martedì, Ottobre 8, 2024
Di Robusta Costituzione

Mattarella bis: le ragioni endogene ed esogene all’ordinamento costituzionale che hanno condotto alla rielezione

Mattarella bis: le ragioni endogene ed esogene all’ordinamento costituzionale che hanno condotto alla rielezione

1.1. Un’ Introduzione[1]: il discorso di insediamento

 

“Se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la Repubblica in quattro e quattr’otto. Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”.                             

 (Il Gattopardo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa) [2].

 

Gli ultimi eventi che hanno costretto un fine giurista, cattedratico, a venir meno alle convinzioni espresse nell’Università in cui si è formato[3], al fine di ricomporre il caos generato dai leader di partito, impongono una riflessione. Già dalle prime parole del Presidente emergeva l’accettazione dell’incarico per “senso di responsabilità”[4] che prevale non soltanto sugli interessi personali – l’unico aspetto che tutti i media hanno sottolineato- ma anche sulle  “altre considerazioni” come, ad esempio, la consuetudine costituzionale sulla non rieleggibilità del Capo dello Stato[5]. In questo caso, al contrario, è stata proprio la tenuta dell’ordinamento democratico ad “imporre” al Presidente di accettare un secondo mandato prima che la crisi politica si tramutasse in una vera e propria crisi di Stato[6]. Nel discorso di insediamento, il Presidente pone al centro dell’attenzione l’importanza di ricucire la fiducia dei cittadini nella politica, nelle istituzioni, nello Stato. L’esigenza di uscire dall’emergenza sanitaria, insieme alla necessità di porre le basi per la ripresa economica, deve correre di pari passo con la necessità di “riannodare il patto costituzionale tra gli italiani e le loro istituzioni democratiche”[7]. Occorreva “far presto”, perché le attese dei cittadini “sarebbero state fortemente compromesse dal prolungarsi di uno stato di profonda incertezza politica e di tensioni, le cui conseguenze avrebbero potuto mettere a rischio anche risorse decisive e le prospettive di rilancio del Paese impegnato a uscire da una condizione di grandi difficoltà”[8].  Il Presidente fa leva, nel discorso, sulla “consapevolezza” e sulla “responsabilità[9]: consapevolezza e responsabilità di cui si è fatto interprete il Parlamento, e di riflesso, il Presidente.  

Responsabilità, si è detto. Alfonso Celotto, subito dopo l’elezione, ha posto la seguente riflessione: optare per il Mattarella bis è stata la soluzione più saggia o la più semplice? Sul punto, si riporta il commento di Antonio Ruggeri[10], il quale ha sottolineato come la “partita” dell’elezione si sia “chiusa nel modo migliore e peggiore a un tempo” e come la scelta sia avvenuta non tanto per senso di responsabilità, quanto per “vera e propria disperazione[11]. Lo stesso Presidente, infatti, aveva espresso in tutti i modi la non opportunità, ed in forza di quest’ultima anche la non volontà, di procedere ad una nuova ri-elezione, sollecitato anche dalla volontà di non ripetere il precedente “errore”[12] della rielezione del Presidente Giorgio Napolitano.

 

1.2. Il contesto della rielezione

L’ elezione presidenziale che ha portato al Mattarella bis è stata peculiare sotto molteplici punti di vista[13]. Un primo fondamentale aspetto è che la rielezione è avvenuta in un contesto sociale profondamente lacerato dalla pandemia. Anche il contesto politico-istituzionale[14] è stato peculiare: i partiti, profondamente divisi al loro interno, e le coalizioni, fittiziamente convergenti[15], rendevano difficile trovare un accordo tra i deputati, financo dello stesso partito.  La maggioranza che sorregge il Governo è, inoltre, una maggioranza che si è composta per “senso di responsabilità nazionale”[16]: il Governo Draghi è, difatti, frutto del potere presidenziale di ricomporre le crisi. Incombente era, dunque, la necessità di scegliere una figura in grado di non comportare la caduta del Governo, un Governo la cui funzione è stata – ed è- precipuamente quella di traghettare l’Italia fuori dalla pandemia, e di porre delle basi solide per la programmazione dei fondi del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR)[17]. Per questa ragione, il primo nome uscito come possibile nuovo Presidente della Repubblica è stato proprio quello di Mario Draghi: un nome nato dalla duplice esigenza di mantenere una stabilità interna (tra i partiti che sorreggono il “Governo di unità nazionale”) ed una stabilità esterna (al fine di non creare destabilizzazioni in Europa). Un nome, però, che gli stessi partiti non hanno accettato con grande fervore, e che, comunque, avrebbe comportato non pochi problemi nel passaggio da Presidente del Consiglio a Presidente della Repubblica. Alle molteplici peculiarità del contesto si aggiunga, inoltre, anche l’evoluzione della carica del Presidente della Repubblica, la quale, a fronte dell’estrema disarticolazione e debolezza dei partiti[18], ha assunto un ruolo sempre più incisivo per le istituzioni, in quanto volta a colmare le inefficienze e i vuoti del potere politico[19].

Questo era, dunque, il contesto. Un contesto che, a seguito delle numerose –fallite- proposte dei leader di partito, sollecitati anche dalla necessità di giungere presto ad un nome, ha portato i parlamentari meno influenti ad unirsi fuori dalle logiche di partito e concordare sull’unica possibile alternativa: il Mattarella bis.   I tempi contingentati sono stati imposti alla politica sia per la stabilità interna, sia esterna. A livello interno, quel che normalmente sarebbe stato considerato il frutto di una dialettica intra e inter partitica – seppur esasperata- nel contesto attuale non è stata ben vista dall’opinione pubblica, la quale, ben lontana dal comprendere le logiche di partito, è stata indotta da un incessante dibattito mediatico a “volere un nome, e subito”. Fuori dal contesto nazionale, invece, una veloce elezione del Presidente della Repubblica era richiesta a fronte della precipitata situazione in Ucraina e all’attuazione del cronoprogramma statuito dal PNRR: da qui la scelta di convergere sul nome di Sergio Mattarella. Il Presidente uscente, infatti, non avrebbe destato preoccupazioni a livello esterno e a livello interno avrebbe facilmente ricomposto le divergenze: così, all’ottavo scrutinio, il Presidente è stato rieletto con 759 voti (una maggioranza ampissima, superata soltanto nell’elezione del Presidente Sandro Pertini).

 

  1. Le ragioni della rielezione: le cause endogene tra la fragilità dei partiti ed il pericolo della caduta del Governo

Il maggior pericolo incombente per l’elezione del Presidente della Repubblica era che tale elezione comportasse un mutamento dell’equilibrio che ha caratterizzato il Governo Draghi. Un equilibrio messo in pericolo a causa di diversi scenari possibili.

Un primo scenario riguardava l’elezione del Presidente Mario Draghi a Presidente della Repubblica. Quest’ipotesi avrebbe comportato anche un vero e proprio dilemma costituzionale: eleggere il Presidente del Consiglio in carica avrebbe rappresentato un inedito nella storia repubblicana. In particolare, questa evenienza avrebbe comportato un problema circa l’applicazione delle norme costituzionali che disciplinano il passaggio delle consegne. Seguendo passo per passo questo passaggio, si noterà la confusione che tale scelta avrebbe generato: il Presidente del Consiglio -una volta eletto- avrebbe dovuto rassegnare le dimissioni[20] nelle mani del Presidente in carica (uscente). Da qui, l’esigenza di separare le sorti del Governo da quelle del Capo di Governo[21]. Una separazione che avrebbe permesso a Draghi di uscire dal Governo, e al Governo di proseguire nel disbrigo degli affari correnti.  La legge 400/1988[22] prevede che la supplenza del Presidente del Consiglio sia attivabile in caso di assenza o impedimento temporaneo, e prevede che al suo posto subentri il Vice Presidente del Consiglio (o il ministro più anziano). Dall’altra parte Mario Draghi sarebbe rimasto nel limbo: non più a guida del Governo -nemmeno formalmente-, non ancora Capo dello Stato. Proseguendo nel passaggio delle consegne, una volta rassegnate le dimissioni, il Presidente della Repubblica deve firmare il decreto di accettazione delle dimissioni che deve essere controfirmato.  Da qui il problema della controfirma: chi avrebbe controfirmato le dimissioni? (Mario Draghi o il supplente)?[23] Ed inoltre: chi avrebbe proceduto alla formazione del nuovo governo?[24] A questi problemi legati soprattutto alla divisione dei poteri si aggiungeva l’esigenza di non paralizzare nuovamente le istituzioni per la nomina del nuovo Presidente del Consiglio: una decisione che avrebbe messo, ancora una volta, alla prova la fragilità delle forze politiche.

Un secondo scenario riguardava il proseguimento dell’elezione oltre il 3 febbraio, scadenza del mandato della Prima presidenza Mattarella. Chi avrebbe svolto tale ruolo? Non essendo una tale eventualità prevista in Costituzione, la dottrina ha provato a sciogliere questo quesito ricorrendo a due istituti previsti dalla Costituzione:  la prorogatio e la  la supplenza. L’istituto della prorogatio è previsto dall’articolo 85 della Costituzione, il quale, al comma 3, prevede che se le Camere sono sciolte o mancano meno di tre mesi alla fine della legislatura, l’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo entro 15 giorni dalla riunione delle nuove Camere, sicché i suoi poteri sono prorogati. L’altro istituto, quello della supplenza, è previsto dall’articolo 86 Cost., e prevede la supplenza del Presidente del Senato in ogni caso in cui il Presidente della Repubblica non possa adempiere alle sue funzioni[25]. Tra le due ipotesi, Alfonso Celotto ha sottolineato come sarebbe stato opportuno procedere utilizzando l’istituto della supplenza: volgendo lo sguardo all’altro potere di garanzia (la Corte costituzionale) si osserva come il mandato dei giudici -alla scadenza del nono anno- non è prorogabile, né i giudici possono essere rieletti.

Un terzo scenario riguardava la caduta del governo, indipendentemente dal passaggio di Mario Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale.  Un’ipotesi, anche questa, che si sarebbe potuta verificare prima dell’elezione del Presidente della Repubblica con la riproposizione dello stesso schema supra menzionato (sulla possibilità di ricorrere alla prorogatio o della supplenza). Per la crisi  di governo il Presidente del Consiglio deve rimettere le proprie dimissioni al Presidente della Repubblica, il quale può accettarle o sciogliere le Camere. Come comportarsi se il Presidente della Repubblica non è stato eletto? Questo scenario è stato sfiorato nel concreto, tra la settima e l’ottava votazione[26]: la degenerazione del dialogo tra partiti -e all’interno dello stesso partito- ha portato Giancarlo Giorgetti -Vicesegretario federale della Lega e Ministro dello sviluppo economico nel Governo Draghi- ad annunciare le dimissioni dal ruolo di ministro. Una tale dimissione avrebbe potuto comportare la caduta del governo. Quale la figura istituzionale cui rimettere le dimissioni (il Presidente uscente o il Presidente del Senato)? Anche se la prima sembra la soluzione più immediata, occorre soffermare l’attenzione sul fatto che il Presidente uscente- anche qualora in prorogatio– negli ultimi 6 mesi non può sciogliere le Camere. La domanda è: chi si fa garante della tenuta dello Stato democratico? Interviene lo stesso Presidente della Repubblica uscente (violando il semestre bianco), o  è preferibile ricorrere alla supplenza, affidando al Presidente del Senato il compito di poter sciogliere le Camere? [27]  Uno scenario davvero inedito e su cui dovremmo interrogarci per eliminare possibili dubbi in futuro.

Tutte queste incertezze hanno certamente suscitato una fibrillazione per la stabilità e per la tenuta dello stesso stato democratico: per questo il Parlamento, preoccupato, ha fatto convergere la scelta nel Presidente uscente. Quest’azione è stata letta, da parte della dottrina, come “la rivincita dei peones”[28], in questo modo sottolineando un riconquistato ruolo del Parlamento[29].  Del Parlamento, però: non delle forze politiche, che sono precipitate in una crisi irreversibile. Potremmo dire che un’intera classe politica ha ascoltato un docente parlare all’università, si è presentata all’esame di un appello al quale era chiamata da tempo (e tempo aveva avuto per prepararsi) e non ha saputo nè rispondere “presente”, nè superare la prova, preferendo la bocciatura ed il salto di sessione. Quale sarà il futuro di queste forze politiche? Luciano Canfora, già prima dell’elezione del Presidente della Repubblica, affermava come stiamo, in realtà, assistendo ad una forma originale di partito unico, il “partito unico articolato” [30]: un partito unico esteriormente suddiviso in singole formazioni, unite perché “malconce e impegnate in esercitazioni verbali”, forze politiche relegate al ruolo di comparse.  Una trasformazione che l’illustre accademico ha così sintetizzato: “Non c’è bisogno di “sospendere i partiti, basta vanificarne l’effettiva possibilità di intervento[31]. Dunque, il Mattarella bis non è stato, in fondo, una conferma di questa impotenza delle forze politiche? Siamo dunque “in marcia” verso un grande partito unico articolato?

 

  1. Qualche riflessione sulla ri-elezione. Quale il contributo delle ragioni esogene? La velocità indotta dal debito sovrano

Il Mattarella bis suscita diverse riflessioni. Una prima riflessione attiene alla rieleggibilità del Presidente della Repubblica nella Costituzione italiana: la prima rielezione, avvenuta con il Presidente Giorgio Napolitano, è stata considerata “pienamente legittima, ma eccezionale”[32]; questa nuova ri-elezione sembrerebbe, invece, traghettare la non rieleggibilità nell’alveo della normalità. Questo comporta il venir meno di una consuetudine costituzionale che negli anni si era consolidata e sembra, inoltre, far emergere l’importanza del patrimonio di rapporti acquisiti dal Presidente in carica (e non dal Presidente della Repubblica come carica). In questo contesto la necessità di conservare gli equilibri esistenti  sembra prevalere rispetto a quella di garantire la temporaneità delle cariche nell’ordinamento democratico. Un’esigenza che sembra essere stata indotta nel nostro ordinamento costituzionale dall’esterno. Così come l’esigenza di garantire la stabilità dei mercati finanziari sembra preferire governi tecnici a governi politici, così sembra preferire nomi già noti dal contesto internazionale, al fine di agevolare “il passaggio”. La crisi del debito sovrano pretende tempi veloci e mal sopporta la dialettica politica. La logica sottesa dei mercati finanziari è quella di garantire la stabilità, di conservare l’equilibrio già raggiunto, un equilibrio che ad ogni elezione (non soltanto presidenziale) viene messo in discussione.  D’altronde, la liturgia dei processi democratici stride con la velocità del mercato: i processi democratici non rispondono al criterio di efficienza e richiedono tempi “troppo lunghi” di dialogo e composizione.  Si pensi a quanto l’estrema instabilità politica che caratterizza il sistema italiano abbia sempre suscitato preoccupazioni nei mercati finanziari: la forma di governo parlamentare, già in crisi per motivi endogeni, potrebbe subire una spinta verso il semi-presidenzialismo anche per motivi esogeni. Bisognerà, dunque, vigilare sulla velocità indotta dal “debito sovrano”: debito, che questa volta è stato definito “buono”[33], ma che rimane comunque debito e che, in quanto tale, impone un cronoprogramma e delle riforme che i creditori hanno valutato -e valuteranno- essere più o meno efficienti[34]. Sul punto, occorre compiere una riflessione. Il Recovery Fund è stato spesso paragonato al Piano Marshall[35]: non interessa, in questa sede, procedere ad un vero e proprio scrutinio dei due piani, ma interessa far riflettere sul fatto che, in entrambi i piani, emerge un preponderante ruolo del c.d. “vincolo esterno”. Così come gli Stati che intendevano usufruire del Piano Marshall avevano dovuto presentare un programma per accedere ai fondi, così è avvenuto per il Recovery Fund. In genere, insomma, “la Storia ci mostra come i criteri di finanziamento abbiano sempre dovuto sottostare e adempiere a vincoli categorici, a specifiche condizionalità, alle “catene” di cui ci parla Isidoro di Siviglia, imposti da Istituzioni esterne allo Stato fruitore[36]. Queste condizionalità rappresentano un vincolo esterno che influisce sulla politica nazionale, la quale, d’altro canto, si de-responsabilizza. Una deresponsabilizzazione che spesso abbiamo visto: si pensi a tutte le volte in cui sono state effettuate scelte sulla base di slogan come “ce lo dice l’Europa”[37].

  1. No al revisionismo costituzionale[38]

Giungendo alla conclusione, non si può, anche se brevemente, non offrire qualche spunto di riflessione sugli effetti che l’elezione potrebbe avere sull’intero ordinamento.  A caldo sono state molte le revisioni proposte: prevedere il divieto della ri-elezione[39], procedere all’elezione diretta del Presidente della Repubblica, modificare il meccanismo dell’elezione.

Quanto al primo punto, chi scrive si è già espressa sulla non opportunità di procedere ad una ri-elezione del Presidente della Repubblica, una scelta volta a sottolineare la necessità di garantire la temporaneità delle cariche democratiche.  La rielezione non è espressamente vietata dalla Costituzione proprio per poter far sì che la Costituzione possa aderire, con maggiore flessibilità, alle più svariate condizioni storiche, una scelta possibile ma straordinaria. Una straordinarietà che sta volgendo verso la normalità: a questa nuova “normalità” va posto un freno, per due principali ragioni. In primo luogo, perché questa possibilità potrebbe influenzare lo stesso operato del Presidente della Repubblica, in secondo luogo perché, a causa della fragilità delle forze politiche, è la scelta più semplice. “Tutto cambi affinché nulla cambi” è stato il commento di Alfonso Celotto al Mattarella bis: affermazione che induce a riflettere sulla semplicità, per le forze politiche in crisi, di confermare l’equilibrio esistente[40]. Proprio questo dovrebbe far riflettere sulla possibilità di prevedere un divieto di rielezione, al fine di non permettere né l’abuso della doppia elezione da Parte del Presidente, né da parte delle forze politiche.  Questa proposta di revisione, però, non può prescindere da un’accurata analisi circa le conseguenze che un tale divieto, stante la persistente crisi dei partiti, potrebbe comportare[41].   Ad esempio, irrigidire il sistema potrebbe significare provocare una paralisi in caso di crisi. È, dunque, una proposta che va ben calibrata alla luce dei pesi e dei contrappesi dell’intero ordinamento costituzionale: introdurre la non rieleggibilità è opportuno -per non dire necessario- ma occorre prevedere un contrappeso al fine di impedire una paralisi  dell’ordinamento. Questa riflessione sarà oggetto di un contributo apposito, quando l’animo non sarà turbato dalle vicende che abbiamo appena vissuto e che ci impongono di non sottovalutare il rischio di paralisi. Proporre una revisione costituzionale significa staccarsi dal contingente ed elevarsi a “costituente”: un lavoro che richiede tempo, ponderazione, distacco dalle vicende contingenti.

Quanto alla seconda e alla terza proposta, possiamo subito proporre qualche riflessione circa la non opportunità di procedervi. La confusione partitica sfociata nel Mattarella bis ha portato taluni [42] a considerare il semipresidenzialismo una svolta efficiente per il nostro sistema. Non è così.  Come potrebbe  questa proposta essere risolutiva? L’elezione diretta del Presidente davvero risolverebbe il problema o generebbe ancor più confusione? Siamo davvero sicuri che il cittadino medio sia più responsabile dei partiti politici? Sulla non opportunità di procedere al mutamento della forma di governo esiste un profluvio di lavori dottrinali a cui si rimanda per autorevolezza, in questa sede si propone soltanto  una semplice ma non marginale considerazione: cambiare la forma di governo parlamentare scelta dai Costituenti comporterebbe una vera e propria rivoluzione dell’ordinamento[43], uno stravolgimento della Costituzione: tutte le norme costituzionali della seconda parte della Costituzione andrebbero riviste al fine di ricomporre nuovi equilibri politici. Una rivoluzione, si è detto: una rivoluzione che, senza  entrare nel merito, la politica attuale non è in grado di sostenere.

Per quanto concerne, invece, la necessità di modificare il meccanismo dell’elezione perché “inefficiente”: siamo dinanzi ad un falso. A scapito delle fragilità partitiche, infatti, possiamo tranquillamente affermare che il sistema istituzionale, nel suo complesso, “ha tenuto bene” [44]. Il caos è stato generato dai partiti, non dalla procedura dell’elezione: chi afferma il contrario, inverte il rapporto causa-effetto. A tutti coloro che sostengono la farraginosità dell’elezione del Presidente della Repubblica, si ricorda, ancora una volta, come questa sia, in realtà, una liturgia dell’ordinamento democratico: un momento in cui le istituzioni scrutano se stesse, si interrogano, trovano un ricomponimento, un ricomponimento che viene indotto dal sistema di maggioranze qualificate previste per l’elezione. Il sistema ha mostrato di essere perfettamente funzionale allo scopo: far convergere in un nome che ha comportato il ricomponimento. Potremmo concludere affermando che, se normalmente è il Presidente della Repubblica a garantire la Costituzione in quanto garante, durante l’elezione avvenga proprio l’esatto contrario: è la Costituzione a garantire la Presidenza.

 

[1]Ringrazio, ancora una volta, l’Avv. Eros Fioroni.

[2] Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il Gattopardo, La Feltrinelli, 1958. La frase è stata utilizzata da Alfonso Celotto proprio a commento del Mattarella bis.

[3]Mi sia consentito rinviare ad un mio precedente contributo su questa rivista, in cui ho analizzato le ragioni della non ri-eleggibilità del Capo dello Stato, facendo leva proprio sulle dichiarazioni del Presidente Mattarella. Quella del Mattarella bis è stata, dunque, una scelta sofferta, in quanto il fine giurista aveva sempre espresso la non opportunità della ri-elezione del Presidente della Repubblica nel sistema costituzionale italiano. F. Cerquozzi, La non rieleggibilità del Capo dello Stato a tutela dell’equilibrio costituzionale: l’insegnamento del Presidente Sergio Mattarella, in Ius in Itinere, 28/12/2021, disponibile qui : La non rieleggibilità del Capo dello Stato a tutela dell’equilibrio costituzionale: l’insegnamento del Presidente Sergio Mattarella – Ius in itinere.

[4]“Ringrazio i Presidenti della Camera e del Senato per la loro comunicazione. Desidero ringraziare i parlamentari e i delegati delle regioni per la fiducia espressa nei miei confronti. I giorni difficili trascorsi per l’elezione alla Presidenza della Repubblica, nel corso della grave emergenza che stiamo tutt’ora attraversando sul versante sanitario, economico, sociale richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento. Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati e naturalmente devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti, con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini”. Mattarella: “Non ci si può sottrarre ai doveri cui si è chiamati” (rainews.it).

[5]Presidente Sergio Mattarella, Discorso di insediamento (Mattarella bis), Roma 3/02/2022, disponibile qui: Messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Parlamento nel giorno del giuramento (quirinale.it).

[6] Nella celebre definizione di Carlo Esposito, il Presidente della Repubblica durante le crisi svolge la funzione di “Reggitore”: C. Esposito, Capo dello Stato, in Enc. Dir. VI, Milano, 1960, spec. p. 224 ss.

[7] Discorso Presidente Sergio Mattarella, cit.

[8] Discorso Presidente Sergio Mattarella, ibidem.

[9] Discorso Presidente Sergio Mattarella, ibidem.

[10] A. Ruggeri, La rielezione di Mattarella al Quirinale, ovverosia il crepuscolo della politica e della Repubblica, in Consulta Online, editoriale 31 gennaio 2022, p.1, disponibile qui: CONSULTA ON LINE (giurcost.org), mi sia consentito rimandare anche e F. Cerquozzi, L’elezione del Presidente della Repubblica durante la pandemia: alla ricerca di nuove modalità di votazione nel rispetto della Costituzione, in  Ius in itinere, disponibili qui:  L’elezione del Presidente della Repubblica durante la pandemia: alla ricerca di nuove modalità di votazione nel rispetto della Costituzione – Ius in itinere.

[11]A. Ruggeri, ibidem.

[12] “Errore” non soltanto perchè sarebbe preferibile non ricorrere alla rielezione, ma anche perchè gli stessi partiti che lo avevano votato, successivamente hanno criticato molto l’operato del Presidente. Per la rielezione del Presidente Giorgio Napolitano, si rimanda a:  G. Scaccia  La storica rielezione di Napolitano e gli equilibri della forma di governo, in Rivista AIC, n. 2/2013, p. 1, disponibile qui: (u.c. 12/12/2021) Microsoft Word – Q1_2013_Scaccia.doc (rivistaaic.it):

[13]F. Clementi, Un’elezione presidenziale davvero diversa dalle altre, in www.treccani.it, 24/01/2021, disponibile qui: Un’elezione presidenziale davvero diversa dalle altre | Geopolitica, ATLANTE | Treccani, il portale del sapere.

[14] A. Ciancio, La rielezione di Mattarella, il de profundis per la politica e quel “soffitto di cristallo” che non si infrange, in federalismi.it, 31/01/2022, disponibile qui: 31012022163448.pdf (federalismi.it).

[15] Scaturite  dal sistema elettorale in vigore: il Rosatellum bis.

[16]A. Ruggeri,  La nascita del Governo Draghi, la resa senza condizioni della politica dei partiti alla politica del Presidente del Consiglio e i nuovi scenari che si prefigurano per i rapporti tra quest’ultimo e i Ministri , in Consulta Online, editoriale 15 febbraio 2021, disponibile qui: CONSULTA ON LINE (giurcost.org); A. Ruggeri, ll suicidio della classe politica e la notte buia della Repubblica,  editoriale 5 febbraio 2021, CONSULTA ON LINE (giurcost.org).

[17] A.  Poggi, Con lo sguardo oltre l’elezione del Presidente della Repubblica, in federalismi.it, 2022, n. 3, disponibile qui: EDITORIALE_26012022214501.pdf (federalismi.it); F. Fabbrini, Next Generation EU, Il futuro di Europa e Italia dopo la pandemia, il Mulino, Bologna, 2021, p. 111 ss.

[18] Siamo ben lontani dalla “Repubblica dei partiti”, così definita da Pietro Scoppola (P. Scoppola, La Repubblica dei partiti, evoluzione e crisi di un sistema politico 1945- 1996, Il Mulino, 2021), in quanto il cittadino si definiva per l’appartenenza ad un partito. Così: S. Prisco, Appunti su una rielezione, in federalismi.it, 31/01/2022, in 31012022183527.pdf (federalismi.it), p. 3.

[19]E. Cheli, Una elezione resa difficile dai poteri in gioco, in www.treccani.it, 7/01/2022, disponibile qui: Una elezione resa difficile dai poteri in gioco | Geopolitica, ATLANTE | Treccani, il portale del sapere.

[20] Si ricorda qui che, ex art. 84 co. 2: “L’ufficio del Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica”.

[21] Così, F. Furlan, Da Palazzo Chigi alla Presidenza della Repubblica? Un groviglio istituzionale, in Rivista il Mulino, 30/12/2021, disponibile qui: La rivista il Mulino: Da palazzo Chigi alla presidenza della Repubblica? Un groviglio istituzionale.

[22] Alcuni hanno sostenuto che questa legge, in combinato disposto con l’articolo 84.2 Costituzione, dia luogo ad una sorta di ineleggibilità. Contra: C. Fusaro, L’elezione del tredicesimo presidente (24-29 gennaio 2022). Ottimo risultato, meccanismo da rivedere, sistema in crisi irreversibile, in federalismi.it, 31/01/2022, disponibile qui: 31012022163421.pdf (federalismi.it)., p. 6.

[23] Nel primo caso: Mario Draghi si dimette da Presidente del Consiglio, il Presidente Mattarella (uscente) firma l’accettazione delle dimissioni ed infine Mario Draghi (oramai già Presidente della Repubblica) procede alla controfirma. Nel secondo caso: Mario Draghi si dimette, Sergio Mattarella (Presidente uscente) firma l’accettazione, controfirma il supplente del Presidente del Consiglio (il Vice-Presidente del Consiglio o il Ministro più anziano).

[24] Il Presidente della Repubblica deve aprire le consultazioni per la formazione di un nuovo Governo, in questo caso: quale Presidente? Il Presidente appena eletto (interpretazione più lineare); o quello uscente (per evitare un accentramento di poteri nella sola persona)?

[25] Al secondo comma viene, però, specificato che: “In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione”.

[26]Si veda: Caos Lega, Giorgetti verso le dimissioni da ministro: Il centrodestra esiste? Bella domanda (fanpage.it).

[27] Si ricorda inoltre come, in questo caso, il Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati aveva appena subito un “boicottaggio” da parte dei membri della stessa maggioranza: i quali, dopo aver proposto il suo nome per l’elezione del Presidente della Repubblica, non sono riusciti nell’intento non per colpa degli avversari politici, ma a causa dei c.d.  franchi tiratori.

[28]E. Furno, La rivincita dei peones, in federalismi.it , 31/01/2022, disponibile qui: 31012022163343.pdf (federalismi.it), I. Pellizzone, ll ruolo del Parlamento nella rielezione presidenziale, tra vuoto dei leader e crisi di governo. Riflessioni a margine della seconda elezione del Presidente Mattarella, in federalismi.it, 31 gennaio 2022, disponibile qui: 31012022163546.pdf (federalismi.it).

[29] Altri, invece, hanno sottolineato come quest’operazione non sia stata, in realtà, un’assunzione di responsabilità da parte del Parlamento, quanto un escamotage per rinviare le elezioni (causato dalla riforma sulla riduzione del numero dei parlamentari). C. Vecchio, Mattarella a furor di peones, in La Repubblica, 31/01/2022, disponibile qui: Presidente della Repubblica: come si spiega il Mattarella bis – la Repubblica.

[30] L. Canfora, La democrazia dei signori, Editori Laterza, Bari-Roma, 2022, p. 23 ss.

[31] L. Canfora, ivi, p. 24.

[32] G. M. Salerno, Dalla prima alla seconda Presidenza Mattarella: novità nella continuità, in federalismi.it, n. 5/2022, p. iv, disponibile qui: EDITORIALE_08022022234311.pdf (federalismi.it).

[33] “Debito buono” in quanto volto ad assorbire il debito privato: sul punto, F. Salmoni, Piano Marshall, Recovery Fund e il containment americano verso la Cina. Condizionalità, debito e potere, in Costituzionalismo.it, n. 2/2021, disponibile qui: 2-Fasc-3.-Salmoni.pdf (costituzionalismo.it), p. 83 ss.

[34] Le riforme sono state concordate al fine di poter usufruire dei fondi. Sul punto, A. Somma compie un’analisi circa il c.d. «mercato» delle riforme, effettuando un parallelismo con quanto accaduto per il Piano Marshall e quanto con le riforme richieste, nel tempo, a livello europeo. A. Somma, Inasprire il vincolo esterno. Il meccanismo europeo di stabilità e il mercato delle riforme, in Economia e Politica, 8 gennaio 2020.

[35] F. Salmoni, op. cit., p.  1. ss.

[36] F. Salmoni, ivi, p. 75.

[37] Sul punto, si rimanda a L. Canfora, «E’ l’Europa che ce lo chiede! Falso!», Laterza, 2012.

[38] G. Azzariti, Contro il revisionismo costituzionale, Laterza, Roma-Bari, 2016, p. 249 ss. L’Autore afferma come sia pericoloso cedere al “revisionismo costituzionale dominante”. La storia recente insegna come “è per favorire il prevalere dei poteri consolidati che s’è tentato di cambiare la Costituzione”.

[39]Disegno di legge costituzionale n. 2468, comunicato alla Presidenza del Senato il 2 dicembre 2021, volto ad introdurre la non rieleggibilità del Presidente della Repubblica nell’articolo 85 Cost. unito all’abolizione del semestre bianco (abrogazione dell’articolo 88 Cost., secondo comma). In dottrina, si rimanda a: L. Longhi, Cincinnato e la discesa al Colle. Osservazioni in tema di rieleggibilità del Presidente della Repubblica, in Diritto Pubblico ed Europeo Rassegna online, n.1/2022, disponibile qui: Cincinnato e la discesa dal Colle. Osservazioni in tema di rieleggibilità del Presidente della Repubblica | Diritto Pubblico Europeo – Rassegna online (unina.it)

[40] Sul punto, I. Pellizzone, op.cit., p. 5, afferma che questa “soluzione in negativo” potrebbe rappresentare il “consolidamento di una corsia preferenziale agevole per il Parlamento, incapace di trovare un nominativo nuovo”.

[41] In dottrina, si è espresso contro l’opportunità di inserire il divieto di rielezione al fine di non accentuare l’instabilità: C. Fusaro, L’elezione del tredicesimo presidente (24-29 gennaio 2022). Ottimo risultato, meccanismo da rivedere, sistema in crisi irreversibile, in federalismi.it, 31/01/2022, disponibile qui: 31012022163421.pdf (federalismi.it), p. 10.

[42] A titolo esemplificativo, si rimanda a C. Fusaro, ivi, p. 9 ss.

[43]Sulla scelta della forma di governo parlamentare e non della forma di governo presidenziale nel dibattito costituente, mi sia consentito rimandare a: F. Cerquozzi, Ricondurre le Crisi di governo nelle maglie costituzionali: analisi giuridica della pars destruens e della pars costruens, in Ius in itinere, 6/09/2019, disponibile qui: Ricondurre la Crisi di governo nelle maglie costituzionali: analisi giuridica della pars destruens e della pars construens – Ius in itinere.

[44] M. Luciani, La politica è incapace di decidere ma il presidenzialismo è azzardato, in La Stampa, 31/01/2022.

Fonte immagine: President Trump Meets With the President of the Italian Re… | Flickr

Flaviana Cerquozzi

Laureata in Giurisprudenza presso l'Università La Sapienza di Roma nel 2023, con una tesi in diritto costituzionale, dal titolo   "La teoria dei controlimiti: la tutela della democrazia sostanziale ad extra", relatore Prof. Gaetano Azzariti, correlatore Prof. Alessandro Somma. E' specializzata in giustizia costituzionale presso l'Università di Pisa, autrice di numerosi articoli divulgativi e scientifici di Diritto Costituzionale. Attualmente svolge la pratica forense presso il Foro di Roma ed è Responsabile diritto costituzionale presso questa rivista. Da luglio 2023 cura la rubrica "DI ROBUSTA COSTITUZIONE" presso Ius in Itinere, che di seguito viene illustrata:

"La nuova rubrica di Ius in Itinere nasce dall’esigenza di riservarsi un momento di critica riflessione sui principi fondativi della nostra convivenza.
Lungi dall'essere "carta morta", gli insegnamenti costituzionali sono sempre vivi: la loro continua divulgazione ed attualizzazione -che questo spazio promuove- ne "irrobustirà" la necessaria conoscenza".
flaviana.cerquozzi@iusinitinere.it

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