sabato, Luglio 27, 2024
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Diritto all’oblio. Le tutele del diritto ad essere “dimenticati”

La ricerca di informazioni, notizie, dati diventa sempre più rapida, semplice, ormai possiamo dire immediata.

Grandi ed innegabili i vantaggi delle nuove tecnologie che permettono la diffusione planetaria di fatti ed eventi, che sono pertanto automaticamente accessibili a tutti.

Spesso però, agli utenti meno attenti può arrivare un’informazione superficiale, incompleta, remota, magari successivamente rilevatasi non veritiera o modificata da ulteriori eventi susseguitesi nel tempo.

In questo scenario restano coinvolti soggetti cui sono attribuiti fatti, comportamenti e condotte in modo permanente, quasi come se gli eventi si cristallizzassero indelebilmente nel tempo arrivando a costituire una connotazione immodificabile ed imprescindibile dell’identità dei predetti individui.

Ed è proprio al fine della tutela del diritto all’identità personale, nonché alla riservatezza – rientranti nel più ampio genus dei diritti della personalità – che è stato concepito il diritto all’oblio.

Tale diritto si sostanzia nel diritto “a vedere rappresentata la propria persona in maniera che rifletta l’attuale dimensione personale e sociale” o, per altro verso, ad essere dimenticati, nel senso di non rimanere esposti ai danni che la reiterazione di una notizia può provocare al proprio onore ed alla reputazione.

Diritto strettamente collegato alla tutela della privacy e specularmente connesso al diritto di espressione.

Nell’ordinamento italiano i diritti della personalità sono largamente garantiti dalle norme costituzionali, dalle norme codicistiche e dalle leggi speciali. Già con una famosa pronuncia del 1985 (sentenza n. 3769 del 22 giugno 1985), la Suprema Corte statuì, sulla scorta del dettato dell’art. 2 Cost., che “l’identità personale integra un bene essenziale e fondamentale della persona, quello di vedersi rispettato dai terzi il suo modo di essere nella realtà sociale ossia di vedersi garantita la libertà di svolgere integralmente la propria personalità individuale, sia nella comunità generale che nelle singole comunità particolari”.

Anche la legislazione sovranazionale, già con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, ha previsto il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare – art. 7 – nonché il diritto alla protezione dei dati di carattere personale – art. 8 – .

L’impianto normativo, dottrinario e giurisprudenziale ha pertanto progressivamente salvaguardato la persona in modo completo; tutela che partendo dalla sfera privata – diritto al nome, all’immagine, alla riservatezza– si è estesa fino alla fase dell’estrinsecazione pubblica e sociale dell’individuo, per arrivare a verificare e garantire che tale personalità venga rispettata anche nelle divulgazioni effettuate dai mezzi di informazione.

Su tale impostazione del resto dovrebbe fondarsi il corretto esercizio dei diritti di opinione, di critica, di cronaca, di satira – espressioni della libertà fondamentale di pensiero sancita dall’art. 21 Cost.- ritenuti leciti solo in presenza di un effettivo, concreto ed attuale interesse pubblico all’informazione.

Col passare del tempo il diritto all’identità personale, connesso al diritto alla riservatezza si è ampliato fino a ricomprendere il diritto al trattamento dei dati personali, regolamentato a livello europeo dalla direttiva 95/46/CE, e nel nostro ordinamento prima con la legge 675/1996 e successivamente con il d.lgs. 196/2003.

Il trattamento dei predetti dati deve essere effettuato in presenza di espresso consenso dell’interessato, e nel rispetto di precise attività di informazione, raccolta, conservazione, aggiornamento ed utilizzazione, espressamente indicate dalla legge.

Deroghe alle predette norme sono previste in caso di esercizio dell’attività giornalistica; viene in tal caso ribadito il principio che “ogni libertà civile trova il proprio limite nell’altrui libertà e nell’interesse pubblico idoneo a fondare l’eventuale sacrificio dell’interesse del singolo”, dunque il diritto alla riservatezza ed all’identità personale va contemperato con il diritto di e alla informazione.

Pertanto eventi che rivestono carattere di interesse generale sono oggetto di divulgazione attraverso la stampa, anche con il mezzo Internet, ed i soggetti coinvolti sono identificati ed indicati quali protagonisti a vario titolo nella vicenda oggetto della comunicazione giornalistica, vedendo svanire tutte le tutele personali in favore del superiore interesse pubblico ad essere informati.

Dal momento della pubblicazione della notizia, con la digitalizzazione della stessa, il meccanismo di associazione tra evento (che può essere di cronaca nera e/o giudiziaria) ed individuo è immediato.

Per anni pertanto il nome di una persona può rimanere automaticamente collegato ad un evento di cronaca, costituendo una connotazione precipua della stessa.

La problematica, già presente in epoche passate per la presenza di archivi cartacei degli articoli delle testate giornalistiche, si è amplificata con la digitalizzazione dei predetti archivi, con la creazione della versione online delle edizioni dei quotidiani e la successiva indicizzazione delle notizie archiviate nei motori di ricerca.

Più volte il Garante della Privacy e la magistratura si sono occupati delle richieste di soggetti di vedere cancellate notizie, risalenti nel tempo, al fine di poter ricostruire una immagine, una personalità distaccata dall’evento in cui erano stati coinvolti e che ancora dopo svariati anni si ripresentavano alla semplice digitazione su un motore di ricerca del proprio nome.

Svariate sono state le pronunce di accoglimento delle domande formulate; il Garante generalmente provvedeva a disporre la de-indicizzazione degli articoli dai motori di ricerca.

Successivamente la magistratura nazionale e la Corte di Giustizia dell’Unione Europea hanno strutturato un più preciso diritto all’oblio diretto a garantire compiutamente l’identità personale.

La Corte di Cassazione – sentenza 5525/2012 – partendo dall’analisi dei diritti alla riservatezza, dell’identità personale o morale e alla protezione dei dati personali, ha ribadito che “se l’interesse pubblico sotteso al diritto all’informazione costituisce un limite al diritto fondamentale alla riservatezza, al soggetto cui appartengono i dati è correlativamente attribuito il diritto all’oblio, e cioè a che non vengano ulteriormente divulgate notizie che per il trascorrere del tempo risultino ormai dimenticate o ignote alla generalità dei consociati”, precisando ulteriormente che al soggetto titolare spetta altresì il controllo dei dati, riconoscendogli il diritto a richiedere all’editore la contestualizzazione e/o l’aggiornamento della notizia fino ad arrivare alla richiesta di cancellazione della stessa.

La novità introdotta dalla pronuncia in parola è stata il riconoscimento al soggetto interessato di chiedere a chi detiene l’archivio informatico di apportare le modifiche richieste, enunciando che il titolare dell’organo di informazione “è tenuto ad osservare i criteri di proporzionalità, necessità, pertinenza e non eccedenza dell’informazione, nonché a garantire la contestualizzazione e l’aggiornamento della notizia già di cronaca oggetto di informazione e di trattamento, a tutela del diritto del soggetto cui i dati appartengono alla propria identità personale o morale nella sua proiezione sociale, nonché a salvaguardia del cittadino utente di ricevere una completa e corretta informazione”.

La Corte di Giustizia, con sentenza del 13 maggio 2014 è andata ancora oltre, riconoscendo altresì la responsabilità del motore di ricerca, nel caso di specie Google Spain, per la mancata rimozione dai propri indici dei dati personali di un soggetto, affermando che “il gestore di un motore di ricerca è obbligato a sopprimere, dall’elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, dei link verso pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a questa persona, anche nel caso in cui tale nome o tali informazioni non vengano previamente o simultaneamente cancellati dalle pagine web di cui trattasi, e ciò eventualmente anche quando la loro pubblicazione su tali pagine web sia di per sé lecita”. La Corte è giunta alla predetta conclusione partendo dall’analisi della direttiva 95/46 e degli artt. 7 e 8 della Carta, rilevando che “l’interessato può, sulla scorta dei suoi diritti fondamentali derivanti dagli articoli 7 e 8 della Carta, chiedere che l’informazione in questione non venga più messa a disposizione del grande pubblico in virtù della sua inclusione in un siffatto elenco di risultati, i diritti fondamentali di cui sopra prevalgono, in linea di principio, non soltanto sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse di tale pubblico ad accedere all’informazione suddetta in occasione di una ricerca concernente il nome di questa persona”.

Il su enunciato lungo percorso giurisprudenziale e dottrinario ha portato all’introduzione, nel Regolamento UE 679 del 27 aprile 2016 sulla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, di una norma ad hoc ovvero l’art. 17, rubricato “Diritto alla cancellazione (diritto all’oblio)”.

Tale norma sancisce il diritto dell’interessato di ottenere, dal titolare del trattamento, la cancellazione dei dati che lo riguardano senza ingiustificato ritardo,determinando altresì gli obblighi in capo al titolare del trattamento.

Il diritto all’oblio risulta oggi espressamente riconosciuto e tutelato da norma europea direttamente applicabile negli Stati membri.

Avv. Paola Minopoli

Avvocato civilista specializzato in contrattualistica commerciale, real estate, diritto di famiglia e delle successioni, diritto fallimentare, contenzioso civile e procedure espropriative. Conseguita la laurea in Giurisprudenza, ha collaborato con la II cattedra di Storia del Diritto Italiano dell'ateneo federiciano, dedicandosi poi alla professione forense. Ha esercitato prima a Napoli e poi nel foro di Milano, fornendo assistenza e consulenza a società e primari gruppi assicurativi/bancari italiani. Attualmente è il responsabile dell’ufficio legale di un’azienda elvetica leader nella vendita di metalli preziosi, occupandosi della compliance, fornendo assistenza per la governance e garantendo supporto legale alle diverse aree aziendali. Email: paola.minopoli@iusinitinere.it

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