venerdì, Dicembre 13, 2024
Uncategorized

Luci e vedute devono rispettare i confini

 

Il legislatore si è impegnato a collocare nel codice civile una serie di articoli dedicati al rapporto di vicinato, un rapporto inevitabile che ci mette in condizione di dovere o quanto meno fare il possibile, per stabilire un rapporto armonioso con i vicini per evitare di azzuffarsi continuamente.

Uno dei problemi che affligge questo rapporto, è in relazione alle aperture delle abitazioni  destinate ad illuminare, a dare aria e anche possibilità di vista agli ambienti: le c.d. luci e vedute, comunemente chiamate finestre o balconi.

Per luci si intendono le aperture che consentono il passaggio di luce ed aria, senza però consentire l’affaccio sul fondo vicino.

Le vedute sono invece le aperture che permettono di affacciarsi e guardare di fronte, obliquamente o lateralmente.

L’apertura delle luci non deve rispettare delle distanze e può anche essere disposta sul muro di confine tra le due abitazioni. Tuttavia il legislatore richiede che queste debbano essere munite di inferriata o grata. L’inferriata ha la funzione di garantire la sicurezza del vicino e deve essere tale da impedire il passaggio di una persona. Può essere in ferro o in un altro materiale di uguale solidità e resistenza. La grata ha la funzione di evitare che dall’apertura vengano gettati oggetti nel fondo altrui.

L’altro requisito è costituito dall’altezza minima di due metri e mezzo che il lato inferiore dall’apertura deve avere sia dal suolo a cui si vuole dare luce e aria, sia dal fondo del vicino. In particolare, il codice civile stabilisce che la luce debba avere:

  • il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria, se esse sono al piano terreno, e non minore di due metri, se sono ai piani superiori;
  • il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare l’altezza stessa

Le vedute invece se dirette o frontali possono essere aperte solo ad una distanza di un metro e mezzo dal fondo del vicino mentre quelle laterali od oblique a non meno di settantacinque centimetri dal più vicino lato della finestra. Il rispetto di questa distanza viene meno allorquando tra i due fondi vicini vi è una via pubblica.

Il carattere di veduta è rilevante, poiché determina delle conseguenze sulle distanze tra costruzioni: il proprietario del fondo che ha acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, può pretendere che il proprietario di questo si astenga dal fabbricare a distanza minore di 3 metri. Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.

Il calcolo delle distanze è da farsi in questo modo:

sinistra) Finestra: B non potrà fabbricare a meno di 3 metri da r

destra) Balcone: B non potrà fabbricare a meno di 3 metri da s

Nel caso in cui le luci non rispettino i requisiti richiesti dal legislatore (inferriata, grata, altezza), la luce sarà considerata una luce irregolare, ma il  in tale caso, il proprietario del fondo sul quale viene aperta una luce irregolare non ha diritto alla sua chiusura, ma solo alla regolarizzazione di tale luce.

Ci si è chiesti se la mera tolleranza del vicino sia sufficiente a far usucapire una luce irregolare. In questo caso la Cassazione e la stessa giurisprudenza hanno assunto una posizione negativa in merito: “La servitù di luce, ancorché irregolare non può acquistarsi per usucapione, ma solo per titolo, posto che in base all’art. 902 c.c. […] il vicino ha sempre facoltà che essa sia regolarizzata in conformità delle prescrizioni legali”.[1]
Nel caso in cui siano le vedute a non rispettare i limiti imposti dal codice civile, il titolare del fondo “leso” può rivolgersi al giudice per ottenere il rispetto della distanza minima, attraverso la demolizione o la chiusura dell’apertura, oppure il suo arretramento o l’esecuzione di opere idonee ad impedire concretamente l’esercizio della veduta (es. la costruzione o l’arretramento di un parapetto o, nel caso di vedute laterali, la collocazione di un pannello). I giudici hanno però stabilito che queste opere alternative alla demolizione possono essere imposte solo se espressamente richieste da colui che ha realizzato la veduta.[2]

In particolare, il proprietario che subisce l’apertura abusiva di una veduta da parte del vicino può ottenere, nei confronti di questi, oltre la riduzione in pristino anche il risarcimento dei danni eventualmente patito.

[1] Cassazione civile , sez. II, 17 maggio 1997, n. 4404.

[2] www.laleggepertutti.it

Anna Formicola

Anna Formicola, iscritta all'ultimo anno del corso di laurea in Giurisprudenza presso l'Università Federico II di Napoli, ha iniziato il suo corso di studi già con una matura passione per l'ambito civilistico. La sua penna è semplice, ma diretta. Arrivare al dunque e rendere l'argomento accessibile a tutti i lettori, è il suo obiettivo principale. Masticare il diritto non è una cosa facile, ma grazie all'ausilio di casi concreti e vicini alla relatà quotidiana, i suoi articoli saranno piacevoli da leggere e accresceranno di certo le vostre conoscenze.

Lascia un commento