lunedì, Aprile 29, 2024
Tax Driver

Il diritto all’immagine al tempo degli influencer

a cura di Riccardo Mezzi

 

Per la Rubrica “Tax Driver”

  1. Introduzione

Una delle funzioni principali del diritto tributario e delle politiche fiscali è quella di influenzare il comportamento degli individui. Se voglio che persone facoltose trasferiscano la propria residenza fiscale in Italia, dovrò prevedere un incentivo che le attragga. In quest’ottica, l’art. 24-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) ha previsto un regime fiscale opzionale che consente ai neo-residenti di versare, per il proprio reddito di fonte estera, un’imposta forfettariamente determinata pari a 100.000 Euro, sostitutiva di quanto sarebbe effettivamente dovuto secondo la normativa fiscale ordinaria (c.d. “regime dei neo-residenti”)[1]. Risulta così centrale comprendere quale sia la qualificazione dei redditi conseguiti e la fonte domestica o estera degli stessi, in modo da stabilirne la rilevanza o meno rispetto a tale regime. La sentenza n. 219/2/2023 della Corte di Giustizia Tributaria (CGT) di Secondo Grado del Piemonte ha affrontato il tema, escludendo l’applicazione del citato regime con riferimento ai proventi derivanti dallo sfruttamento economico dei diritti di immagine di Cristiano Ronaldo (anche “CR7”). L’applicabilità dei principi espressi anche agli influencer, espressamente citati, rende la pronuncia in commento di grande attualità.

  1. Il “Caso Ronaldo”

La legge del goal è dura, ma quella tributaria può esserlo ancora di più. Dura lex, sed lex, per dirla con un latinismo. Cristiano Ronaldo è stato residente in Italia a partire dal 2019, anno in cui l’Agenzia delle entrate[2] ha dato risposta favorevole all’interpello per l’esercizio dell’opzione di accesso al regime dei neo-residenti da lui presentato[3]. Il 10 luglio 2018, infatti, il giocatore aveva firmato il proprio contratto quadriennale (di lavoro dipendente) con la Juventus, in cui si prevedeva una remunerazione – pari a 31 milioni di Euro a stagione – per le sue prestazioni sportive, nonché per lo sfruttamento dei diritti di immagine c.d. “collettivi”, in quanto calciatore del club[4].

La pronuncia in commento, con la quale la CGT di Secondo Grado ha confermato la decisione del giudice di prime cure, riguarda il ricorso avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle entrate all’istanza di rimborso per l’IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) versata da Ronaldo nel 2019[5]. Prima di presentare il ricorso, il giocatore aveva proposto una serie di interpelli, anche attinenti ai medesimi temi che ne rappresentano l’oggetto, e specificamente attinenti alla qualificazione dei redditi derivanti dallo sfruttamento economico dei diritti di immagine e alla fonte degli stessi, con particolare riguardo al regime di cui all’art. 24-bis del TUIR.

  1. Il diritto all’immagine e il suo sfruttamento economico

Il diritto all’immagine è un diritto assoluto della persona, il quale garantisce che la propria immagine non sia oggetto di divulgazione (ad esempio, venga esposta o pubblicata) senza consenso. Tale divieto opera, al di là dei casi previsti dalla legge, a prescindere dal possibile pregiudizio alla reputazione o al decoro dell’interessato. Infatti, è possibile rinvenire una sua disciplina generale nell’art. 10 del codice civile, che dispone il divieto di esposizione e pubblicazione (a) nei casi non previsti dalla legge; oppure (b) qualora dalla esposizione o pubblicazione derivi un pregiudizio reputazionale. La Legge sul diritto d’autore (L. n. 633/1941) integra la disciplina generale appena descritta con alcune regole di dettaglio[6]. In particolare, l’art. 96 ha introdotto nel nostro ordinamento il principio del consenso, per cui “Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa …”. La norma successiva (art. 97) elenca i casi in è possibile derogare al principio del consenso dell’interessato, procedendo con la pubblicazione dell’immagine (ad esempio, quando la riproduzione avviene in occasione di eventi di interesse pubblico o per necessità di polizia), per poi vietare in ogni caso la pubblicazione che pregiudichi il suo decoro, onore o reputazione.

Lo sfruttamento economico dell’immagine attiene, invece, all’utilizzo dell’immagine di una persona per ottenere un profitto. Se il diritto all’immagine è un diritto della personalità e, quindi, personalissimo e inalienabile da parte del titolare; il diverso diritto all’utilizzo dell’immagine è un diritto patrimoniale e disponibile, dal quale è possibile trarre profitto. Le celebrità, infatti, spesso vendono o concedono in licenza i diritti di utilizzo della propria immagine a terzi, dietro corrispettivo.

È la qualificazione del reddito rappresentato da tali corrispettivi e l’individuazione del luogo di produzione dello stesso a essere oggetto del caso in esame.

  1. Sfruttamento economico della propria immagine: come sono tassati i proventi?

In generale, secondo il principio della worldwide taxation adottato dall’ordinamento italiano, i soggetti fiscalmente residenti sono tassati in Italia sui redditi ovunque prodotti nel mondo, mentre i soggetti non residenti vengono tassati solo sui redditi di fonte italiana[7]. Per comprendere se un reddito sia di fonte italiana, i c.d. criteri di collegamento sono indicati dall’art. 23 del TUIR,  che prevede, inter alia, che si considerano prodotti i Italia “i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato[8]. Tuttavia, la stessa norma stabilisce anche che, se corrisposti dall’Italia o da soggetti residenti in Italia o da stabili organizzazioni nel territorio, si debbano considerare di fonte italiana anche “i compensi per l’utilizzazione di opere dell’ingegno …”.

Seguendo tale impostazione, qualora si qualificassero i diritti di sfruttamento dell’immagine come compensi per l’utilizzo di un’opera dell’ingegno e i proventi siano corrisposti da un soggetto non residente, allora gli stessi sarebbero di fonte estera e, di conseguenza, rientrerebbero a pieno titolo nell’ambito del regime dei neo-residenti (che, si ricorda, applica l’imposta di 100.000 Euro sui compensi esteri del soggetto[9]).

È questo il dribbling tentato da Ronaldo, che nel proprio ricorso, in via principale (1), sostiene che i compensi derivanti dallo sfruttamento del diritto di immagine siano redditi assimilati a quelli di lavoro autonomo ex art. 53, comma 2, lett. b)[10] del TUIR e, come tali, imponibili nel Paese di residenza del pagatore ai sensi dell’art. 23, comma 2, lett. c). In subordine (2), il calciatore opta per un’ulteriore ricostruzione che qualifica i redditi come diversi, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. l) del TUIR[11], anch’essi prodotti e imponibile nel Paese del pagatore, questa volta ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. f).

Tuttavia, il gesto atletico, o se preferite la ricostruzione giuridica, non riesce a bucare il muro difensivo dei giudici tributari della CGT Piemonte. Sulla qualificazione dei proventi quali derivanti dall’utilizzo di un’opera dell’ingegno (1), i giudici stabiliscono che l’immagine non costituisce il prodotto di un’opera intellettuale, ma rappresenta una qualità personale del soggetto interessato ed è inscindibile dalla sua persona. In altre parole, non vi è alcuna opera autonoma, avente una vita indipendente rispetto al creatore – titolare del diritto[12].

La conclusione dei giudici, coerente con la prassi dell’Amministrazione finanziaria[13], è che l’esercizio abituale e professionale della gestione dell’immagine rappresenti un’attività di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 53, comma 1, del TUIR. La conferma ulteriore sarebbe data dal successivo art. 54, comma 1-quater del medesimo Testo Unico, che, in merito alla determinazione di tale categoria reddituale, sottolinea che la cessione di diritti “immateriali” (tra cui rientra la gestione del diritto all’immagine), comunque riferibili all’attività professionale, integra un reddito di lavoro autonomo[14].

Sulla ricostruzione operata in via subordinata (2), appare evidente che la gestione dell’immagine venga svolta da CR7 in maniera abituale e professionale.

In merito al luogo di produzione del reddito, i giudici applicano l’art. 23, comma 1, lett. d) del TUIR, citato in apertura[15], per cui i proventi sarebbero redditi di lavoro autonomo domestici in quanto “derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato”. Infatti, CR7 risultava iscritto nell’Anagrafe della popolazione residente in Italia e svolgeva l’attività di gestione dei diritti all’immagine, a esso inscindibilmente legata, producendo redditi di lavoro autonomo domestici. Come detto, la natura domestica del reddito conseguito, fa sì che lo stesso sia sottratto al pagamento dell’imposta sostitutiva prevista dal regime dei neo-residenti, dovendo esso scontare l’IRPEF secondo le regole ordinariamente previste, per cui nessun rimborso è dovuto.

  1. I redditi degli influencer

Nella sentenza i giudici ricostruiscono il motivo per cui il guadagno di chi sfrutta economicamente la propria immagine sia un reddito di lavoro autonomo, se riferito a una attività professionale[16].

Oggigiorno la notorietà, seppur inizialmente possa avere origine in una attività artistica o professionale, dipenda in larga misura dalla capacità della persona di promuoversi come personaggio sui social network, attività distinta e ulteriore rispetto alla prima. Esistono personaggi noti per le proprie qualità artistiche e professionali che, successivamente, acquisiscono fama anche grazie alle proprie abilità social, e personaggi che ritraggono successo unicamente grazie a queste ultime per via della capacità di apparire e promuoversi. La distinzione tra lo sfruttamento dell’immagine e le attività artistiche o professionali che hanno reso noto il soggetto è evidente nei casi in cui la seconda venga meno, perché cessata: per restare in tema calcistico, si pensi al giocatore che continui ad avere un grande seguito e partecipi a spot promozionali anche dopo la fine della carriera sportiva.

Pertanto, i profitti generati dall’esercizio abituale e professionale dell’attività di gestione e sfruttamento economico dell’immagine dovrà essere inquadrata nella categoria del reddito di lavoro autonomo. La norma di riferimento in tal senso è rappresentata dall’art. 54, comma 1-quater del TUIR, a mente del quale la gestione del diritto all’immagine[17], comunque riferibile all’attività professionale, integra un reddito di lavoro autonomo.

 

[1] L’opzione è stata introdotta con la Legge di bilancio 2017 (L. n. 232/2016).

Per maggiori dettagli, si veda la pagina a essa dedicata sul sito dell’Agenzia delle entrate, disponibile al seguente indirizzo:https://www.agenziaentrate.gov.it/portale/schede/agevolazioni/opzione-per-i-neo-residenti/infogen-opzionale-neo-residenti?page=agevolazionicitt

[2] Direzione Centrale Persone Fisiche, che ha risposto positivamente all’interpello presentato dal contribuente a tale fine.

[3] La presentazione di una apposita istanza di interpello ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. b) della L. n. 212/2000 (anche “Statuto dei Diritti del Contribuente”) per l’esercizio dell’opzione è prevista dallo stesso art. 24-bis del TUIR, al comma 3.

[4] Ai sensi di quanto stabilito dalla L. n. 91/1981, che disciplina i rapporti sussistenti tra le società e gli sportivi professionisti, nonché ad ulteriori accordi collettivi stipulate dalle diverse associazioni di categoria (si pensi, ad esempio alle convenzioni stipulate tra AIC – Associazione Italiana Calciatori o la FIGC – Federazione Italiana Giuoco Calcio e le Leghe calcistiche).

[5] Per ottenere un rimborso, il contribuente che sostiene di ricoprire una posizione creditoria verso il Fisco ha l’onere di presentare un’apposita istanza, entro il termine di 48 mesi dal pagamento.

Se la domanda è esplicitamente respinta, il rifiuto espresso è un atto impugnabile; mentre se l’Amministrazione rimane inerte per 90 giorni dalla presentazione dell’istanza di rimborso, il silenzio si interpreta come rifiuto e l’interessato può proporre ricorso. Entrambi i casi sono annoverati nell’art. 19, lett. g), del D. Lgs. n. 546/1992 relativo agli atti impugnabili e all’oggetto del ricorso in materia tributaria.

[6] Cfr. Risoluzione dell’Agenzia delle entrate n. 255/E del 2009, p. 2.

[7] Si veda l’art. 3, comma 1, del TUIR.

[8] Art. 23, comma 1, lett. d), del TUIR.

[9] Il riferimento che l’art. 24-bis pone in essere va ai “redditi prodotti all’estero individuati secondo i criteri di cui all’articolo 165, comma 2” che a sua volta stabilisce che  “I redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato.”

[10] Che fa proprio riferimento ai proventi derivanti dallo sfruttamento di opere dell’ingegno, stabilendo che siano redditi di lavoro autonomo anche “i redditi derivanti dalla utilizzazione economica, da parte dell’autore o inventore, di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, se non sono conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali”.

[11] In quanto “redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere”.

[12] È anche la Legge sul diritto d’autore che considera il diritto all’immagine quale diritto “connesso” rispetto al diritto d’autore, quindi distinguendolo da esso. Infatti, il diritto d’autore è trattato nel Titolo I della legge contenente le “Disposizioni sul diritto d’autore”, mentre le norme in tema di diritto all’immagine sono collocate nel Titolo II, denominato “Disposizioni sui diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore”.

[13] Cfr. Risposta all’istanza di interpello n. 139/E del 2021, p. 4, in cui l’Agenzia delle entrate forniva la seguente soluzione interpretativa: “Secondo l’ordinamento tributario domestico vigente e in linea con quanto affermato nella risoluzione 2 ottobre 2009, n. 255/E, in relazione a un’analoga fattispecie, i compensi erogati per la cessione dei suddetti diritti di sfruttamento e utilizzazione economica del diritto all’immagine dell’artista costituiscono redditi di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 54, comma 1-quater, del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir). Per effetto di tale disposizione (…) risultano ampliate le componenti positive dei redditi professionali, attualmente costituite oltre che dai compensi in denaro o in natura percepiti per l’esercizio dell’arte o della professione, dai «corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali comunque riferibili all’attività artistica o professionale»”.

[14] Sul punto si veda infra, para. 5.

[15] Cfr. supra, nota 8.

[16] Si ricorda che ai sensi dell’art. 53, comma 1, del TUIR “Sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall’esercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel capo VI, compreso l’esercizio in forma associata di cui alla lettera c) del comma 3 dell’articolo 5”. Si precisa che le attività del capo VI fanno riferimento ai redditi di impresa.

[17] La disposizione parla di “corrispettivi percepiti a seguito di cessione della clientela o di elementi immateriali”.

Riccardo Mezzi

Sono un Avvocato iscritto all’Ordine di Milano e mi occupo di diritto tributario e gestisco la relativa area per Ius in Itinere.

 

Sono nato a Bergamo, dopo la maturità classica mi sono laureato con lode in Giurisprudenza, scrivendo una tesi in diritto tributario internazionale. Successivamente, ho conseguito un Master in Diritto Tributario (Il Sole 24 Ore) e l’abilitazione all’esercizio della professione forense.

Durante l'ultimo anno di università ho vissuto all'estero e svolto un tirocinio presso l'IBFD - International Bureau of Fiscal Documentation di Amsterdam (NL), dove revisionavo articoli scientifici e svolgevo ricerche su questioni relative alla fiscalità internazionale.

Dopo la laurea, sono entrato a far parte dello studio legale e tributario di una big 4 presso la quale ho maturato esperienza con riferimento alle attività di compliance/consulenza fiscale ordinaria per le imprese, con un focus sui sistemi di controllo interno per la gestione del rischio fiscale (Tax Control Framework, o TCF, quale sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale ex D. Lgs. 128/2015 e Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo ai sensi del D. Lgs. 231/2001).

Attualmente sono associato dello Studio Tributario Tognolo presso il quale mi occupo delle medesime materie. Svolgo, inoltre, attività di consulenza fiscale e legale ordinaria.

Partecipo in qualità di docente e relatore a seminari e convegni su tematiche di fiscalità e controllo interno, e scrivo articoli su quotidiani e riviste specializzate italiane ed estere.

 

Email di contatto: r.riccardomezzi@gmail.com

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