Danno da perdita di chance all’Adunanza Plenaria: danno emergente o lucro cessante?
La sentenza n. 540/2015 del Consiglio di Stato Sez. III pur avendo accertato in via definitiva l’illegittimità dell’affidamento a Telecom Italia S.p.a, mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara per la fornitura dei servizi di comunicazione elettronica per il Dipartimento di Pubblica Sicurezza e dell’Arma dei Carabinieri, ha respinto la relativa domanda per la dichiarazione dell’inefficacia della convenzione.
Nel corso del giudizio, il Collegio ha applicato i principi espressi dalla Corte di Giustizia nella sentenza 11 settembre 2014 C-19/13, in virtù del rinvio pregiudiziale sollevato dalla stessa Sezione (ordinanza n.25/2013); nel caso di specie la mancata dichiarazione di inefficacia del contratto è risultata compatibile con il diritto europeo (art. 2-quinquies, paragrafo 4 della direttiva 89/665/CEE, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio) poiché era stato pubblicato l’avviso volontario per la trasparenza preventiva ed era stato rispettato il termine dilatorio di legge.
Nelle more della definizione della pregiudiziale, Fastweb S.p.a (originaria ricorrente) ha proposto innanzi al TAR Lazio Sez. I-Ter, l’azione risarcitoria per l’accertamento del danno causato dall’illegittima condotta (sentenza non definitiva n.26/2013 CDS Sez. III) dell’Amministrazione (Ministero dell’Interno) e di conseguenza la condanna al risarcimento del danno per equivalente. La sentenza n.14937/2015 ha riconosciuto alla ricorrente il “ristoro per equivalente della chance di aggiudicazione di una gara che l’amministrazione avrebbe dovuto indire” a seguito della qualificazione della posizione lesa come “possibilità di conseguire un risultato favorevole”.
In particolare è stato escluso che, per ottenere il risarcimento, la ricorrente dovesse dimostrare di avere una probabilità di aggiudicarsi il servizio “almeno pari o superiore al 50%” in quanto la situazione azionata, ovvero la chance, è stata intesa come “sacrificio della possibilità di conseguirlo” e non come mancato conseguimento di un risultato possibile; inoltre il TAR ha ritenuto che Fastweb S.p.a fosse titolare di una concreta chance di aggiudicazione anche in virtù della sua “incontroversa qualità di operatore primario di telecomunicazioni, interessato a partecipare a gare aventi ad oggetto tali servizi”.
Il Ministero degli Interni ha impugnato la decisione del TAR. Il primo motivo d’appello ha ad oggetto i rapporti tra azione di annullamento ed azione risarcitoria; la tesi avanzata sostiene l’inammissibilità della domanda risarcitoria poiché proposta in via autonoma, anziché cumulata, rispetto alla domanda di annullamento. Le radici di questo orientamento affondano nei caratteri di specialità del contenzioso in materia di appalti pubblici; la spiccata celerità del rito e la piena ed integrale satisfattività degli interessi azionati osterebbero all’applicazione dell’art. 30 c.5 del c.p.a, ossia “alla proponibilità separata dell’azione risarcitoria rispetto a quella dell’annullamento degli atti di gara”. I principi di derivazione sovranazionale del “ricorso efficace” e di celerità (artt. 1 e 2 della Direttiva 89/665/CEE) sarebbero declinati nell’alternativa posta dall’art. 124 c.p.a. tra dichiarazione di inefficacia e risarcimento per equivalente e dunque “richiederebbero il cumulo obbligatorio delle due domande nell’ambito di un giudizio unitario”, in deroga all’art. 30 c.5 c.p.a.
Il motivo è infondato[1]. Il secondo periodo dell’art.124 c.p.a riguarda l’alternativa dei rimedi a disposizione del giudice, e non tra le due domande proposte dal ricorrente. Il vincolo sovranazionale afferente l’efficacia dei ricorsi si manifesta con la preferenza per l’inefficacia del contratto (ove possibile). Per quanto riguarda i rapporti tra l’azione di condanna e l’azione di annullamento, l’art. 30 c. 1 c.p.a. dispone la proponibilità della prima in via autonoma, secondo termini e decorrenze diverse dall’azione di annullamento ( ipotesi dei commi 3 e 5). L’interpretazione proposta dal Ministero (che di fatto ripropone l’introduzione della pregiudiziale amministrativa) non trova riscontro in nessun elemento di carattere testuale, risultando così impossibile “ricostruire in via interpretativa una sanzione processuale di inammissibilità della domanda risarcitoria laddove proposta separatamente rispetto a quella di annullamento, sia pure nel solo settore del contenzioso amministrativo in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici”. Riguardo i canoni di celerità derivanti dal diritto europeo, l’art. 2-septies comma 2 della direttiva 89/665/CEE distingue i ricorsi finalizzati all’inefficacia dei contratti aggiudicati all’esito di procedure illegittime da “tutti gli altri casi”, ed è a questi che si collega l’interesse pubblico ad una spedita definizione del giudizio.
Il secondo motivo d’appello lamenta il riconoscimento di una chance risarcibile ex art. 2043 c.c in quanto Fastweb S.p.a non ha fornito la prova di una “una rilevante probabilità di conseguire all’esito di un’ipotetica procedura di affidamento l’aggiudicazione dei servizi invece affidati senza gara a Telecom Italia S.p.a” ed inoltre si sottolinea come questa prova richieda la dimostrazione di una probabilità superiore al 50%.
La tesi qui avanzata dal Ministero segue la teoria della chance eziologica; questa si fonda sull’art. 2, comma 1, lett. c), della citata direttiva 89/665/CEE e riguarda la possibilità di accordare un risarcimento, in caso di illegittima aggiudicazione a terzi, ai soggetti lesi dalla violazione avvenuta in sede di gara. Tale tipo di danno configura la chance come occasione persa e risulta risarcibile “purchè risulti dimostrato il nesso di causalità … e la ragionevole probabilità del suo verificarsi, in base a circostanze certe e puntualmente dedotte”. Contrapposta a quest’interpretazione è la teoria della chance ontologica con cui la chance è intesa come mera possibilità di aggiudicarsi l’affidamento ovvero “come danno concreto, attuale, certo, ricollegabile alla perdita di una prospettiva favorevole”, a prescindere dalle effettive probabilità; queste ultime rilevano solo ai fini del quantum del danno. Secondo il Ministero, il TAR avrebbe violato la “consolidata giurisprudenza amministrativa” per la quale le effettive probabilità rilevano ai fini dell’an del risarcimento.
Il terzo motivo d’appello mira a negare i presupposti della condanna sotto molteplici profili; sia quest’ultimo motivo sia quello immediatamente precedente, a parer del Collegio possono essere esaminati congiuntamente “poiché a vario imperniate sulla questione della chance di aggiudicazione di un contratto pubblico e sui limiti entro i quali tale posizione giuridica può ricevere tutela risarcitoria in sede giurisdizionale amministrativa” ovvero sull’astratta risarcibilità della chance di aggiudicazione e sulla consistenza di quella vantata da Fastweb S.p.a.
Tutte le censure avanzate dal Ministero con il terzo motivo sono infondate. Questo loro essere emerge dall’istruttoria disposta dal Collegio presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC):
- A contrario di quanto sostenuto dalla P.A., l’originaria ricorrente risulta essere uno dei soggetti qualificati a svolgere i servizi oggetto della convenzione tra il Ministero e Telecom S.p.a. In particolare, i soggetti titolati a concorrere sono tutti quelli che hanno partecipato ad una procedura di affidamento indetta nel 2010 da Consip[2];sebbene si tratti di servizi “costruiti in maniera diversa”, secondo l’ANAC, dall’omogeneità del settore economico discende la qualificazione tecnica di Fastweb S.p.a per entrambi i servizi. Dunque, oltre a Telecom Italia S.p.a, gli altri competitor sono stati identificati in Fastweb S.p.a, Wind S.p.a, British Telecom Italia S.p.a e Tiscali Italia S.p.a.
- Riguardo le concrete possibilità di aggiudicazione, l’ANAC evidenzia come, in virtù “dell’essere già il gestore dei servizi per la stazione appaltante”, Telecom Italia S.p.a abbia beneficiato di una posizione di vantaggio informativo rispetto agli altri operatori del settore. L’asimmetria informativa avrebbe potuto essere azzerata “in fase di predisposizione del bando” ed in tal modo Fastweb S.p.a avrebbe avuto le stesse chance di aggiudicazione degli altri concorrenti.
Ulteriore prospettiva avanzata dall’appellante in secondo grado riguarda la “possibilità di aderire alle convenzioni stipulate dalla centrale di committenza pubblica, in particolare alla convenzione per i servizi di telefonia mobile Consip 5, di cui la stessa Telecom Italia si è resa esclusiva aggiudicataria”. Questa soluzione consiste in un’alternativa non prospettabile poiché, con il fine di paralizzare la domanda risarcitoria, finisce per convergere “malgrado il divieto di venire contra factum proprium” in un’alternativa provvedimentale che la P.A. allora non ritenne di percorrere. A tal riguardo, le determinazioni prodromiche alla convenzione stipulata con Telecom Italia S.p.a premettono, in virtù dei rapporti già in essere con il gestore, la necessità di operare la scelta ”di una gestione unitaria, flessibile ed integrata per tutti i servizi di comunicazione elettronica con conseguente individuazione «di un partner tecnologico unitario”; tali considerazioni fungono da premessa per avvalersi della deroga degli artt. 57 c.2 D.lgs n.163/2006 (Codice Contratti Pubblici) e 28, par. 1, lett. e) della direttiva n. 2009/81/CE, secondo i quali “qualora, per ragioni di natura tecnica (…) il contratto possa essere affidato unicamente ad un operatore economico determinato”. La scelta effettuata dall’Amministrazione è stata tra il “ricorso all’evidenza pubblica e la deroga costituita dall’affidamento diretto”; la soluzione ora prospettata non è stata mai presa in considerazione. In verità, attraverso questa prospettazione, è emerso “in via postuma un ulteriore profilo di illegittimità dei provvedimenti prodromici alla convenzione” (già giudicati illegittimi nel giudizio di annullamento), ossia la mancata dimostrazione delle ragioni di natura tecnica per affidare, senza gara, i servizi di comunicazione.
Secondo il Consiglio, il fine perseguito dal Ministero tramite questa deduzione è quello di sottoporre la domanda risarcitoria azionata alla regola della c.d. causalità alternativa ipotetica[3]. Al contrario, in materia di responsabilità civile ex art. 2043 c.c, all’interno della quale è inquadrabile la responsabilità della P.A. per illegittimità provvedimentale, tale teoria rileva solo in relazione agli illeciti omissivi, risultando dunque priva di fondamento rispetto agli illeciti commissivi, come sono quelli derivanti dall’adozione di provvedimenti amministrativi illegittimi. In questo caso infatti “l’accertamento del giudice deve stabilire se gli atti amministrativi abbiano costituito la causa del danno lamentato, e dunque se costituiscano il fatto illecito che è fonte di responsabilità ai sensi della clausola generale dell’art. 2043 del Codice civile”. Pertanto, in ossequio ad un solido orientamento giurisprudenziale, “una volta accertata l’illegittimità dell’atto, non resta possibile per l’amministrazione sottrarsi all’addebito di responsabilità civile invocando asserite alternative provvedimentali”. Il rapporto causa ad effetto tra l’affidamento diretto e la perdita di chance è configurabile in quanto l’illegittimità “del primo – ormai non più controvertibile – ha impedito all’originaria ricorrente di concorrere per lo stesso sulla base dei moduli dell’evidenza pubblica”.
Infine, le ulteriori censure volte a dimostrare il difetto di qualificazione di Fastweb S.p.a come operatore qualificato per i servizi di comunicazione e l’inidoneità della tecnologia da questo impiegata, sono respinte in quanto dedotte ma non provate ai sensi dell’art. 2697 comma 2 c.c.
Tuttavia, i chiarimenti resi dall’ANAC hanno mostrato un profilo di parziale fondatezza del terzo motivo d’appello ovvero che Fastweb S.p.a “non è l’unico altro operatore del settore economico in cui si inseriscono i servizi oggetto della convenzione”; sebbene sia stata accertata la consistenza della chance di aggiudicazione vantata da Fastweb S.p.a, questa corrisponde alla misura del 20%, essendovi altri tre operatori in aggiunta a questa ed a Telecom Italia S.p.a. La questione riguarda l’astratta risarcibilità di tale posizione giuridica, oggetto del secondo motivo d’appello. In proposito risultano esservi due filoni giurisprudenziali in contrasto (teoria della chance eziologica e teoria della chance ontologica) talché si impone il deferimento all’Adunanza Plenaria ai sensi dell’art. 99 del c.p.a:
- In senso contrario all’accoglimento della domanda, il Collegio richiama, in particolare, la sentenza n.559/2016 della Sez. III del CDS: il risarcimento del danno da perdita di chance presuppone che il “soggetto illegittimamente privato di questo bene riesca a dimostrare che la sua offerta sarebbe stata selezionata come la migliore e che, quindi, l’appalto sarebbe stato ad esso aggiudicato, con un elevato grado di probabilità”. Nel caso di affidamento diretto senza gara, la tutela conseguibile è quella del risarcimento in forma specifica tale da reintegrare il soggetto leso della chance persa, tramite l’annullamento degli atti impugnati e l’effetto conformativo che obbliga la P.A. a bandire una procedura aperta. Ove tale forma di tutela risulti preclusa, il risarcimento per equivalente resta precluso in quanto “il soggetto asseritamente danneggiato non può certo dimostrare, per il solo fatto di operare nel settore dell’appalto illegittimamente sottratto al mercato, di aver perduto, quale diretta conseguenza dell’invalida assegnazione del contratto ad altra impresa, una occasione concreta di aggiudicarsi quell’appalto o, in altri, termini che, se l’Amministrazione lo avesse messo a gara, se lo sarebbe con elevata probabilità) aggiudicato”.
Sulla stessa scia si colloca anche una sentenza della stessa V Sez. del CDS, la sent. n. 4592/2015; questa, escludendo qualsiasi ristoro per il soggetto danneggiato dalla mancata indizione di una procedura ad evidenza pubblica, ha sottolineato l’importanza della mancata prova di una probabilità di aggiudicazione almeno pari al 50% (in un mercato contraddistinto dalla presenza di almeno tre potenziali competitors), in quanto, ove la chance sia correlata ad una probabilità inferiore “diventerebbero risarcibili anche mere possibilità di successo, statisticamente non significative”.
- In senso favorevole all’accoglimento della domanda risarcitoria è il rilievo dell’altro filone giurisprudenziale, secondo il quale nel caso di mancato rispetto “degli obblighi di evidenza pubblica (o di pubblicità e trasparenza) non è possibile formulare una prognosi sull’esito di una procedura comparativa in effetti mai svolta e che tale impossibilità non può ridondare in danno del soggetto leso dall’altrui illegittimità, per cui la chance di cui lo stesso soggetto è portatore deve essere ristorata nella sua obiettiva consistenza, a prescindere dalla verifica probabilistica in ordine all’ipotetico esito della gara.”
Il punto su cui si scontrano i due orientamenti è il peso da attribuire alle possibilità di conseguire il bene, in particolare il grado di probabilità statistica. Nel quadro dei danni risarcibili ex art.1223 c.c , la teoria della chance ontologica configura il danno risarcibile come danno emergente mentre la teoria della chance eziologica lo configura come lucro cessante.
Entrambe le interpretazioni presentano rischi contrapposti:
- Con la teoria eziologica si corre il rischio di rendere non effettivo il risarcimento, soprattutto in un mercato caratterizzato dalla presenza di più di due operatori poiché l’amministrazione “potrebbe sottrarsi all’obbligo di affidare contratti mediante procedure ad evidenza pubblica semplicemente pubblicando un avviso volontario per la trasparenza preventiva, e così sottrarsi ai possibili obblighi risarcitori consequenziali.”
- Con la teoria ontologica si corre il rischio di “snaturare la tipica funzione reintegratrice” a causa del riconoscimento di “danni non correlati ad un’effettiva lesione della sfera giuridica soggettiva”.
Pertanto, con la sentenza n.118/2018, la V Sez. del Consiglio di Stato, respinto in parte l’appello, dispone il deferimento della questione all’Adunanza Plenaria e riserva ogni altra decisione alla sentenza definitiva.
[1] Sul punto viene richiamata anche la sentenza C-166/2014 (MedEval) in cui, riguardo al rapporto tra reintegrazione in forma specifica e risarcimento per equivalente, la Corte di Giustizia ha affermato che “porre l’esercizio dell’azione di annullamento come condizione di ammissibilità della domanda risarcitoria potrebbe rendere non effettivo quest’ultimo rimedio, che pure è uno di quelli «garantiti dal diritto dell’Unione» (§ 43)”
[2] Consip è una società per azioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze, suo azionista unico, e opera secondo i suoi indirizzi strategici al servizio esclusivo della Pubblica Amministrazione.
L’azienda svolge attività di assistenza e supporto negli acquisti delle amministrazioni pubbliche, agendo su tre aree principali:
-l’attuazione del Programma di razionalizzazione degli acquisti pubblici, attraverso l’utilizzo di tecnologie informatiche e strumenti innovativi.
-lo sviluppo di progetti-gara per singole amministrazioni, sulla base di specifici disciplinari, e per tutte le amministrazioni, su iniziative di supporto all’Agenda Digitale.
-la realizzazione di Progetti per la PA, individuati attraverso provvedimenti di legge o atti amministrativi, in virtù della capacità di gestire progetti complessi (http://www.consip.it/azienda/chi-siamo)
[3] Secondo questa regola, ricavabile indirettamente dagli artt. 1221 e 1805, “laddove si dimostri che il danno lamentato si sarebbe comunque verificato per effetto di una sequenza causale diversa ed autonoma rispetto a quella concretamente verificatasi, lo stesso non sarebbe risarcibile per effetto di quest’ultima.”
Giovane professionista specializzata in diritto amministrativo formatasi presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
Conseguito il titolo di Dottoressa Magistrale in Giurisprudenza a 23 anni il 18/10/2018 con un lavoro di tesi svolto con la guida del Professor Fiorenzo Liguori, sviluppando un elaborato sul Decreto Minniti (D.l. n. 14/2017) intitolato “Il potere di ordinanza delle autorità locali e la sicurezza urbana” , ha iniziato a collaborare con il Dipartimento di Diritto Amministrativo della rivista giuridica “Ius in Itinere” di cui, ad oggi, è anche Vicedirettrice.
Dopo una proficua pratica forense presso lo Studio Legale Parisi Specializzato in Diritto Amministrativo e lo Studio Legale Lavorgna affiancata, parallelamente, al tirocinio presso il Consiglio di Stato dapprima presso la Sez. I con il Consigliere Luciana Lamorgese e poi presso la Sez. IV con il Consigliere Silvia Martino, all’età di 26 anni ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense, esercitando poi la professione da appartenente al COA Napoli.
Da ultimo ha conseguito il Master Interuniversitario di secondo livello in Diritto Amministrativo – MIDA presso l’Università Luiss Carlo Guidi
di Roma, conclusosi a Marzo 2023 con un elaborato intitolato “La revisione dei prezzi nei contratti pubblici: l’oscillazione tra norma imperativa ed istituto discrezionale”.
Membro della GFE ha preso parte alla pubblicazione del volume “Europa: che fare? L’Unione Europea tra crisi, populismi e prospettive di rilancio federale”, Guida Editore; inoltre ha altresì collaborato con il Comitato di inchiesta “Le voci di dentro” del Comune di Napoli su Napoli Est.
Da ultimo ha coordinato l’agenda della campagna elettorale per le elezioni suppletive al Senato per Napoli di febbraio 2020 con “Napoli con Ruotolo”, per il candidato Sandro Ruotolo.
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