Investimenti: la lezione del coronavirus
Il 2020 passerà alla storia per la prima pandemia della società moderna, all’epoca del digitale e delle telecomunicazioni. Siamo a più un mese di quarantena, tra misure restrittive governative e buon senso del singolo in nome della collettività. Se si escludono fato, “anno bisesto-anno funesto” e“complottismi da bar di provincia”, bisogna fare i conti con le responsabilità e le tante mancanze del nostro sistema, in particolare, e di altri paesi, allargando l’orizzonte. Primo fra tutti? Gli investimenti mancati in Istruzione, Università e Ricerca.
Guardiamo in faccia al nemico. Si chiama SARS-CoV 2 (Severe Acute Respiratory Sindrome), un coronavirus che dai pipistrelli è passato all’uomo tramite un soggetto intermedio ancora da definire. I coronavirus sono noti da tempo, ma il SARS-CoV 2 è contraddistinto da un alto tasso di contagiosità, molto al di sopra di SARS (2002) e MERS (2012), i due precedenti episodi di coronavirus di impatto molto più contenuto[1]. Come la maggior parte delle persone, ci riferiamo al SARS-CoV 2 con il più generale coronavirus.
Il tasso di mortalità del coronavirus è stimato, tra le discussioni della comunità scientifica, intorno al 3%, ma è la richiesta di ospedalizzazione che sta letteralmente paralizzando il pianeta. Avere molti pazienti che necessitano di terapia intensiva significa non averne a sufficienza. Tuttavia le altre patologie (infarti, ictus, tumori ecc.) non se ne stanno di certo in ferie. Ecco il motivo delle ingenti misure di quarantena, volte a difendere il sistema sanitario affinché non si arrivi al completo collasso. Si stima che siano quasi 4 miliardi le persone in quarantena nel mondo.
L’emergenza sanitaria diventa emergenza economica. Il mondo è fermo sui servizi di prima necessità, con annesse filiere, e non si fa che guardare ad immissioni di liquidità nei mercati, che si chiamino “buoni spesa”, “eurobond” o “coronabond”. Cresce il numero di famiglie indigenti che mancano del minimo per poter acquistare alimenti e farmaci, rendendo ancor più complicata la situazione del “bel paese”.
Se le alterazioni genetiche di un virus sono imprevedibili, le drammatiche conseguenze dei mancati investimenti no! Negli ultimi due articoli, senza voler fare vuota ed inutile autoreferenzialità, ho analizzato i dati impietosi degli investimenti italiani in scuola, università e ricerca[2].
In sintesi, l’Italia investe in istruzione il 3,9% del proprio PIL, contro una media UE del 4,7%. Inoltre, solo il 7,9% della spesa pubblica è rivolto all’istruzione contro la media UE dell’11,20%. Peggio che andar di notte se passiamo alla ricerca. Nel 2017, 23,8 miliardi sono stati investiti in R&S, di cui solo il 32,3% proveniente dalle casse pubbliche. Sono i privati i principali investitori, alterando l’efficacia di un proficuo e plurale sviluppo. Di questi 23,8 miliardi di euro il 40,2% è rivolto alla ricerca applicata, il 55% alle attività sperimentali e solo il 22,2% alla ricerca di base[3].
La ricerca di base è il motore dello sviluppo di nuove idee, delle più inaspettate collaborazioni tra esperti di diversi settore. In matematica, la libera ricerca ha consentito lo sviluppo della teoria dei codici e della crittografia senza le quali non potremmo effettuare alcuna telecomunicazione, dal semplice messaggio alla mail.
E se non si investe, non si forma una classe scientifica capace di affrontare i problemi della realtà. Mancano industrie all’avanguardia tecnologica, pronte ad affrontare le modalità dello smart-working con tutti gli strumenti richiesti. Per non parlare delle carenze della rete internet italiana. Il sovraccarico di questi giorni è un nonnulla se lo si confronta con il completo isolamento di alcuni comuni dell’entroterra.
La scuola si è rivelata la più colpita. Troppo schiacciata su metodi datati, si è ritrovata negli spazi dell’e-learning. Ma una formazione a distanza funziona se insegnanti e studenti sono formati e, tecnologicamente, muniti. Diversi studenti lamentano difficoltà nel seguire una lezione a causa di una connessione instabile e/o per la mancanza di un adeguato supporto tecnologico (pc, tablet, smartphone).
E gli ospedali? Si son ritrovati come l’esercito napoleonico durante la “campagna di Russia”: preparazione d’autunno contro i gelidi venti dell’est. Investimenti azzerati, personale sempre più carente e precario, strutture fatiscenti, senza avanguardia tecnologica, travolte da uno tsunami chiamato coronavirus. Diversi medici sono caduti sul campo, come un vero esercito. Tuttora mancano igienizzanti, mascherine e respiratori, che arrivano da sempre più lontano.
La classe politica ha fallito, le scelte economiche sono state scellerate e se ne pagano le più amare conseguenze. Torneremo alla normalità, ma non sappiamo il quando. Eppure torneremo. In quel momento servirà ricostruire, fornendo a quest’organismo chiamato società quello che è mancato: investimenti mirati in formazione (scuola, università) e sviluppo (ricerca).
Il primo punto è la realizzazione, o meglio la presa di coscienza, della rivoluzione digitale che va dallo smart-working all’ottimizzazione degli spostamenti. Questo è subordinato all’ampliamento del pubblico che fruisce di una rete veloce, fornendo anche le competenze digitali richieste. Ogni nuovo studente, nel caso della scuola, deve aver accesso alla strumentazione ed alle conoscenze digitali di cui necessita per un’opportuna e valida formazione.
Una rete più ampia e veloce è la trama robusta che può reggere una società ancor più interconnessa, con un’idea completamente nuova di lavoro. Probabilmente, non sarà nemmeno più necessario stampare moneta, con meccanismi fiscali più rapidi e trasparenti.
“Dove si trovano i soldi?”, vi starete chiedendo.
Serve partire da un deficit, cui seguirà una naturale inflazione di cui non bisogna preoccuparsi. Tuttavia, sarà un severo taglio della spesa pubblica (pensioni, reddito di cittadinanza, servizi inutilizzati) a fornire le risorse necessarie, da spendere bene nel futuro, da spendere per avere un futuro.
Sperando che non si senta più la solita notizia “anche quest’anno previsti tagli per istruzione e sanità”, guardiamo alla lezione del coronavirus. Solo chi guarda al futuro può avere un futuro, sperabilmente più roseo. Altrimenti finiamo come quegli stolti che continuano a fissare il dito, mentre gli si indica la luna.
[1] COVID-19, molto probabile un ruolo per i pipistrelli, ma si cerca ancora l’ospite intermedio. ISS, 12 febbraio 2020.
Disponibile qui: https://www.iss.it/primo-piano/-/asset_publisher/o4oGR9qmvUz9/content/id/5269233
[2] Istruzione: il quadro degli investimenti in Italia. Marco Menale, 05/11/2020
Disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/istruzione-il-quadro-degli-investimenti-in-italia-24134
[3] Il costo dell’istruzione resta occulto. Luisa Ribolzi, 03/06/2019
Disponibile qui: http://scuola24.ilsole24ore.com/art/scuola/2019-05-31/il-costo-dell-istruzione-resta-occulto—170344.php?uuid=ACtKT1K
Per ulteriori approfondimenti:
Un miliardo e mezzo per salvare l’università, l’appello di ricercatori e studenti. Ilaria Venturi, 23/09/2019.
Disponibile qui: https://www.repubblica.it/scuola/2019/09/23/news/l_appello_di_ricercatori_e_studenti_almeno_1_5_miliardi_per_l_universita_-236707310/
Scuola, università e ricerca: la divisione dei ministeri. Marco Menale, 12/02/2020
Disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/scuola-universita-e-ricerca-la-divisione-dei-ministeri-25402
Fonte immagine: https://pe.unit.br/blog/noticias/saiba-mais-sobre-carreira-em-biomedicina/