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La Cassazione sul caso Gucci: la tutela rafforzata del marchio notorio oltre il mero rischio di “confusione”

Il presente articolo si propone di analizzare la recentissima sentenza della Corte di cassazione n. 27217/2021 depositata in data 7 ottobre 2021[1], la quale, in tema di tutela di marchi di rinomanza, ha accolto con rinvio il ricorso di Gucci che chiedeva l’annullamento per “difetto di novità” della registrazione di due marchi da parte di una società cinese, ritenendo che questi fossero frutto di contraffazione.

Va premesso che i marchi che godono di notorietà, rispetto ai c.d. marchi ordinari, non connotati da notorietà, ricevono una tutela rafforzata che va oltre il semplice rischio di “confusione” tra i prodotti[2], in base a quanto previsto oggi dal Dlgs 30/2005 – Codice della proprietà industriale (CPI) – in attuazione della direttiva CE 89/104.

In particolare, l’art. 20 lett. c) CPI prevede espressamente che: “Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell’attività economica … (lett. c)… un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi”.

La maggiore incisività della protezione mira ad evitare che si verifichino fenomeni quali la “diluizione”[3] o “corrosione” del marchio nonché a combattere il fenomeno del “parassitismo”[4].

Nel tempo è stata quindi ammessa la c.d. tutela “ultra-merceologica” per i marchi notori, che prescinde, come detto, dal mero rischio di confusione genericamente inteso per i c.d. marchi ordinari, ed è invocabile dal titolare nel caso in cui sussistano determinati presupposti.

Ciò è previsto anche per garantire un livello di protezione adeguato alla luce del c.d. Selling Power del marchio, inteso come la elevata capacità di vendita dovuta alla funzione evocativa e suggestiva del marchio stesso.

Quanto ai presupposti della tutela rafforzata, in primo luogo, il titolare del marchio ha l’onere di provare che esso goda di rinomanza, sia a livello territoriale sia con riferimento al pubblico interessato.

Per quanto riguarda poi la valenza dello stato di rinomanza, prendendo a riferimento la nota sentenza General Motors (Corte di Giustizia, 14 settembre 1999, C-375/97[5]), questo è stato definito come “l’attitudine del segno a comunicare un messaggio al quale sia possibile agganciarsi anche in difetto di una confusione sull’origine” sancendo che la tutela possa essere accordata se il marchio è “conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o servizi da esso contraddistinti”.

Ciò posto, è verosimile giungere alla conclusione per cui, maggiore è la notorietà del marchio, maggiore sarà l’estensione della sua tutela sino a ricomprendere ambiti merceologici e di prodotto anche meno affini.

Il giudizio di appello e la decisione della Cassazione

Fatte queste premesse, tornando all’analisi del caso in esame, si evidenzia che in sede di giudizio di merito, la Corte d’appello, pur avendo riconosciuto la “somiglianza dei segni” posti alla sua attenzione nonché “l’alta rinomanza del marchio Gucci”, aveva limitato la propria valutazione al solo “rischio confusorio”[6].

Per la Corte d’appello, inoltre, il marchio contestato divergeva da quello Gucci poiché la gobba della “G” era riempita in neretto e il carattere della scritta era più sottile. In aggiunta a ciò, la Corte, riconoscendo la rinomanza del marchio Gucci e la sua clientela particolare, ha ritenuto che la stessa fosse certamente abituata a riconoscere e distinguere il noto marchio da qualsiasi altro similare.

Dalla valutazione di merito è derivata però, scrive la Cassazione, una omissione nella parte in cui non si è tenuta in considerazione la tutela rafforzata riconosciuta ai marchi notori, e pretesa da Gucci.

Peraltro, sarebbero stati trascurati gli sviluppi della giurisprudenza comunitaria secondo cui, per aversi violazione, non è necessario un rischio di confusione, essendo sufficiente anche “un nesso tra il segno e il marchio”.

Difatti, la Prima Sezione civile della Suprema Corte ha rilevato che:

Non vi è dubbio che una estesa commercializzazione di prodotti recanti segni identici o simili a marchi rinomati possa fondatamente cambiare le abitudini della clientela cui tali articoli sono normalmente indirizzati, soprattutto di quella che è orientata all’acquisto per il carattere esclusivo del prodotto, per l’elevatissimo target del medesimo, la quale, per non incorrere nel rischio che il suo costoso accessorio di lusso possa essere confuso con uno contraffatto, può dirigersi verso altre marche altrettanto rinomate“.

La nozione di “vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio”, detto anche “parassitismo”, spiega la Suprema Corte, va, invece ricollegato non al pregiudizio subito dal marchio, quanto piuttosto al vantaggio tratto dal terzo dall’uso del segno identico o simile al marchio.

In ciò viene compreso il caso in cui, grazie ad un trasferimento dell’immagine del marchio o delle caratteristiche da questo proiettate sui prodotti designati dal segno identico o simile, “sussista un palese sfruttamento parassitario nella scia del marchio che gode di notorietà senza che il titolare del marchio posteriore abbia dovuto operare sforzi propri in proposito e senza qualsivoglia remunerazione economica atta a compensare lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio per crearlo e mantenerne l’immagine“.

E’ stato infatti chiarito come il titolare del segno posteriore, ponendosi nel solco del marchio notorio, beneficia del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio “senza dover sborsare alcun corrispettivo economico”.

Quanto poi ai potenziali acquirenti dei prodotti, peraltro, secondo la Suprema Corte, sarebbe da considerarsi irrilevante che coloro i quali sono soliti acquistare prodotti Gucci possano non essere indotti in errore in ordine alla provenienza del prodotto recante il marchio del contraffattore, potendo tale prodotto indirizzarsi a quei consumatori che lo scelgono in modo consapevole non per le sue caratteristiche, decorative o di materiale, intrinseche, ma solo per la sua forte somiglianza a quello celebre, “magari per spacciarlo come quello originale ai conoscenti meno attenti o meno qualificati nel riconoscere i marchi rinomati”.

Da ultimo, la Suprema Corte ha previsto che:

“quanto all’intensità della notorietà e del grado di carattere distintivo del marchio, è stato evidenziato che più il carattere distintivo e la notorietà del marchio di cui si tratta sono rilevanti, più facilmente sarà ammessa l’esistenza di una violazione; inoltre, più l’evocazione del marchio ad opera del segno successivo è immediata e forte, più aumenta il rischio che l’uso attuale o futuro del segno tragga un vantaggio indebito dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o rechi loro pregiudizio”.

In conclusione, considerato quanto statuito dalla Suprema Corte circa la tutela rafforzata dei marchi di rinomanza, il giudice del rinvio dovrà occuparsi di accertare se effettivamente l’utilizzo del marchio posteriore sia privo di giusta causa, che consenta di trarre indebitamente vantaggio e profitto dal carattere distintivo e dalla rinomanza del marchio Gucci, ovvero arrechi pregiudizio alle caratteristiche dello stesso.

[1] Testo della Sentenza della Prima Sez. Civile della Suprema Corte – n. 27217/2021 – disponibile qui: https://i2.res.24o.it/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANI_VERTICALI/Online/_Oggetti_Embedded/Documenti/2021/10/08/27217.pdf

[2] Sulla evoluzione normativa in relazione al marchio rinomato si rimanda al presente articolo: https://www.iusinitinere.it/analisi-dellevoluzione-normativa-in-relazione-al-marchio-rinomato-25705 e, per l’analisi di un caso pratico relativo ad un marchio noto, si rimanda al seguente articolo: https://www.iusinitinere.it/influencer-e-social-network-quando-luso-di-un-marchio-altrui-e-un-atto-illecito-31114#_ftn2. Ancora, con specifico riguardo al marchio Gucci, si rimanda al seguente articolo: https://www.iusinitinere.it/i-marchi-notori-e-la-tutela-contro-i-c-d-falsi-palesi-il-caso-gucci-34242

[3] In particolare, ci si riferisce a quel fenomeno per cui viene lesa la capacità distintiva di un determinato marchio, ovvero quando questo non sia più in grado di far pensare ad un prodotto specifico. Ciò può accadere quando si diffondono molteplici marchi simili ad esso, al punto che se un consumatore vede quel marchio non lo associa più ad un prodotto specifico ma ad una generica categoria di prodotti tutti con caratteristiche simili tra loro. Riferimento da:

[4] Con tale termine si intende quel fenomeno per cui si ha la c.d. “volgarizzazione” del marchio, ovvero quando esso perde la sua capacità di identificare un prodotto specifico e viene associato ad un’intera categoria di prodotti con le medesime caratteristiche. Come da: ed inteso altresì dalla Suprema Corte nel caso qui analizzato come: “vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio”.

[5] Sentenza General Motors della Corte di Giustizia, 14 settembre 1999, C-375/97 visionabile qui: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX%3A61997CJ0375

[6] Riferimento da: F. M. Grifeo, https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/marchi-famosi-oltre-rischio-confusione-tutelata-anche-diluizione-brand-AEWIwKo, 2021; nonché da P. Maciocchi, https://www.ilsole24ore.com/art/no-registrazione-marchio-che-evoca-brand-gucci-anche-senza-rischio-confusione-AEgu4Yo, 2021.

Sofia Giancone

Avvocato e Dottoranda di Ricerca in diritto privato presso l'Università Tor Vergata - Roma Sofia Giancone fa parte di Ius In Itinere da maggio 2020. Ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza nel 2019 con Lode presso l'Università di Roma Tor Vergata, discutendo la tesi in Diritto Commerciale dal titolo: "Il software: profili strutturali, tutela giuridica e prospettive". Ha svolto la pratica forense in ambito civile e il tirocinio formativo in magistratura ex art. 73 d.l. 69/2013 presso la Corte d'appello civile di Roma. Successivamente ha approfondito i temi legati all'IP & IT e si è specializzata in Tech Law & Digital Transformation con TopLegal Academy. Si è occupata di consulenza e assistenza legale nell'ambito del Venture Building, innovazione e startup, contrattualistica di impresa. Ad ottobre 2022 ha conseguito l'abilitazione all'esercizio della professione forense e ad oggi esercita la professione di Avvocato. Dal 2022 svolge inoltre il Dottorato di ricerca in diritto privato presso l'Università di Roma Tor Vergata. Profilo LinkedIn: linkedin.com/in/sofia-giancone-38b8b7196

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