sabato, Dicembre 14, 2024
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Exit tax e legislazione italiana -Fiscalità alla luce dell’art 166 del TUIR

L’art. 166, comma 1, del TUIR sancisce che il trasferimento all’estero della residenza di un soggetto esercente attività di impresa costituisce realizzo, al valore normale, dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale. In conseguenza a tale trasferimento , il differenziale positivo (plusvalenza) che scaturisce tra il costo fiscale dei beni costituenti l’azienda ovvero il complesso aziendale e il loro valore normale , sarà tassato in Italia con la ”exit-tax”.

Il presupposto impositivo  della exit tax viene a mancare qualora a seguito del trasferimento di residenza i beni aziendali confluiscano in una stabile organizzazione che abbia sede nel territorio dello Stato italiano, sempre che successivamente questi beni/complesso aziendale non vengano a loro volta trasferiti. L’art. 11 del D.lgs 147 del 14 settembre 2015 cosiddetto “Decreto internazionalizzazione” estende il regime di sospensione delle plusvalenze ai casi di trasferimento della residenza all’estero realizzati per mezzo di operazioni straordinarie. Con i trasferimenti di residenza delle imprese italiane che decorrono dal 2015 (post pubblicazione del decreto in G.U.) è possibile optare per il pagamento delle imposte in sei rate annuali di pari importo .I soggetti interessati dalla disposizione di cui all’art. 166 dei Tuir sono i soggetti residenti nel territorio dello Stato esercenti imprese commerciali:

-Persone fisiche, residenti nel territorio dello stato, che esercitano imprese commerciali, ai sensi dell’art. 55 del Tuir;

-Società di persone, residenti nel territorio dello Stato, indicate nell’art. 5 del Tuir (società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società di armamento, società di fatto);

-Soggetti indicati nell’art. 73 comma 1 del Tuir.

Il presupposto oggettivo della exit tax è rappresentato dal trasferimento all’estero della residenza correlato alla perdita ai fini fiscali della residenza in Italia del soggetto trasferito .Pertanto, i contribuenti che intendono trasferirsi in altro Stato UE sono assoggettati ad imposizione qualora non facciano confluire i componenti dell’azienda o del complesso aziendale in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato, ma siano anch’essi trasferiti in altro Stato .

Vengono escluse dal regime di sospensione o rateizzazione e quindi immediatamente attratte a tassazione i beni merce di cui all’art. 85 del Tuir, i fondi in sospensione d’imposta di cui all’art. 166 comma 2 del Tuir non ricostituiti nel patrimonio contabile dell’eventuale stabile organizzazione situata nel territorio dello stato e gli altri componenti positivi o negativi che concorrono a formare il reddito dell’ultimo periodo d’imposta di residenza in Italia, compresi quelli relativi ad esercizi precedenti e non attinenti ai cespiti trasferiti, la cui deduzione o tassazione sia stata rinviata in conformità alle disposizioni del Tuir. Rientrano nella sospensione della tassazione i componenti positivi o negativi anche se nei precedenti esercizi è stata differita la tassazione o deduzione ma che sono rimasti collegati ai cespiti che vengono  trasferiti all’estero: si pensi ai maggiori ammortamenti non dedotti a conto economico nei precedenti esercizi e che assumono rilievo se relativi ai beni trasferiti o alle svalutazioni analitiche, in precedenza non dedotte, di singoli crediti compresi nel compendio aziendale trasferito all’estero. Il maggior valore fiscale a seguito degli ammortamenti dei cespiti trasferiti o delle svalutazioni dei crediti potrà essere computato in diminuzione dell’ammontare della plusvalenza in uscita ammessa al regime di sospensione.

Nel rispetto delle pronunce della Corte di Giustizia in materia di exit tax (di cui alla sentenza del 29 novembre 2011, causa C-371/10, National Grid Indus BV e C-38/10 del 6 settembre 2012) viene stabilito che le disposizioni di cui all’art. 166 comma 2 del Tuir si interpretano nel senso che la sospensione e la rateizzazione possa operare anche in caso di trasferimento da parte di un’impresa residente nel territorio dello Stato, di una parte o della totalità degli attivi collegati ad una stabile organizzazione, aventi ad oggetto un’azienda o un ramo di azienda verso un altro Stato appartenente all’Unione Europea o aderente all’Accordo sullo SEE. Dai principi affermati dalla Corte di Giustizia Europea è possibile desumere che è compatibile con il diritto dell’Unione Europea l’applicazione da parte di uno stato membro di un’exit tax in occasione del trasferimento della residenza verso un altro Stato UE o SEE. E’ incompatibile, invece, la sua riscossione immediata in quanto, essendo applicata su plusvalenze non ancora realizzate, è idonea ad ostacolare la libertà di stabilimento. Va data dunque la possibilità al contribuente di differire tale tassazione al momento dell’effettivo realizzo dei plusvalori latenti nello Stato UE o SEE di destinazione.

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