venerdì, Marzo 29, 2024
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Dichiarazioni urbanistiche e aspetti tributari del fondo patrimoniale

Tra i regimi patrimoniali che il legislatore mette a disposizione della famiglia, vi è quello del fondo patrimoniale. Esso può essere definito[1]come patrimonio destinato costituito da quel complesso di beni che sono destinati a far fronte ai bisogni della famiglia; su tali beni è impresso un c.d. vincolo di indisponibilità reale.

La dottrina si è interrogata sulle dichiarazioni urbanistiche correlate alla costituzione del fondo patrimoniale. Tra l’ipotesi in cui la proprietà sia di entrambi i coniugi e quella in cui il proprietario sia soltanto uno dei coniugi che si riserva la proprietà, non c’è alcuna differenza: per entrambe le fattispecie si ritiene che quando si costituisce il fondo patrimoniale “senza” trasferire la proprietà dei beni oggetto del fondo, l’atto non richiede le menzioni urbanistiche previste per i negozi traslativi.

La dottrina ha fornito ulteriori precisazioni anche in merito al profilo tributario: infatti, è da ritenere che il fondo patrimoniale non debba scontare le imposte proporzionali che sarebbero dovute in caso di donazione. In tal modo, è stato altresì sancita una differenza tra la natura giuridica del fondo patrimoniale e quella della donazione. L’opinione de quo è stata sostenuta anche dal Ministero delle Finanze, che con una diffusissima Circolare[2] ha riordinato la materia e chiarito numerosi dubbi nati dall’incertezza sulla ratio e sulla natura giuridica del fondo patrimoniale.

La lettera “c)” della circolare in oggetto si esprimeva sul punto sancendo che il fondo costituito con beni di proprietà di uno solo dei coniugi che non se ne riserva la proprietà, può insitamente contenere una distinzione tra il caso in cui vi sia accettazione da parte dell’altro coniuge e il caso in cui ciò non avvenga. Nel caso di assenza di accettazione, fermo restando il vincolo di destinazione dei beni, non si verifica alcun effetto traslativo della proprietà sugli stessi. Pertanto, nel caso de quo è dovuta la sola imposta di registro in misura fissa. Laddove, invece, non vi sia accettazione da parte del coniuge che non conferisce i beni, si verifica l’effetto traslativo pari ad ½ dei beni destinati al fondo, per i quali sia intervenuta accettazione. L’atto è, all’uopo, soggetto al regime tributario previsto per le donazioni con riferimento al solo valore corrispondente all’attribuzione patrimoniale.

La lettera “d)” della medesima circolare tratta dell’ipotesi del fondo costituito con beni di un terzo che non se ne riserva la proprietà. In tale fattispecie vi è la presenza di effetti traslativi della proprietà; l’atto, dunque, è soggetto all’imposta sulle donazioni se e nella misura in cui vi sia stata accettazione. Anche nell’ipotesi in cui il fondo sia costituito con beni di un terzo che se ne riserva la proprietà. In tale fattispecie, il relativo atto deve essere assoggettato al trattamento impositivo previsto per gli atti di trasferimento a titolo gratuito. Infatti, in questo caso, anche se non si verifica l’effetto traslativo della piena proprietà dei beni conferiti, dalla costituzione del fondo deriva per i coniugi il vantaggio, di carattere economico, di utilizzare i frutti prodotti dei beni che vi sono destinati.

Nel 2003, la Suprema Corte[3], in aderenza alla Circolare da poco emanata, ha seguito la medesima impostazione. Essa ha infatti sancito che “l’atto di costituzione del fondo patrimoniale non è un atto traslativo a titolo oneroso, né un atto avente per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, né, infine, un atto avente natura meramente ricognitiva, bensì una convenzione istitutiva di un nuovo regime giuridico, diverso da quello precedente, costitutivo di beni in un patrimonio avente un vincolo di destinazione a carattere reale”.

In sostanza, mancando un effetto traslativo, manca conseguentemente, il presupposto per l’applicazione dell’imposta sulle donazioni e per la necessità delle dichiarazioni urbanistiche in atto.

Pertanto, nell’ipotesi in cui vi sia un effetto traslativo, occorrono le menzioni urbanistiche; inoltre la summenzionata circolare ministeriale ritiene che l’atto sia soggetto al particolare regime tributario previsto per le donazioni.

Infine, avendo compreso la natura giuridica, nonché la ratio del fondo patrimoniale, è evidente che la disciplina e gli effetti conseguenziali si allineino a quanto sopra sancito, giungendo, dunque, ad essere assoggettato alla disciplina dei negozi a titolo gratuito.

[1]La definizione de quo è stata ricavata dalla Sentenza del 29 novembre 2000, n. 15297 della Corte di Cassazione, con la quale è stato altresì riconosciuta l’esistenza di un vero e proprio vincolo di destinazione sui beni.

[2]Circolare del Ministero delle Finanze del 2000, n. 221/E.

[3]Sentenza della Corte di Cassazione del 7 luglio 2003, n. 10666.

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