lunedì, Ottobre 14, 2024
Il Poliedro Religioni, Diritti, Laicità

Delitti riservati al Dicastero per la Dottrina della Fede della Chiesa Cattolica: i procedimenti in caso di abusi sui minori

A Cura di Antonio Vitale

 

  1. Note storiche sul Dicastero per la Dottrina della Fede: la recente riforma della Praedicate Evangelium

Nell’immaginario collettivo il Dicastero per la Dottrina della Fede resta ancorato all’immagine del Tribunale della Santa Inquisizione e al Sant’Uffizio. E se questo è vero, in quanto da quella istituzione deriva Dicastero per la Dottrina della Fede, le sue funzioni e le sue competenze nel corso dei secoli si sono andate evolvendo. La nascita di un organismo della Curia Romana che mantenesse integro il depositum fidei nasce quasi contemporaneamente o comunque come risposta ai movimenti ereticali che caratterizzarono il XVI sec.. Nel 1542 Paolo III, per rispondere all’eresia luterana che prendeva sempre più piede a aveva iniziato ad avere l’appoggio anche dei principi tedeschi, promulga la bolla Licet ab initio, con la quale istituisce la Sacra Congregazione della Romana e Universale Inquisizione”, la più antica delle Congregazioni della Curia Romana[1]. Ancora con la riforma della Curia operata nel 1588 da Papa Sisto V[2] tale Congregazione mantiene il titolo di Santa Inquisizione, che viene modificato in “Sacra Congregazione del Sant’Uffizio” nel 1908 da Papa Pio X[3].  Solo con Paolo VI[4] la Congregazione assume il nome di Congregazione per la Dottrina della Fede, che mantiene anche nella Costituzione Apostolica Pastor Bonus emanata nel 1988 da Giovanni Paolo II. Nel giugno del 2022, nella riorganizzazione della Curia Romana voluta da Francesco e concretizzatasi con la Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium[5], si perde la precedente dicitura di “Congregazione” per uniformare gli organismi curiali sotto il nome di Dicastero.  Tale riforma riorganizzativa era stata anticipata dal Motu Proprio del 22 maggio 2022 Fidem Servare[6], con cui il Pontefice ha modificato la struttura interna di tale Istituzione.

 

  1. Struttura interna e competenze del Dicastero per la Dottrina della Fede: i delicta reservata

La Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium dedica al Dicastero per la Dottrina della Fede gli artt. 69-78 e prevede la divisione di esso in due distinte sezioni alle quali sono affidati specifici settori e compiti, al cui vertice è posto il Prefetto coadiuvato da due Segretari.

Ancora Praedicate Evangelium  stabilisce che la Sezione Dottrinale favorisce e sostiene lo studio e la riflessione sulla comprensione della fede e dei costumi e sullo sviluppo della teologia nelle diverse culture, alla luce della retta dottrina e delle sfide dei tempi, in modo da offrire risposta, alla luce della fede, alle questioni e alle argomentazioni che emergono con il progresso delle scienze e l’evolversi delle civiltà[7] oltre che avere facoltà di esaminare le istanze circa lo scioglimento del vincolo matrimoniale per privilegium fidei (ex cann. 1143-1147 CIC).

Alla sezione disciplinare (regolamentata dall’art. 76), poi, viene demandato il compito di occuparsi dei c.d. delicta riservata, fungendo in questo caso, e per tali questioni, da Supremo Tribunale Apostolico su mandato diretto del Romano Pontefice.

L’esistenza dei c.d. delitti riservati al Dicastero per la Dottrina della Fede viene indicata già dal Codex piano-benedettino del 1917 al can. 247, e nel Codice di diritto canonico del 1983 tali delitti sono menzionati nel can. 1362 in tema di eccezioni alla prescrizione triennale ordinaria.

Il Motu Proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela promulgato da Giovanni Paolo II nel 2001, e rinovellato dal successore Benedetto XVI nel 2010[8], fornisce l’elenco di tali delitti, la cui esclusiva competenza è rimessa al Dicastero per la Dottrina della Fede. Stessa particolare attenzione a tali tematiche è stata espressa anche da Francesco[9] quando ha inteso dare nuovo assetto alla materia penale canonica. I primi ad essere indicati sono i delitti contro la Fede: eresia, apostasia e scisma (ex can. 751 CIC); quelli riguardanti l’Eucarestia (consistenti in: asportazione, profanazione o conservazione a scopo sacrilego ex can. 1382 §1; attentata azione liturgica ex can. 1379 §1 1°; concelebrazione con ministri non idonei ex can. 1381; consacrazione di una sola materia o entrambe a scopo sacrilego ex can. 1382 §2); la Penitenza (che comprende i casi di: assoluzione di complice nel peccato contra sextum ex can. 1384; attentata assoluzione sacramentale, ascolto vietato della confessione, simulazione dell’assoluzione ex can. 1379 §1 2°, sollecitazione al peccato contra sextum ex can. 1384; violazione del sigillo sacramentale ex can. 983; registrazione o divulgazione di quanto detto in confessione ex can. 1386 §3), l’Ordine Sacro (attentata ordinazione sacra di donna contro il disposto del can. 1024) e la Morale (violazione del sesto comandamento con minore ex can. 1395 §2, acquisizione, detenzione o divulgazione di materiale pedopornografico ex can. 1389 §1 3°). Tali delitti vengono addirittura definiti come delicta graviora, proprio a sottolinearne la maggiore gravità e attenzione che Chiesa pone nel dichiararli ed applicare eventuali sanzioni canoniche. Ed ancora Francesco, con il Motu Proprio Vos estis lux mundi, il cui ultimo aggiornamento risale al marzo del 2023, pone fortemente l’attenzione su quei delicta che maggiormente colpiscono la Chiesa e turbano l’opinione pubblica: i delicta contro la morale, tristemente noti per i casi di abusi sessuali su minori che, negli ultimi anni, hanno avuto maggiore rilievo e risonanza mediatica. Dura la condanna del Pontefice, che ha posto l’attenzione sulla figura dei minori e dei vulnerabili che di tali abusi sono le vittime, al punto di giungere a desecretare denunce, processi e decisioni che riguardino tali delitti contro minori e, in generale, quelli commessi contra sextum[10]. Di fatto, però, ad oggi ancora manca una raccolta giurisprudenziale aggiornata che possa essere utile per meglio comprendere l’iter di applicazione di tali norme.

 

  1. Iter processuale: i nuovi procedimenti giudiziale ed extragiudiziale nei casi di abuso su minori

Gli ultimi aggiornamenti normativi, riguardanti fra l’altro in campo penale la tutela dei minori, hanno interessato anche l’iter sanzionatorio dei delicta reservata, concretizzandosi in procedure più chiare ed efficaci.  La versione 2.0 del Vademecum su alcuni punti di procedura nel trattamento dei casi di abuso sessuale di minori commessi da chierici, pubblicata dal Dicastero il 5 giugno del 2022, ad aggiornamento di quello precedente risalente al luglio del 2010, sottolinea che l’azione criminale può avere due nature: quella giudiziale e quella extragiudiziale. Quella giudiziale, più complessa ed articolata, ha come fase introduttiva la notitia criminis, sulla quale l’Ordinario o il Dicastero svolgono le dovute indagini per accertarne la veridicità. Qualora questa segnalazione risultasse fondata e, nel caso in cui a svolgere le indagini sia stato l’Ordinario, questi è tenuto a comunicare l’esito delle indagini al Dicastero con il proprio votum, ovvero, in caso di mancata fondatezza, ad archiviare la procedura. Tale fase di raccolta di informazioni, stando al n. 21 del Vademecum, spetta direttamente all’Ordinario o al Gerarca (cioè la corrispondente autorità nelle Chiese orientali cattoliche) che ha ricevuto la notitia criminis o a persona idonea specificatamente individuata. Qualora si renda necessario invece il proseguimento delle indagini data la fondatezza della segnalazione pervenuta, si instaura il processo vero e proprio al termine del quale viene emessa una sentenza di condanna (constat), assoluzione (constat de non) o dimissoria (non constat: cioè assolutoria per mancanza di certezza di colpevolezza, secondo il principio in dubio pro reo). In questi casi, precisa il n.17 del Vademecum, anche in assenza di esplicito obbligo, l’autorità ecclesiastica è tenuta ad informare le autorità civili a mezzo di denuncia qualora ritenga che tale ulteriore passaggio possa essere di maggior tutela per la persona offesa o per la possibilità di reiterazione degli atti delittuosi.

Il procedimento extragiudiziale, invece, si caratterizza per una maggiore celerità dovuta alla mancanza di formalismo procedimentale. La scelta di quale metodo utilizzare è rimessa al Dicastero. Pervenuta la notitia criminis e raccolte le prove[11] che sostengano la veridicità del fatto, al soggetto è chiesto di comparire dinanzi al delegato dell’Ordinario e a due Assessori per proporre la propria difesa, che può avvenire sia già durante la prima seduta, che in un secondo momento definito entro un termine ragionevole in modo che l’accusato prepari una difesa scritta da sottoporre all’Ordinario. La decisione spetta in modo collegiale al Delegato ed ai due Assessori, che dopo aver valutato gli elementi di accusa e l’eventuale difesa prodotta, notificheranno al soggetto il responso per mezzo di decreto avente la stessa possibilità di imporre una pena che ha una sentenza.

Per entrambi i tipi di procedimento l’appello è ammissibile ed è di esclusiva competenza del Dicastero, che esamina la questione in sessione plenaria. È in questo caso che il Dicastero svolge la funzione di Supremo Tribunale Apostolico, o quando avoca direttamente la causa a sé (fatto salvo il caso di ricorso al procedimento per foro interno).

La Costituzione Praedicate Evangelium, all’art. 76 §1, sottolineando che il Dicastero svolge la funzione di Supremo Tribunale Apostolico, sottolinea che è fatto salvo il caso in cui la competenza ricada direttamente nelle competenze del Tribunale della Penitenzieria Apostolica. Questa specificazione apre un altro scenario processuale: il procedimento per foro interno.

Il Tribunale della Penitenzieria Apostolica, come chiarisce Encina Commentz[12] funziona da Tribunale interno, nel rapporto diretto tra Dio e il peccatore, nei casi di: profanazione di specie eucaristiche, violazione del sigillo sacramentale, assoluzione del complice in delictum contra sextum, aggressione fisica contro la persona del Romano Pontefice, consacrazione di un Vescovo senza mandato pontificio. In tutti questi casi, qualora il reo sotto vincolo sacramentale della Penitenza, confessasse il reato e lasciando poi delitto occulto, colui che riceve la confessione è tenuto a sospendere l’assoluzione e a presentare ricorso alla Penitenzieria Apostolica. Tale ricorso viene presentato tramite semplice lettera in cui vi si riporta l’esposizione dei fatti accaduti e la domanda del confessore di poter assolvere il reo. La Penitenzieria, vagliata la situazione, risponde con rescritto indicando le istruzioni per il confessore, che a questo punto è tenuto a comunicarla al penitente in un tempo non superiore a 3 giorni dalla notificazione.

Anche per i delitti riservati al Dicastero per la Dottrina della Fede si può attuare la via processuale presso la Penitenzieria, a condizione che la notitia criminis pervenga sotto sigillo sacramentale della confessione. Qualora questo non avvenga, e la notizia sia palese o di pubblico dominio, l’unico iter è quello per ricorso al Tribunale del Dicastero.

 

  1. La questione delle “persone vulnerabili”

In occasione dell’udienza concessa Papa Francesco ai partecipanti della Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede il 18 gennaio 2018, Il Pontefice ha sottolineato come “[…] la vostra missione assume un volto eminentemente pastorale. Autentici pastori solo coloro che non abbandonano l’uomo a sé stesso, né lo lasciano in preda del disorientamento e dei suoi errori, ma con verità e misericordia lo riportano a ritrovare il suo volto autentico nel bene. Autenticamente pastorale è dunque ogni azione tesa a prendere per mano l’uomo, quando questi ha smarrito il senso della sua dignità e del suo destino, per condurlo con fiducia a riscoprire la paternità amorevole di Dio, il suo destino buono e le vie per costruire un mondo più umano. Questo è il grande compito che attende la vostra Congregazione ed ogni altra istituzione pastorale nella Chiesa.[13]”.

L’attenzione all’uomo e all’aspetto pastorale della Chiesa che caratterizza l’agire del Pontefice è ravvisabile anche per quanto riguarda l’agire del Dicastero per la Dottrina della Fede e il diritto penale canonico in generale. Particolarmente d’interesse può essere, in questo caso, sottolineare la questione del “vulnerabile”, dicitura inserita nel Codice Canonico con la Costituzione Pascite gregem Dei del 1° giugno 2021[14]. Come sottolinea il prof. Cito[15], in ogni documento in cui compare il termine minore si è affiancato il termine vulnerabile con la citata riforma del libro VI del Codice Canonico e prima ancora con l’entrata in vigore del Motu Proprio Vos Estis Lux Mundi del 2019, riconfermato nel 2023. Il termine, però, ha una valenza così ampia da necessitare di meglio identificare i contorni di tale definizione. La Legge n. CCXCVII dello Stato Città del Vaticano definisce vulnerabile “ogni persona che si trovi in stato d’infermità, deficienza fisica o psichica, o di privazione della libertà personale che di fatto, anche occasionalmente, ne limiti la capacità di intendere o di volere o comunque di resistere all’offesa”. Tale definizione viene riportata anche nel Motu Proprio Vos Estis Lux Mundi all’art. 1 §2 b, applicando dunque anche al diritto canonico ciò che era stato definito dalla Legge Vaticana. È da sottolineare però che in questo caso la definizione che viene data è di adulto vulnerabile, e non semplicemente personacome espressamente indicato dalla Legge dello Stato Città del Vaticano.

Ad ulteriore specificazione è intervento lo stesso Dicastero per la Dottrina della Fede il 30 gennaio 2024 con un Chiarimento sugli adulti vulnerabili, con il quale si sottolinea che la propria competenza è limitata ai soggetti che abbiano subito abuso e che siano di età inferiore ai diciotto anni o a chi abitualmente abbia un uso imperfetto della ragione. Al di fuori di tali fattispecie, il Dicastero non ha competenza e rimanda a quello competente per il singolo caso.

Sottolinea la dottrina che non dare una definizione precisa di vulnerabile può essere espressa volontà del legislatore, che non vuole in questo modo circoscrivere in maniera imprecisa l’individuazione di una categoria di soggetti, che in questo modo può quindi meglio adattarsi ai casi specifici che ci si trova ad affrontare.

Ne risulta, quindi, che dalla lettura comparata del can. 1398 §1 e della definizione data da Vos Estis Lux Mundi lo stato di vulnerabilità del soggetto vittima di fattispecie delittuose si estende in maniera tale da essere applicato ad una pluralità di contesti. È in sede processuale che va, dunque, dimostrato questo particolare status della persona, che può essere tanto transitorio (ad esempio situazioni che per loro stessa natura rendono il soggetto vulnerabile) quanto permanente, e quindi ex ante rispetto alla condotta delittuosa subita. Onere probatorio non facile, come sottolineato[16], in quanto spesso il delitto si è consumato anni addietro rispetto la denuncia, rendendo complesso l’accertamento dello status del soggetto, soprattutto nei casi riguardanti la violenza subita. Il rimando quindi al compito pastorale del Dicastero per la Dottrina della Fede, e più in generale dei soggetti chiamati ad operare in queste situazioni è quanto mai fondamentale, ponendo da un lato la necessità non lasciare impuniti delitti così gravi (la necessità di ripensare il diritto canonico in chiave minore-centrica[17]), senza però porre in essere un clima di sospetto ingiustificato che può solo arrecare danno ad innocenti.

[1] Cfr. Paolo VI, Integrae Servandae, 7.12.1965, reperibile sul web.

[2] Cfr. Sisto V, Immensa Aeterni, 22.01.1588, reperibile sul web.

[3] Cfr. Pio X, Sapienti Consilio, 29.06.1908, reperibile sul web.

[4] Cfr. Paolo VI, Integrae Servandae, cit.

[5] Francesco, Praedicare Evangelium, 19.03.2022, AAS 114 (2022).

[6] Francesco, Fidem Servare, 11.02.2022, AAS 114 (2022).

[7] Francesco, Praedicate Evangelium, art.71, AAS 114 (2022).

[8]  Benedetto XVI, Norme sostanziali circa i delitti più gravi riservati alla competenza esclusiva della Congregazione della Dottrina della Fede, 21.05.2010.

[9] Francesco, Norme sui delitti riservati della Congregazione per la Dottrina della Fede, 7.12.2021

[10]  Cfr. Rescriptum ex Audientia SS.mi del 17.12.2019

[11] Il Vademecum al n.107 specifica che il materiale raccolto in fase antecedente al processo viene comunque definito “prova” in quanto all’apertura del processo extragiudiziale diventa automaticamente insieme di prove.

[12] C. Encina Commentz, Quando e come ricorrere alla Penitenzieria Apostolica, Città del Vaticano, ed. 2011.

[13] Francesco, Discorso ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, 26.01.2018, AAS 110 (2018)

[14] Per una più ampia trattazione sul tema della tutela del minore si rimanda a: A. Foderaro – P. Palumbo (a cura di), Diritti e tutela dei minori – Profili interdisciplinari, ed. 2022.

[15] D. Cito, Il concetto di persona/adulto vulnerabile nell’ottica del can. 1389 §1, in Arcisodalizio della Curia Romana, Diritto penale canonico – dottrina, prassi e giurisprudenza della Curia Romana, Annales XV, 2023, p. 409 e segg.

[16] M. Visioli, Il diritto penale della Chiesa a tutela dei minori, in Quaderni della Mendola, 2021.

[17] Cfr. P. Palumbo, Tutela e protezione dei minori nella Chiesa Cattolica: profili di diritto sostanziale e processuale alla luce delle recenti modifiche normative, in Il Diritto processuale civile italiano e comparato, 1/2023, rivista sul web.

Lascia un commento