venerdì, Luglio 26, 2024
Labourdì

Il “nuovo” potere di disposizione dell’ispettore del lavoro. Una prima lettura

 

 

L’art. 14 della legge 124/2004, rubricato “Disposizioni del personale ispettivo”, è stato riscritto per effetto dell’art. 12bis del D.l. 76/2020 (cd. Semplificazioni), convertito in legge 120/2020.
Il testo attualmente vigente prevede:
“1. Il personale ispettivo dell’Ispettorato nazionale del lavoro può adottare nei confronti del datore di lavoro un provvedimento di disposizione, immediatamente esecutivo, in tutti i casi in cui le irregolarità rilevate in materia di lavoro e legislazione sociale non siano già soggette a sanzioni penali o amministrative.
2. Contro la disposizione di cui al comma 1 è ammesso ricorso, entro quindici giorni, al direttore dell’Ispettorato territoriale del lavoro, il quale decide entro i successivi quindici giorni. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto. Il ricorso non sospende l’esecutività della disposizione.
3. La mancata ottemperanza alla disposizione di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione amministrativa da 500 euro a 3.000 euro. Non trova applicazione la diffida di cui all’articolo 13, comma 2, del presente decreto.”
In merito a questa disposizione in vigore dal 16 luglio, e convertita l’11 settembre, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha emanato una serie di orientamenti utili alla sua applicazione al fine di declinarne le fattispecie operative. Infatti, all’indomani della conversione, l’INL con Circolare n. 5/2020 ha fornito i primi chiarimenti, non risparmiandosi anche in valutazioni di politica del diritto: “trattasi di modifiche che, da un lato, semplificano l’utilizzo di tali poteri da parte del personale ispettivo e, dall’altro, ampliano sensibilmente la possibilità di garantire una tutela sostanziale ai lavoratori.” (1)
In effetti, non può non cogliersi l’intento del legislatore, forse previdente rispetto alle riorganizzazioni aziendali del 2021 che saranno caratterizzate senza dubbio da modifiche delle piante organiche e dalla riduzione dei “costi”, non appena le stringenti normative emergenziali si allenteranno. Sul punto, non è mancata, da larga parte della dottrina giuslavoristica, una forte critica rispetto alle limitazioni sine die alla libertà di impresa dinanzi al diritto alla salute. Questa norma ad avviso di scrive intende invece preparare il terreno per un anno di stravolgimenti nelle relazioni industriali e sindacali. Inoltre, come ribadito dall’Ispettorato, non viene abrogato quanto previsto dagli artt. 10 e 11 del D.P.R. 520/1955 che disciplinano l’originario potere di disposizione in materia di infortuni e negli altri casi in cui è previsto un apprezzamento discrezionale.
In buona sostanza, ogni aspetto del rapporto di lavoro è oggetto del, o meglio, “dei” poteri di disposizione, al fine di salvaguardare quantomeno i rapporti “superstiti”.
Invero, già prima della pandemia la giurisprudenza del Consiglio di Stato aveva rilevato come fosse pienamente legittimo un potere di disposizione idoneo a salvaguardare il rispetto di norme di condotta aventi fonte legislativa e per le quali non era prevista in caso di violazione una conseguente sanzione.
Sul punto si riporta il nocciolo della decisione:
2. La sentenza impugnata, richiamati i commi 1 e 2 dell’art. 39 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, evidenziava che il datore di lavoro era tenuto ad indicare nel libro unico del lavoro un calendario delle presenze dei propri lavoratori subordinati, da cui risultasse, per ogni giorno, il numero delle ore di lavoro effettuate.
Le funzioni cui adempiono tali annotazioni sono molteplici ma, per quanto qui interessa, rileva maggiormente quella afferente al controllo del rispetto delle disposizioni impartite in materia di orario di lavoro, riposi settimanali, pause di lavoro e lavoro notturno quali, ad esempio la disposizione di cui all’art. 7 del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 6 laddove si stabilisce che “…il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore”; ovvero la disposizione di cui al successivo art. 8, primo comma, dello stesso decreto laddove è stabilito che “qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa (…) ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto”.
Se questa è la funzione, è ovvio che una indicazione nel libro unico del quantitativo complessivo delle ore lavorate per ciascun lavoratore non consente all’amministrazione di adempiere ai compiti di controllo che la legge le assegna, giacché tale indicazione complessiva non le consente di controllare se effettivamente il lavoratore abbia potuto beneficiare di pause intermedie ovvero di riposi giornalieri di almeno undici ore consecutive.
Deve pertanto ritenersi che l’Amministrazione alla quale sono stati affidati tali compiti possa impartire agli operatori prescrizioni esecutive che, specificando quanto già imposto in via generale dalle legge, siano funzionali ad un proficuo espletamento delle proprie funzioni di controllo. (…).

Da queste indicazioni si evincono due elementi decisivi ai fini della soluzione della presente controversia. Innanzitutto si evincono le motivazioni che hanno indotto l’Amministrazione ad impartire le prescrizioni qui avversate (obbligo di predisporre sistemi di rilevazione e registrazione giornaliera degli orari di inizio e termine dei turni di servizio di ciascun socio lavoratore): fare in modo che le modalità di compilazione del libro unico siano in linea con i compiti di controllo che la legge le attribuisce. (2)

Per quanto riguarda l’ambito soggettivo si evidenzia una restrizione che riguarda il solo personale ispettivo, ovvero solo il personale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro è titolare del potere di disposizione così come disciplinato e non anche gli altri organi ispettivi previdenziali, come previsto invece nel caso di esercizio del potere di diffida (vd. art. 13 legge 124/2004).
Per quanto riguarda l’oggetto della “disposizione”, la dottrina ha chiarito che si tratterebbe non di sanzionare immediatamente un comportamento datoriale bensì una condotta, un fatto o un atto, che pur non essendo punito dalla legge non è conforme al dettato normativo. La disposizione quindi è un ordine con il quale l’organo ispettivo intima al datore di lavoro di ripristinare la regolarità alla luce della visita ispettiva, concedendo un termine per adempiere che può essere più o meno lungo a seconda della criticità evidenziata. Successivamente, solo in caso di mancata ottemperanza è possibile applicare la sanzione. Ne consegue che è la mancata osservanza dell’ordine inibitorio o ripristinatorio dell’ispettore a portare alla sanzione e non la condotta stessa, essendo infatti tale sanzione non prevista. Si tratta quindi di una tutela dei lavoratori a chiusura del sistema.(3)
Ma qual è il campo di applicazione?
Sembra evidente – vista la genericità della norma e l’impianto sistematico di cui agli artt. 13-15 della legge 124/2004 ora modificata – che si tratti di una tutela indifferenziata dei diritti del lavoratore coinvolgendo, come accennato, sia norme di legge (in particolare le cc.dd. norme imperfette), sia norme del contratto collettivo applicato (parte normativa e parte economica) eventualmente anche in fatto dal datore di lavoro. Resta escluso, essendo l’autonomia contrattuale delle parti di rilievo costituzionale e civile, quanto previsto per libera scelta negoziale. Tuttavia, anche in tale campo di applicazione permane la conciliazione monocratica e il potere di diffida accertativa qualora si tratti di obblighi di natura patrimoniale.
Non solo, ma si sottolinea anche che è possibile adottare il provvedimento sanzionatorio in relazione a comportamenti pregressi allorquando la condotta richiesta possa materialmente sanare la violazione dell’obbligo ovvero sia funzionale ad evitare la sua ripetizione nel futuro. In tal caso ci sarà un termine indicato dall’ispettore. (4)
Per quanto concerne le modalità prodromiche all’emissione della “disposizione” deve esserci una valutazione complessiva della fattispecie concreta oggetto di accertamento, finalizzata a fornire al lavoratore una effettiva tutela. Deve evitarsi, quindi, l’adozione del provvedimento in questione laddove, pur consentita in astratto, determini in concreto possibili effetti sfavorevoli nei confronti di altri lavoratori. Quest’ultima indicazione dell’Ispettorato non è di immediata comprensione, evidentemente perché l’indeterminatezza della norma lascia spazio a valutazioni che incidono anche su altre posizioni soggettive coinvolgendo altri rapporti di lavoro.
Da questo punto di vista, è infatti noto che il principio di legalità impone la predeterminazione per legge tanto delle varie figure di illecito, amministrativo o penale, che l’organo ispettivo è tenuto ad accertare, quando dei poteri esercitabili dallo stesso. Per come è congegnata la norma, si intravedono non solo spazi di discrezionalità notevoli, ma anche l’assenza di criteri direttivi, motivo per il quale l’Ispettorato ha posto “rimedio” autoregolando la propria prassi vista l’esclusiva applicabilità da parte dei suoi uffici. (5)
Ciò premesso, le modalità di tutela del datore di lavoro dinanzi al nuovo potere di disposizione ex art. 14, consistenti nel ricorso al Direttore dell’Ispettorato territoriale, non sembrano assicurare una totale imparzialità nella eventuale rivalutazione producendo un possibile aumento del contenzioso. Forse sarebbe stato più corretto rimandare la decisione, non solo ad un organo gerarchicamente ancor più elevato, ma soprattutto appartenente ad una Direzione territoriale diversa al fine di valutare fatti, norme e prassi in modo del tutto oggettivo.
La tutela giurisdizionale sembra affidata al T.A.R. competente per territorio, quantomeno relativamente ai profili di legittimità, vista non solo la natura di provvedimento amministrativo ma anche il rapporto privato-P.A., che seppur incidendo su rapporti di lavoro, si concretizza in un controllo da parte di una pubblica amministrazione (con possibile decongestionamento del contenzioso conseguente al giudice del lavoro).
Volendo mettere a sistema quanto previsto sinora, le attività ispettive, oggi sostanzialmente a completa tutela dei lavoratori comprendono: la conciliazione monocratica, la diffida accertativa e il potere di disposizione (sia ex art. 14 legge 124/2004 sia ex artt. 10-11 D.P.R. 520/1955). Sulla diffida accertativa, peraltro, si segnala anche il suo rafforzamento in materia di solidarietà negli appalti sempre per effetto dell’art. 12 della legge 124/2004 come modificato dal D.l Semplificazioni (introduzione del potere coercitivo nei confronti del responsabile solidale).

Volendo calare dal punto di vista operativo quanto sopra argomentato si riportano i principali casi pratici citati dall’Allegato alla Nota INL del 15 dicembre n. 4539/2020, contenente persino il modulo compilabile dall’ispettore. (6)

  • Articolo 39 del D.L. 112/2008 conv. con L. 133/2008: omesse e infedeli registrazioni sul LUL che non determinano differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali (esempio specifico: mancato aggiornamento contatore ferie, permessi, Rol, banca ore, allattamento, omessa iscrizione sul LUL dell’utilizzatore/distaccatario del lavoratore somministrato/distaccato);
  • Mancato pagamento delle indennità previste per i casi di fruizione di permessi art. 33 legge 104/1992 e congedo straordinario ex art. 42, comma 5. D.Lgs. n. 151/2001;
  • Disposizione in ambito di lavoro a tempo parziale: a) mancata individuazione nel relativo contratto di lavoro delle fasce orarie o dei turni di lavoro; b) mancato rispetto delle previsioni contrattuali circa la collocazione oraria delle prestazioni dei part-timer (il contratto risulta formalmente ineccepibile, ma il datore varia in continuazione gli orari dei part-timer, al di là di quanto consentito dall’eventuale apposizione di clausole elastiche);
  • Violazione dei limiti legali relativi al trasferimento o al distacco del lavoratore, rispettivamente previsti dall’art. 2103 c.c. e dall’art. 30, comma 3, D.lgs. 276/2003, limitatamente alla finalità di evitare condotte discriminatorie, ritorsive o strumentali, senza intervenire su aspetti inerenti l’organizzazione aziendale;
  • Articolo 8 del D.lgs. 66/2003 (mancato rispetto dei tempi di pausa – minimo 10 minuti o secondo le modalità e la durata stabilite dai contratti collettivi di lavoro – oltre il limite di 6 ore giornaliere);
  • Conservazione rilevazioni presenze mensili del personale dipendente occupato per la durata di 5 anni dalla data dell’ultima registrazione, con obbligo di custodia nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. n. 196/2003);
  • In caso di violazione del diritto di precedenza è possibile adottare il provvedimento di disposizione laddove il datore di lavoro non abbia richiamato il diritto di precedenza nella lettera di assunzione di un lavoratore con contratto a termine, in violazione dell’art. 24, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015;
  • Trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato per assenza di causali o per mancato rispetto del numero di proroghe o del periodo di stop and go e registrazioni sul LUL. Si ritiene possibile disporre la modifica della lettera di assunzione (art. 1, comma 1 lett c. D.lgs. maggio 1997, n. 152) e la corretta elaborazione del LUL a far data dalla trasformazione (art. 10, comma 1 e 2, del Dlgs. n. 81/2015) qualora non siano applicabili sanzioni in ragione della insussistenza di effetti retributivi, previdenziali o fiscali legati alla errata elaborazione;

Quanto emerge denota un’analisi tutt’altro che “non esaustiva”, bensì il massimo organo amministrativo di vigilanza ha ricercato puntualmente una quantità notevole di casi in cui non vi è già una sanzione amministrativa o penale peraltro individuando condotte sia nella contrattazione collettiva che nella stessa prassi, alcune delle quali diffusissime e idonee a generare veri e propri vantaggi economici (profitti) per il datore di lavoro a discapito dei diritti del lavoratore. Ciò anche al fine di circoscrivere in una cornice di legalità l’ampio potere ispettivo.
Pur ritenendo condivisibile la scelta del legislatore di potenziare gli strumenti dell’Ispettorato, permangono, tuttavia, non pochi profili di incertezza sulla nuova disposizione, soprattutto per quanto riguarda i criteri applicabili nel momento della valutazione in concreto compiuta dall’ispettore.

1 – Nota INL 15 dicembre, n. 4539/2020

2 – Sent. Cons. Stato, Sez. VI, n. 2210/2015

3 – Sul punto, E. Massi, “Potere di disposizione degli ispettori del lavoro: rischi e sanzioni per le aziende”,  pubblicato su Ipsoa.it

4 – Circ. INL 30 settembre 2020, n.5

5 – Di questo avviso anche l’analisi della Scuola ADAPT 21 dicembre 2020, n. 47  con riferimento ai dubbi interpretativi del potere secondo legalità

6 – Esemplificazioni  art. 14 d.lgs. n. 124/2004 

 

Dario Di Stasio

Diplomato al liceo scientifico e laureato con lode in giurisprudenza presso l'Università degli studi di Napoli "Federico II" all'età di 24 anni discutendo la tesi in diritto del lavoro in tema di licenziamenti e tutele indennitarie. Vincitore delle collaborazioni studentesche part-time A.A. 2014/2015, socio Elsa Napoli e vincitore assegnatario del bando per le attività di tutorato e orientamento A.A. 2017/2018. Ha superato con esito positivo il tirocinio presso il TAR Campania per l'accesso al concorso in magistratura. Ha completato il primo anno di praticantato come consulente del lavoro. Appassionato di diritto tributario, ha approfondito alcune sue branche, dalla finanza decentrata ai sistemi fiscali comparati. Sostenitore del federalismo europeo. E' stato eletto segretario della sezione di Napoli della Gioventù Federalista Europea nel 2017 e ha contribuito alla pubblicazione del volume “Europa: che fare? L’Unione Europea tra crisi, populismi e prospettive di rilancio federale”, edito da Guida Editore. Condivide e sostiene il progetto federalista di Altiero Spinelli volto all'unione politica e fiscale così da eliminare quelle disuguaglianze sostanziali che di fatto impediscono il pieno sviluppo della personalità anche oltre i confini nazionali.

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