sabato, Luglio 27, 2024
Diritto e Impresa

Le clausole di covendita nei patti parasociali e nelle clausole statutarie

a cura del Dott. Fabrizio Andreone 

  1. Le clausole di covendita: breve premessa.

Gli attuali operatori nella materia societaria, ed in particolare i professionisti che redigono con una certa frequenza gli statuti sociali e i patti parasociali, hanno portato alla luce il diffondersi delle c.d. “clausole di covendita”, ovverosia delle clausole con cui una parte lega le vicende della propria partecipazione sociale al trasferimento dei titoli detenuti da altri soci, accentuando in tal modo l’unitarietà della compagine sociale e della governance in intuitus personae nei rapporti con i terzi acquirenti[1].

Le clausole di covendita più conosciute, derivanti dalla loro etimologia inglese, sono le “clausole di drag along”, di “tag along” (o piggy back) e di “bring along”.

Prima di analizzare, nel prosieguo del presente elaborato, le peculiarità di tali clausole in medias res, occorre dare una breve definizione delle stesse.

Con la clausola di “drag along” (letteralmente “trascinamento”) si fa riferimento al diritto conferito al socio di maggioranza, che voglia vendere la propria quota di partecipazione a un terzo potenziale acquirente, di poter azionare l’opzione call sulla quota dell’altro socio, e cioè il diritto di pretendere che anche quest’ultimo venda la propria quota di partecipazione al predetto terzo potenziale acquirente.

Invece, l’accezione “tag along” (letteralmente “accodamento”) concerne il diritto conferito al socio di minoranza di poter esercitare l’opzione put della propria quota di partecipazione, e cioè il diritto di pretendere dall’altro socio, il quale intende vendere la propria quota di partecipazione a un terzo potenziale acquirente, che anche il socio titolare della put possa vendere la propria quota di partecipazione al predetto terzo potenziale acquirente, così da poter beneficiare del c.d. “premio di maggioranza”, circostanza che non avverrebbe in una vendita stand alone.

Infine, con la locuzione “bring along” si fa riferimento a quella clausola che, su richiesta del terzo potenziale acquirente della quota di partecipazione di un socio, conferisce allo stesso terzo il diritto di call sulla quota dell’altro socio, e cioè il diritto di pretendere che anche questi venda la propria quota di partecipazione al terzo potenziale acquirente, potendo avere quest’ultimo interesse ad acquisire l’intera partecipazione sociale di una determinata società.

  1. Struttura e natura giuridica delle clausole di covendita.

Sulla struttura delle predette clausole, si deve, anzitutto, ricordarne il presupposto operativo: la cessione da parte del socio di maggioranza della propria partecipazione a favore di un terzo, sia che si verifichi in una sola tranche, sia che avvenga in virtù di molteplici trasferimenti.

La clausola nella prassi indicherà una percentuale del capitale sociale da trasferire affinché sorga il diritto di azionare una delle predette clausole: la definizione della “maggioranza” potrà essere indicata in quella assoluta o in quella relativa del capitale sociale.

Particolarmente controversa, invece, appare la natura giuridica delle clausole di covendita.

In dottrina, per quanto concerne ad esempio la clausola di “tag along”, sono state proposte differenti ricostruzioni:

  • Alcuni autori[2]hanno ricondotto, la clausola di “accodamento” (tag along) all’istituto del mandato, conferito dal socio di minoranza a quello di maggioranza, affinché il secondo, qualora trasferisca la propria partecipazione, procuri al primo un’offerta di acquisto delle partecipazioni sociali di quest’ultimo;
  • secondo altri autori[3], invece, tale clausola si sostanzierebbe in un contratto preliminare di compravendita, con il quale il socio di maggioranza assumerebbe l’obbligo di acquistare, per sé o per persona da nominare, la partecipazione di quello di minoranza, sotto la condizione sospensiva della vendita della propria partecipazione.

Risulta, tuttavia, prevalente l’impostazione secondo la quale nella clausola di “tag along” potrebbe individuarsi una promessa del fatto del terzo ai sensi dell’art. 1381 c.c., in quanto si sostiene che il socio di maggioranza sia tenuto a procurare al socio di minoranza una proposta irrevocabile di acquisto della sua partecipazione alle condizioni pattuite per le partecipazioni di maggioranza.

Invece, relativamente alla natura giuridica della clausola di “drag along”, è possibile individuare le seguenti tesi:

  • parte della dottrina[4]afferisce nella clausola in esame la sussistenza di un contratto di mandato (artt. 1703 ss. c.c.) conferito dal socio di minoranza a quello di maggioranza, al fine di trasferire ad un terzo con un solo negozio, non soltanto le proprie partecipazioni, ma anche quelle della minoranza;
  • una diversa impostazione[5]riconduce l’istituto ad un’opzione di acquisto (opzione call) a favore del terzo, a norma dell’art. 1411 c.c. in cui il socio di minoranza, quale parte promittente, si obbliga nei confronti del socio di maggioranza, quale parte stipulante, a tenere ferma la proposta di vendita delle proprie partecipazioni a favore del terzo acquirente; per tale ragione, diviene sufficiente una manifestazione di volontà da parte di quest’ultimo per coinvolgere nell’operazione negoziale il socio di minoranza, in virtù del “trascinamento” del medesimo.

A parere dello scrivente, risulta preferibile aderire alla prima tesi, giacché l’oblato “trascinato”, avendo conferito mandato al socio di maggioranza di vendere parte o la totalità della propria partecipazione sociale, sarebbe maggiormente tutelato, potendo rivenire di tal guisa ex ante una sua manifestazione di volontà prodromica alla conclusione del negozio giuridico afferente alla cessione delle proprie azioni o della propria percentuale di quota (nel caso in cui sia socio di una S.r.l.).

Infine, per quanto concerne la natura della clausola di “bring along”, non appare necessario compiere un’analisi approfondita, in quanto alla stessa si può ritenere applicabile il medesimo discorso fatto per le precedenti clausole, ricordando solo che, nella “bring along”, il beneficiario del diritto sotteso a tale clausola è il terzo acquirente.

  1. Efficacia delle clausole di covendita: efficacia reale ed efficacia obbligatoria.

Per ciò che concerne l’efficacia delle clausole in esame, invece, si distinguono due principali impostazioni.

Secondo una prima ricostruzione[6], qualora tali clausole siano disciplinate all’interno di un patto parasociale, l’efficacia delle stesse sarebbe meramente obbligatoria, in quanto caratterizzata da una natura parasociale, in ragione della tutela prestata ad interessi riferibili soltanto ai soci, e non alla società.

In tal caso, si ricordi che, quale corollario giuridico, le predette clausole “parasociali” non saranno opponibili alla società, con la conseguenza che la loro violazione non pregiudicherà la validità né l’efficacia degli atti sociali che ne deriveranno. Si pensi per esempio alla delibera assembleare assunta con il voto determinante del pattista in violazione di quanto pattuito in base al procedimento deliberativo previsto dal patto parasociale, o alla vendita di azioni in contrasto con un sindacato di blocco: la violazione del sindacato di voto non comporta l’invalidità della delibera assembleare, né la violazione del sindacato di blocco renderà invalida la vendita delle azioni né impedirà che il trasferimento sia iscritto nel libro soci, rimanendo tuttavia impregiudicata la tutela riparatoria del risarcimento dei danni nei confronti degli altri pattisti non inadempienti.

A tal riguardo, la stessa giurisprudenza di legittimità[7] ha infatti rilevato che il vincolo, che ne deriva dal patto parasociale, opera su di un terreno esterno a quello dell’organizzazione sociale, dal che, appunto, il loro carattere “parasociale” e, conseguentemente, l’esclusione della relativa invalidità “ipso facto”, sicché non è legittimamente predicabile, al riguardo, né la circostanza che al socio stipulante sia impedito di determinarsi autonomamente all’esercizio del voto in assemblea, né quella che il patto stesso ponga in discussione il corretto funzionamento dell’organo assembleare, operando il vincolo obbligatorio così assunto non dissimilmente da qualsiasi altro possibile motivo soggettivo che spinga un socio a determinarsi al voto assembleare in un certo modo, poiché al socio non è in alcun modo appunto impedito di optare per il non rispetto del patto di sindacato ogni qualvolta l’interesse ad un certo esito della votazione assembleare prevalga sul rischio di dover rispondere del suo inadempimento.

Invece, qualora le clausole di covendita siano disciplinate all’interno dello statuto sociale, una seconda ricostruzione sostiene che le stesse abbiano efficacia reale, di guisa che quest’ultime possano regolare la circolazione delle partecipazioni contenute nello statuto sociale, ed avrebbero una funzione di governance, rispondendo altresì ad un interesse sociale; pertanto, la loro violazione non inciderebbe sulla validità̀ del trasferimento, ma sulla legittimazione allesercizio dei diritti sociali, poiché il trasferimento risulterebbe inopponibile alla società.

Occorre infine rilevare come nella prassi odierna ci sia la propensione degli operatori economici all’inserimento delle predette clausole direttamente nel contratto sociale, affondando la ratio di tale scelta nell’innovata disciplina dei patti parasociali. L’introduzione di specifici limiti temporali e pubblicitari per l’effetto degli articoli 2341 bis e 2341 ter c.c. ha sospinto i soci verso la ricerca di tecniche per sottrarre le loro intese alle norme in oggetto. Siffatto obiettivo è stato appunto perseguito e, almeno in parte, raggiunto mediante la trasfusione degli accordi parasociali direttamente negli statuti societari.

  1. Requisiti di validità delle clausole di covendita.

La principale differenza tra le clausole in esame si riscontra nel soggetto al quale viene attribuito il diritto: mentre nella clausola di “tag along” il diritto di alienazione spetta al socio di minoranza, in quella di “drag along” il diritto di trasferire le partecipazioni altrui è posto in capo al socio di maggioranza.

Tale differenza assume pregnanza anche per quanto concerne il quorum necessario per l’introduzione delle dette clausole nello statuto sociale, in quanto, se da un lato, appare pacifico che la “tag along” possa prevedersi con la semplice maggioranza del capitale sociale, attribuendo la stessa un diritto al beneficiario e non un obbligo, risulta d’altro canto controverso se sia sufficiente, e a quali condizioni, il medesimo quorum deliberativo possa essere applicato anche per la clausola di “drag along”.

Una prima tesi sosteneva che tale clausola dovesse essere introdotta secondo una regola unanimistica, sicché una sua introduzione a maggioranza produce la nullità della relativa delibera[8].

A beneficio della tesi dell’unanimità si è anche osservato che l’introduzione a maggioranza del patto di trascinamento sarebbe contrario al generale divieto di imporre ai soci obblighi ulteriori al conferimento (art. 2253 c.c.)[9].

Siffatto principio varrebbe a vincolare la compagine sociale nel senso che ad essa è sottratta la possibilità di introdurre a maggioranza obblighi ulteriori e diversi rispetto al conferimento di capitale. In questo modo si sancirebbe implicitamente che a nessun socio possa esser richiesto di accrescere l’ammontare economico della sua partecipazione.

Una seconda tesi, invece ritiene che, sulle modalità di introduzione della clausola di “drag along”, sia ammissibile la configurazione della medesima alla stregua di una “particolare modalità di liquidazione di tutti i soci all’esito di una decisione di disinvestimento collettivo[10]” che, pertanto, potrà prevedersi con il voto della maggioranza dei soci, purché sussistano tre diversi requisiti:

  • tutte le azioni vengano cedute contestualmente (poiché altrimenti potrebbe ricorrere un’ipotesi di esclusione o di riscatto),
  • al socio sia garantita una liquidazione almeno pari a quella determinata ex art. 2437-terc., nonché
  • sia rispettato il principio della parità di trattamento tra i soci.

Ciò posto, occorre ricordare come la giurisprudenza di merito[11] ha sottolineato sul tema della clausola di “drag along”, la necessarietà di evitare un effetto espropriativo della differenza tra il valore effettivo della partecipazione e il valore fissato pattiziamente per il suo trasferimento, dovendosi garantirsi al socio di minoranza in ogni caso un corrispettivo almeno pari al valore che gli sarebbe spettato in caso di recesso, determinato a norma di legge[12].

Infine, anche in dottrina si è osservato che l’articolo 2253 c.c. si applica, concordemente alla sua ratio, esclusivamente con riguardo agli obblighi di natura patrimoniale e, nel caso di specie, non si può dire che la clausola di “drag along” comporti un maggior impegno economico del socio trascinato[13]. Di conseguenza, il patto di trascinamento, ancorché foriero di nuovi obblighi, dovrebbe quindi essere sottratto dall’alveo di siffatta regola, così ammettendone la possibilità di introduzione a maggioranza.

  1. Conclusioni

Nel panorama odierno, ove la “lex mercatoria” diviene sempre più complessa, richiedendo al contempo ai vari ordinamenti europei ed internazionali di adeguarsi celermente, le tecniche giuridiche private assumono una pregnanza decisiva, poiché permettono di approntare soluzioni che siano rispettose e coerenti del sostrato legislativo interno.

In proposito sono ancora attuali le illuminanti parole dell’illustrissimo Francesco Galgano[14]: “(…) sono altri, non già le leggi, gli strumenti mediante i quali si attuano le trasformazioni giuridiche. Il principale strumento della innovazione giuridica è il contratto”.

Egli sottolinea che la globalizzazione del diritto e dell’economia fornisce nuovo vigore al fenomeno negoziale, al quale viene affidato il compito di essere il punto di connessione tra le singole unità statuali, sicché le stesse possano efficacemente interloquire sul mercato ormai globale.

Questa considerazione, se calata nel contesto societario, si traduce nella negoziazione tra soci di nuovi modus negoziali, fino ad ottenere appunto tipologie contrattuali come le clausole di “drag along” e di “tag along”.

Si osservi che queste pattuizioni, ancorché originarie degli ordinamenti anglosassoni, hanno ormai una diffusione mondiale in ragione delle ictu oculi esigenze imprenditoriali.

Orbene, il giudizio di compatibilità della prassi internazionale rispetto all’ordinamento interno deve tendenzialmente avere segno positivo. Salvo la necessità di compiere gli opportuni adattamenti in relazione alle norme imperative proprie di ciascun sistema, il rifiuto circa la configurabilità degli accordi di covendita, si tradurrebbe nella privazione agli operatori economici di un importante strumento giuridico per la salvaguardia ottimale dei loro interessi e, in ultima analisi, in una loro minor inclinazione a compiere investimenti in quel determinato paese.

Pertanto, risulta agevole comprendere perché la giurisprudenza italiana non abbia mai dubitato della meritevolezza delle convenzioni in esame ai sensi dell’art. 1322, secondo comma, c.c., e, quando chiamata a valutarne la compatibilità con le norme del diritto societario, si sia limitata solamente ad individuare alcuni correttivi, come quelli descritti all’interno del presente elaborato.

[1] Si veda, P. DIVIZIA, “Le clausole di tag e drag along”, Milano, 2013.

[2] L. ROSSANO, “La natura e la validità della clausola drag along,” in Riv. dir. comm., 2010, fasc. 3, pt. 2, 124 – 147.

[3] In dottrina si vedano E. BETTI, “Teoria generale del negozio giuridico”, in Tratt. dir. civ. it., a cura di F. Vassalli, Torino, 1993, 563 e G. SCALFI, “La promessa del fatto altrui”, Milano, 1955, 45 ss.

[4] N. DE LUCA, “Validità delle clausole di trascinamento (drag-along)”, in Banca, borsa e tit. cred., 2009, 175; e, Id., “Ancora sulle clausole statutarie di accodamento e trascinamento”.

[5] Trib. Milano, ord., 31 marzo 2008; in dottrina invece G. GABRIELLI, “Il rapporto giuridico obbligatorio”, Milano, 1974, Id. “Opzione”, in Enc., Giur., XXI, Roma, 1990, 3.

[6] M.DELL’ANTONIA, “Profili societari: clausole di covendita statutarie e parasociali”, in “Le clausole di covendita”, D.RUFINI., ASLA, 2016, 32-36.

[7] Cass. Civ., Sez. I, n. 5963 del 5 marzo 2008.

[8] Trib. Milano, Decr. 24 marzo 2011.

[9] V. BUONOCORE, “Le situazioni soggettive dell’azionista”, cit., 189 ss.

[10] Comitato Triveneto (orientamenti H.I.19 e I.I.25)

[11] Trib. Milano, Sez. VIII, 22 dicembre 2014.

[12] In senso conforme si è espresso il Consiglio Notarile di Milano, massima n. 88.

[13] G.A. RESCIO, “Regolamentazione statutaria dell’investimento azionario: unanimità o maggioranza nell’introduzione della clausola di drag-along,” cit., 1070 ss.

[14] F. GALGANO, “Diritto e economia alle soglie del nuovo millennio”, in Contratto e Impresa, 2000, 189 ss.

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