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La riforma dei reati tributari alla luce del d. lgs. 158/2015

Il 7 ottobre 2015 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo numero 158 del 2015 che ha apportato sensibili modifiche alla disciplina dei reati tributari come previsto dal d. lgs. 74/2000. La revisione del relativo sistema sanzionatorio è collocata all’interno del Titolo I del provvedimento, dal titolo “Revisione del sistema sanzionatorio penale tributario”.

Una prima modifica sulla quale pare doveroso soffermarsi è quella che ha riguardato l’art. 3 del d. lgs. 74/2000 in materia di dichiarazioni fraudolente. La precedente struttura trifasica, caratterizzata dalla falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie, dall’utilizzo di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento della falsità e dall’indicazione, nella dichiarazione dei redditi o ai fini IVA, di elementi attivi inferiori a quelli effettivi o elementi passivi fittizi, viene modificata dai molteplici elementi innovativi introdotti dal decreto. Innanzitutto, l’elemento della falsa rappresentazione nelle scritture contabili obbligatorie non viene più considerato necessario; dunque, l’eliminazione, di fatto, della prima delle tre fasi ha come logica conseguenza l’aumento dei possibili soggetti attivi del reato. Ancora, la condotta materiale del reato è costituita dal compimento di “operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente”, ossia l’avvalersi “di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento ed indurre in errore l’amministrazione finanziaria”. La ratio che emerge da un’analisi del quadro delle novità introdotte è quella della dilatazione dei confini di applicazione della norma, in perfetta coerenza con quanto previsto dell’art. 8 della legge delega. Tuttavia, non di poco conto sono le difficoltà cui va incontro l’interprete, il quale è ora chiamato ad individuare i precisi contorni delle succitate operazioni “simulate” al fine di distinguerle da quelle “inesistenti” (art. 2) e da quelle “elusive”, come introdotte proprio dal decreto in esame.
Viene prevista poi, con l’introduzione del comma 1-bis all’art. 5 del d. lgs. 74/2000, la rilevanza penale dell’omessa presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta nel caso in cui le ritenute non versate superino i 50 mila euro.

Modifiche rilevanti hanno investito anche gli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater del decreto sui reati tributari.
Per quanto riguarda il primo articolo, viene estesa la portata del dato normativo alle “ritenute certificate” e alle “ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione” : ciò significa che la prova della ritenuta di cui si contesta l’avvenuto versamento potrebbe prescindere dalle certificazioni rilasciate al sostituito, potendo risultarere sufficiente la mera risultanza all’interno della dichiarazione.
Relativamente all’art. 10-ter, in materia di omesso versamento di IVA, è da segnalare l’aumento della soglia di punibilità a 250 mila euro per ciascun periodo d’imposta.
Ciò che emerge dalle modifiche apportate a questi due articoli è la riduzione dell’ambito di rilevanza penale delle fattispecie di omesso versamento, indicativa della volontà del legislatore di prevedere l’esclusiva operatività delle mere sanzioni amministrative per un considerevole numero di condotte illecite.

In relazione all’art. 10-quater ciò che maggiormente colpisce è la modifica del trattamento sanzionatorio, il quale incontra una diversificazione a seconda che l’indebita compensazione abbia ad oggetto crediti non spettanti oppure crediti inesistenti: in quest’ultimo caso la pena diventa quella della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

L’aspetto maggiormente innovativo di questo decreto legislativo è rappresentato però dall’introduzione del nuovo art. 12-bis circa la confisca obbligatoria, anche in forma equivalente, del prezzo e del profitto del reato. Il primo comma prevede infatti che “nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto“. Se però questo comma non fa altro che riproporre il contenuto dell’art. 332-ter c.p., risulta nuova la disposizione del secondo comma, secondo cui per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario, anche in presenza di sequestro, la confisca non opera, mentre è sempre disposta in caso di mancato versamento. La ratio sottesa a questo articolo è quella di far prevalere le pretese dell’Erario rispetto a quelle statuali aventi carattere ablatorio, in conformità con la previsione della causa di non punibilità per estinzione del debito tributario.

Modifiche sostanziali hanno riguardato anche l’art. 13 del decreto legislativo, dal momento che l’estinzione del debito tributario viene reso causa di non punibilità per i reati di cui agli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater primo comma, nel caso in cui avvenga prima dell’apertura del dibattimento di primo grado e per i reati di cui agli artt. 4 e 5 (dichiarazione infedele e omessa dichiarazione) se il ravvedimento operoso o la presentazione della dichiarazione omessa intervengano prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
Emerge chiaramente che l’atteggiamento “premiale” del legislatore è tarato in base al disvalore proprio della singole fattispecie, basti pensare che per gli omessi versamenti il termine per avvalersi della causa di non punibilità è molto più favorevole rispetto a quelli fissati per i reati di cui agli artt. 4 e 5, per i quali tale premialità non pare destinata ad estrinsecarsi.

Innovativo pare anche il nuovo art. 18-bis in materia di custodia giudiziale dei beni sequestrati nell’ambito di procedimenti penali relativi ai delitti previsti dal decreto e ad ogni altro illecito avente carattere tributario: infatti, questi beni possono essere dati in custodia giudiziale ad organi dell’amministrazione finanziaria i quali ne facciano espressa richiesta, a patto che si tratti di beni diversi dal denaro e dalle disponibilità finanziarie.

Dott. Giovanni Sorrentino

Giovanni Sorrentino è nato a Napoli nel 1993. Dopo aver conseguito la maturità classica con il massimo dei voti presso il Liceo Classico Jacopo Sannazaro, intraprende lo studio del diritto presso il dipartimento di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II". Nel dicembre del 2017 si è laureato discutendo una tesi in diritto penale dal titolo "Il riciclaggio", relatore Sergio Moccia. Attualmente sta svolgendo la pratica forense presso lo Studio Legale Chianese. Nel 2012 ha ottenuto il First Certificate in English (FCE). Ha collaborato dal 2010 al 2014 con la testata sportiva online "Il Corriere del Napoli". È socio di ELSA (European Law Students' Association) dal 2015. Nel 2016 un suo articolo dal titolo "Terrore a Parigi: analisi e possibili risvolti" è stato pubblicato su ElSianer, testata online ufficiale di ELSA Italia. Nel 2017 è stato selezionato per prendere parte al Legal Research Group promosso da ELSA Napoli in Diritto Amministrativo (Academic Advisors i proff. Fiorenzo Liguori e Silvia Tuccillo) dal titolo "L'attività contrattuale delle pubbliche amministrazioni tra diritto pubblico e diritto privato", con un contributo dal titolo "Il contratto di avvalimento". Grande appassionato di sport (ha giocato a tennis per dieci anni a livello agonistico) e di cinema, ama viaggiare ed entrare in contatto con nuove realtà. Email: giovanni.sorrentino@iusinitinere.it

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