lunedì, Dicembre 2, 2024
Labourdì

Orario di lavoro, ferie e permessi solidali nei CCNL della PA

1. L’ORARIO DI LAVORO, UNA CONQUISTA DEL LAVORATORE ALLE DIPENDENZE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Ogni articolo che si occupi di novità in merito all’orario di lavoro dei pubblici dipendenti non può non volgere uno sguardo al recente passato.

Sino a 25 anni fa infatti, essendo la condizione del pubblico impiegato riconducibile al concetto di status, la determinazione degli orari di lavoro e non lavoro era rimessa esclusivamente, in via autoritativa, alla Pubblica Amministrazione e di fatto l’orario di non lavoro era una concessione per il funzionario, più che un effettivo diritto.

È con la contrattualizzazione che finalmente i dipendenti pubblici si vedono legittimati alla stipulazione consensuale di tutta una serie di aspetti della prestazione di lavoro con il loro peculiare datore, tra i quali certamente il tempo occupa un ruolo centrale.

La necessità di dare al tempo della prestazione una normativa specifica da un lato, e la vis attractiva della disciplina del lavoro privato dall’altro, fa si che anche il lavoro nelle pubbliche amministrazioni venga sottoposto alla disciplina del dlgs 66/2003.

Aspetto fondamentale che emerge all’art. 2 della predetta normativa è il suo campo di applicazione[1], ai sensi del primo comma infatti «Le disposizioni contenute nel presente decreto si applicano a tutti i settori di attività pubblici e privati con le uniche eccezioni del lavoro della gente di mare di cui alla direttiva 1999/63/CE, del personale di volo nella aviazione civile di cui alla direttiva 2000/79/CE e dei lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE» e inoltre «Le disposizioni del presente decreto non si applicano al personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. Non si applicano, altresì, al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, nonché agli addetti al servizio di polizia municipale e provinciale, in relazione alle attività operative specificamente istituzionali e agli addetti ai servizi di vigilanza privata»[2].

2. STRUMENTI DI WELFARE AZIENDALE PER LA CONCILIAZIONE DEL TEMPO VITA TEMPO LAVORO

2.1 LA NASCITA DELLO STRUMENTO DELLE FERIE- PERMESSI SOLIDALI E LA PREVISIONE NEL JOBS ACT, DLgs 151/2015

Il tema dell’orario di lavoro si è dovuto confrontare e modellare con le più recenti elaborazioni in tema di welfare aziendale e benessere organizzativo e la sempre maggiore sensibilità sul tema della conciliazione di tempi vita e tempi lavoro (dell’avvento delle politiche di welfare aziendale ne abbiamo parlato qui). Questa in verità non è una conquista italiana. Il tema delle ferie e permessi solidali nasce infatti da un caso che ha avuto una forte rilevanza mediatica in Francia, quello di Mathys Germain, morto all’età di 10 anni per un tumore al fegato. «Prima della sua scomparsa, il padre Christophe, impiegato nello stabilimento Badoit di Saint-Galmier, per restare al suo fianco, dopo aver esaurito i giorni di ferie e di riposo, iniziò a chiedere congedi per malattia, finché non gli furono ovviamente negati, poiché non era lui ad essere ammalato. A quel punto, i suoi colleghi avviarono una sorta di “colletta di ore” tra il personale dello stabilimento riuscendo a raccogliere in 15 giorni ben 170 giorni di riposo. La direzione aziendale ne approvò la fruizione da parte del signor Germain, il quale riuscì così a vegliare il piccolo Mathys fino alla morte, avvenuta il 31 dicembre 2009»[3]. La previsione che nasce da questo commovente caso di cronaca è la Loi Mathys «che ha introdotto e regolato la fattispecie del “don de jours de repos à un parent d’enfant gravement malade”»[4]. Nella previsione francese i tratti essenziali della norma sono sei, di cui solo due si sovrappongono quasi perfettamente alla normativa italiana, questi sono:

  • La gratuità della cessione
  • L’incedibilità di 24 giorni di ferie (che si sovrappone se prendiamo il caso di un cedente che lavori su sei giorni, alternativamente in caso di lavoro su cinque giorni il limite di incedibilità scende a 20 giorni).

Gli aspetti invece che si discostano dalla previsioni italiana sono:

  • L’accordo con il datore, nel Jobs Act a tal proposito non si dice nulla, quindi si prospetta il rapporto come esistente solo tra il cedente e il cessionario;
  • L’età del “enfant” deve essere infra ventenne, mentre in Italia la linea di demarcazione è segnata dalla maggiore età;
  • Anonimato, non menzionato nel Jobs Act;
  • La più ampia specificazione delle condizioni nelle quali il genitore può profittare dei riposi solidali, ossia nei casi di malattia, handicap e incidente di particolare gravità. A tal proposito la disciplina italiana parla unicamente di “particolari condizioni di salute” con necessità di cure costanti.
  • L’immediata operatività, a differenza del Jobs Act che prevede la necessità di integrazione e recepimento con la contrattazione collettiva ad opera dei sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale.

2.2 LA TRASPOSIZIONE DELLA NORMATIVA NEI CCNL DEL PUBBLICO IMPIEGO

Con il rinnovo dei contratti collettivi del pubblico impiego dei primi mesi del 2018 si assiste ad una trasposizione e specificazione (come previsto espressamente dal legislatore) dell’istituto delle ferie e permessi solidali.

La disciplina la troviamo in tutti i CCNL, Funzioni Centrali del 12/02, Istruzione e Ricerca del 19/04, e nelle ipotesi dei CCNL Funzioni Locali del 21/02 e Sanità del 23/02. Per quanto riguarda il comparto Istruzione e Ricerca c’è da specificare che non troviamo la previsione relativamente alle sezioni AFAM – alta formazione artistico musicale e coreutica – , e scuola, le quali però godono di specifica disciplina circa l’orario di lavoro come previsto e disciplinato dal decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.

Procediamo ora alla disamina della normativa in oggetto:

  • Il primo comma specifica la previsione che troviamo nel Jobs Act, ossia la volontarietà, e la gratuità, alla cessione di giorni di riposo che eccedano quelli di necessaria fruizione di cui all’art. 10 del d.lgs. 66/2003; al punto b) la contrattazione prevede che anche le quattro giornate di riposo per le festività soppresse di cui all’art. 28 del medesimo decreto possano essere oggetto di cessione;
  • Il secondo comma prevede la modalità di richiesta. Il soggetto che versa in stato di bisogno può infatti prestare specifica richiesta all’amministrazione, la quale è reiterabile, per l’utilizzo di ferie e giornate di riposo per un massimo di 30 giorni per ciascuna domanda, previa presentazione di adeguata certificazione rilasciata da idonea struttura sanitaria pubblica o privata convenzionata;
  • Il comma tre specifica che al ricevimento della richiesta l’amministrazione debba renderla tempestivamente nota a tutto il personale, garantendo però l’anonimato del richiedente; qui si conferma l’impostazione del Jobs Act, il quale non richiede il consenso del datore di lavoro, ma si fa un passo in più, in quanto sebbene il datore non debba dare alcuna autorizzazione anch’egli svolge un ruolo all’interno del rapporto di cessione, ossia la pubblicità della richiesta. C’è da chiederci che tempi e in che modi tale pubblicità debba essere effettuata, e soprattutto in cosa incorra un datore che, sebbene riceva una richiesta valida poi non attui il compito a lui affidato dal CCNL, in sostanza quale sia la conseguenza per un datore di lavoro che faccia ostruzionismo. Ed inoltre qual è il significato della richiesta, ha efficacia costitutiva o di mera pubblicità notizia? Questo potrebbe essere un aspetto non da poco, perché, se la interpretassimo nel primo senso in assenza di un espressa pubblicità del datore qualsiasi cessione tra lavoratori sarebbe invalida e inefficace, altra cosa è se la intendiamo nel senso di pubblicità notizia, allora i lavoratori che si accordino per una cessione di riposi (con la premessa che il cessionario abbia fatto espressa richiesta), concluderebbero un negozio valido;
  • Il quarto comma specifica che i lavoratori che intendano aderire alla richiesta (della quale potrebbero essere venuti a conoscenza tramite la pubblicità datoriale ma anche attraverso la diretta conoscenza del lavoratore richiedente) debbano formalizzare la propria decisione, e con formalizzazione è da ritenersi necessario un documento autografo che lo certifichi, ma potrebbe essere anche solo sufficiente la forma verbale, non essendo prescritta alcuna forma per la formalizzazione, anche se comunque il documento scritto risulta utile ai fini della prova;
  • Il quinto e il sesto comma prevedono un criterio proporzionale di ripartizione dei giorni di riposo ceduti rispettivamente tra tutti gli offerenti in caso di giorni superiori ai giorni richiesti, e proporzionalmente tra tutti i richiedenti in caso di richieste plurime nel caso di giorni di riposo offerti inferiore al numero richiesto;
  • Il settimo comma inserisce una vera e propria clausola di previo esaurimento, si prevede infatti che non possano essere richieste ferie e permessi solidali fino al completo utilizzo di quelli propri del richiedente; all’ottavo e al nono comma si precisa innanzitutto che, fatte salve le premesse del comma settimo, i riposi solidali possano essere fruiti dal richiedente per tutto il perdurare della condizione che ha giustificato e legittimato la cessione, ed inoltre che ove le condizioni di necessità cessino prima della completa o parziale fruizione i giorni tornano nella disponibilità dei cedenti secondo un criterio di proporzionalità.
  • Al decimo e ultimo comma si prevede una clausola di apertura a eventuali revisioni, con eventuale estensione dei benefici, evidentemente tale previsione prende atto anche delle critiche mosse dalla dottrina[5], in riferimento al fatto che la previsione sia limitata essenzialmente al childcare creando di fatto all’interno del nucleo familiare dei soggetti di serie A, i figli, per l’assistenza dei quali può essere richiesta questa specifica disciplina, e soggetti di serie B, come il coniuge i genitori ed eventuali parenti o affini conviventi che necessitino di cure non annoverati nella previsione in oggetto.

3. CONCLUSIONI

Tirando le fila capiamo come in venticinque anni vi sia stato un mutamento pressoché totale nella disciplina dell’orario dei dipendenti pubblici, nel senso del sempre maggiore avvicinamento alla previsione privatistica. Con tale evoluzione assistiamo al contestuale adeguamento di entrambi i settori alle nuove politiche di welfare aziendale, che finalmente cercano di porre al centro del contesto produttivo (sia pubblico che privato) la dimensione umana, nel senso di tutela del lavoratore come singolo e nelle formazioni sociali, e non più, solo, la spasmodica corsa all’incremento della produttività. In tal senso varie misure vanno a manifestare questo cambio di tendenza, dalle ferie e permessi solidali qui considerati, al tema delle azioni positive e della chiave di lettura del benessere organizzativo, il riconoscimento delle unioni civili, ed il diritto alla disconnessione previsto dall’ultimo CCNL scuola all’art 22 comma 4, c8).

Per quanto riguarda le ferie ed i permessi solidali l’auspicio è che in futuro si ampli la platea dei famigliari con gravi patologie che possono essere oggetto di richiesta del beneficio, questo perché la vita del lavoratore necessariamente si ripercuote sulla sua prestazione lavorativa, e per delle migliori prestazioni è necessario garantire una migliore fruizione e suddivisione dei tempi di vita e di lavoro.

[1] Che sarà fondamentale rispetto alla successiva analisi dei CCNL del pubblico impiego stipulati in questi mesi.

[2] Comma modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 19 luglio 2004, n. 213 e successivamente dall’articolo 41, comma 3, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133, in sede di conversione

[3] “Semplificazioni, sanzioni e ispezioni nel Jobs Act 2” a cura di E. Ghera, D. Garofalo, 2016 Cacucci Editore; p. 177.

[4] Ibidem

[5] Tra i quali: Lamonaca, 2015, 511, il quale ipotizza anche l’incostituzionalità dell’art. 24 del d.lgs. 151/2015 per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32, 35, 38 e 118 c. 4 Cost., critico è anche R. Voza “La cessione dei riposi e delle ferie” in “Semplificazioni sanzioni e ispezioni nel Jobs Act 2” E. Ghera, D. Garofalo, 2016, Cacucci Editore.

Gioia Boscariol

Gioia Boscariol nasce a Oderzo (TV) nel 1994. Dopo aver conseguito la maturità tecnico commerciale all'I.T.C.G "Jacopo Sansovino" intraprende la strada che sognava sin da bambina, lo studio del diritto. E' studentessa al quarto anno all'Università degli Studi di Udine. Nel corso degli anni passati all'Ateneo Friulano scopre l'interesse e la propensione per il Diritto del Lavoro, ed in particolare per quel settore, a cavallo tra il diritto italiano ed il diritto europeo, rappresentato dal Diritto Antidiscriminatorio. Durante il suo corso di studi si occupa anche di sviluppare le soft skills, sia nell'associazionismo studentesco prima come Vice Presidente Seminari e Conferenze e poi come Presidente dell'Associazione ELSA Udine, sia nella rappresentanza studentesca, da quest'anno è infatti Rappresentante degli studenti in Consiglio di Amministrazione, in consiglio di corso e dipartimento e membro del Consiglio degli Studenti dell'Università degli Studi di Udine. Puoi contattarmi all'indirizzo e-mail: gioia.boscariol@iusinitinere.it

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