sabato, Dicembre 14, 2024
Tax Driver

La soggettività passiva nell’imposta sul valore aggiunto

 

A cura di Caterina Adamo

Il diritto tributario è caratterizzato dalla particolarità della individuazione dei soggetti sottoposti al prelievo tributario. Nell’ambito di operazioni relative ad imposta sul valore aggiunto, in dottrina si suole distinguere tra la figura del “contribuente di fatto” e la figura del “contribuente di diritto”. Il primo è identificato come il soggetto gravato economicamente dal tributo, cioè come colui il quale viene economicamente colpito dall’imposta, sopportandone in via definitiva il peso, ma che, tuttavia, rimane estraneo all’imputazione degli effetti del rapporto obbligatorio e, quindi, non instaura alcun rapporto diretto con l’Erario1. Il soggetto passivo di diritto, invece, è colui che pone in essere le operazioni soggette al prelievo, staticamente considerate2. Risulta, di fatto, estraneo alla capacità contributiva che dà luogo all’imposizione, ma rappresenta uno strumento utilizzato per trasferire l’onere dell’imposta in capo al consumatore finale, soggetto fisiologicamente e realmente inciso dal tributo3.

L’imposta è dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili, i quali devono versarla all’Erario, cumulativamente per tutte le operazioni effettuate e al netto della detrazione prevista nell’art. 19, nei modi e nei termini stabiliti nel titolo secondo” è quanto dispone l’art. 17 del D.p.r. 633/1972, determinando l’individuazione del soggetto inciso dall’onere del debito d’imposta nei confronti dell’Erario.

Ab origine, l’articolo 17 del D.p.r. 633/1972 esplicitava, nella formulazione vigente al 31 dicembre 2015, chi dovesse essere considerato “soggetto passivo” ai fini Iva, individuando così una regola generale ed enfatizzando la posizione degli operatori economici, definendoli quali soggetti passivi.

Successivamente, il d.lgs. 11 febbraio 2016 n. 24 ha modificato la rubrica dell’art. 17 del Decreto Iva, qualificando ora tali soggetti non più come “soggetti passivi”, bensì più propriamente come “Debitori di imposta”. Sul punto, è fondamentale sottolineare che gli operatori economici sono soggetti passivi di diritto, poiché in capo ad essi sussiste l’obbligazione di corrispondere all’Erario l’importo dell’imposta ottenuto dalle operazioni imponibili, in modo cumulativo e per tutte le operazioni effettuate (liquidazione per masse). Invero, l’importo che il soggetto passivo di diritto versa all’Erario a titolo di imposta non è altro che l’eccedenza dell’imposta che gli è stata corrisposta o gli sarà corrisposta dal cessionario o committente, previo recupero dell’imposta versata o comunque dovuta dal medesimo soggetto al proprio fornitore4. Inoltre, in modo poco ortodosso per via della rubrica, l’art. 9 della direttiva 2006/112/CE definisce soggetto passivo (più propriamente, di diritto) “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività”.

In tale quadro normativo, il meccanismo impositivo coinvolge nel prelievo tutti i soggetti che operano come anelli intermedi del ciclo produttivo e distributivo. Giustificazione di ciò è la presenza del meccanismo rivalsa-detrazione, che permette di neutralizzare l’Iva per i soggetti chiamati ad applicarla. Tali soggetti, da un lato, si rivalgono per l’importo dell’imposta gravante sulle operazioni attive nei confronti dei loro clienti, i quali quindi pagano il prezzo del bene o l’effettuazione della prestazione e in aggiunta l’Iva, e, dall’altro, recuperano l’Iva dovuta ai propri fornitori o prestatori con la detrazione5.

Con tale modus operandi, l’onere economico dell’imposta grava solo sul consumatore finale, soggetto che non ha diritto di detrarre l’Iva assolta sugli acquisti e si limita a pagare l’Iva sul valore pieno6. Per l’effetto, il soggetto passivo di fatto risulta il consumatore finale, unico soggetto che, inciso dal tributo, non può recuperarlo7.

In considerazione di quanto sopra, risulta chiaro che la soggettività passiva rappresenti una peculiarità del sistema di imposizione dell’imposta sul valore aggiunto, rispetto alle altre forme di tassazione.8. Tale peculiarità risiede nel collegamento che si stabilisce tra il presupposto d’imposta, fatto generatore dell’obbligazione tributaria, e il soggetto passivo tenuto all’adempimento.

La soggettività passiva comporta quindi, in concreto, una scissione tra due figure:

– da un lato, il soggetto formalmente tenuto a versare l’Iva all’Erario, che coincide con l’operatore economico,

– dall’altro, il soggetto al quale si riferisce la capacità contributiva, poiché pone in essere il fatto generatore del tributo.9.

Infine, in tema di soggettività passiva, nell’ambito dell’imposta sul valore aggiunto, è bene precisare che, rivestendo il soggetto passivo carattere peculiare, appare fondamentale differenziare il soggetto passivo di fatto dal soggetto passivo di diritto, così da permettere l’applicazione dell’imposta e realizzare la funzione del tributo medesimo. Difatti, “La nota qualificante dell’Iva è agevolmente individuabile nel contemporaneo funzionamento degli istituti della rivalsa e detrazione10, tanto che dal collegamento tra rivalsa e detrazione si genera l’effetto della neutralità, cioè dello scopo perseguito da questi istituti. L’imposta, grazie all’unione di tali meccanismi, diventa neutrale per i soggetti intermedi del ciclo produttivo e distributivo, i soggetti passivi di diritto. Come osservato da una parte della dottrina, “L’effetto della rivalsa, il suo predicato sottinteso, è per l’appunto il conferimento al cessionario del diritto di detrazione”.11. Dunque, il combinato funzionamento di rivalsa e detrazione configura un meccanismo applicativo dell’Iva che, nonostante sia definita come un’imposta plurifase, attraverso tali istituti, diventa neutrale nei confronti dei soggetti passivi di diritto e permette la traslazione giuridica del tributo in capo al consumatore finale, soggetto passivo di fatto.12

 

1 RUSSO P., Manuale di diritto tributario. Parte generale, Giuffrè, 2007, p. 167.

2 SALVINI L., Rivalsa, detrazione e capacità contributiva nell’imposta sul valore aggiunto, p. 1288.

3 FANTOZZI A., Presupposto e soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto, in Diritto e pratica tributaria, I, 1972. Relazione presentata al Convegno “Iva, imposta europea”, Roma, 21 e 23 giugno 1972. CECAMORE L., L’imprenditore come soggetto passivo d’imposta, in Atti del Convegno su “Gli aspetti giuridici ed economici dell’Iva”, 1973.

4 SALVINI L. L’imposta sul valore aggiunto, in Diritto Tributario delle attività economiche, Giappichelli, 2019, pp. 258-, 259.

5 SALVINI L., Rivalsa, detrazione e capacità contributiva nell’imposta sul valore aggiunto, op. cit., pp. 1325 ss.

6 MELIS G., Manuale di diritto tributario, Giappichelli, 2019, p. 732.

7 GALLO F., Nuove espressioni di capacità contributiva, in Rassegna tributaria n. 4 del 2015, pp. 771-784. PEVERINI L., Presupposto, soggettività passiva e capacità contributiva nelle accise. Riflessioni a margine di una recente sentenza della Corte Cost., in Rivista di diritto tributario n. 5 del 2011, p. 453.

8 FANTOZZI A., Presupposto e soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto, Relazione presentata al Convegno “Iva, imposta europea”, op. cit..

9 BERLIRI A., L’imposta sul valore aggiunto, Milano, 1971, p. 214.

10 BORIA P., Il sistema tributario, Torino, 2008, p. 613.

11 RANDAZZO F., Le rivalse tributarie, Giuffrè, 2012, p. 119.

12 TODINI C., Imposta sul valore aggiunto, 2016, www.salviniesoci.it.

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