venerdì, Luglio 26, 2024
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Il marchio “La Mafia se sienta a la mesa” e la contrarietà all’ordine pubblico

Il marchio “La Mafia se sienta a la mesa” e la contrarietà all’ordine pubblico

Il marchio è un segno distintivo impiegato a rendere riconoscibili e distinguibili da quelli di altre imprese prodotti e/o servizi realizzati e/o distribuiti da un’impresa. L’apposizione del marchio, oltre a svolgere una funzione di distinzione nel panorama del mercato, è anche elemento unificatore di una serie di prodotti e/o servizi ed offre al consumatore e/o utente un mezzo per identificare stesse qualità e affidabilità nei prodotti con identico marchio[1].

Sia che lo si intenda fare a livello europeo, sia che ci si voglia limitare al territorio nazionale, per poter vantare diritti di esclusiva su un marchio, esso va registrato secondo le disposizioni previste[2]. Un marchio si registra per classi di prodotti e servizi elencati entro la cd. Classificazione internazionale di prodotti e servizi di Nizza[3] e tutela l’esclusività dell’uso del segno distintivo esclusivamente per le classi scelte. L’ultima versione del sistema raggruppa i prodotti in 45 classi (le classi 1-34 includono beni e le classi 35-45 comprendono i servizi) e consente agli utenti che cercano di contrassegnare un prodotto o un servizio di scegliere tra queste classi quella più appropriata[4].

Il marchio europeo

Il marchio europeo è stato istituito dal Regolamento 40/1994/CE, prima sostituito dal Regolamento 207/2009/CE, poi dal Regolamento (UE) n. 2015/2424 e infine dal Regolamento (UE) n. 2017/1001[5], che lo definisce come caratterizzato da unitarietà; “esso produce gli stessi effetti in tutta l’Unione: può essere registrato, trasferito, formare oggetto di rinuncia, di decisione di decadenza dei diritti del titolare o di nullità e il suo uso può essere vietato soltanto per l’intera Unione[6].

Il marchio europeo è diventato operativo dal 1 aprile 1996 quando è entrato in funzione l’Ufficio dei marchi comunitari (Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno – UAMI), ora Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale – EUIPO[7], situato ad Alicante in Spagna, a cui va presentata la domanda di registrazione di un marchio. Una volta accolta, il marchio dell’Unione è valido in tutto il territorio europeo e coesiste con i marchi nazionali.

L’art. 7 del Regolamento eurounitario individua quelli che sono gli impedimenti assoluti alla registrazione, stabilendo al paragrafo 1, lettera f), che sono esclusi dalla registrazione i marchi contrari all’ordine pubblico o al buon costume[8]. Anche in questo caso, è prevista la nullità assoluta del marchio registrato in violazione delle requisiti di legittimità[9].

Un’aggiunta importante la offre il paragrafo 2 del medesimo art. 7[10], secondo il quale la disciplina dell’esclusione dalla registrazione si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte dell’Unione: ciò significa che la contrarietà al buon costume o all’ordine pubblico di un marchio non è necessario sia percepita come tale in tutto il territorio eurounitario, né tantomeno dall’intera popolazione europea, ma è sufficiente che tale sensibilità riguardi una parte di essi.

Infine, va segnalato che è possibile ricorrere avverso le decisioni dell’EUIPO dinanzi al Tribunale; contro la decisione di quest’ultimo, entro due mesi a decorrere dalla data della sua notifica, può essere proposta un’impugnazione, limitata alle questioni di diritto, dinanzi alla Corte.

Il marchio “La mafia se sienta a la mesa”

Nel settore della moda, si sono avuti contrasti in passato in merito a un’azienda che aveva chiesto e ottenuto la registrazione, a livello europeo, di un marchio che si rifaceva chiaramente al noto fenomeno criminoso della mafia italiana.

Il marchio in questione era costituito da un segno in cui appariva, su sfondo nero, una rosa rossa accanto alla scritta “La mafia se sienta a la mesa” (tradotto, “la mafia si siede a tavola”). Il marchio veniva registrato presso l’EUIPO nel 2006 da La Honorable Hermandad SL, società spagnola alla quale è succeduta La Mafia Franchises SL. I prodotti e i servizi per i quali era stata chiesta la registrazione comprendevano le calzature non ortopediche, indumenti, t-shirt, berretti (classe 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza) e i servizi di ristorazione (classe 43)[11].

La registrazione è stata contestata nel 2015 dalla Repubblica italiana, che aveva depositato presso l’EUIPO una domanda volta a far dichiarare la nullità del marchio controverso per tutti i prodotti e i servizi per i quali era stato registrato, ai sensi dell’art. 7, paragrafo 1 lettera f) del regolamento n. 2017/1001, e cioè per contrarietà all’ordine pubblico e al buon costume. L’annullamento è stato dichiarato il 3 marzo 2016 dall’EUIPO, che l’ha poi confermato il 27 ottobre dello stesso anno.

A seguito di ciò, la società spagnola ha fatto ricorso presso il Tribunale di I° Grado dell’Unione Europea che, con sentenza n. 1/17 del 15/03/2018[12], ha dichiarato definitivamente il marchio nullo per contrarietà all’ordine pubblico.

Il Tribunale ha avuto, in tale occasione, modo di specificare che la valutazione dell’esistenza dell’impedimento alla registrazione per contrarietà all’ordine pubblico o al buon costume deve essere effettuata sulla base di criteri di una persona ragionevole, di normale sensibilità e tolleranza e che il pubblico di riferimento non può essere circoscritto a quello al quale sono direttamente destinati i prodotti e i servizi per i quali la registrazione è richiesta, ben potendo, tali segni, scioccare chiunque si trovi, anche accidentalmente, di fronte a tale marchio nella propria vita quotidiana. Aggiunge, poi, che occorre prendere in considerazione sia le circostanze comuni a tutti gli Stati membri dell’Unione che quelle proprie solo di taluni Stati singolarmente considerati, dato che i segni percepibili come contrari all’ordine pubblico o al buon costume non sono gli stessi ovunque. Infine, è irrilevante, a parere della Corte, quali siano i prodotti e i servizi interessati dal marchio registrato, poiché in ogni caso il segno apparirebbe particolarmente scioccante od offensivo.

Nel caso specifico de “La mafia se sienta a la mesa”, il Tribunale dell’Unione europea ha riconosciuto che “il marchio contestato, considerato complessivamente, rinvia ad una organizzazione criminale, trasmette un’immagine globalmente positiva di tale organizzazione e, pertanto, banalizza i gravi attacchi sferrati da detta organizzazione ai valori fondamentali dell’Unione […]. Il marchio contestato è pertanto di natura tale da scioccare o offendere, non solo le vittime di detta organizzazione criminale e le loro famiglie, ma anche chiunque, nel territorio dell’Unione, si trovi di fronte detto marchio e abbia un normale grado di sensibilità e tolleranza[13]. A tale conclusione il Giudice europeo giunge dopo aver rilevato che l’elemento verbale “la mafia” fa indubbiamente riferimento ad un’organizzazione criminale con origini in Italia le cui attività si sono estese a Stati diversi all’interno dell’Unione, che ha fatto ricorso all’intimidazione, alla violenza fisica e all’omicidio al fine di svolgere le sue attività (fra le quali si colloca il traffico illecito di droghe, il traffico illecito di armi, il riciclaggio di denaro e la corruzione).

Pertanto, la parola “mafia” è percepita in modo profondamente negativo in Italia, a causa dei gravi attacchi perpetrati da molti decenni da tale organizzazione criminale nei confronti della sicurezza dello Stato membro; ciò appare inevitabilmente in contrasto con l’immagine globalmente positiva delle azioni della Mafia che traspare dal marchio registrato dalla società spagnola, che accomuna al termine una rosa rossa e un riferimento alla convivialità, banalizzando in questo modo la percezione delle attività criminali di tale organizzazione.

Dunque, nel 2018, si è avuto occasione e modo di fermare la proliferazione di magliette, cappellini, cartelloni pubblicitari che, in bella mostra, presentassero la parola “mafia”, almeno limitatamente al marchio spagnolo.

Nonostante questo caso, accedendo a una delle banche dati presenti sul sito EUIPO, è interessante notare quanto numerosi siano stati, nel tempo, le società che hanno utilizzato il termine Mafia nel proprio marchio registrato per il settore abbigliamento, che magari non hanno ricevuto particolare attenzione: Mafiawear (registrato da una società italiana, cancellata dal registro per decorrenza dei termini), Mafia tarifa[14] (registrazione scaduta), Mafiamania (registrazione scaduta); allo stesso modo, è facilmente rilevabile quanti siano i marchi tuttora registrati, come Swedish House Mafia, fashionmafia, Girl Mafia[15].

Il problema dei marchi internazionali

Se nel contesto eurounitario è possibile far valere una posizione avversa al riconoscimento giuridico di un marchio che si ritiene contrario all’ordine pubblico, lo stesso non può purtroppo dirsi a livello internazionale.

Di recente, ha fatto discutere[16] il marchio “Labellamafia”, appartenente a una società brasiliana ma i cui capi di abbigliamento sportivo sono facilmente reperibili anche nel territorio italiano, venduti sui maggiori siti di e-commerce e supportati da svariate pagine Instagram molto seguite. Tali indumenti sono caratterizzati tutti dalla scritta “labellamafia” in evidenza su ogni capo d’abbigliamento; sul sito si legge chiaramente che “LABELLAMAFIA is a lifestyle and the perfect combination of strength attitude and determination[17].

Pur se non pare aver ottenuto alcun tipo di riconoscimento né a livello nazionale né a livello europeo, non si può negare che, applicando i criteri utilizzati dal Tribunale dell’Unione Europea nel 2018, anche un simile marchio sia offensivo e contrario all’ordine pubblico. In questo caso, più che in quello della società spagnola, l’organizzazione mafiosa è collegata a un elemento positivo, un aggettivo semplice e di immediata percezione che fa ancora di più passare un messaggio sbagliato e banalizzato del fenomeno criminale.

A ben vedere, il requisito della conformità all’ordine pubblico è prevista anche nella Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale[18] del 20 marzo 1883, aggiornata più volte, l’ultima delle quali nel 1967 con la Convenzione di Stoccolma[19], che ha delineato le coordinate fondamentali della protezione internazionale dei marchi. La Convenzione di Parigi è amministrata dalla World Intellectual Property Organization (WIPO)[20], una delle agenzie specializzate delle Nazioni Unite, con sede a Ginevra, in Svizzera, avente la finalità di incoraggiare l’attività creativa e promuovere la protezione della proprietà intellettuale nel mondo; attualmente la convenzione conta 193 Stati membri, tra i quali figurano sia l’Italia che il Brasile[21].

L’art. 6 quinquies, paragrafo B, della Convenzione, infatti, prevede che la registrazione dei marchi di fabbrica o di commercio possa essere rifiutata o invalidata, fra gli altri casi, quando essi siano contrari alla morale o all’ordine pubblico[22].

Dunque, è inevitabile concludere come, nonostante su tutti gli atti di disciplina il requisito del rispetto dell’ordine pubblico sia considerato essenziale per la registrazione di un marchio, nel mondo, compresa la stessa Unione Europea, proliferano indisturbati simboli che si richiamano apertamente alle organizzazioni mafiose, pronti per essere stampati su abbigliamento di tutti i tipi, ignorando colpevolmente la gravità del fenomeno

[1] C. Del Re, Fashion Law. Pillole per imprenditori e operatori della moda, edizione 2020

[2] Per un maggior approfondimento del tema, si rinvia a R. Guarino, La disciplina del marchio: quali requisiti e quale tutela?, disponibile qui: https://www.iusinitinere.it/il-marchio-quali-requisiti-e-quale-tutela-6849

[3] Per maggiori informazioni visitare il sito del Mise al seguente link: https://uibm.mise.gov.it/index.php/it/marchi/caratterisctiche-del-marchio/classificazione-internazionale-dei-prodotti-e-dei-servizi-classificazione-di-nizza

[4] C. Del Re, Fashion Law. Pillole per imprenditori e operatori della moda, edizione 2020

[5] Testo normativo al seguente link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX:32017R1001

[6] Art. 1, comma 2, Regolamento (UE) n. 2017/1001 “Sono denominati di seguito «marchi dell’Unione europea» («marchi UE») i marchi di prodotti o di servizi registrati alle condizioni e secondo le modalità previste dal presente regolamento. 2. Il marchio UE ha carattere unitario. Esso produce gli stessi effetti in tutta l’Unione: può essere registrato, trasferito, formare oggetto di rinuncia, di decisione di decadenza dei diritti del titolare o di nullità e il suo uso può essere vietato soltanto per l’intera Unione. Tale principio si applica salvo disposizione contraria del presente regolamento.”

[7] Per maggiori informazioni, visitare il sito dell’Ufficio al seguente link: https://euipo.europa.eu/ohimportal/it

[8] Art. 7, par. 1, Regolamento (UE) n. 2017/1001 “Sono esclusi dalla registrazione: […] f) i marchi contrari all’ordine pubblico o al buon costume;”

[9] Art. 59, par. 1, lett. A), Regolamento UE 2017/1001 “1. Su domanda presentata all’Ufficio o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione, il marchio UE è dichiarato nullo allorché: a) è stato registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 7; b) al momento del deposito della domanda di marchio il richiedente ha agito in malafede.”

[10] Art. 7, par. 2, Regolamento (UE) n. 2017/1001 “Il paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte dell’Unione”

[11] Vedasi nota 3.

[12] Il testo completo della sentenza è consultabile al seguente link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX%3A62017TJ0001

[13] Trib. I Grado Unione Europea, Sez IX, Sent. 15/03/2018, n. 1/17, paragrafo 47.

[14] Ancora una volta una società spagnola, ancora una volta la parola “mafia” accompagnata dall’immagine di una rosa.

[15] Per una lista completa di tutti i marchi che utilizzano il termine “mafia”, vedasi il seguente link: https://euipo.europa.eu/eSearch/#basic/1+1+1+1/100+100+100+100/mafia

[16] Per leggere un articolo sul caso, vedasi il seguente link:

[17] Lo shop online statunitense è reperibile al seguente link: https://labellamafiaclothing.com/

[18] Il testo completo in italiano è reperibile al seguente link: https://www.wipo.int/edocs/pubdocs/it/wipo_pub_201.pdf

[19] Ratificata dall’Italia con l. 28 aprile 1976 n. 424

[20] In italiano Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (OMPI)

[21] Per maggiori informazioni consultare il sito dell’organizzazione al seguente link: https://www.wipo.int/portal/en/index.html

[22] Articolo 6 quinquies, par. B, Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale “B. – La registrazione dei marchi di fabbrica o di commercio, considerati nel presente articolo, non potrà essere rifiutata o invalidata che nei casi seguenti: l. quando essi siano di natura tale da recare pregiudizio ai diritti acquisiti da terzi nel Paese dove la protezione è richiesta; 2. quando essi siano privi di qualsiasi carattere distintivo, ovvero composti esclusivamente da segni o indicazioni che possano servire, nel commercio, per indicare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, il luogo d’origine dei prodotti o l’epoca di produzione, o siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio del Paese dove la protezione è richiesta; 3. quando essi siano contrari alla morale o all’ordine pubblico e specialmente siano di natura ta1e da ingannare il pubblico. Resta inteso che un marchio non potrà essere considerato contrario all’ordine pubblico per la sola ragione che esso non è conforme a qualche disposizione della legislazione sui marchi, salvo il caso in cui questa disposizione non riguardi essa stessa l’ordine pubblico. È tuttavia riservata l’applicazione dell’articolo 10 bis.

Si legga anche: N. Cosa, Analisi dell’evoluzione normativa in relazione al marchio rinomato, Ius in itinere, disponibile al seguente link https://www.iusinitinere.it/analisi-dellevoluzione-normativa-in-relazione-al-marchio-rinomato-25705 

Linda Bano

Avvocato del Foro di Treviso, collaboratrice dell'area di Fashion Law. Linda Bano si laurea presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Padova con tesi in diritto costituzionale "Il fondamento costituzionale della repressione delle idee (neo)fasciste" e si diploma presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali all'Università degli Studi di Milano, durante la quale svolge un tirocinio presso la Procura Generale presso la Corte d'Appello di Milano.

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