venerdì, Luglio 26, 2024
Labourdì

Mobbing : le difficoltà di provare il comportamento persecutorio nel settore militare

Il mobbing costituisce una questione piuttosto insidiosa in ambito di tutela del lavoratore. Per tale motivo in passato abbiamo già affrontato le criticità che comporta nel settore del lavoro privato, riportando l’orientamento predominante della giurisprudenza ordinaria. Il verbo inglese “to mob” significa letteralmente molestare. Con il termine mobbing pertanto si suole far riferimento alla pluralità di condotte aggressive, sia di natura fisica che morale, realizzate ai danni di un soggetto da parte di più persone.

Un’attenta analisi merita, però, il dilagare di tale fenomeno nel settore militare. Le peculiarità dell’attività in analisi hanno, infatti, spinto la giurisprudenza amministrativa a realizzare pronunce che differiscono in parte delle posizioni assunte normalmente in materia di mobbing.   La carriera militare è caratterizzata principalmente dal rapporto gerarchico che esiste tra superiore e subordinato, che rende più complesso assicurare una pregnante tutela ai sottoposti.

Nonostante si sia cercato di intervenire mediante interventi normativi, non è concretamente semplice evitare il sorgere di fenomeni discriminatori sul luogo di lavoro. L’articolo 725 del D.PR n. 90 del 2010, ad esempio, si occupa di definire i doveri dei superiori e, a tal riguardo, obbliga questi ultimi ad accordare i colloqui richiesti dai subordinati che lamentino emarginazione, umiliazioni, vessazioni etc . Anche l’articolo 735 evidenzia la necessità di assicurare trasmissioni immediate delle richieste presentate. Il problema deriva, però, dall’assoluta discrezionalità che connota l’azione disciplinare nel settore de qua. Sono spesso i superiori a dover giudicare sul rispetto di tali regole e questo,nella maggior parte dei casi, finisce per vanificare la portata cautelativa delle stesse. Ciò che può facilmente dedursi è che nel settore militare pur esistendo norme tese a assicurare una tutela dei lavoratori, prevedendo strumenti per bloccare le vessazioni di cui sono vittime, finiscono per risultare del tutto vanificate, perché il loro rispetto deve essere assicurato dai soggetti che sono autori stessi delle molestie.

A complicare la situazione è la scelta di non riconoscere per il settore delle Forze Armate il ricorso a sindacati che possano dar voce ai lavoratori. Per la Corte Costituzionale, infatti, la coesione interna, che deve necessariamente connotare i corpi militari, è idonea a escludere il riconoscimento dei diritti associativi. L’attuale contesto, però, evidenzia come la Rappresentanza militare non è da sola idonea a salvaguardare il personale dai comportamenti aggressivi realizzati sul luogo di lavoro. Per i subordinati risulta notevolmente difficile fornire la prova della condotta persecutoria realizzata ai loro danni. Il lavoratore, ai sensi delle più recenti pronunce ordinarie, deve essere in grado di provare in primis l’intento persecutorio, l’esistenza di un legame tra le condotte pregiudizievoli e il danno vantato, nonché l’esistenza di un effettivo pregiudizio alla salute. Non sorprende dunque che la maggior parte delle pronunce dei giudici amministrativi si risolvano nel mancato riconoscimento del mobbing proprio per incapacità di provare il comportamento persecutorio. È per questo che si auspica un nuovo intervento della Corte Costituzionale che propenda finalmente per il riconoscimento, anche nel settore militare, dei diritti associativi essendo l’unico strumento idoneo a dirimere tale problematica.

 

Fonti:

  1. – Cassazione Civile, sezione Lavoro, sentenza 20/12/2017 n. 30606

2.  -Tar Lombardia – Milano Sezione III sentenza n. 310/2018

Serena Zizzari

Serena Zizzari é nata a Caserta il 12/03/1993. Ha perseguito i suoi studi universitari presso la Facoltà Federico II di Napoli dove, in data 12/07/2016, ha conseguito la Laurea in Giurisprudenza con votazione 110 e lode. Ha vissuto un' esperienza di studio all'estero attraverso il progetto Erasmus nella città di Siviglia. Praticante avvocato, attualmente frequenta un corso privato di preparazione al concorso in Magistratura e il primo anno della Scuola di specializzazione delle Professioni legali.

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