lunedì, Ottobre 14, 2024
Litigation & Arbitration

Condominio: un “albo” per gli amministratori

Negli ultimi tempi il dibattito sulla creazione di un “albo professionale” per la categoria degli amministratori di condominio è sempre più fitto e vede coinvolte varie figure professionali, oltre che gli organi di governo e le associazioni di categoria, in discussioni che attengono, più in generale, alla possibilità di una riforma della già riformata materia condominiale.

Lo stato dell’arte dopo al riforma del 2012-2013

I requisiti per svolgere attualmente la professione di amministratore di condominio sono quelli di cui all’art. 71-bis disp. att. c.c. alla stregua del quale possono ricoprire detto incarico coloro:

  1. a) che hanno il godimento dei diritti civili;
  2. b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;
  3. c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;
  4. d) che non sono interdetti o inabilitati;
  5. e) il cui nome non risulta annotato nell’elenco dei protesti cambiari;
  6. f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;
  7. g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.

La disciplina attuale e le prospettive di riforma nel dibattito dottrinale

Analizzando nel dettaglio il testo della norma si scoprono specificazioni, eccezioni e “temperamenti” di disciplina.

Se risulta fenomeno in espansione quello dell’amministrazione condominiale affidata a società di cui al titolo V, libro V c.c. (ed in tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condomini a favore dei quali la società presta i servizi), ciò che, a prima vista, sorprende una parte della dottrina è l’assunto in base al quale “i requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma non sono necessari qualora l’amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile”.

Sorprende perché, il mercato tenderebbe (dovrebbe tendere) alla ricerca di figure professionali in grado di gestire situazioni che postulano l’assunzione di responsabilità non di poco conto.

Sorprende perché il legislatore sembra non dare importanza ai contesti da amministrare e perché rischia di giungere a situazioni paradossali.

Si immagini, infatti, la situazione in cui può versare un fabbricato composto da molti immobili che rechi con sé rilevanti problematiche.

Ebbene, in casi del genere, anche il quivis de populo, per la mera circostanza di essere condomino di quel fabbricato può, per ciò solo, assurgere a ruolo di amministratore.

Tale dato legislativo, sempre alla stregua di tale dottrina, da un lato, striderebbe con i commi precedenti della medesima norma, tendenti, viceversa, a conferire professionalità a chi deve amministrare patrimoni immobiliari di terzi e, dall’altro, contrasterebbe con le intenzioni del legislatore riformista, intenzionato a ridurre il contenzioso in materia condominiale. Contenzioso che, sempre alla stregua di parte della dottrina, potrebbe essere – in “quota-parte” – ridotto innalzando il livello di competenze minime richieste per svolgere detta professione.

A monte di tali opinioni, l’idea di concepire il Condominio non più come ente di gestione ma come vera e propria persona giuridica, con tutte le ricadute pratiche del caso[1].

A risultati diametralmente opposti giunge altra parte della dottrina[2].

Posto che il legislatore ha già disciplinato – modificandola in discreta parte pochi anni fa – la materia condominiale e che il Condominio è oggi un ente di gestione [3]e non un’impresa né una azienda, occorrerebbe soffermarsi sugli aspetti – non certo pochi – della riforma che hanno mostrato maggiori problematicità e criticità, contribuendo al notevole aumento di liti in giudizio, come provato dai dati statistici raccolti.

Quando si prevede, sempre all’art 71-bis disp. att. c.c. e sempre in riferimento alla figura dell’amministratore, che “la perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma comporta la cessazione dall’incarico” e che “in tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l’assemblea per la nomina del nuovo amministratore” si è già voluto fornire ai condomini uno strumento di tutela.

Il “legame con la tradizione” si evince anche dall’ulteriore inciso della norma alla stregua del quale “a quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell’arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è consentito lo svolgimento dell’attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma. Resta salvo l’obbligo di formazione periodica”.

Sarebbe, pertanto, opportuno analizzare tutti gli aspetti critici della Riforma per risolvere, in primo luogo, i difetti applicativi e non alimentare, in tal modo, gli innumerevoli contrasti giurisprudenziali.

Quale che sia la discrezionale scelta di campo che il legislatore opererà, si dovrà in ogni caso mirare alla riduzione di un contenzioso che rischia di aumentare in maniera ancora più considerevole quando entrerà in vigore la riforma volta a “spostare” la competenza dell’intera materia condominiale alla magistratura onoraria con considerevoli riflessi – anche di portata “comunitaria” – in materia di “(in)giusto processo” e “(in)certezza del diritto”.

[1] Si veda anche P. Geti, “Verso la natura giuridica del condominio. In anteprima il testo della nuova proposta di legge

[2] R. Cusano, “Sulla personalità giuridica del condominio. Ulteriori considerazioni critiche

[3] La giurisprudenza attuale è ferma nel ritenere il Condominio un ente di gestione, cfr. ex multis Cass. Civ. Sez. II, sent. 2362, 17 febbraio 2012.

Avv. Amedeo Caracciolo

Avv. Amedeo Caracciolo Laureato con lode in Giurisprudenza, nell’ottobre 2013, presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Abilitato all’esercizio della professione forense, è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Napoli. Si occupa di diritto civile e condominiale. Iscritto all’A.L.A.C. (Associazione liberi amministratori condominiali), è autore di diversi contributi in materia condominiale.   E’ onorato di poter scrivere per questa rivista in una realtà giovane, ambiziosa e che sicuramente raggiungerà ottimi risultati.   E-mail: amedeo@caracciolo.eu  

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