Diritto del commercio internazionale: i trattati bilaterali di investimento
Nel settore del diritto degli investimenti stranieri le fonti principali sono costituite dagli accordi di investimento. Tuttavia, non esistono convenzioni internazionali che abbiano codificato i principi del diritto degli investimenti stranieri. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale si tentò di fornire una cornice istituzionale e normativa entro la quale poter stipulare trattati di investimento, ma la Carta dell’Avana, che avrebbe dovuto dar vita all’Organizzazione Internazionale del Commercio (International Trade Organization – ITO), agenzia specializzata delle Nazioni Unite, non venne ratificata degli Stati Uniti.
Nel 1957 Herman Josef Abs, banchiere e protagonista della ripresa economica tedesca postbellica, e Sir Hartley Showcross diedero vita alla Convenzione Abs-Showcross, che nel 1962 portò alla firma del progetto di una Convenzione per la protezione della proprietà straniera, che non entrò però mai in vigore perché osteggiata dai Paesi in via di sviluppo e da alcune ONG, in quanto ritenuta a favore dei Paesi industrializzati.
L’unico accordo che presenta una connotazione effettivamente internazionale nel diritto degli investimenti stranieri è la Convenzione ICSID del 1965; si tratta però di una convenzione avente un carattere strettamente procedurale, che prevede un meccanismo arbitrale di risoluzione delle controversie riguardanti gli investimenti.
La parte più corposa delle fonti del diritto degli investimenti stranieri è invece costituita dai Trattati Bilaterali di Investimenti (Bilateral Investment Treaties – BITs, ndr), stipulati tra due Stati al fine di ammettere nel territorio dell’uno (cd. host State, ndr) gli investitori dell’altro, i cui predecessori possono essere individuati negli accordi Friendship, Commerce and Navigation dell’esperienza statunitense.
I BITs sono caratterizzati dalla circostanza che essi riguardano esclusivamente l’ammissione e il trattamento degli investimenti stranieri, nonché la relativa disciplina delle controversie, a differenza dei precedenti accordi in materia che inserivano (scarne) disposizioni relative agli investimenti in trattati di natura essenzialmente commerciale. Tale cambiamento si registra alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, quando i Paesi industrializzati decidono di stipulare questa tipologia di trattati in risposta alla politica ostile all’ammissione degli investimenti stranieri adottata in quel periodo dai Paesi di recente indipendenza e in via di sviluppo, determinati ad affrancarsi da qualunque tipo di dipendenza dai Paesi industrializzati ed ex colonizzatori; politica avallata peraltro dall’Unione Sovietica e dai Paesi non allineati.
La maggior parte dei BITs presenta un contenuto omogeneo: dopo disposizioni “introduttive” relative agli scopi dell’accordo, ai requisiti soggettivi per poter beneficiare della tutela accordata dal trattato, essi contengono un elenco di standards di trattamento dell’investitore straniero cui deve conformarsi l’ host State, quali ad esempio il trattamento non discriminatorio, il trattamento della nazione più favorita, il trattamento giusto ed equo; standards il cui significato, nella maggior parte dei casi, è stato fortemente conformato dalla giurisprudenza ICSID.
Un ulteriore elemento che caratterizza il contenuto dei BITs è quella parte degli accordi recante la disciplina dei meccanismi di risoluzione delle controversie; il profilo che qui ha una maggiore carica innovativa è dato dalla possibilità, riconosciuta agli investitori, di accedere ad un procedimento arbitrale senza (previo) consenso della controparte statale (secondo la definizione elaborata da Jan Paulsson: “arbitration without privity”).
Francesca Salvatore, napoletana, classe 1993.
Studentessa di Giurisprudenza all’Università Federico II, laureanda in Diritto del commercio internazionale con una tesi sul capitolo 11 dell’Accordo Nordamericano di libero scambio, relativo alla tutela degli investimenti stranieri.
Iscritta a ELSA Napoli, parteciperà alla 16esima edizione della ELSA Moot Court Competition, organizzata con la partnership della WTO.