venerdì, Luglio 26, 2024
Diritto e Impresa

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza alla luce del nuovo diritto concorsuale europeo

a cura della Dott.ssa Elena Terrizzi

  1. Introduzione

Il contesto di profonda trasformazione culturale e legislativa, maturato dall’approccio europeo nei confronti del diritto concorsuale, ha subìto una rilevante svolta grazie alla recente Direttiva (UE) 2019/1023 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione[1]. La Direttiva in esame mira, difatti, a rimuovere gli ostacoli emergenti dalle diverse discipline delle legislazioni e delle procedure elaborate a livello nazionale in materia di ristrutturazione preventiva, insolvenza ed esdebitazione, in un’ottica di rafforzamento dell’economia europea e di stimolo per gli investimenti transfrontalieri, a garanzia  dei principi fondamentali di libera circolazione dei capitali e della libertà di stabilimento.

Alla luce delle recenti proposte di adeguamento, di cui allo schema di decreto legislativo di modifica[2], sorge l’esigenza di analizzare le criticità emergenti dalla comparazione tra l’approccio adottato a livello comunitario e l’attuale Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, al fine di vagliare la potenziale efficacia degli “interventi correttivi” proposti in sede di recepimento della Direttiva[3].

Sul punto, occorre precisare che, tanto nel contesto nazionale quanto a livello comunitario, i meccanismi di allerta preventiva costituiscono l’elemento chiave alla base del moderno diritto concorsuale[4]. Nonostante la condivisione di principi comuni, le attuali differenze di disciplina che separano il diritto interno dalla Direttiva 2019/1023 necessitano l’adozione di oculati interventi correttivi, volti a garantire l’efficace adattamento della legislazione nazionale al diritto concorsuale europeo. In tale contesto, il legislatore comunitario mira a promuovere l’essenzialità – ai fini dell’ “allerta”[5] – dell’attuazione di un meccanismo preventivo, rapido e snello, in netto contrasto con la farraginosità delle procedure aggravate da pregiudizievoli lentezze burocratiche. In altri termini, avversando orientamenti di tipo impositivo e sanzionatorio, la Direttiva sembra incentivare un approccio propositivo e collaborativo, professionalmente qualificato e su base confidenziale, finalizzato a promuovere quella visione “sociale” dell’impresa in crisi[6], basata sul bilanciamento degli interessi eterogenei – nonché spesso contrapposti – coinvolti in sede di procedure di ristrutturazione preventiva[7].

  1. Proposte di modifica in materia di “composizione negoziata della crisi”

Sotto un primo profilo, l’introduzione nel Titolo II della Parte I del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) degli «Strumenti di allerta» (Capo I) e del «Procedimento di composizione assistita della crisi» (Capo III) è stata da taluni definita[8] come «una delle più rilevanti ed ambiziose innovazioni» ed al contempo come il «punto più qualificante, ma anche fra i più controversi» del recente intervento di riforma interno[9]. Difatti, diversamente dall’orientamento comunitario, il legislatore interno qualifica gli strumenti di allerta con maggiore dettaglio, distinguendo tra obblighi di segnalazione – posti a carico di specifici soggetti, sia interni che esterni all’organico aziendale – ed obblighi organizzativi – a carico dell’imprenditore – volti a promuovere la tempestiva emersione degli indizi di crisi[10]. In tale ottica, alla luce di un manifesto cambio di prospettiva rispetto al passato, è indubbio che l’attribuzione soggettiva di peculiari obblighi di monitoraggio operata a livello interno, nonché la creazione ex novo di appositi Organismi di Composizione della Crisi (OCRI)[11], rappresenti un profilo di novità dell’originario intervento di riforma, al quale è possibile attribuire, da un lato, il merito di una maggiore specificazione in chiave di ripartizione delle competenze e delle responsabilità, dall’altro, tuttavia, un’eccessiva procedimentalizzazione, suscettibile di compromettere le esigenze di semplificazione dei meccanismi di allerta preventiva espressamente promosse dalla Direttiva[12].

Invero, seppur il legislatore italiano prediliga l’utilizzo del termine “strumenti” alla locuzione “procedimento di allerta”, è agevole scorgere l’attuale rigidità e complessa procedimentalizzazione della disciplina dell’allerta, così come prevista dalla densità normativa dell’intervento di riforma[13]. Per di più, il quadro normativo italiano risulta particolarmente attento alla ripartizione dei predetti obblighi di segnalazione tra due differenti categorie di soggetti[14]: da un lato, gli organi di controllo societari, i revisori contabili e le società di revisione (c.d. allerta interna), i quali sono tenuti a segnalare i «fondati indizi della crisi» (attuale art. 14 CCII) in forza di appositi «indicatori della crisi» – e, in caso di mancata adozione delle soluzioni proposte al debitore, ad effettuare una tempestiva segnalazione all’OCRI[15]; dall’altro, i «creditori pubblici qualificati» (c.d. allerta esterna) – es. Agenzia delle Entrate, INPS –  il cui intervento è richiesto qualora il debitore superi, in maniera rilevante, una determinata soglia di esposizione debitoria[16].

Senza dubbio, l’iniziale scelta riformatrice del nostro ordinamento ha attribuito rilievo alla “natura non giudiziale e confidenziale” delle citate procedure, a garanzia della separatezza informativa di tali procedimenti rispetto all’alveo giudiziale[17]. Le complesse logiche di specialità che caratterizzano l’ordinamento interno sono volte a promuovere il superamento della crisi mediante interventi essenzialmente mediatori-assistenziali di composizione della crisi, ai quali il debitore può accedere all’esito dell’allerta – o anche prima – al fine di individuare le possibili misure per porvi rimedio.

Sul punto, l’attuale ricezione delle segnalazioni da parte dell’OCRI costituisce l’inizio della gestione amministrativa, la quale potrà sfociare in un atto interno, di chiusura, ovvero in un provvedimento a rilevanza esterna, verso la “concorsualità” – in extermis, mediante intervento giurisdizionale. Più nello specifico, ove si avvii un procedimento non volontario (ex art. 14, comma 2, CCII, non attivato dal debitore), la disciplina in esame impone rigidamente il necessario decorso di uno specifico termine di tempo (sessanta giorni) prima del quale non è consentito ai competenti organi di controllo di promuovere l’intervento dell’OCRI.

A ben vedere, la predetta disposizione non sembra calibrata alle esigenze dell’allerta, dalle quali dovrebbe emergere, piuttosto, la possibilità di anticipare la segnalazione della crisi all’OCRI nelle ipotesi in cui, ancor prima dello scadere del predetto termine, si dovesse eventualmente verificare un peggioramento del dissesto economico dell’impresa. Se è dunque vero che il termine disciplinato dall’attuale art. 14, comma 2, CCII è formalmente posto a beneficio del debitore, esso potrebbe, tuttavia,  sortire l’effetto contrario di agevolare un irreversibile aggravamento delle condizioni di dissesto, in palese contrasto con la finalità dell’emersione anticipata della crisi. Nel corso del procedimento, qualora a seguito dell’audizione del debitore il collegio ravvisi la presenza di una concreta situazione di crisi, sarà compito dell’OCRI individuare, insieme con l’imprenditore, le più adeguate strategie di intervento. Queste ultime potranno, da un lato, limitarsi alla promozione di un riassetto organizzativo, oppure, nei casi di maggior gravità, esse potranno richiedere la partecipazione dei creditori, al fine di comporre la crisi mediante un accordo che produca i medesimi effetti del piano attestato.

Dal manifesto coinvolgimento di una eterogenea platea di soggetti, nonché di inedite istituzioni della concorsualità preventiva (OCRI), emerge come l’eccessiva minuziosità delle procedure di composizione assistita della crisi, seppur dettata dai migliori intenti di salvaguardia, rischi di confliggere con il rinnovato approccio promosso dal diritto concorsuale europeo, nonché più in generale con quei princìpi che attribuiscono all’esercizio di ogni attività imprenditoriale uno squisito pregio di arricchimento sociale, pur sempre nel rispetto dell’autonomia imprenditoriale privata (art. 41 Cost.), la quale, entro ragionevoli limiti, necessita di essere custodita e preservata dall’eccessiva ingerenza di agenti istituzionali esterni. In tale ottica, è indubbio che gli attuali meccanismi preventivi di allerta siano oggi ampiamente pregiudicati da passaggi burocratici, la cui superfluità confligge, anzitutto, con le finalità di un procedimento non avente natura giudiziale. In altri termini, la minuziosa procedimentalizzazione interna in materia di composizione della crisi fa sì che l’effettiva capacità del debitore di assumere iniziative adeguate dipenda (quasi) esclusivamente dall’assistenza di inedite istituzioni della concorsualità preventiva (OCRI)[18].

Muovendo dalla suesposta analisi, l’attuale procedimento sembra operare una limitazione nei confronti del diritto del debitore di tentare di comporre la crisi – in via stragiudiziale ed autonoma –  nelle modalità che egli ritenga più opportune e funzionali, nell’ottica di ricercare soluzioni più soddisfacenti rispetto alla suddetta attivazione del predetto procedimento assistito (art. 19 CCII), così evitando che una efficace composizione della crisi debba necessariamente prevedere l’ingerenza, non sempre proficua, di istituzioni esterne nell’assunzione di scelte gestionali.

In tal senso, il tempestivo ed efficace intervento degli organi di gestione interni esercita, senza dubbio, un ruolo determinante in materia di risanamento aziendale, avendo il legislatore italiano ulteriormente arricchito il ruolo degli organi di governance attraverso l’introduzione di effettivi strumenti di monitoraggio e di minuziose procedure di composizione della crisi. Tuttavia, se si comparano più flessibili soluzioni adottate nel contesto europeo ed internazionale (si pensi, ad esempio, al ruolo svolto dal Presidente del Tribunal de Commerce francese[19], nonché alla figura professionale degli examiners statunitensi[20]), emerge l’agevole opportunità di preferire una soluzione alternativa alla (opinabile) decisione di prevedere la partecipazione di una terza ed inedita istituzione non-giudiziale (OCRI) alle procedure di allerta. In altri termini, stante il rischio che il procedimento sopra descritto rallenti l’auspicata snellezza procedimentale promossa dal contesto normativo europeo – senza tuttavia garantire il risultato di addivenire alla postulazione di soluzioni che siano poi, in concreto, efficacemente attuate dal debitore – la preannunciata esigenza di semplificazione richiede la predisposizione di più snelle discipline normative mediante la riduzione oculata di taluni  complessi profili di dettaglio.

Particolare rilievo assume, in tale contesto, il rinnovato art. 12, comma 2, (Schema di decreto legislativo recante modifiche al CCII), il quale attribuisce ad un unico “esperto indipendente”, nominato da una commissione ad hoc costituita presso le camere di commercio, il ruolo di agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di “squilibrio patrimoniale o economico-finanziario” che rendono probabile la crisi o l’insolvenza del debitore.

Di conseguenza, prediligendo una più snella disciplina della “composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa”, il recente intervento di modifica del CCII sembra superare la farraginosità del suesposto ed attuale procedimento[21], mediante correzione della disciplina in materia di accesso alla composizione negoziale e del suo funzionamento. L’intervento di modifica appena esposto risponde conformemente tanto alle esigenze di snellezza dei meccanismi preventivi di allerta, quanto all’opportunità, promossa da parte della dottrina[22], di consentire in determinati casi – considerate le dimensioni dell’impresa e le caratteristiche della crisi – la nomina di un solo professionista esperto, sulla falsariga del modello del “mandataire ad hoc” di natura francese[23].

Alla luce di quanto sopra, emerge come, in sede di attuazione della Direttiva, intento del legislatore sia dunque quello di promuovere, da un lato, il ricorso a più agevoli modalità di accertamento dello stato di crisi e di accesso alla composizione negoziata da parte dell’imprenditore, e, dall’altro, l’adozione di più flessibili e trasparenti meccanismi di conduzione della medesima procedura.

  1. (segue) … e di “accesso alle informazioni”

In secondo luogo, l’esigenza di trasparenza informativa, fortemente espressa nel contesto europeo, si traduce nella necessità di garantire che le informazioni sull’accesso agli strumenti di allerta precoce siano «facilmente accessibili» e di «agevole consultazione» da parte della eterogenea platea di soggetti coinvolti nella procedura (art. 3, Direttiva 2019/1023[24]). Dalla disciplina di diritto comunitario, in un’ottica di inclusione ed ampliamento degli attori potenzialmente interessati al recupero aziendale, emerge anzitutto il manifesto interesse di ricomprendere, fra i destinatari delle informazioni riguardanti gli strumenti di allerta, anche i rappresentanti dei lavoratori[25]. Più nello specifico, il diritto concorsuale europeo prevede che ai lavoratori ed ai loro rappresentanti siano fornite informazioni in merito al piano di ristrutturazione proposto dal debitore nel rispetto della disciplina del diritto dell’Unione, di modo da consentire a tali soggetti di operare una valutazione approfondita dei possibili scenari futuri. Allo stato attuale, di contro, nel CCII non si evincono specifiche discipline tese a garantire l’agevole facoltà per debitore, creditori e rappresentanti dei lavoratori di avere accesso ad informazioni pertinenti ed aggiornate in materia di strumenti di allerta preventiva. Difatti, l’ordinamento interno si limita a prevedere che il debitore fornisca, ai soli creditori, tutte le «informazioni necessarie ed appropriate allo strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza prescelto» (attuale art. 4, comma 2, lett. a, CCII).

In conformità all’esigenza di apportare integrazioni sul versante del diritto interno, a garanzia della più estesa possibilità di individuare preventivamente l’emersione di una “probabile insolvenza”, nonché di garantire i diritti dei lavoratori, si consideri il rinnovato art. 13 CCII (Schema di Decreto Legislativo recante modifiche al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza), il quale, nel prevedere l’istituzione di una “piattaforma telematica nazionale”[26], disciplina l’accesso degli imprenditori ad una «lista di controllo particolareggiata contenente indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento, un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento», e, infine, un «protocollo di conduzione della composizione negoziata».

Più nello specifico, al fine di colmare la lacuna normativa sopra evidenziata, si attribuisce la facoltà, da un lato, all’esperto indipendente nominato presso la camera di commercio, ex (nuovo) art. 13, comma 6, e, dall’altro, ai creditori, di accedere alla suddetta piattaforma telematica nazionale: il primo, al fine di estrarre «la documentazione e le informazioni necessari per l’avvio o la prosecuzione delle trattative con i creditori e con le parti interessate», dunque, lavoratori compresi (nuovo art. 14, comma 2); i secondi, al fine di inserire all’interno della medesima piattaforma informazioni sulla propria posizione creditoria, nonché di consultare le informazioni inserite dallo stesso imprenditore (nuovo art. 15).

L’auspicato intervento di modifica, dunque, mira all’identificazione di un ottimale bilanciamento tra le esigenze di flessibilità e riservatezza delle informazioni concernenti la gestione imprenditoriale e la necessità di garantire un corretto e trasparente flusso informativo che possa, mediante la promozione di un approccio collaborativo tra le parti, incentivare l’adozione di condotte pro-attive da parte dell’organico aziendale interno. Si ritiene, difatti, che l’incentivo all’instaurazione di un rapporto di sinergica collaborazione tra imprenditore, creditore e lavoratori possa agevolare l’emersione tempestiva della crisi interna, così evitando l’ingerenza di soggetti ed agenti istituzionali esterni nella gestione preventiva della crisi, nell’ottica comune di promuovere il recupero aziendale a beneficio di imprenditore, creditori ed altri stakeholders.

  1. Conclusioni

Se è vero che il contesto europeo mira a promuovere l’attuazione di un meccanismo di allerta preventivo, rapido e snello, ciononostante, la sensazione attuale che si ha leggendo il Titolo II, Parte I del CCII in materia di «Procedure di allerta e di composizione assistita della crisi» è quella di un’ennesima farraginosa procedura, connotata da particolare complessità, piuttosto che dall’adesione a strumenti semplici e facilmente accessibili a sostegno delle imprese. Di qui, il timore paventato da quella parte della dottrina che considera la marcata procedimentalizzazione degli strumenti di emersione della crisi un elemento suscettibile di consumare inutilmente tempo e risorse[27].

Al fine di innovare l’attuale farraginoso sistema interno, di conseguenza, diviene necessaria la promozione di procedure stragiudiziali di composizione della crisi efficaci e flessibili, stante la ritrosia degli imprenditori all’attivazione di procedimenti giudiziali, con notevole pregiudizio per una tempestiva emersione della crisi[28]. L’intervento di modifica proposto dallo schema di decreto legislativo, dunque, intende promuovere soluzioni pratiche ed innovative alle suesposte criticità condivise con altri Paesi dell’Unione europea, con l’auspicio che il legislatore interno possa vagliare le migliori soluzioni procedurali comparate – in termini di flessibilità e speditezza –  tali da garantire concrete prospettive di risanamento futuro[29]. Il recepimento della Direttiva rappresenta, in altri termini, l’occasione per un “risanamento” del sistema più radicale di quanto al momento non emerga dal CCII[30].

Per tali motivi, il nostro ordinamento necessita di accogliere il rinnovato orientamento del diritto concorsuale europeo mediante il ricorso ad una corposa semplificazione di presupposti, termini e adempimenti delle procedure di allerta, nell’ottica di un quadro di “responsabilizzazione” delle condotte virtuose degli amministratori. L’adozione di disposizioni integrative e correttive dell’attuale ordinamento interno esige una “rivoluzione culturale” del mondo imprenditoriale, che miri a promuovere un sistema facilmente accessibile di informazioni, formazione, e consulenza del ceto imprenditoriale, sopperendo e superando l’inefficienza di un modello di impresa privo di efficaci strumenti di monitoraggio e previsione. Tale obiettivo richiede lo sforzo di promuovere la massima formazione del ceto imprenditoriale, nonché l’attiva partecipazione dei soggetti interessati alle prospettive di risanamento aziendale, ricorrendo a soluzioni di natura confidenziale sotto la guida di professionisti indipendenti, affinché ciascun attore possa acquisire la consapevolezza necessaria per agire tempestivamente e prevenire in maniera adeguata l’aggravarsi di momenti di crisi – fisiologici, entro certi limiti, all’esercizio dell’attività d’impresa.

In conclusione, è lecito ritenere che la maggiore flessibilità di disciplina dei meccanismi preventivi di allerta, secondo l’approccio europeo, rappresenti una proficua occasione per il legislatore nazionale di tutelare concretamente l’autonomia dell’imprenditore in un’ottica di maggiore responsabilizzazione dell’organico interno, senza che ciò tuttavia comporti un indebito irrigidimento dei confini entro cui l’attività economica privata possa e debba essere liberamente esercitata[31].

[1] In merito ai contenuti della Direttiva, si veda, VELLA, P. La prima direttiva europea su ristrutturazione e insolvenza, in Foro it., 2019, V, 423 ss.

[2] Schema di decreto legislativo recante “Modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023”, approvato dal Consiglio dei Ministri il 17 marzo 2022.

[3] Sul punto, STANGHELLINI, L., La proposta di Direttiva UE in materia di insolvenza, in il Fallimento, n. 8-9/2017;

STELLA M., Tavola rotonda: il concordato, la procedura di allerta e la liquidazione giudiziale, in Le procedure concorsuali verso la riforma tra diritto italiano e diritto europeo, a cura di P. MONTALENTI (a cura di), Milano, 2018; LO CASCIO, G. Le procedure di crisi delle imprese: una riforma internazionale ed interna senza fine, in il Fallimento, 2017, 501; MAROTTA, F. L’armonizzazione europea delle discipline nazionali in materia di insolvenza: la nuova direttiva europea riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, la seconda opportunità e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, in www.ilcaso.it, 17 aprile 2019, p. 6; BASTIANON, S.  Allerta precoce e ristrutturazione preventiva: Codice della crisi e Direttiva 2019/1023 a confronto, in il Fallimentarista, 30 ottobre 2019.

[4] Si vedano, tra gli altri, GUIOTTO, A., I sistemi di allerta e l’emersione tempestiva della crisi, in il Fallimento, n. 4/2019; LO CASCIO, G. Legge fallimentare attuale, legge delega di riforma e decreti attuativi in fieri, in, il Fallimento 2018, 525 ss.; RANALLI, R. La riforma della crisi d’impresa. Dalla preallerta sino all’istanza al tribunale passando attraverso le regole di composizione assistita. I presidi organizzativi e le regole di governo previste dalla riforma, in www. orsservatorio-oci.it, 2017; NIGRO, A. Il “diritto societario della crisi”: nuovi orizzonti?, in Riv. Società, 2018, 1207 ss.;.; D’ATTORRE, G. Prime riflessioni sulla delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Riv. Società, 2017, 517 ss.; POLICARO, G.A. La crisi d’impresa e gli strumenti di monitoraggio nel disegno di legge di riforma fallimentare, in Giur. comm., 2017, I, 1038 ss.

[5] In merito alle finalità dell’allerta preventiva, è stato sostenuto che «l’allarme ha essenzialmente lo scopo di attirare l’attenzione dei dirigenti delle società sulle difficoltà dell’impresa, e di indurli ad assumere le misure necessarie a fronteggiarle» (CAMPANA, M.J. (2004) La prevenzione delle crisi delle imprese. L’esperienza francese, in BONFATTI, F. e FALCONE, G. (a cura di), La legislazione concorsuale in Europa. Esperienze a confronto. Milano. p. 234).

[6] VELLA, P., L’impatto della Direttiva UE 2019/1023 sull’ordinamento concorsuale interno, in Il Fallimento, n. 6/2020, p. 755.

[7] VITALI, M. L. Sistemi di allerta e crisi di gruppo nel nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: prime riflessioni (anche) alla luce delle recenti tendenze europee, in Dir. fall., 3-4, 2019, I, 555 ss., par. 4.

[8] FALCONE, G. Obblighi e responsabilità della banca e dell’intermediario finanziario nelle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, in Diritto della banca e del mercato finanziario, 2/2019, p. 43.

[9] RANALLI, R., Il codice della crisi. Gli “indicatori significativi”: la pericolosa conseguenza di un equivoco al quale occorre porre rimedio, in www.ilcaso.it, [12 novembre 2018].

[10] Per una più specifica disamina sul punto, FORTUNATO, S. Codice della crisi e Codice civile: impresa, assetti organizzativi e responsabilità, in Riv. soc., Fasc. 5-6, 2019; RORDORF, R. Doveri e responsabilità degli organi della società alla luce del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Riv. soc. Fasc. 5-6, 2019; TERRIZZI, E. Adeguatezza degli assetti organizzativi per la gestione della crisi d’impresa, in Le Società, n. 3/2020, pp. 281 – 288, IPSOA; MONTALENTI, P. (2014) I doveri degli amministratori degli organi di controllo e della società di revisione nella fase di emersione della crisi, Diritto societario e crisi d’impresa (a cura di) Tombari. Giappichelli Editore: Torino, p. 42.

[11] Rileva sul punto l’opinione di parte della giurisprudenza, secondo la quale «l’organismo di composizione della crisi [..] assume un ruolo centrale, che si connota non solo per i profili di indipendenza e professionalità necessari agli adempimenti contemplati, ma anche per l’evidente carattere di specializzazione ritenuta necessaria dal legislatore, desumibile dal rilievo che la norma ha previsto l’istituzione di organismi stabili destinati ad essere iscritti in un apposito registro [..]» (Cass. Civ. Sez. VI – 1 Ordinanza 19740/2017).

[12] Si vedano, SANZO, S., La disciplina procedimentale. Le norme generali, le procedure di allerta e di composizione della crisi, il procedimento unitario di regolazione della crisi o dell’insolvenza, in S. Sanzo e D. Burroni (a cura di), Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Bologna, 2019; SANZO, S. e BURRONI, D., Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Bologna, 2019, p. 45; BARACHINI, F. Le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, in Crisi d’impresa e insolvenza, (a cura di) L. Calvosa, Pisa, 2016.

[13] FABIANI, M. La fase dell’allerta non volontaria e il ruolo dell’OCRI, in www.ilcaso.it, 10 ottobre 2019.

[14] Sul punto, tra gli altri, BERTOLOTTI, G. Poteri e responsabilità nella gestione delle società in crisi. Allerta, autofallimento e bancarotta, 2017, Torino: Giappichelli Editore; STANGHELLINI, L. (2011) Directors’ Duties and the Optimal Timing of Insolvency. A Reassessment of the “Recapitalize or Liquidate” Rule, in BENAZZO, P., CERA, M. e PATRIARCA S. (EDS.). Il Diritto delle Società Oggi. Innovazioni e Persistenze. Torino, Utet; VERGARA C., Disfunzioni e crisi d’impresa. Introduzione ai processi di diagnosi, risanamento e prevenzione, 1988, Milano, Giuffrè; PENROSE J., The role of perception in crisis planning, in Public Relation Review, 2000, vol 26, n 2,  pp. 155-171.

[15] Detta previsione risulta sostituita, nello schema di decreto legislativo di modifica, dall’obbligo dell’organo di controllo di segnalare per iscritto, all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di cui all’articolo 12, comma 1 (nuovo art. 25-octies), ossia le condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza (nuovo art. 12, comma 1).

[16] Il riferimento all’obbligo di segnalazione in capo ai “creditori pubblici qualificati” viene riproposto nello schema di decreto legislativo di modifica all’art. 25-novies.

[17] L’esclusione dell’intervento giudiziale nella fase di “pre-insolvenza” è stata sostenuta da parte della dottrina. Sul punto, si veda LIBONATI, B. Prospettive di riforma sulla crisi d’impresa, in Giur. comm., I, 2001, p. 339, secondo cui è opportuno attribuire «al mercato ciò che è del mercato e lasciando al giudice ciò che gli è più consono, anzi coerente al precetto costituzionale, vale a dire la soluzione delle controversie insorte». Contra LAMANNA, F. Osservazioni sul DDL delega della Commissione Rordorf, p. 24, il quale promuove l’ “immediata” attribuzione di poteri in capo ad una specializzata autorità giudiziaria anche nella fase che precede l’insorgere dello stato di insolvenza.

[18] FERRO, M. Allerta e composizione assistita della crisi nel D.Lgs n. 14/2019: le istituzioni della concorsualità preventiva, in Il Fallimento, 2019.

[19] Art. L611-2,  Code de Commerce. Per una più specifica analisi della disciplina francese PERREL, J. C. (1995) La sauvegarde des entreprises en droit francais, in SCHIANO di PEPE G. (a cura di), Crisi dell’impresa e salvaguardia dell’azienda, Padova, p. 219 ss; JORIO, A. (1986) La nuova legge francese sull’insolvenza: ça ira, ça ira, ça ira, les créanciers on les pendral, in Giur. comm., I, p. 634 ss; MARINONI, R. (1989) Il redressement judiciaire des entreprises nel diritto fallimentare francese, Milano, p. 3.

[20] §1104(c), Bankruptcy Code.

[21] La volontà di promuovere una netta modifica della disciplina in esame emerge chiaramente dalla sostituzione del precedente Titolo II, Parte prima (“Procedura di allerta e di composizione assistita della crisi”) del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, come sostituito dal seguente: “Titolo II Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”.

[22] JORIO, A. La riforma della legge fallimentare tra utopia e realtà, in Diritto fallimentare, n. 2/2019, not 61-62.

[23] Sull’influenza positiva dell’introduzione di meccanismi di allerta preventiva, ispirati al modello francese, si veda VASSALLI, F. La prevenzione delle crisi d’impresa: bilancio attuale nella legislazione italiana, proposta de jure condendo. Primi appunti, 2011, p. 293, secondo cui: «Sull’argomento non credo di poter spendere alcuna motivazione del mio convincimento che è quello che le misure di allerta comunque configurate siano legittime per ordinamenti come il nostro e come quello francese ispirati entrambe a quanto è prescritto testualmente dall’art. 41, 2° e 3° co. della Costituzione. Diversa risulta ovviamente la concezione anglosassone, spagnola ed anche germanica». Tuttavia, «riportare questa particolare esperienza nel nostro sistema senza opportuni adattamenti sarebbe una scommessa persa in partenza; viceversa, il legislatore italiano può giocare questa scommessa se è in grado di coniugare la funzionalità di quel modello alla tradizione italiana» (FABIANI, M. (2004) Misure di allarme per le crisi d’impresa, in Fall., p. 827.

[24] «Gli Stati Membri provvedono affinchè i debitori abbiano accesso a uno o più strumenti di allerta trasparenti in grado di individuare situazioni che potrebbero comportare la probabilità di insolvenza e di segnalare al debitore la necessità di agire senza indugio […]» (art. 3, par. 1, Direttiva 2019/1023).

[25] «Al fine di aumentare il sostegno ai lavoratori e ai loro rappresentanti, gli Stati membri dovrebbero assicurare che i rappresentanti dei lavoratori possano accedere a informazioni pertinenti e aggiornate sulla disponibilità di strumenti di allerta precoce e dovrebbe essere possibile per essi prestare sostegno ai rappresentanti dei lavoratori nella valutazione della situazione economica del debitore» (Considerando 23, Direttiva 2019/1023).

[26] La modifica in esame risulta conforme alla disciplina della Direttiva, in forza della quale «Ai fini di cui al primo comma, gli Stati membri possono avvalersi di tecnologie informatiche aggiornate per le notifiche e per le comunicazioni online». (art. 3, par. 1, Direttiva 2019/1023).

[27] ROSSI, A. Dalla crisi tipica ex CCII alla resilienza della twilight zone, in il Fallimento, n. 3/2019, p. 295.

[28] «[…] è vero, infatti, che anche il solo ritardo è idoneo a produrre un pregiudizio di natura patrimoniale, alla società così come ai creditori di essa […] ma pare altrettanto vero che, nella misura in cui dalla crisi la società riesca ad uscire per effetto di un intervento, sia pur tardivo, che eviti l’apertura di una procedura concorsuale, parrebbe più difficile individuare un pregiudizio effettivamente risarcibile» (SANZO, S. La responsabilità nella (e per la crisi), in Assetti adeguati e modelli organizzativi: nella corporate governance delle società di capitali, (opera diretta da) Maurizio Irrera, 2016, p. 1040, Zanichelli Editore, Torino.

[29] Si veda il programma Early Warning Europe, volto ad identificare le best practices in materia di misure di allerta sviluppate nei vari Paesi dell’Unione Europea.

[30] «Come già avvenuto per molte altre innovazioni giuridiche, anche per la procedura di allerta vale la massima per cui solo la pratica potrà dirci se le riforme di oggi si trasformeranno domani in istituti duraturi e virtuosi», citando SPOLIDORO, M. S. Procedure d’allerta, poteri individuali degli amministratori non delegati e altre considerazioni sulla composizione anticipata della crisi, in Rivista delle Società, 2018, fasc. I, p. 185.

[31] «Creare istituti “graduati” mirati alla conservazione dei valori aziendali, attribuire fiducia alla razionalità e all’auto-responsabilità delle imprese, assegnare ampi spazi all’autonomia privata nella scelta degli strumenti più appropriati per risolvere le crisi di impresa, sul presupposto della loro irriducibilità ad uno schema univoco, è, a mio parere, un’opzione da condividersi» (MONTALENTI, P. I doveri degli amministratori degli organi di controllo e della società di revisione nella fase di emersione della crisi, Diritto societario e crisi d’impresa (a cura di) Tombari, 2014, p. 39, Giappichelli Editore, Torino.

Dott.ssa Elena Terrizzi

Dottoranda in Diritto e Impresa presso la LUISS Guido Carli.

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