comma dell’articolo 35. Per le opere iniziate anteriormente al 1 settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l’opera risulti iniziata in data anteriore al 1 settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all’atto medesimo. Per gli edifici di proprietà comunale, in luogo degli estremi della licenza edilizia o della concessione di edificare, possono essere prodotti quelli della deliberazione con la quale il progetto e’ stato approvato o l’opera autorizzata. Se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non sia dipesa dall’insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1 settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicate al comma precedente. Si applica in ogni caso il disposto del terzo comma dell’articolo 17 e del primo comma dell’articolo 21. Le nullità di cui al secondo comma del presente articolo non si applicano ai trasferimenti derivanti da procedure esecutive immobiliari individuali o concorsuali nonché a quelli derivanti da procedure di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa. Nella ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge.”

[3] VOCABOLARIO TRECCANI 2017. oblazióne s. f. [dal lat. tardo oblatio -onis, der. di oblatus, part. pass. di offerre «offrire»]. – 1. Offerta di denaro o d’altro, per opere di bene: fare un’o. al convento; è una pia istituzione che provvede alle proprie necessità con le sole o. dei benefattori. Anticam., offerta in genere, e anche l’offerta di un prezzo nelle vendite all’incanto. Come traduz. del lat. oblatio, l’atto dell’offrire o dell’offrirsi come oblato, nelle varie accezioni storiche e religiose di questa parola.

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