I giochi da tavolo: le “pecore nere” del diritto d’autore?
Affinché un’opera possa essere ritenuta meritevole di tutela da parte del diritto d’autore è necessario che venga sottoposta ad un’attenta analisi. Tale valutazione, in particolare, sarà incentrata sulla verifica della presenza, nella stessa, dei “requisiti” richiesti dal legislatore per poterla qualificare, effettivamente, come opera dell’ingegno.
In primo luogo, perché il risultato dell’attività intellettuale, di qualunque tipo essa sia, venga tutelato, è necessario che l’idea creativa in quanto tale abbia una propria manifestazione esterna. Sarà necessario, pertanto, che quest’ultima risulti essere concretamente percepibile all’esterno e quindi che, in parole povere, non si riduca ad un mero “pensiero” esistente solo nella mente dell’autore.
La connessione tra opera e autore resta, tuttavia, di primaria importanza, in quanto è, altresì, necessario che l’opera sia creativa o, più precisamente, che sia idonea ad esprimere la personalità dell’autore onde poterla distinguere e differenziare rispetto al patrimonio artistico già esistente e di altrui produzione.
Infine, terzo, fondamentale, requisito che deve essere proprio dell’opera è che questa appartenga ad una delle categorie indicate dall’art. 2 della Legge sul diritto d’autore del 22 aprile 1941 n. 633 [1].
Posta la necessità della sussistenza di tali caratteristiche perché possa attivarsi la tutela autoriale, la domanda da porsi è se questa possa estendersi anche ai giochi da tavolo.
Questo genere di giochi, come noto, si caratterizza per la sempre necessaria presenza di una superficie di gioco ben definita, generalmente detta “tabellone”, sulla quale vengono posizionati e mossi, a seconda delle regole del gioco, i c.d. “segnalini”.
Siccome ogni gioco è diverso e, a seconda dei più o meno complessi regolamenti, presenta sicuramente un’attività di “ideazione” da parte dell’autore, si potrebbe pensare che il diritto d’autore se ne “prenda cura”, fornendo adeguata tutela, senza problemi.
Allo stato dei fatti, tuttavia, il diritto d’autore non tutela espressamente i giochi da tavolo in forza del fatto che gli stessi, pur rientranti nell’alveo delle opere dell’ingegno, non sono stati esplicitamente indicati nell’elenco, predisposto dal legislatore nel già citato art. 2 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941 [2], delle opere oggetto di tutela autoriale.
L’assenza di un’espressa menzione crea, quindi, una complessa problematica in ordine al tipo ed al quantum di tutela di cui i giochi da tavolo possono godere.
In ciò, si rileva, occorre precisare che l’elenco previsto all’art. 2 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941 è da ritenersi, secondo la giurisprudenza, non esaustivo ma esemplificativo, ciò anche solo per la necessità di potervi includere opere appartenenti a nuove categorie potenzialmente emergenti a fronte della continua evoluzione tecnico-artistica.
Pertanto, il fatto che i giochi da tavolo non siano ricompresi nello stesso non implica che questi non possano beneficiare della “piena” tutela offerta dal diritto d’autore alle opere dell’ingegno ma colo che, invece, debbano essere trovate “strade diverse”.
Stesso discorso è da farsi relativamente al diritto di proprietà industriale il quale, come il diritto di proprietà intellettuale, se pure non prevede espressamente che i giochi da tavolo in sè e per sè possano godere della tutela offerta dal brevetto, nulla vieta a che agli stessi possa essere garantito un qualche altro tipo di tutela.
In pratica, per tutelare tale tipologia di opera è necessario fare uno sforzo a carattere creativo per trovare la giusta strada che possa, infine, garantire idonei strumenti di protezione alla stessa e ciò, ovviamente, richiede e presuppone un’approfondita conoscenza della disciplina legale rilevante.
Ad esempio, per quanto l’art. 45, secondo comma, lettera b) del codice della proprietà industriale [3] escluda la brevettabilità di “piani, i principi ed i metodi per attività intellettuali, per gioco o per attività commerciale ed i programmi di elaboratore”, ciò non vuol dire che non possa ottenersi un qualche tipo di tutela attraverso istituti giuridici diversi.
“Le stesse linee guida dell’European Patent Office [4], infatti, si limitano a condizionare la richiesta alla specificazione dei mezzi tecnici per implementare le regole del gioco. Ad esempio, l’applicazione di dadi potrebbe essere sufficiente per superare l’obiezione di non brevettabilità fondata sull’art. 52.2 del EPC” [5].
Una soluzione potrebbe consistere nel considerare i singoli elementi che compongono il gioco i quali, individualmente, possono essere facilmente ricompresi nelle categorie elencate nella Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941 come, ad esempio, i disegni usati per le illustrazioni, le istruzioni o, anche, i nomi dei personaggi.
Sulla scia dell’orientamento giurisprudenziale in base al quale, come già detto, l’elenco di cui all’art. 2 della Legge sul diritto d’autore non è esaustivo ma solo esemplificativo, si potrebbe considerare il gioco da tavolo in senso globale e, pertanto, come opera creativa in possesso dei requisiti, richiesti dal diritto d’autore, di novità e originalità, indicativi di un’elaborazione personale di carattere creativo da parte dell’autore.
Ancora, sarebbe possibile registrate il nome del gioco come marchio (es. Monopoly) creando, così, sia un segno distintivo che un brand legato al prodotto, in tal modo ottenendo n’ampia possibilità di tutela come, ad esempio, il diritto di esclusiva sul segno, il quale rende impossibile ad altri di farne uso per caratterizzare opere simili..
Nel merito, appare opportuno citare la celebre, per quanto vetusta, vicenda giurisprudenziale che ha visto protagonisti i celebri giochi Scrabble e Scarabeo.
L’autore del gioco Scarabeo Pasetti venne, infatti, citato a giudizio dall’editore statunitense del gioco Scrabble, più “vecchio”, per plagio. In risposta alla questione sottoposta alla sua cognizione, la Corte di Appello di Milano, con sentenza del 17 marzo 1961, dichiarò insussistente il plagio ma ciò, si rileva, non tanto per l’assenza di mezzi di tutela dell’opera in questione quanto, bensì, per via delle significative differenze tra i due giochi.
In specie, il giudice stabilì che non può ritenersi violativo del diritto d’autore un gioco basato sulle parole crociate in quanto tale meccanismo è da ritenersi di dominio pubblico, come tale liberamente usufruibile. Inoltre, pur essendo tanto Scrabble quanto Scarabeo basati sulle parole crociate, non poteva ritenersi possibile una confusione tra i due marchi in quanto i giochi presentavano elementi diversi e specifici che, palesemente, escludevano che lo Scarabeo potesse essere una semplice variazione di Scrabble [6].
Sulla base di quanto esaminato, quindi, è evidente come, per quanto i giochi da tavolo non vengano espressamente richiamati dal codice di proprietà industriale e dalla Legge sul diritto d’autore, sia possibile ottenere, proprio grazie a queste stesse normative, sufficiente tutela per gli stessi.
Occorre precisare, tuttavia, che tale operazione non è da considerarsi assolutamente semplice e che, quindi, per i professionisti del settore sarà necessario non solo dotarsi di una profonda conoscenza delle discipline legali rilevanti in materia ma, anche, estendere al massimo la propria capacità creativa nel trovare la giusta strada per garantire idonee garanzie agli autori di questo particolare tipo di opere dell’ingegno.
[1] art 2 Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore;
[2]art 2 Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore;
[3] art. 45 codice proprietà industriale, disponibile qui:https://www.brocardi.it/codice-della-proprieta-industriale/capo-ii/sezione-iv/art45.html#:~:text=Le%20disposizioni%20del%20comma%202,informazioni%20considerati%20in%20quanto%20tali.;
[4] European Patent Office, disponibile qui: https://www.epo.org/law-practice/legal-texts/guidelines.html;
[5] Cit. Articolo “La tutela giuridica dell’idea di un nuovo gioco da tavolo” di Matteo Saleri, disponibile qui: https://www.canellacamaiora.it/come-tutelare-gioco-da-tavolo/;
[6] Cfr. articolo ” Dialogo tra un professore e un game designer”, disponibile qui: http://spartacoalbertarelli.blogspot.com/;
Dott.ssa Valentina Ertola, laureata presso la Facoltà di Giurisprudenza di Roma 3 con tesi in diritto ecclesiastico (“L’Inquisizione spagnola e le nuove persecuzione agli albori della modernità”). Ha frequentato il Corso di specializzazione in diritto e gestione della proprietà intellettuale presso l’università LUISS Guido Carli e conseguito il diploma della Scuola di specializzazione per le professioni legali presso l’Università degli Studi di Roma3. Nel 2021 ha superato l’esame di abilitazione alla professione forense. Collaboratrice per l’area “IP & IT”.