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Il diritto d’autore non lascia indietro nessuno: la tutela del traduttore

Con il termine traduttore ci si riferisce a colui che traduce, per l’appunto, testi da una lingua ad un’altra curandosi, nel farlo, sia di mantenere il significato originario del testo che di rispettare tutti gli aspetti linguistico-culturali della lingua madre dell’autore.

Questa figura professionale, in genere, si specializza in un determinato ambito disciplinare o in una particolare tematica. È possibile trovare, infatti, tanto il traduttore editoriale, che esegue le traduzioni in ambito letterario, quanto il traduttore scientifico, che si occupa della traduzione di testi realizzati con l’utilizzo di un linguaggio specifico proprio di una determinata professione quale, ad esempio, quella giuridica.

Sul punto, si precisa, occorre sottolineare la differenza tra la figura del traduttore e l’interprete il quale, da parte sua, rende possibile a più soggetti conversare tra loro traducendo, contestualmente o consecutivamente, messaggi orali formulati con lingue diverse.

Effettuata la distinzione tra le due figure professionali citate, occorre domandarsi se il traduttore o, più precisamente, la traduzione dallo stesso realizzata, possa essere oggetto di tutela autoriale.

Come noto, la tutela della proprietà intellettuale è principalmente regolamentata dalla Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941 [1], pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 166 del 16 luglio 1941.

La normativa in questione, in specie, prevede che, affinché un’opera possa beneficiare della tutela autoriale, è necessario che, nella stessa, siano rinvenibili determinate caratteristiche che consentano di qualificarla come opera dell’ingegno.

In primo luogo, perché il risultato dell’attività intellettuale, di qualunque tipo essa sia, venga tutelato, è necessario che l’idea creativa in quanto tale abbia una propria manifestazione esterna. Sarà necessario, pertanto, che quest’ultima risulti essere concretamente percepibile all’esterno e quindi che, in parole povere, non si riduca ad un mero “pensiero” esistente solo nella mente dell’autore.

La connessione tra opera e autore resta, tuttavia, di primaria importanza, in quanto è, altresì, necessario che l’opera sia creativa o, più precisamente, che sia idonea ad esprimere la personalità dell’autore onde poterla distinguere e differenziare rispetto al patrimonio artistico già esistente e di altrui produzione.

Infine, terzo, fondamentale, requisito è che l’opera appartenga ad una delle categorie indicate dall’art. 2 della Legge sul diritto d’autore del 22 aprile 1941 n. 633 [2] [3].

Pertanto, perché la traduzione possa essere oggetto della tutela offerta dal diritto d’autore, è necessario verificare se la stessa possieda o meno le elencate caratteristiche.

Di primo acchito, ciò non sembrerebbe, visto che l’opera oggetto di traduzione non è “farina del sacco” del traduttore, ma non bisogna lasciarsi ingannare.

L’attività di traduzione, infatti, non consiste nella mera trasposizione di parole da un linguaggio ad un altro ma è un vero e proprio processo creativo in quanto sovente capita che nell’idioma di partenza ci siano più termini diversi utilizzabili per esprimere un solo concetto. La stessa lingua italiana, come noto, offre una scelta terminologica talmente vasta da rendere possibile la traduzione di uno stesso testo in più modi tra loro diversi e, pertanto, sarebbe illogico ritenere che, nel realizzare la traduzione, il traduttore non vi metta alcun tipo di “suo” apporto creativo, specie in ambito letterario.

Questo tipo di traduzione, consistendo in un’elaborazione creativa di un’opera dell’ingegno originaria, forma, infatti, oggetto di una tutela giuridica speciale ed autonoma facendo sorgere, in capo al traduttore, dei diritti, per quanto leggermente diversi rispetto a quelli spettanti all’autore “vero e proprio” dell’opera.

Ai sensi dell’art. 4 della Legge su diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, infatti, “senza pregiudizio dei diritti esistenti sull’opera originaria, sono altresì protette le elaborazioni di carattere creativo dell’opera stessa, quali le traduzioni in altra lingua, le trasformazioni da una in altra forma letteraria od artistica, le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell’opera originaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non costituenti opera originale” [4].

A questo punto ci si potrebbe chiedere, comunque, se, pur realizzando l’elaborazione, il traduttore possa essere veramente considerato un autore e, di conseguenza, beneficiare della tutela autoriale.

A tale domanda, fortunatamente, risponde chiaramente lo stesso legislatore all’art. 7 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, in base al quale “è considerato autore delle elaborazioni l’elaboratore, nei limiti del suo lavoro” [5]. Pertanto, ogni qual volta la predetta legge nomina l’“autore” occorre intendere, per ciò che concerne quanto oggetto della presente trattazione, il “traduttore”, ossia l’autore dell’elaborazione e, qiondi, la traduzione.

Ai sensi della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile1941, la creazione di un’opera dell’ingegno fa sorgere in capo all’autore, per il solo fatto della stessa, due diverse tipologie di diritti: i diritti di utilizzazione economica ed i diritti morali d’autore.

Esaminando attentamente tali tipologie, va evidenziato come i diritti di utilizzazione economica abbiano un’ampia articolazione. Essi, infatti, consistono in un novero di facoltà a contenuto patrimoniale di cui l’autore può avvalersi per controllare chi possa o meno fare uso della propria creazione, negando, se del caso, tale utilizzo.

La predetta Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, infatti, all’art. 12 stabilisce che l’autore “ha, altresì, il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo originale, o derivato” [6] e, in specie, nelle modalità previste dallo stesso testo normativo quali, ad esempio, i diritti di riproduzione dell’opera.

I diritti morali d’autore, viceversa, sono quei diritti riconosciuti e protetti in capo al vero e proprio creatore dell’opera indipendentemente dalla titolarità dei diritti di utilizzazione economica i quali, come noto, a differenza dei primi sono trasferibili a soggetti terzi.

L’art. 20 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, si rileva, prevede che “indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell’opera, […], ed anche dopo la cessione dei diritti stessi, l’autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell’opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione [7].

Se, quindi, i diritti morali, essendo diritti della personalità, sono irrinunciabili ed intrasferibili, è invece pienamente e liberamente trasferibile/cedibile qualunque dei diritti economici o, rectius, lo sfruttamento degli stessi, essendo questi indipendenti e, di conseguenza, esercitabili tanto singolarmente quanto nella loro totalità.

Il traduttore, va detto, effettua tale trasferimento regolarmente. Egli, infatti, cede ad un editore, dietro compenso, lo sfruttamento economico dei diritti d’autore patrimoniali sulla sua traduzione, non potendo egli stesso commercializzarla e sfruttarla economicamente in una diversa maniera alla luce del fatto che non è in possesso dell’indispensabile organizzazione imprenditoriale.

Per fare ciò, in particolare, si avvale di una specifica tipologia contrattuale messagli a disposizione dal legislatore, il c.d. contratto di edizione di traduzione, espressamente disciplinato dal combinato degli artt. 108 e 130 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941 [8], che consiste in un contratto con il quale l’autore concede ad un editore l’esercizio del diritto di pubblicare, per conto e a spese dell’editore medesimo, l’opera dell’ingegno.

Va precisato, tuttavia, che il contratto di edizione non è la sola modalità di cessione dei diritti patrimoniali messe a disposizione dell’autore, come la stessa Legge sul diritto d’autore precisa all’art. 107 [9]. Esistono, pertanto, anche dei contratti di prestazione d’opera di traduzione, con clausole dal diverso contenuto rispetto al classico contratto di edizione ma, occorre dire, difficilmente allo stesso modo favorevoli per il traduttore.

Pertanto, l’opera realizzata dal traduttore con l’impiego della sua creatività, ossia la traduzione, è da intendersi quale opera dell’ingegno e, di conseguenza, tanto essa quanto il traduttore, suo “autore”, beneficiano delle tutele e delle garanzie offerte dal diritto d’autore.

Avv. Valentina Ertola

[1] Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui; https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore;

[2] Art. 2 Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore;

[3] Cfr. articolo “I giochi da tavolo: le “pecore nere” del diritto d’autore?”, di Avv. Valentina Ertola, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/i-giochi-da-tavolo-le-pecore-nere-del-diritto-dautore-43198;

[4] Art. 4 Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore;

[5] Art. 7 Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore;

[6] Art. 12 Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore;

[7] Art. 20 Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/codici-altalex/2014/06/26/legge-sul-diritto-d-autore;

[8] Art. 130 Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/news/2014/06/23/disposizioni-comuni#titolo3;

[9] Art, 107 della Legge sul diritto d’autore n. 633 del 22 aprile 1941, disponibile qui: https://www.altalex.com/documents/news/2014/06/23/disposizioni-comuni#titolo3;

 

Valentina Ertola

Dott.ssa Valentina Ertola, laureata presso la Facoltà di Giurisprudenza di Roma 3 con tesi in diritto ecclesiastico ("L'Inquisizione spagnola e le nuove persecuzione agli albori della modernità"). Ha frequentato il Corso di specializzazione in diritto e gestione della proprietà intellettuale presso l'università LUISS Guido Carli e conseguito il diploma della Scuola di specializzazione per le professioni legali presso l'Università degli Studi di Roma3. Nel 2021 ha superato l'esame di abilitazione alla professione forense. Collaboratrice per l'area "IP & IT".

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